31 marzo. Un lucido intervento che denuncia le derive autoritarie e plebiscitarie, il ruolo di regista di Napolitano, con Renzi che esprime oggi la più pericolosa tendenza allo scardinamento della Costituzione. Ben vengano gli intoppi che possono mandare a sbattere il Berlusca piddino.
Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso (Corriere della Sera 30 marzo 2014) ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima. Ma, in realtà, Grasso ha solo reso manifesto un conflitto che covava copertamente e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica.
La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica.
La concezione plebiscitaria della democrazia, comune a Renzi e Berlusconi, vede al centro l’esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l’”Unto del Signore”), limitato dal minor numero possibile di “impacci” (a cominciare dalla Costituzione) e nettamente prevalente sul legislativo, ridotto a puro simulacro. In questo quadro il Senato presenta un ostacolo, perché può dar luogo all’esistenza di maggioranze differenziate fra le due Camere (e, infatti, nessuna democrazia parlamentare in cui viga il sistema maggioritario è bicamerale).
Dunque, perché non abrogarlo tout court? Sia per considerazioni tattiche (dare un contentino formale alla Lega, indorare la pillola da far ingoiare al ceto politico), sia, soprattutto, per evitare di abrogare o riscrivere decine di articoli della Costituzione, quello che avrebbe ostacolato il blitz che i due avevano immaginato con scarso realismo, non tenendo conto delle inevitabili resistenze dei senatori.
La seconda posizione, quella elitario-monarchica, ha preso le mosse da una proposta di Mario Monti, Renato Balduzzi e Linda Lanzillotta che prevede un Senato dotato di forti poteri di controllo e di interferenza sulle attività di governo composto da
Il passo successivo è stato un appello del Il Sole 24 ore che ha iniziato a parlare di una “Alta camera della cultura e delle competenze”. Appello intorno al quale sono andati raggruppandosi intellettuali come la senatrice a vita Elena Cattaneo, Chiara Carrozza, Luciano Canfora (e questo mi duole), ma, soprattutto, Eugenio Scalfari (Il Sole 24 ore 30 marzo 2014) e la proposta, man mano è diventata quella di una Camera composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei (il museo egizio!) e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica. Col che, salvo per la nomina a tempo e non a vita, è esattamente quello che era il Senato di nomina Regia.
Una proposta che pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue. Ovviamente, non è affatto negativo il coinvolgimento di autorevoli personalità della cultura nelle attività parlamentari, ma questo è auspicabile attraverso un mandato popolare, non con una nomina dall’alto. D’altro canto, in caso di bicameralismo, per quanto imperfetto, è per lo meno bizzarro comporre una Camera delle competenze da contrapporre all’altra che, implicitamente, diverrebbe “degli incompetenti”.
A ben vedere si tratta del modello della “democrazia a trazione elitaria” teorizzata da Monti e che ha trovato espressione tanto nel “governo dei tecnici” (esplicitamente citato da Monti nel suo articolo sul Corriere della Sera il 30 marzo 2014) quanto nelle due commissioni di saggi che dovevano riformare la Costituzione.
La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica.
La concezione plebiscitaria della democrazia, comune a Renzi e Berlusconi, vede al centro l’esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l’”Unto del Signore”), limitato dal minor numero possibile di “impacci” (a cominciare dalla Costituzione) e nettamente prevalente sul legislativo, ridotto a puro simulacro. In questo quadro il Senato presenta un ostacolo, perché può dar luogo all’esistenza di maggioranze differenziate fra le due Camere (e, infatti, nessuna democrazia parlamentare in cui viga il sistema maggioritario è bicamerale).
Dunque, perché non abrogarlo tout court? Sia per considerazioni tattiche (dare un contentino formale alla Lega, indorare la pillola da far ingoiare al ceto politico), sia, soprattutto, per evitare di abrogare o riscrivere decine di articoli della Costituzione, quello che avrebbe ostacolato il blitz che i due avevano immaginato con scarso realismo, non tenendo conto delle inevitabili resistenze dei senatori.
La seconda posizione, quella elitario-monarchica, ha preso le mosse da una proposta di Mario Monti, Renato Balduzzi e Linda Lanzillotta che prevede un Senato dotato di forti poteri di controllo e di interferenza sulle attività di governo composto da
«200 membri eletti dai consiglieri regionali, dai membri delle giunte regionali e da un certo numero di sindaci e scelti non solo tra le classi politiche locali ma anche tra i rappresentanti della società civile, dei ceti economici più dinamici, dell’università, delle professioni».Attenzione: qui gli enti locali designano i senatori, ma non mandano i propri vertici, bensì persone scelte dalla “società civile” (università, professioni, ceti economici…”) in grado, quindi, di partecipare effettivamente alla vita dell’organismo. Dunque, un Senato vero e dotato di poteri ancora non ben definiti, ma che possa mettere becco nelle scelte del governo.
Il passo successivo è stato un appello del Il Sole 24 ore che ha iniziato a parlare di una “Alta camera della cultura e delle competenze”. Appello intorno al quale sono andati raggruppandosi intellettuali come la senatrice a vita Elena Cattaneo, Chiara Carrozza, Luciano Canfora (e questo mi duole), ma, soprattutto, Eugenio Scalfari (Il Sole 24 ore 30 marzo 2014) e la proposta, man mano è diventata quella di una Camera composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei (il museo egizio!) e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica. Col che, salvo per la nomina a tempo e non a vita, è esattamente quello che era il Senato di nomina Regia.
Una proposta che pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue. Ovviamente, non è affatto negativo il coinvolgimento di autorevoli personalità della cultura nelle attività parlamentari, ma questo è auspicabile attraverso un mandato popolare, non con una nomina dall’alto. D’altro canto, in caso di bicameralismo, per quanto imperfetto, è per lo meno bizzarro comporre una Camera delle competenze da contrapporre all’altra che, implicitamente, diverrebbe “degli incompetenti”.
A ben vedere si tratta del modello della “democrazia a trazione elitaria” teorizzata da Monti e che ha trovato espressione tanto nel “governo dei tecnici” (esplicitamente citato da Monti nel suo articolo sul Corriere della Sera il 30 marzo 2014) quanto nelle due commissioni di saggi che dovevano riformare la Costituzione.
Dunque, la Camera bassa (che il sistema elettorale in discussione assicurerebbe che sia davvero molto bassa) elettiva e quella Alta di nomina presidenziale.
E questo porta ad un altro punto della questione: la torsione presidenzialista prodottasi in questi anni. Inizialmente, l’iper attivismo di Napolitano fu il risultato dell’impresentabilità internazionale di Berlusconi e della concomitante crisi del debito sovrano.
Ma con la nomina di Monti, il Presidente è andato sempre più assumendo funzioni di indirizzo politico e, più che di garante della Costituzione, di garante delle obbligazioni Ue del paese ed in particolare del debito. Comprensibilmente, le polemiche di Renzi con la Ue in materia di vincoli di bilancio non devono aver molto allarmato il Colle che, alla vigilia del semestre europeo dell’Italia, si sente una volta di più chiamato a garantire per il futuro. Tuttavia, Napolitano, per ragioni che non stiamo qui a ripetere, si appresta a lasciare il Quirinale. Di qui la tentazione di trasformare il sistema costituzionale introducendo definitivamente le modifiche di assetto dei poteri che, sin qui si erano prodotte di fatto.
Per cui, attraverso la nomina di un Senato con penetranti poteri di controllo e di indirizzo sull’attività di governo, il Presidente acquista definitivamente il ruolo di super-Presidente del Consiglio (vagamente ispirato al modello francese) in alleanza con il ceto tecnocratico. Così da contrappesare efficacemente un governo ancora troppo condizionato dalle “spinte populiste” che vengono dal voto popolare.
Grasso, nella sua infelice intervista al Corriere, ha cercato una mediazione che tenesse conto degli umori degli attuali senatori che vorrebbero qualche chances di tornare a sedersi a palazzo Madama, ed ha proposto un Senato un po’ composto sul modello delle autonomie territoriali, un po’ elettivo, con poteri reali ma limitati. La scomposta reazione di Renzi, che arriva a proporre una revisione costituzionale per voto di fiducia (cosa che neppure nel più sconnesso regime sudamericano degli anni trenta si sarebbero sognati di fare), ha tolto il coperchio alla pentola.
Di fatto siamo di fronte a due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici che mandino tutto gambe all’aria.
Per cui, attraverso la nomina di un Senato con penetranti poteri di controllo e di indirizzo sull’attività di governo, il Presidente acquista definitivamente il ruolo di super-Presidente del Consiglio (vagamente ispirato al modello francese) in alleanza con il ceto tecnocratico. Così da contrappesare efficacemente un governo ancora troppo condizionato dalle “spinte populiste” che vengono dal voto popolare.
Grasso, nella sua infelice intervista al Corriere, ha cercato una mediazione che tenesse conto degli umori degli attuali senatori che vorrebbero qualche chances di tornare a sedersi a palazzo Madama, ed ha proposto un Senato un po’ composto sul modello delle autonomie territoriali, un po’ elettivo, con poteri reali ma limitati. La scomposta reazione di Renzi, che arriva a proporre una revisione costituzionale per voto di fiducia (cosa che neppure nel più sconnesso regime sudamericano degli anni trenta si sarebbero sognati di fare), ha tolto il coperchio alla pentola.
Di fatto siamo di fronte a due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici che mandino tutto gambe all’aria.
7 commenti:
A volte mi chiedo che senso ha parlarne ,questi continuano a fare ciò che vogliono indisturbati senza incontrare un benché minimo ostacolo. Il problema siamo Noi Italiani che non siamo più in grado di Reagire. La questione quindi è capire se esiste una possibilità di modificare questa condizione dei cittadini che non sta nella narrazione delle Porcate ,ma solo concentrare le attenzioni su questo obbiettivo oggi ha un senso ,per il resto possiamo solo raccontarcele e lamentarci.
Demetrio
La concezione Renziana mi sembra in linea con i programmi P2 e con i programmi dei "Protocolli." (per piacere questi Protocolli non censuratemeli sempre perché mi sembra antistorico).
Perciò non c'è da stupirsi perché il binario è quello un po' di tutto l'attivismo Renziano ed è diretto a realizzare un preoccupante ed oscuro autoritarismo. Si tratta chiaramente di una visione a-costituzionale e quindi decisamente antidemocratica.
Posto anche qui il commento lasciato da Giannuli.
Renzi è sostenuto apertamente dagli USA che hanno scaricato Napolitano, il quale a sua volta rappresenta l’establishment europeo.
Siamo ormai scopertamente preda di interessi esteri, e questo lo cominciano a capire parti sempre più consistenti della cosidddetta opinione pubblica.
Purtroppo, ciò non basta, se manca una specifica e valida strategia che possa permettere di resistere. A mio parere, ma ormai lo ripeto fin troppo spesso, tale strategia dovrebbe essere antiglobalista e quindi il recuperare sovranità anche in campo economico.
Non mi pare che ci siano forze politiche che propugnano tali tesi, l’unica cosa, certo importante, è la difesa della costituzione, ma se non si capisce quanto quest’attacco alla costituzione sia correlato ad un’operazione di tipo economico, di accaparramento del patrimonio della nostra patria, tutto sarà insufficiente.
Così, le elezioni europee, in linea di principio fondamentali come diceva Carla nel commento precedente, risultano in definitiva inefficaci perchè non si capisce il successo di quale lista possa ragionevolmente essere considerato come positivo.
E’ triste che in un momento in cui il sistema sta in una crisi che più che epocale appare come terminale, non ci sia una singola forza politica in grado di apprezzare le potenzialità rivoluzionarie di questo nostro tempo. Ed è anche preoccupante perchè l’agonia del sistema darà luogo probabilmente a una fase assai tormentata, a un colpo di coda che causerà danni probabilmente irreversibili all’umanità.
"Così, le elezioni europee, in linea di principio fondamentali come diceva Carla nel commento precedente, risultano in definitiva inefficaci perchè non si capisce il successo di quale lista possa ragionevolmente essere considerato come positivo."
Infatti l'importanza dell'esito elettorale alle europee di maggio non è diretta (alle spettative sull'operato del futuro parlamento europeo), ma riflessa, sugli equilibri politici interni dei Paesi membri, che possono cambiare di conseguenza. Quando è troppo è troppo, e questo vale in Italia come in Francia.
Alberto Conti
La Costituzione degradata a regolamento di condominio ...
Anche nella più scalcinata s.r.l. per cambiare lo statuto occorre una riunione dei soci e una solida maggioranza.
All'attuale marionetta di Berlusconi alias Renzi difficilmente i seri proprietari di un condomio affiderebbero l'amministrazione del proprio immobile.
Che una figura del genere sia arrivata a fare il Presidente del Consiglio
la dice lunga sullo squallore delle sinistre istituzionali italiane.
Ma è purtroppo una situazione omologa col resto d'Europa.
La finanzarizzazione dell'economia ha bisogno di simili ligi servitori poiché capaci di svolgere la necessaria doppia funzione loro demandata dal Capitale Finanziario: da un lato inebriare le folle sprovvedute con menzogne spudorate e discorsi da ciarlatani di cui qualunque politico serio si vergognerebbe, e dall'altro - con fredda determinazione e senza un barlume di scrupolo - procedere sistematicamente e con le giuste alleanze allo smantellamento definitivo delle garanzie democratiche cancellando ogni possibilità di alternativa.
La Costituzione per costoro sarebbe meglio non esistesse, ma visto che invece c'è ed è fondata sull'esperienza della Resistenza antifascista che l'ha scritta, occorre farne carta straccia.
Se passa la manovra di dissoluzionen del Senato non ci saranno più limiti allo smantellamento della democrazia in Italia (di quel poco che è rimasto).
Kassander
Ma qui c'è gente eletta "dal Popolo" che vota in parlamento e approva questo sommovimento strisciante che sta provocando erosioni dagli esiti imprevedibili nelle istituzioni repubblicane!!
Questa gente dovrebbe capire che sta segando i rami sui quali è comodamente appollaiata! Cosa verrà dopo?
Lo ripeto: è tutto puntualmente programmato nei "Protocolli". Questa è una fase fra le terminali e prevede un accentramento sempre più drastico e accentuato del potere nelle mani di "un presidente" (non appare chiaro nei Protocolli se si tratti di un presidente della Repubblica o o di un Presidente del Consiglio cioè del Capo del governo. Questa seconda ipotesi appare abbastanza probabile considerando che uno degli obiettivi a cui sembrava tendere maggiormente B. era proprio la presidenzializzazione autoritaristica e quasi autocratica del vertice dello Stato.
IL pericolo per la Democrazia della nostra Repubblica è incombente e il rischio è estremamente grave. Mi sembra che il termine esatto per definire ciò che sta avvenendo, se non si vuole ricorrere al solito abusato termine di "colpo di stato", sia quello di stravolgimento arbitrario e illegittimo dell'attuale ordinamento istituzionale della Repubblica.
Geremia
Concordo con le considerazioni di Cucinotta: "Siamo ormai scopertamente preda di interessi esteri" ( il che implica un grido accorato di allarme)"la strategia dovrebbe essere antiglobalista e quindi il recuperare sovranità anche in campo economico". Purtroppo "non si vuol capire quanto l’attacco alla Costituzione sia correlato ad un’operazione di tipo economico, di accaparramento del patrimonio della nostra patria".
L'attacco alla Costituzione, chiaramente, mira a privare il Popolo delle sue prerogative decisionali eliminando quel poco che ancora rimane di democratico nelle istituzioni della Repubblica.
La deriva presidenzialistica e autocratica in corso è un attacco mirato e insidiosissimo alla libertà.
E mi sia lecito compiacermi con Cucinotta per aver inserito di straforo nel suo discorso anche il troppo obliato concetto di "patria".
Posta un commento