1 gennaio
E così siamo a 19!
Dopo l'Estonia nel 2011 e la Lettonia nel 2014, la Lituania è da oggi l'ultimo paese baltico ad entrare nella zona euro. Scompare dunque, la lita, la valuta che dopo il 1991, anno della separazione dall'URSS, era diventata il principale simulacro dell'indipendenza.
Si conclude così il processo d'integrazione e assimilazione della Lituania nella sfera imperialistica occidentale iniziato nel 2004 con l'ingresso simultaneo di Vilnius nella NATO e nell'Unione —a dimostrazione della sovrapponibilità e della corrispondenza tra i due blocchi.
Oltre alle ragioni geopolitiche (fondamentali) l'ottimismo della classe dominante lituana è dettato dal fatto che malgrado la stagnazione europea e le ripercussioni della contro-sanzioni russe, la Lituania ha conosciuto una sensibile crescita del Pil negli ultimi anni. Una crescita avvenuta grazie a politiche di stampo neoliberista e mercantilista che ha tuttavia il fiato corto. E lo vedremo in futuro quando, diventata facile territorio di caccia dei capitali esteri, la Lituania, malgrado la benevolenza tedesca, non potrà che seguire il triste destino dei paesi cosiddetti "periferici".
Nel frattempo, il 22 dicembre, poco lontano, il parlamento ucraino, sotto la pressione della maggioranza nazi-liberista, votava una risoluzione per abbandonare lo status di paese non allineato per entrare a far parte della NATO.
Dice l'adagio: "non è aria questa per andare in paradiso".
E così siamo a 19!
Dopo l'Estonia nel 2011 e la Lettonia nel 2014, la Lituania è da oggi l'ultimo paese baltico ad entrare nella zona euro. Scompare dunque, la lita, la valuta che dopo il 1991, anno della separazione dall'URSS, era diventata il principale simulacro dell'indipendenza.
Si conclude così il processo d'integrazione e assimilazione della Lituania nella sfera imperialistica occidentale iniziato nel 2004 con l'ingresso simultaneo di Vilnius nella NATO e nell'Unione —a dimostrazione della sovrapponibilità e della corrispondenza tra i due blocchi.
«Tutto sarà più facile con l'euro: niente più problemi per pagare i miei fornitori italiani, nessun problema per viaggiare. E poi saremo un po' più vicini all'Europa». Così la pensa la rachitica borghesia lituana. Da parte sua il primo ministro Algirdas Butkevicius afferma: "L'euro porterà stabilità e aumenterà la nostra attrattiva per gli investitori. Avremo crescita e creeremo nuovi posti di lavoro. La moneta unica ridurrà i tassi d'interesse ed i rischi di fare credito".Queste affermazioni vi ricordano qualcosa? Ma certo, sono dello stesso tono di quelle delle classi dominanti nostrane quando decisero di adottare la moneta unica. Con la differenza che per l'élite lituana l'adesione all'area euro, al di la della retorica, è una garanzia per tenere lontana Mosca, ovvero una consapevole accettazione dello status di protettorato, tedesco dal punto di vista economico e finanziario, americano dal punto di vista militare e geopolitico.
Oltre alle ragioni geopolitiche (fondamentali) l'ottimismo della classe dominante lituana è dettato dal fatto che malgrado la stagnazione europea e le ripercussioni della contro-sanzioni russe, la Lituania ha conosciuto una sensibile crescita del Pil negli ultimi anni. Una crescita avvenuta grazie a politiche di stampo neoliberista e mercantilista che ha tuttavia il fiato corto. E lo vedremo in futuro quando, diventata facile territorio di caccia dei capitali esteri, la Lituania, malgrado la benevolenza tedesca, non potrà che seguire il triste destino dei paesi cosiddetti "periferici".
Nel frattempo, il 22 dicembre, poco lontano, il parlamento ucraino, sotto la pressione della maggioranza nazi-liberista, votava una risoluzione per abbandonare lo status di paese non allineato per entrare a far parte della NATO.
Dice l'adagio: "non è aria questa per andare in paradiso".
6 commenti:
Avete la tendenza a parlare in astratto cioè secondo le vostre convinzioni alle quali attribuite un carattere di oggettività che in realtà è tutto da dimostrare.
Voi credete in una società fondata sulla solidarietà; siete sicuri che la gente voglia ovunque questa solidarietà?
O forse la maggioranza (la stragrande maggioranza) vuole solamente stare bene e considera pacifico che ci sia qualcuno che debba pagare il prezzo del benessere degli altri?
La solidarietà è un discorso che la maggioranza delle persone comincia a fare quando si vede minacciata nella propria esistenza e vi ricordo che lo diceva lo stesso Marx quando affermava che la media borghesia solo quando sta per essere privata del suo status economico e sociale comprende e assume il punto di vista del proletariato.
Insomma la domanda delle domande, alla quale non siamo ancora in grado di dare una risposta è: esiste davvero un limite alla sopportazione della gente o tutto sommato basta che una buona percentuale di persone stia abbastanza bene e la risposta politica diventa impossibile?
Lo stiamo per verificare una volta per tutte e si parla di uno massimo due anni, non di più; dopo questo terribile passaggio storico non si potrà più tornare indietro né in un caso né nell'altro, o ci sarà la "liberazione" o non si potrà che prendere atto della fine delle illusioni.
«Avete la tendenza a parlare in astratto cioè secondo le vostre convinzioni alle quali attribuite un carattere di oggettività che in realtà è tutto da dimostrare».
Avere delle convinzioni significherebbe quindi "parlare in astratto"?
Che sciocchezza!
Dovremmo dunque cessare di avare convinzioni e smettere di pensare? Arrenderci all'..."oggettivo"?
Tutti hanno proprie convinzioni, a cominciare dai dominanti. La realtà viene modificata dall'uomo solo perché (a differenza degli altri animali) ha delle convinzioni, leggi: pensiero, idee, progetti.
Nella sfera sociale e storica, ciò che è considerato oggettivo, lo è diventato, poiché quasi sempre era incapsulato nella sfera della soggettività.
La solidarietà non è anzitutto un "ideale morale", è un dato di fatto, dal momento che gli esseri umani, più di ogni altra specie, sono costretti a cooperare e ad associarsi fra di loro.
Noi vorremmo solo cambiare la qualità ed il segno di questa solidarietà, che oggi viene utilizzata dai dominanti a loro pressoché esclusivo vantaggio.
Grazie per la risposta. Non era un critica cattiva comunque, volevo solo far presente che senza un risveglio del "popolo" le cose saranno molto difficili.
Fate bene a continuare a crederci ma a mio avviso se quelli che fino adesso non hanno reagito non danno un segno di ribellione temo che la partita sarà persa.
Quello che succederà in Grecia dopo l'eventuale vittoria di Syriza ci dirà se c'è ancora speranza.
C'è sempre speranza, specialmente in chi sa aiutare il prossimo suo, gli altri sono solo cadaveri a cui non è stato notificato il decesso, non c'è nulla che non possiamo cambiare se vogliamo, dobbiamo solo continuare a lavorarci e non dar retta alle distrazioni.
a proposito dei "successi" lituani:
http://orizzonte48.blogspot.it/2015/01/lituania-operazione-perfettamente.html
Non so voi, ma se le uniche due alternative fossero una "ripresa" con 6 milioni di italiani emigrati e la paralisi attuale, io sceglierei la seconda tutta la vita....
dimenticate che la crescita del PIL lituano non solo ha fiato corto, ma e avvenuta in corrispondenza delle emigrazione di circa il dieci per cento dell intera popolazione residente.
praticamente hanno reagito alla crisi espellendo i disoccupati. eliminati i disoccupati il tasso di disoccupazione torna allo stratosfericom risultato di undici per cento.
follia per cui dovrebbe esserci un tribunale ultimo....o forse sarebbe anche troppa greazia. meglio una forca.
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