15 maggio. L'ASSEMBLEA DEL NEONATO MOVIMENTO ANTICAPITALISTA E LIBERTARIO.
Circa 250 tra compagne e compagni hanno partecipato sabato 11 maggio a Bologna all’assemblea nazionale convocata dai firmatari dell’appello diffuso il 16 aprile scorso. Ne avevamo dato notizia con un articolo che titolava Nasce Syriza in Italia?
Dell’Appello scrivevamo:
«Una lista di obbiettivi radicali, ampiamente condivisibili. Reticenza invece su quattro questioni sostanziali: l'uscita dall'Unione europea, la riconquista della sovranità politica e monetaria; la sollevazione popolare come solo mezzo per formare un governo d'emergenza; il socialismo come sola alternativa strategica alla catastrofe. Sulle basi indicate dal documento potrebbe sorgere un fronte di lotta unitario. E questo sarebbe un passo avanti. Che siano adeguate per dare vita ad un vero e proprio soggetto politico unico noi, invece, ne dubitiamo».Un passo avanti
L’assemblea di Bologna ha segnato un passo avanti rispetto all’appello iniziale, ha approvato infatti un documento politico che al primo punto testualmente recita:
«Rompere con l’Unione europea. Democrazia vera, diritti del lavoro (a proposito dei quali è fondamentale la riconquista dell’art. 18), stato sociale, eguaglianza, libertà sono incompatibili con l’Europa del rigore, del fiscal compact, di Maastricht e della Troika. Non c’è nulla da rinegoziare, i trattati vanno cancellati. L’euro e il debito non ci debbono più ricattare, bisogna che i popoli conquistino la sovranità sulla moneta e sulla spesa pubblica».Un passo avanti indubbio. Non si afferma che è necessario uscire dall’euro e riconquistare la sovranità politica e monetaria, ma ci siamo vicini. E’ l’indicatore che nella sinistra rivoluzionaria è iniziato il processo di rottura, speriamo definitiva, del rapporto di sudditanza con la sinistra sistemica.
Bisogna capire perché nella sinistra anticapitalista si tribola tanto a liberarsi del tabù europeista. Le ragioni sono almeno quattro. La prima è che prevale ancora la bislacca idea che la moneta sia una specie di segno o simbolo astratto, quindi neutrale, e non invece un veicolo decisivo di politica economica. La seconda è che non si vuole prendere atto che l’euro non è solo questo strumento, ma un vero e proprio regime politico, simbolo sì, ma di un consorzio delle classi dominanti pensato e voluto per togliere ai popoli lavoratori quanto avevano conquistato dal dopoguerra in poi. La terza è che non si vuole vedere che il processo che sta portando alla fine dell’euro è un fatto oggettivo, e che quindi è inderogabile, per le forze anticapitaliste, non solo prenderne atto, ma indicare ai lavoratori che il ritorno a guida popolare alla sovranità monetaria è un passaggio non solo auspicabile ma necessario. La quarta consiste nella fede in un astratto internazionalismo, per cui, questo si pensa, anche solo evocare la sovranità monetaria significherebbe abbracciare un nazionalismo reazionario.
In verità, nella sua introduzione, Cremaschi si è spinto anche più avanti di quanto scritto nel documento. Egli non ha solo alluso all’ipotesi di uscire dall’euro, ha anche affermato, di contro ai puristi dell’internazionalismo che, se si sostiene che l’Unione europea va spezzata, e se questa rottura non sarà compiuta simultaneamente dai diversi popoli, non si può fare gli scongiuri all’ipotesi sovranista. “La catena si spezza dove l’anello è più debole”.
L'assemblea di Bologna dell'11 maggio |
Quello che invece nemmeno Cremaschi ha detto è che la situazione catastrofica in cui versa il paese prelude alla sollevazione popolare. Forte, sì, la condanna del centro sinistra e del fallimento delle politiche menopeggiste (leggi rifondarole ieri e selline e fiommiste oggi), netti anche gli attacchi ad un’idea di rappresentanza politica schiacciata sulle elezioni e le istituzioni. Ma non si vuole affermare, come se dire la verità facesse paura, che dal marasma (figurarsi dal sistema capitalistico), se ne esce solo con una sollevazione di massa.
Questo dipende dal limite più evidente del documento finale: l’assenza di un giudizio chiaro sulla crisi che attanaglia l’Occidente, l’Europa e l’Italia in particolare. E’ vero o no che siamo alle prese con una crisi epocale, come diciamo noi “di civiltà”? Ed è vero o no che se ne esce solo con soluzioni radicali? Se è così un soggetto politico che pretende di rappresentare gli interessi generali (quindi non solo di una classe, ma della grande maggioranza del popolo) è tenuto ad indicare: (1) quali siano le alleanze sociali e politiche che possano intanto sconfiggere il blocco sistemico oggi al potere e quindi quale sia la forza motrice, (2) quale sia il percorso che può far uscire il paese dal marasma tenendo aperta la via della fuoriuscita dal capitalismo.
Il documento evoca l’alternativa ma non gli da sostanza, indica che il socialismo è la soluzione, lasciando però la questione su un piano astratto.
Ci sono insomma questioni sostanziali a cui questo soggetto politico in fieri dovrà dare delle risposte precise. La catastrofe sociale incalzante non concederà molto tempo prima che queste vengano fornite. Il processo che ha portato all’assemblea di Bologna sarà sottoposto a potenti spinte e controspinte che metteranno a dura prova la positiva ma fragile unità raggiunta dalle sue forze costitutive.
Alleanze e blocco sociale
Una spia delle asperità che potrebbe incontrare il nuovo soggetto sul suo percorso è dato dal giudizio sul Movimento 5 Stelle. Ci sono coloro che ritengono necessaria una alleanza, per quanto tattica, ma prevale l’opinione di ostilità. Non sembri una questione secondaria. M5S potrebbe anche sfaldarsi presto. Il problema che sta dietro alla questione dei rapporti con 5 Stelle è se si resta prigionieri o ci si libera finalmente dei vecchi paradigmi operaisti. Quali sono? (1) La classe operaia è rivoluzionaria in sé; (2) essa ha forza sufficiente a rovesciare il sistema; (3) rifiuto quindi di ogni fronte ampio o blocco sociale che includa settori sociali non proletari.
Ascoltando il dibattito di Bologna (non certo entusiasmante) l’impressione che se ne ricava è che si fa tanta fatica a sbarazzarsi dei dogmi operaisti e quando si tenta di andare oltre s’afferma la tendenza opposta, quella di un democraticismo radicale (il mito della società civile) che proprio gli operaisti d’antan avrebbero definito “borghese”.
Né il dibattito ha detto molto di più di quanto non fosse stato già detto da Cremaschi sulla forma del nuovo soggetto. Si procederà per adesioni individuali, senza che i compagni che aderiscono siano tenuti ad abbandonare le organizzazioni politiche di cui fanno già parte, ciò che implica, per tutta una fase, la sussistenza dei diversi gruppi. E questo la dice lunga sui timori di ognuno che questo processo non vada a buon fine. Degno di nota quanto detto nell’introduzione: non si deciderà a maggioranza, si seguirà invece la procedura della “massima condivisione”. Una criticità non di poco conto: se su una data questione ci sarà divisione tra una minoranza e una maggioranza quale sarà la posizione pubblica? Una terza mediana?
Proprio Cremaschi, dopo aver precisato che l’assemblea è solo un primo passo verso la costruzione del nuovo soggetto politico, ha proposto il nome che i promotori vorrebbero dargli: R.O.S.S.@, acronimo che sta per Resistenza- Opposizione-Solidarietà- Socialismo-, mentre la A è polisemica, Anticapitalismo, Antiautoritarismo, Antifascismo, Antimaschilismo e chi più ne ha più ne metta.
Un nome che non ci sembra molto felice, lo stigma di un identitarismo duro a morire.
Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto quindi? Preferiamo pensare che sia mezzo pieno. Ciò che è nato a Bologna è forse quanto di meglio esprime oggigiorno la sinistra politica e potrebbe essere quanto meno il luogo di una sua positiva ricomposizione.
13 commenti:
Scusate, sono d'accordo col mito fasullo della società civile. Ma l'operaismo come vorreste superarlo?
Manco io credo che gli operai da soli possano fare una rivoluzione, ci vuole egemonia, l'intellettuale collettivo gramsciano forse?
anche a me non piace il concetto di società civile. ma è proprio quello che voi tanto osannate, l'm5s, a fondarsi sull'idea di una società incolore, a-classista e legalitaria.
a questo punto la società civile mi pare un passo in avanti
Bello mio, se vuoi una società civile devi andartela a cercare altrove, tipo in Francia perchè perchè esista una società civile deve esistere un popolo e l'Italia un popolo non l'ha mai avuto, solo parrocchie e squadre di calcio.
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IL VILE BRIGANTE
In molte occasioni abbiamo tentato di dare le risposte alle domande posteci. Non potete pretendere che ogni volta ripetiamo il pistolotto facendo di un articolo un messale.
Sulla società civile:
essa è il luogo dove lo scambio mercantile la fa da padrona e gli individui, atomizzati, sono posti in perenne competizione fra loro, dove i lavoratori sono sudditi-consumatori privi di coscienza rivoluzionaria, dove la borghesia può quindi ergersi a classe generale che difende interessi universali. E dove i "movimenti" sono "di scopo", "sigle issue", corporativi e mai veramente rivoluzionari.
Ma è in questo luogo o "società civile" che siamo e che si deve combattere per dare gambe all'alternativa, unendo anzitutto lavoro salariato, esclusi, non garantiti e il ceto medio pauperizzato (quello che chiamiamo "popolo lavoratore").
Il proletariato, o classe degli sfruttati, non ha in sé alcun dna rivoluzionario, alcun fine storico-sociale incorporato. In senso gramsciano quindi: c'è bisogno di un partito rivoluzionario per dare un senso alla storia, affinché la sollevazione che il blocco sociale degli oppressi sarà costretto a fare prenda la strada della liberazione dal capitalismo.
Quindi l'operaio deve studiare. Giusto?
IL BRIGANTE
E comunque non sono d'accordo che esista in Ita la società civile direi che esistono soprattutto le parrocchie civili.
BY
IL BRIGANTE
Mi è piaciuta molto la definizione di "società civile".
E purtroppo credo che l'operaismo ed altri "marchi registrati" del comunismo li supereremo in un solo modo:
La disperazione.
Quando la disperazione avrà raggiunto livelli *intollerabile*, se la classe dirigente si sarà dimostrata così ottusa da non aprire la valvola *forse* la pentola scoppierà.
...e allora...operaismo o meno... ci sarà solamente chi saprà cavalcare la tigre e chi cadrà con la faccia nella m...a!
mi sembra che voi siate per il fronte popolare, cosa che auspico anch'io; per cui ritengo positivo che sia nata ross@, e che se si vuole accelerare la costruzione del partito rivoluzionario, occorre partecipare a questo progetto per unificare le sterili organizzazioni minoritarie; tutto qui, e non mi interessano tutte le disquisizioni politico teoriche che focalizzano l'obioettivo su tutto ciò che si ritiene ambiguo od insufficiente; ognuno porti le proprie convinzioni ed esperienze per fare rinascere una speranza che da trent'anni è in stato comatoso.
Ancora un partitino che glorifica il sistema, pur criticandolo a parole, grazie alla sua totale sottomissione al feticcio elettoralistico. Fate pena!
E osate pure dichiararvi "libertari"!!!
Ignoranti!
Due domande:
1) potete dirmi cosa significa R.O.S.S.A.? non avete speso una parola per spiegare l'acronimo.
2) che ne pensate di questo evento:
https://www.facebook.com/events/647057728643858/
Assedio del parlamento dal 21 giungo.
Ci sarete?
Hanno posizioni molto simili alle vostre, a partire dall'euro:
http://www.catenaumana.it/
R.O.S.S.@...
Guarda che alla fine dell'articolo c'è scritto: «Proprio Cremaschi, dopo aver precisato che l’assemblea è solo un primo passo verso la costruzione del nuovo soggetto politico, ha proposto il nome che i promotori vorrebbero dargli: R.O.S.S.@, acronimo che sta per Resistenza- Opposizione-Solidarietà- Socialismo-, mentre la A è polisemica, Anticapitalismo, Antiautoritarismo, Antifascismo, Antimaschilismo e chi più ne ha più ne metta».
Assedio al parlamento?
Siamo seri: se si pensa di farlo partire da facebook siamo alla barzelletta. Era già accaduto: 50mila ci sarò e si ritrovarono in 80.
Mi sembra che li liquidate troppo facilmente, il loro programma è quasi identico al vostro:
"L’obiettivo è quello di assediare Montecitorio chiedendo le dimissioni in primis del Capo dello Stato ed il ritorno alle urne sull’esempio dei nostri fratelli e sorelle egiziani, spagnoli e greci.
Adesso tocca a noi! Chiederemo le dimissioni di tutti i vertici dello Stato e di tutti quei politici che da oltre 30 anni ci hanno ridotto così, chiederemo un processo ed il risarcimento del danno.
Vogliamo un referendum sull’uscita dall’Euro e la relativa Sovranità Monetaria, la nazionalizzazione delle banche.
La chiusura immediata di Equitalia, tagli alla Casta modello inglese, eliminazione dei notai, del canone Rai, dei finanziamenti ai giornali, del bollo auto.
Un reddito minimo per le famiglie sul lastrico. Diminuzione dell’età pensionabile per poter dare spazio ai giovani, impignorabilità della prima casa, della macchina, della pensione e degli stipendi."
http://www.catenaumana.it/programma
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