domenica 18 marzo 2018

IL SINDACATO UNICO DI REGIME di Giorgio Cremaschi

[ 18 marzo 2018 ]

Quindi CGIL, CIL e UIL hanno confermato la firma dell'accordo con la Confindustria, raggiunto nella notte del 27 febbraio. Un accordo passato sottobanco a causa delle elezioni, ma che, per la gravità delle sue implicazioni, sigilla il definitivo passaggio dei confederali a guardiani del sistema ordoliberista.


L'accordo sul sistema contrattuale firmato con scene di giubilo comune tra i vertici di CgilCislUil e quelli di Confindustria è la peggiore politica di austerità fatta contratto. Esso conclude un percorso iniziato nel 2009 da un' intesa che la Cgil inizialmente non sottoscrisse, salvo poi cambiare idea successivamente. L'ultimo contratto dei metalmeccanici sottoscritto anche dalla Fiom - il peggiore della storia della categoria con zero aumenti salariali, la flessibilità a go go e i fondi sanitari- ha dato il via libera definitivo a quest'intesa.

L'accordo programma la riduzione dei salari impedendo di chiedere aumenti nei contratti nazionali e legando rigidamente quelli aziendali ai massimi profitti dell'impresa. Nello stesso tempo flessibilità e precarietà sono assunti come elementi costitutivi del rapporto di lavoro. E l'orario di lavoro e l'intensità della prestazione possono solo aumentare. Questa è la nuova costituzione delle relazioni sindacali e l'organizzazione che non l'accetta vedrà messo in discussione il suo stesso diritto ad esistere. Un accordo liberticida contro tutti i diritti dei lavoratori.

I metalmeccanici tedeschi hanno raggiunto le 28 ore settimanali con aumento dei salari. L'accordo sul sistema contrattuale italiano non solo impedisce che simili risultati possano essere mai acquisiti, ma vieta persino che possano essere richiesti. La piattaforma della IgMetall nel sistema sottoscritto da Camusso e compagnia sarebbe semplicemente fuorilegge. Neppure i vertici della UE avrebbero saputo imporre ai lavoratori italiani un sistema così capace di farli lavorare sempre di più e guadagnare sempre di meno.

CgilCislUil e Confindustria cancellano la possibilità per i lavoratori di ottenere contratti degni di questo nome, ma si mettono definitivamente assieme in affari. Fondi pensione, sanità privata, formazione e traffici vari sul lavoro, di questo si occuperanno davvero.

Alla firma dell'intesa i leader sindacali e confindustriali si sono abbracciati e hanno fatto sapere alla politica che essa non deve occuparsi di loro, che i lavoratori sono roba loro. Pensano così di essersi salvati dal crollo del PD, partito che, pur con finte polemiche, hanno sempre sostenuto. Hanno organizzato un sindacato unico di regime in cui padroni e vertici sindacali operano affratellati in una sola corporazione.

E hanno offerto i servigi di questo "sindacato" al nuovo governo, qualunque esso sia purché sia responsabile.

Questo accordo della vergogna, sottoscritto senza neanche un'assemblea nei luoghi di lavoro, è come la controriforma costituzionale di Renzi. E deve fare la stessa fine. Combattere e rovesciare il sindacato CGILCISLUILCONFINDISTRIA è oggi indispensabile per riconquistare diritti, salario e libertà in tutto il modo del lavoro.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Cremaschi potrà pur scrivere cose giuste, ma finché resta dentro PaP possiamo solo dedurre che sono vuoti discorsi inconseguenti.

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 17,30. Tu che lavoro fai? Mi sembra molto capzioso il tuo ragionamento, figlio dei tempi di IGNORANZA che corrono. Non confondiamo il piano sociale con quello politico. Con quelli come Cremaschi dobbiamo e possiamo fare un fronte sul piano del lavoro per una rivolta analoga a quella che c'è stata in Francia. Proprio il successo di Melanchon è figlio di quella rivolta, quindi la lotta va infiammata, anche per ottenere gli obbiettivi che tu vorresti, non depressa.
Comunque insisto: dimmi che lavoro fai e ti dirò chi sei

Anonimo ha detto...

amen

Anonimo ha detto...

"Anonimo delle 17,30. Tu che lavoro fai?"

Io (sono quello delle 17.30) sono disoccupato da più anni. Tu che fai invece? Il propagandista di PaP?

Anonimo ha detto...

Pur condividendo le considerazioni di Cremaschi sull'accordo Confindustria-Confederali, va detto che non solo è inesatta, ma addirittura fuorviante, e forse in cattiva fede, la leccata di chiappe all'IG Metal per quello che è un pessimo accordo sindacale, spacciato per riduzione d'orario a parità di salario.

"Mobilitando quasi un milione di lavoratori, il sindacato metalmeccanico tedesco Ig Metall ha raggiunto uno storico accordo che include, tra l’altro, la settimana lavorativa di 28 ore su base volontaria e un aumento di salario del 4,3%. Un “compromesso tollerabile”, secondo la sigla e i lavoratori, che hanno comunque lamentato alcuni “elementi dolorosi” per entrambi. L’accordo coprirà 900mila addetti nel Land industriale del Baden-Württemberg e potrebbe essere esteso ai 3,9 milioni di metalmeccanici in tutto il Paese.

La concessione chiave è il diritto per i dipendenti più anziani di ridurre la loro settimana lavorativa a 28 ore per un periodo limitato di 6 a 24 mesi. Le imprese hanno ottenuto dal canto loro la possibilità di estendere la settimana lavorativa a 40 da 35 ore per i dipendenti che volessero farlo su base volontaria. I capi sindacali avevano minacciato uno sciopero a tempo indeterminato se le loro richieste non fossero state soddisfatte. Una protesta di questo tipo non si verificava nel settore dal 2003.

A livello salariale i sindacati chiedevano un aumento del 6%, passato in secondo piano rispetto alla questione della settimana corta. Le due parti hanno concordato un compromesso di un aumento del 4,3% da aprile, con alcuni pagamenti una tantum aggiuntivi. I dipendenti che ridurranno l’orario di lavoro, e conseguentemente vedranno tagliate le buste paga, potranno avere un altro “bonus di tempo”, pari a 8 giorni di ferie."

Questa è una sintesi giornalistica dell'accordo. Giudicate voi!!

Quello che no si dice è che le ore di lavoro "liberate" da chi sceglierà la riduzione d'orario saranno coperte con l'assunzione, da parte delle aziende, di lavoratori precari inquadrati con i famosi mini-jobs, quindi con tutele e salari inferiori. Doppio regime a parità di lavoro! L'Italia ha fatto scuola!

Se Cremaschi "mitizza" e porta da esempio l'accordo dei metalmeccanici tedeschi come strada da seguire, significa che assieme a lui (e ai suoi) poco si può nella pratica politica. Al massimo si può sparare, a parole, sulla crocerossa confederale.

Giorgio.

Anonimo ha detto...

Sono sempre quello delle 17.30

Splendido il commento di Giorgio qui sopra. Avevo il sospetto che tutto questo sbandierare le 28 ore fosse non solo parziale ma che nascondesse fra le sue pieghe la solita fatta di precarietà e minijob.

Un commento circostanziato che riporta informazioni sulle quali io avevo solo sospetti anche se non avevo dubbi che fosse effettivamente così.

Lo ringrazio

Giovanni

Anonimo ha detto...

Grazie Giorgio,

ero caduto tutti e due i piedi nella trappola di Cremaschi

Fabio

chiunque scriva ciò che vuole ha detto...

Sia nell'articolo che nei commenti ci sono verità parziali e giuste precisazioni. Che l'accordo tedesco sia un passo avanti anche se piccolo va compreso nell'ambito di una mortificazione salariale che durava da un decennio almeno e quindi è stato possibile spacciarlo per una grande conquista. Certamente non lo è ma visto chi c'è al governo era inutile illudersi: i sindacati tedeschi non sfuggono alla regola generale che li vede più come collaboratori con la confindustria che non difensori dei lavoratori. Certo ottengono di più: ma sono briciole in rapporto ai guadagni degli azionisti e dei funzionari di alto livello.
Per i sindacati italiani il discorso è invece molto più semplice: si comportano come se fossero gli eredi dello Stato corporativo fascista. Certo, facile accusarli di essere venduti - e lo sono - ma sono anche realisti: se si resta nell'euro e nel sistema imposto dall'Unione Europea, che cosa possono fare le organizzazioni sindacali di fronte all'enorme disoccupazione divenuta organica al sistema ?

Anonimo ha detto...

"se si resta nell'euro e nel sistema imposto dall'Unione Europea, che cosa possono fare le organizzazioni sindacali"

Si potrebbe cominciare a dire pane al pane e vino al vino, altrimenti si cade nella trappola del fatalismo. Come dire "there is no alternative". E se non c'è alternativa allora io non sono responsabile di nulla. Questa è una giustificazione troppo comoda che non dobbiamo più concedere a nessuno.

Il vantaggio minimo dato ad alcuni lavoratori è la maschera con cui da decenni si copre il molto di più che viene tolto ad altri causando gravi sofferenze ed esclusioni.

Cremaschi, Eurostop. PaP hanno scelto di raccontare le cose in questo modo, se ne assumano la responsabilità anche davanti alle sofferenze di tutti gli esclusi.

Giovanni

Anonimo ha detto...

Credo che l'ingraismo, che incarna l'incongruenza della critica da sinistra al comunismo italiano della seconda meta' del 900, sia il morbo che ha influenzato Bertinotti e Cremaschi. A buoni intenditori poche parole....

Anonimo ha detto...

E leggo solamente ora sul sito di eurostop. Legge di iniziativa popolare (quelle cose inutili che restano arenate in eterno in parlamento) e referendum contro l'UE (Grillo diceva sull'euro). No, il referendum sull'euro/UE no per favore.

Sono gli avanzi che cadono dal tavolo del grillismo che loro vogliono raccogliere fuori tempo massimo. Strategia perdente che da sempre segue rifondazione.

Qualcuno ha ancora qualche dubbio sulla vera natura di eurostop? Io certamente no.

Giovanni

Barbaro D'Urso ha detto...

I sindacati confederali italiani sono diventati, da alcuni decenni, una vera e propria forma di para-stato, che non svolge più alcuna funzione di rappresentanza e tutela dei lavoratori, se non in una forma estremamente ridotta e quasi di stampo clientelare. La parola conflitto, questa bestemmia, è completamente sparita dall'orizzonte.

L'unica cosa è autopreservarsi, rendendosi quasi indispensabili ad un enorme numero di pensionati che, per sbrigare la miriade di adempimenti sempre più numerosi e sempre più assurdi che le autorità impongono a ruota continua, devono rivolgersi ai centri d'assistenza fiscale riconosciuti, vere e proprie strutture amministrative parallele all'Inps e nella quasi totalità articolazione proprio dei sindacati. Tutto questo garantisce agli stessi sostanziosi finanziamenti statali.

Ai vertici, poi, tutti i segretari confederali da un bel pezzo ad oggi hanno sempre trovato posto in parlamento, prima o dopo, a Roma o a Strasburgo.

Parlavo pochi giorni fa con un amico che non sentivo da anni, ricercatore in un'università romana. Posso assicurare che costui non è né qualunquista, né di destra, né grillino. Ebbene, egli mi ha raccontato come le sigle confederali dentro al mondo dell'università servano a garantire ad alcuni dei propri appartenenti certi posti ben pagati e al tempo stesso privi di vere responsabilità. E sottolineo alcuni, perché molti altri si devono limitare a sperare e desiderare, pur pagando la quota e tutto... L'amico, che si dà da fare e pubblica a livello internazionale, ha tenuto a precisare che costoro sono quasi senza eccezione degli incapaci ma intoccabili, ai quali non si può mai dar fastidio, ma che spesso rompono le scatole a tutti gli altri.

Nella piccola e media impresa, poi, la presenza dei "rappresentati del mondo del lavoro" è del tutto assente e non ha mai pensato di fare argine a certi diffusissimi comportamenti assai signorili e civili di tanti padroncini, dal diffusissimo nero alle furbate sui contributi, al totale sprezzo di ogni principio di sicurezza e antiinfortunistica, dalle paghe ridicole - quando conferite... - ai ritmi e carichi di lavoro, fino a pratiche apertamente persecutorie o violente. E dire che, facendo una piccola digressione, c'è chi entrò sulla scena qualche anno fa lodando questa specchiata, specchiatissima categoria - i padroncini, intendo - come "spina dorsale" dell'economia italiana, insolentendo chi invece, assai più sincero e senza secondi fini, la caratterizzava correttamente alla stregua di una malattia neoplastica... Chi entrò sulla scena ha guardacaso avuto, un paio di settimane fa, ciò che voleva!

Alla fine del gioco, i lavoratori dipendenti più un largo numero di "falsi" autonomi nel settore privato sono quelli che ne fanno quotidianamente le spese. E molti, devo purtroppo osservare, sono ormai preda dell'egemonia culturale del momento, da coloro, tipicamente al nord, solidali più col datore di lavoro che con quelli della loro stessa categoria, fino ad un'enorme massa di giovani del tutto sprovveduti e abbandonati a se stessi, che non hanno manco la cognizione di avere dei diritti in quanto lavoratori, figuriamoci se possano concepire di ingaggiare una qualche lotta.

La notte è buia...

Anonimo ha detto...

Ma non si può...i confederali si sono venduti nel 1989, completando l'operazione nel 1995/6
Cremaschi si sveglia tanto in ritardo

Anonimo ha detto...

"egli mi ha raccontato come le sigle confederali dentro al mondo dell'università servano a garantire ad alcuni dei propri appartenenti certi posti ben pagati [..] costoro sono quasi senza eccezione degli incapaci ma intoccabili"

Quello che scrivi è giusto, in anni di precariato universitario ho potuto incontrare questo pensiero diverse volte. Purtroppo però è solo metà della storia. Nel tuo racconto manca l'altra metà, cioè quella del: "dunque cosa ne consegue". Allora te la completo io.

Sistematicamente queste persone concludono che il sindacato è il male, che ci vuole più meritocrazia, che ci vuole una valutazione darwiniana del ricercatore dal quale essi sperano che questi "incapaci ma intoccabili" vengano finalmente espulsi. Valutazione fatta sulla base della sua iniziativa individuale ed il suo essere strategicostrategicostrategico. Che poi è il mantra A&G dell'investire nella sola eccellenza che tutto il mondo della ricerca respinge a chiacchiere ma sostine pervicacemente nei fatti. Altra consegienza è che di contro al corrotto sindacato essi difendono a spada tratta il loro diritto selezionare per via cooptativa le persone magari proponendo la sedicente "cooptazione responsabile" e che non entri nessuno che non ha il guinzaglio. Insomma tutti i cavalli di battaglia del liberismo più estremo dal quale dovremmo liberarci.

La notte è buia anche e soprattutto perché nessuno riempie questa metà mancante con un progetto diverso e di conseguenza la propaganda liberista resta l'unica sulla piazza e continua ad imperversare.

Sì, la notte è buia.

Giovanni

Barbaro D'Urso ha detto...

Giovanni,

aggiunta impeccabile, la tua. Rileggendomi, mi rendo conto che effettivamente l'altra metà del discorso, che io lasciavo in sospeso e che tu hai esplicitato, può facilmente essere declinata nel modo che dici tu.

La cosiddetta meritocrazia, questo ampolloso parolone con cui si riempiono tutti la bocca da qualche lustro, mi sembra essere, in Italia, una tardiva e imperfetta laicizzazione del vecchio concetto cattolico di "opere buone", cioè le azioni che il fedele doveva compiere per salvarsi l'anima. Ma chi decideva quali fossero le opere buone? Ecco, ci siamo capiti: basta sostituire "opere buone" con "merito" e ci troviamo col neofeudalesimo del tardo capitalismo piuttosto che col feudalesimo classico del tardo medioevo. Il clientelismo di oggi farà pure schifo, ma in prospettiva d'uno schifo ancor peggiore...

Per rimanere all'analogia "teologica", ci vorrebbero dei "riformatori radicali". Come Muntzer, per interderci.

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