21 maggio. Uno studio aggiacciante di sulla crisi economica italiana. Essa viene confrontata alla Grande Depressione americana seguita al crack del 1929. Il risultato è che essa è ancor più catastrofica. Dal 2009 il Pil italiano è crollato del 20%, una cifra pari a circa 287 miliardi. Terzi non è certo un'economista "anticapitalista", al contrario. Ammesso e non concesso che l'economia ritrovi un tasso di crescita media annua del 2,5% il PIL tornerà ai suoi vecchi livelli solo nel 2040. Un'intera generazione di massa ridotta alla fame. Una generazione che sarà obbligata a sollevarsi se non vorrà essere ridotta alla schiavitù. Essa si ribellerà, ne siamo sicuri. Compito delle persone di buon senso è andare incontro alla rivolta. Gli "estremisti" sono loro!
«Il primo trimestre 2013 è il settimo trimestre consecutivo nel quale il Pil del Paese risulta in calo. Una contrazione della ricchezza nazionale così prolungata nel tempo non si era mai verificata prima. Non solo, ma l’attuale fase di contrazione è la seconda fase recessiva di una crisi iniziata sei anni fa.
La figura 1 mostra l’evoluzione del Pil italiano (linea rossa).
Al grafico è stato aggiunto il trend
lineare (linea verde) calcolato utilizzando il tasso medio di crescita del Pil nel periodo 1994-2008 (1.8 per cento). Il raffronto permette quindi di capire la dimensione della perdita di output aggregata dovuta alla mancata crescita. Tale stima risulta pari a 287 miliardi di Euro, poco più del 20 per cento del PIL attuale. In altri termini, mentre l’ISTAT comunica che il PIL italiano negli ultimi quattro trimestri e’ stato pari a 1381.9 miliardi di euro, assumendo dal 2008 ad oggi una crescita lineare, il prodotto interno lordo sarebbe oggi di 1668.9 miliardi di euro.
La dimensione della crisi è resa ancora più chiara dalla figura 2. Tale figura è un aggiornamento di uno scritto pubblicato circa un anno fa su lavoce.info. La figura mostra la perdita cumulata (in termini di Pil) dal picco pre-crisi raffrontando la Grande Depressione americana all’attuale crisi italiana. A sei anni dall’inizio della crisi la perdita di ricchezza italiana è stimata attorno all’8,5 per cento. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti avevano accumulato una perdita di ricchezza di poco piu’ di 10 punti percentuali. Tuttavia, mentre gli Stati Uniti si trovavano in piena espansione (per 3 anni consecutivi – 1934, 1935 e 1936 – i tassi di crescita furono vicini od addirittura superiori al 10 percento annuo), l’Italia si trova in una nuova fase recessiva della quale non si riesce ad intravedere il termine.
Utizzando i dati del Fondo Monetario Internazionale (WEO, Aprile 2013) l’attuale crisi sembra risultare in una perdita cumulata di ricchezza superiorie alla Grande Depressione già a partire dal 2014. Inoltre, secondo le proiezioni del Fondo Monetario, l’Italia non tornerebbe ai livelli pre-crisi prima della fine del 2018.
Per verificare gli effetti di revisioni del tasso di crescita ipotizzato dal Fondo, la figura 3 riproduce la figura 1 inserendo le previsioni a lungo termine (linee tratteggiate).
Per semplicità sono stati delineati solo due possibili scenari futuri. In un caso (linea rossa tratteggiata) il tasso annuo costante di crescita è pari al 3,5 percento, mentre nel secondo scenario (linea blu tratteggiata) è del 2,5 percento. Queste ipotesi sono piuttosto ottimiste, data l’esperienza recente dell’Italia. In ogni caso, nel primo scenario il PIL torna attorno al potenziale solo nel 2024; nel secondo scenario solo nel 2040.
Questi scenari non son il frutto di una sofisticata proiezione macroeconometrica. E’ solo un modo diretto per ragionare sulla crisi. Il problema della politica economica in Italia è principalmente quello di invertire il pericoloso clivio sul quale è incanalata l’economia italiana. Il costo dell’insuccesso è una perdita permanente di quel benessere che è stato faticosamente accumulato nel corso dei passati decenni».
* Fonte articolo: La Voce
** Figura 1: Fonte: calcoli dell’autore su dati ISTAT. Valori trimestrali annualizzati. I dati sono destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi.
*** Figura 2: Fonte: calcoli dell’autore su dati FED, IMF ed ISTAT. Valori annuali. Le previsioni dal settimo all’unidicesimo anno sono basate sulle proiezioni del Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook, Aprile 2013).
**** Figura 3: Fonte: calcoli dell’autore su dati ISTAT. Nota: la linea rossa tratteggiata assume un tasso di crescita costante pari al 3.5 percento annuo, la linea blu tratteggiata assume un tasso di crescita costante pari al 2.5 percento annuo.
«Il primo trimestre 2013 è il settimo trimestre consecutivo nel quale il Pil del Paese risulta in calo. Una contrazione della ricchezza nazionale così prolungata nel tempo non si era mai verificata prima. Non solo, ma l’attuale fase di contrazione è la seconda fase recessiva di una crisi iniziata sei anni fa.
La figura 1 mostra l’evoluzione del Pil italiano (linea rossa).
Al grafico è stato aggiunto il trend
Figura 1: l'evoluzione del Pil italiano |
La dimensione della crisi è resa ancora più chiara dalla figura 2. Tale figura è un aggiornamento di uno scritto pubblicato circa un anno fa su lavoce.info. La figura mostra la perdita cumulata (in termini di Pil) dal picco pre-crisi raffrontando la Grande Depressione americana all’attuale crisi italiana. A sei anni dall’inizio della crisi la perdita di ricchezza italiana è stimata attorno all’8,5 per cento. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti avevano accumulato una perdita di ricchezza di poco piu’ di 10 punti percentuali. Tuttavia, mentre gli Stati Uniti si trovavano in piena espansione (per 3 anni consecutivi – 1934, 1935 e 1936 – i tassi di crescita furono vicini od addirittura superiori al 10 percento annuo), l’Italia si trova in una nuova fase recessiva della quale non si riesce ad intravedere il termine.
Figura 2: perdita cumulata di ricchezza dal picco pre-crisi, valori annuali |
Utizzando i dati del Fondo Monetario Internazionale (WEO, Aprile 2013) l’attuale crisi sembra risultare in una perdita cumulata di ricchezza superiorie alla Grande Depressione già a partire dal 2014. Inoltre, secondo le proiezioni del Fondo Monetario, l’Italia non tornerebbe ai livelli pre-crisi prima della fine del 2018.
Per verificare gli effetti di revisioni del tasso di crescita ipotizzato dal Fondo, la figura 3 riproduce la figura 1 inserendo le previsioni a lungo termine (linee tratteggiate).
Per semplicità sono stati delineati solo due possibili scenari futuri. In un caso (linea rossa tratteggiata) il tasso annuo costante di crescita è pari al 3,5 percento, mentre nel secondo scenario (linea blu tratteggiata) è del 2,5 percento. Queste ipotesi sono piuttosto ottimiste, data l’esperienza recente dell’Italia. In ogni caso, nel primo scenario il PIL torna attorno al potenziale solo nel 2024; nel secondo scenario solo nel 2040.
Figura 3: proiezione del Pil italiano a lungo termine |
Questi scenari non son il frutto di una sofisticata proiezione macroeconometrica. E’ solo un modo diretto per ragionare sulla crisi. Il problema della politica economica in Italia è principalmente quello di invertire il pericoloso clivio sul quale è incanalata l’economia italiana. Il costo dell’insuccesso è una perdita permanente di quel benessere che è stato faticosamente accumulato nel corso dei passati decenni».
* Fonte articolo: La Voce
** Figura 1: Fonte: calcoli dell’autore su dati ISTAT. Valori trimestrali annualizzati. I dati sono destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi.
*** Figura 2: Fonte: calcoli dell’autore su dati FED, IMF ed ISTAT. Valori annuali. Le previsioni dal settimo all’unidicesimo anno sono basate sulle proiezioni del Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook, Aprile 2013).
**** Figura 3: Fonte: calcoli dell’autore su dati ISTAT. Nota: la linea rossa tratteggiata assume un tasso di crescita costante pari al 3.5 percento annuo, la linea blu tratteggiata assume un tasso di crescita costante pari al 2.5 percento annuo.
1 commento:
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Butto un sasso nello stagno.
Come può sopravvvivere a questa crisi,mantenendo gli attuali standard di vita che i burocrati e furbacchioni si sono dati ? E mica crederanno che con la casetta al mare o n montagna risaneranno l'economia ?
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