3 maggio. La carneficina in Siria continua. Il paese è oramai precipitato in una guerra civile prolungata in cui le divisioni politiche e di classe sono state sopraffatte da quelle confessionali. Inglesi e francesi scalpitano, con la scusa umanitaria, per un intervento. Gli americani, un po' più accorti, esitano. Israele esorta Obama a non farlo, poiché i guai seri vengono dall'Iran. Un articolo del New York Times.
Un prezioso rerportage sulla situazione in Siria: «La forza crescente dei jihadisti e il dilemma americano»
«Un alto funzionario israeliano ha detto Domenica scorsa che Israele non sta affatto esortando gli Stati Uniti ad intraprendere un'azione militare in Siria, nonostante le valutazioni di intelligence affermino che il governo del presidente Bashar al-Assad abbia recentemente usato armi chimiche nella guerra civile che attanaglia quel paese.
Il funzionario, Yuval Steinitz, Ministro degli affari strategici, di intelligence e delle relazioni internazionali, ha anche detto che il suo governo non vede alcuna relazione tra la politica americana verso la Siria e l'annunciata intenzione dell'amministrazione Obama per impedire all'Iran di acquisire una capacità nucleare.
«Non abbiamo mai chiesto, né abbiamo incoraggiato gli Stati Uniti ad intraprendere un'azione militare in Siria», ha affermato Steinitz in una conferenza a New York, sponsorizzata dal The Jerusalem Post. «E noi non stiamo facendo alcun paragone o collegamento con l'Iran, che è una questione completamente diversa».
La scorsa settimana, il Ricercatore capo dell'intelligence militare israeliana, il Generale Itai Brun, ha detto di poter provare che il governo di Assad aveva più volte usato armi chimiche il mese scorso.
Così, giovedi 25 aprile, la Casa Bianca ha detto ai leader del Congresso che le agenzie di intelligence della nazione avevano stabilito, "con vari gradi di affidabilità", che il governo di Assad aveva usato su piccola scala il sarin, un agente chimico. Il presidente Obama disse l’estate scorsa che l'uso di armi chimiche era una "linea rossa" che, se attraversata, potrebbe indurre gli Stati Uniti a intervenire, ma i funzionari dell'amministrazione hanno poi chiarito che la prova definitiva è necessaria prima che sia intrapresa un’azione.
Alcuni funzionari e analisti israeliani hanno suggerito che Assad avrebbe testato Obama, poiché il mancato intervento avrebbe costituito un segnale per l’Iran che le minacce americane non erano da prendere sul serio.
Ma Steinitz ha detto che la situazione tra i due paesi, la Siria e l’Iran, non sono comparabili. La Siria è alle prese con una guerra civile, con terribili conseguenze umanitarie interne; mentre il programma nucleare iraniano pone devastanti, anche esistenziali, minacce per Israele e gran parte della regione e del mondo.
«E’ il problema n° 1 della nostra generazione», ha detto del programma nucleare iraniano, paragonandolo, come già fatto spesso dal primo ministro Benjamin Netanyahu, alla minaccia rappresentata dal sorgere del regime nazista negli anni ‘30.
Il signor Steinitz ha detto che le recenti visite in Israele da alti funzionari americani, tra cui il presidente Obama, il Segretario di Stato John Kerry e il Segretario della Difesa Chuck Hagel, hanno mostrato il profondo livello di cooperazione tra i due paesi, in particolare sulla questione dell'Iran. Ma ha anche aggiunto che non è consentito a nessuno, tantomeno all’alleato americano, sorvolare su un problema di sicurezza di tale portata, e che Israele dev’essere in grado di gestire la minaccia da solo.
L'Iran afferma che il proprio programma nucleare è rivolto alla generazione di energia civile, non a scopi militari.
Le problematiche riguardo alla Siria, dove sono state uccisi più di 70.000 civili, e le ambizioni nucleari iraniane aleggiavano su gran parte della conferenza in cui ha parlato il signor Steinitz. Meir Dagan ex-capo del Mossad, l’agenzia di spionaggio di Israele, ha detto di dubitare che le armi chimiche usate in modo limitato in Siria, siano state autorizzate da Assad. Pertanto, ha detto, comprendo la cautela americana a intervenire.
Dagan ha inoltre approvato una dichiarazione fatta da un oratore precedente, Ehud Olmert, ex primo ministro, che ha detto che la situazione strategica di Israele è migliore di quanto non fosse stata in anni addietro, perché i suoi vicini subiscono tutti turbolenze interne e da nessuna parte viene qualche minaccia convenzionale ad Israele .
Olmert, che ha iniziato la sua vita politica come conservatore e si è spostato più a sinistra in questi ultimi anni, ha usato la sua analisi della posizione strategica di Israele per sostenere che la sua politica verso i palestinesi è "drammaticamente inadeguata", dato il rischio che l'occupazione della Cisgiordania rappresenta per il desiderio di Israele di essere uno stato democratico ebraico.
Egli ha avvertito che Israele deve fare i conti con un’isolamento diplomatico, a meno che non si decida finalmente ad aiutare i palestinesi a stabilire il loro stato. Le sue dichiarazioni sono state accolte con un mix di fischi e applausi da parte del pubblico, principalmente ebrei americani.
Dagan, l'ex-capo del Mossad, ha detto in un'intervista successiva che la questione palestinese merita molta più attenzione di quanta ne abbia oggi.
«Per il proprio beneficio, Israele dovrebbe aprire un serio dialogo con i palestinesi. Una cosa è dirlo, un’altra è farlo. Noi siamo sul lato di chi deve offrire, loro su quello di chi deve ricevere».
Dagan ha aggiunto che ci dovrebbero seguire due direttrici, una direttamente verso i leader palestinesi e l'altra, meno problematica, verso il mondo arabo, che condivide le preoccupazioni israeliane sull'Iran.
«E’ nel nostro interesse allargare il nostro dialogo con i palestinesi, con i sauditi e il resto dei paesi arabi. Questo amplierebbe quello che potremmo guadagnare. Israele può avere un dialogo segreto con tali paesi».
*Fonte: New York Times del 28 aprile 2013
** Traduzione a cura di Campo Antimperialista
Un prezioso rerportage sulla situazione in Siria: «La forza crescente dei jihadisti e il dilemma americano»
«Un alto funzionario israeliano ha detto Domenica scorsa che Israele non sta affatto esortando gli Stati Uniti ad intraprendere un'azione militare in Siria, nonostante le valutazioni di intelligence affermino che il governo del presidente Bashar al-Assad abbia recentemente usato armi chimiche nella guerra civile che attanaglia quel paese.
Il funzionario, Yuval Steinitz, Ministro degli affari strategici, di intelligence e delle relazioni internazionali, ha anche detto che il suo governo non vede alcuna relazione tra la politica americana verso la Siria e l'annunciata intenzione dell'amministrazione Obama per impedire all'Iran di acquisire una capacità nucleare.
«Non abbiamo mai chiesto, né abbiamo incoraggiato gli Stati Uniti ad intraprendere un'azione militare in Siria», ha affermato Steinitz in una conferenza a New York, sponsorizzata dal The Jerusalem Post. «E noi non stiamo facendo alcun paragone o collegamento con l'Iran, che è una questione completamente diversa».
La scorsa settimana, il Ricercatore capo dell'intelligence militare israeliana, il Generale Itai Brun, ha detto di poter provare che il governo di Assad aveva più volte usato armi chimiche il mese scorso.
Così, giovedi 25 aprile, la Casa Bianca ha detto ai leader del Congresso che le agenzie di intelligence della nazione avevano stabilito, "con vari gradi di affidabilità", che il governo di Assad aveva usato su piccola scala il sarin, un agente chimico. Il presidente Obama disse l’estate scorsa che l'uso di armi chimiche era una "linea rossa" che, se attraversata, potrebbe indurre gli Stati Uniti a intervenire, ma i funzionari dell'amministrazione hanno poi chiarito che la prova definitiva è necessaria prima che sia intrapresa un’azione.
Alcuni funzionari e analisti israeliani hanno suggerito che Assad avrebbe testato Obama, poiché il mancato intervento avrebbe costituito un segnale per l’Iran che le minacce americane non erano da prendere sul serio.
Ma Steinitz ha detto che la situazione tra i due paesi, la Siria e l’Iran, non sono comparabili. La Siria è alle prese con una guerra civile, con terribili conseguenze umanitarie interne; mentre il programma nucleare iraniano pone devastanti, anche esistenziali, minacce per Israele e gran parte della regione e del mondo.
«E’ il problema n° 1 della nostra generazione», ha detto del programma nucleare iraniano, paragonandolo, come già fatto spesso dal primo ministro Benjamin Netanyahu, alla minaccia rappresentata dal sorgere del regime nazista negli anni ‘30.
Il signor Steinitz ha detto che le recenti visite in Israele da alti funzionari americani, tra cui il presidente Obama, il Segretario di Stato John Kerry e il Segretario della Difesa Chuck Hagel, hanno mostrato il profondo livello di cooperazione tra i due paesi, in particolare sulla questione dell'Iran. Ma ha anche aggiunto che non è consentito a nessuno, tantomeno all’alleato americano, sorvolare su un problema di sicurezza di tale portata, e che Israele dev’essere in grado di gestire la minaccia da solo.
L'Iran afferma che il proprio programma nucleare è rivolto alla generazione di energia civile, non a scopi militari.
Le problematiche riguardo alla Siria, dove sono state uccisi più di 70.000 civili, e le ambizioni nucleari iraniane aleggiavano su gran parte della conferenza in cui ha parlato il signor Steinitz. Meir Dagan ex-capo del Mossad, l’agenzia di spionaggio di Israele, ha detto di dubitare che le armi chimiche usate in modo limitato in Siria, siano state autorizzate da Assad. Pertanto, ha detto, comprendo la cautela americana a intervenire.
Dagan ha inoltre approvato una dichiarazione fatta da un oratore precedente, Ehud Olmert, ex primo ministro, che ha detto che la situazione strategica di Israele è migliore di quanto non fosse stata in anni addietro, perché i suoi vicini subiscono tutti turbolenze interne e da nessuna parte viene qualche minaccia convenzionale ad Israele .
Olmert, che ha iniziato la sua vita politica come conservatore e si è spostato più a sinistra in questi ultimi anni, ha usato la sua analisi della posizione strategica di Israele per sostenere che la sua politica verso i palestinesi è "drammaticamente inadeguata", dato il rischio che l'occupazione della Cisgiordania rappresenta per il desiderio di Israele di essere uno stato democratico ebraico.
Egli ha avvertito che Israele deve fare i conti con un’isolamento diplomatico, a meno che non si decida finalmente ad aiutare i palestinesi a stabilire il loro stato. Le sue dichiarazioni sono state accolte con un mix di fischi e applausi da parte del pubblico, principalmente ebrei americani.
Dagan, l'ex-capo del Mossad, ha detto in un'intervista successiva che la questione palestinese merita molta più attenzione di quanta ne abbia oggi.
«Per il proprio beneficio, Israele dovrebbe aprire un serio dialogo con i palestinesi. Una cosa è dirlo, un’altra è farlo. Noi siamo sul lato di chi deve offrire, loro su quello di chi deve ricevere».
Dagan ha aggiunto che ci dovrebbero seguire due direttrici, una direttamente verso i leader palestinesi e l'altra, meno problematica, verso il mondo arabo, che condivide le preoccupazioni israeliane sull'Iran.
«E’ nel nostro interesse allargare il nostro dialogo con i palestinesi, con i sauditi e il resto dei paesi arabi. Questo amplierebbe quello che potremmo guadagnare. Israele può avere un dialogo segreto con tali paesi».
*Fonte: New York Times del 28 aprile 2013
** Traduzione a cura di Campo Antimperialista
1 commento:
Non potevate scegliere un momento peggiore per pubblicare questo articolo. Raid israeliani ieri notte e questa notte contro la Siria.
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