[ 14 ottobre ]
In cinque tesi: perché decide tutto il 4 dicembre
Lo diciamo da più di un anno: nell'imbuto del referendum costituzionale finiranno tante cose. Non solo il destino della Carta del 1948, ma quello della legge elettorale. Non solo il futuro di Renzi e del suo governo, ma pure quello del partito di cui è segretario.
Oggi tutto ciò dovrebbe esser chiaro anche ai ciechi. E questo anche senza voler allargare lo sguardo —come sarebbe invece necessario— ad un contesto europeo dove il voto di dicembre verrà letto (giustamente) come l'ennesimo round della rivolta popolare contro le èlite.
Ma limitiamoci all'Italia. Anzi, limitiamoci a quel piccolo spicchio d'Italia che si chiama Direzione del PD. Chi scrive ha visto, sia pure a pezzi e bocconi, l'ennesimo spettacolicchio di quart'ordine che il parlamentino del maggior partito del paese si premura di trasmettere in streaming. A "pezzi e bocconi" sì, perché ogni stomaco ha un limite, ma pur sempre quanto basta per farsi alcune idee che espongo brevemente.
Primo: Renzi è in difficoltà. Non certo per la prevedibile posizione assunta dalla minoranza, quanto per le notizie che devono arrivargli dai sondaggisti di fiducia. Hai voglia di controllare le tv, hai voglia di avere il sotterraneo sostegno di quelle dell'ex cavaliere, hai voglia di "vincere" dibattiti contro avversari spesso inadeguati: tutto questo ha il suo peso, ma (almeno per ora) non pare sufficiente a risalire la china. In ogni caso, le sue parole ed i suoi atteggiamenti erano quelli di un uomo in difficoltà.
Secondo: in difficoltà non vuol dire sconfitto. Proprio perché il referendum non ammetterà prove d'appello, Renzi le tenterà tutte pur di portare il SÌ al successo. Nella direzione del suo partito ha giocato la carta di una finta apertura sull'Italicum, giusto per prendere tempo e provare a seminare divisione tra le già sfilacciatissime truppe della minoranza piddina. La quale ha preferito parlar poco e si capisce il perché.
Terzo: il destino dell'Italicum lo decideranno gli elettori il 4 dicembre. Lo diciamo da sempre, ma adesso è assolutamente fuori da ogni discussione. Per questo Renzi ha avuto buon gioco nel rimandare la partita al dopo referendum. Che senso avrebbe, non dico una legge, ma anche una semplice proposta prima del voto popolare? Prima di sapere se il sistema sarà mono o bicamerale? Prima del pronunciamento della Corte Costituzionale? D'Accordo, il fiorentino, facendo approvare una legge per un sistema monocamerale che ancora non c'è, si è mostrato il re dell'italico azzeccagarbuglismo, ma questo significa che la pratica del mettere il carro davanti ai buoi debba continuare? Dunque l'Italicum verrà cancellato, oppure disgraziatamente ratificato, solo dagli elettori. I quali non avranno il potere di determinare quel che verrà dopo, ma avranno comunque quello di cancellare l'obbrobrio di una legge truffaldina, autoritaria ed oligarchica. Non mi sembra poco.
Quarto: è l'Italicum l'essenza della controriforma costituzionale. Anche se a dicembre non si voterà direttamente sulla legge elettorale è questa la decisiva posta in gioco dello scontro in atto. In questo senso la discussione nella direzione piddina lo ha perfettamente fotografato. Tralasciamo qui ogni giudizio, peraltro già espresso in altri articoli, sulla proposta di merito dei bersaniani. Quel che importa capire è che è la legge elettorale che disegna il sistema politico. E proprio per questo è su questa legge che si gioca pure il futuro di quell'accozzaglia di arrivisti, profittatori e speculatori d'ogni risma che si raccoglie attorno a Renzi, a partire dal cerchio ristretto del cosiddetto "Giglio magico". Che è ristretto sì, ma con gli agganci internazionali che sappiamo.
Quinto: il nostro giudizio sul Partito Democratico come forza principale del blocco dominante, come capofila delle sue politiche neoliberiste, come cane da guardia di un europeismo servile e perfino anti-pratiottico, non nasce certo con Renzi. Tutte queste graziose caratteristiche sono nel dna di quel partito fin dall'inizio. Quel che Renzi sta cercando di condurre in porto è l'affermazione del Pd (ed all'interno, del suo ristretto gruppo di potere) come l'architrave imprescindibile di un regime sempre più autoritario. In questo senso, la riscrittura della Costituzione formale ha il decisivo scopo di stabilizzare a proprio vantaggio la costituzione materiale, cioè i concreti rapporti di forza e di potere non solo a livello istituzionale, ma pure nella società. Se vincerà il NO è questo ambizioso disegno che andrà a gambe all'aria.
Certo, le direzioni piddine sono un luogo alquanto noioso. I "dibattiti" che vi si svolgono sono in genere finti e predeterminati. Recite ad uso propagandistico. Il più delle volte vere e proprie farse lontane mille miglia dai problemi reali. Ma anche una farsa può dirci qualcosa di serio. E quella andata in onda lunedì scorso ce ne ha detta una piuttosto importante. Per noi scontata, ma forse non per tutti: il referendum del 4 dicembre segnerà in ogni caso uno spartiacque nella storia nazionale. E per il significato oggettivo e simbolico che ha assunto non c'è manovra di palazzo che possa depotenziarlo.
Il Diavolo fa le pentole, ma non i coperchi: a volte è proprio vero.
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