Dunque ci risiamo. L'intero ceto politico italiano è di nuovo assorbito dalla sua principale passione, quella per le leggi elettorali. Leggi che han da essere sempre antidemocratiche, ci mancherebbe! Sul punto sono tutti d'accordo, da Salvini a Meloni, da Zingaretti a Di Maio.
L'eventuale disaccordo sorge eventualmente a valle di questa comune aspirazione, dato che i peculiari interessi del momento dei diversi partiti sono giocoforza in conflitto fra loro.
E' sicuramente un bene che il referendum costituzionale si svolga. Se non altro, al di là del risultato, quella consultazione obbligherà quantomeno ad una discussione nel merito di questa ennesima schifezza.
Il taglio dei parlamentari è infatti un taglio alla democrazia, dato che riduce lo spazio della rappresentanza, specie quella delle forze minori, ed in particolare quella (la più temuta) di nuove forze politiche che volessero affacciarsi al confronto elettorale. In altre parole, con il taglio il sistema si blinda maggiormente. E che questo venga fatto in nome della riduzione dei costi - vedi la becera propaganda grillina - è un particolare che grida vendetta.
Se il referendum è certamente positivo, disgustoso è il modo in cui vi si è arrivati. Solo ieri si è conclusa l'indecorosa farsa della raccolta delle firme necessarie al Senato. Prima le 64 sottoscrizioni c'erano, poi - ieri l'altro - erano venute improvvisamente a mancare per la retromarcia di quattro senatori forzaitalioti legati alla Carfagna (le voci sono che questo gruppo vorrebbe avvicinarsi - via Renzi - al governo), quindi la soglia è stata nuovamente raggiunta grazie ad un discreto soccorso leghista.
Il fatto è che i proponenti a tutto pensano salvo che al tema che dovrebbe essere al centro della consultazione referendaria: la difesa della democrazia rappresentativa e della stessa Costituzione. Non è un mistero per nessuno che i firmatari, quantomeno la loro larghissima maggioranza, abbiamo preso questa iniziativa solo per favorire nuove elezioni anticipate che, ove si svolgessero prima del referendum confermativo, porterebbero ad un nuovo parlamento con gli stessi seggi di oggi. Nessuno può dire se questa "furbata" andrà a segno. Forse è un po' troppo pacchiana anche per la disastrata Italia, ma chissà...
In materia di imbrogli sulle leggi elettorali la Lega ne ha fatte di tutti i colori. Basti ricordare che il suo massimo esperto, Roberto Calderoli, definì "una porcata" (da lì il nome Porcellum) la sua legge del 2005. Non contenta di ciò, pure la legge attuale (il cosiddetto "Rosatellum") nacque dall'accordo trasversale col Pd nell'autunno 2017.
Adesso, però, convinto di poter stravincere le elezioni, il partito di Salvini vorrebbe prendersi tutto. Con la richiesta delle regioni governate dalla destra, si è avviato così il percorso per arrivare ad un referendum che - abrogando la quota proporzionale del Rosatellum - consentirebbe di arrivare al maggioritario secco a turno unico modello inglese, cioè al sistema più antidemocratico in assoluto tra quelli vigenti in Europa.
Nei prossimi giorni toccherà alla Corte Costituzionale pronunciarsi sull'ammissibilità di questo referendum. E' probabile che la consultazione venga giudicata non ammissibile, ma solo per un problema di "mancata applicabilità immediata" della legge che ne risulterebbe nel caso di una vittoria del sì. Purtroppo, infatti, la foga maggioritaria di questi ultimi trent'anni ha travolto ogni barriera. E tutto ciò è avvenuto - non scordiamocelo mai - soprattutto a causa delle responsabilità del cosiddetto "centrosinistra", che ha fatto del principio maggioritario una propria bandiera fin dall'inizio degli anni '90. Una vera vergogna!
Da parte nostra non possiamo far altro che augurarci che lo sfondamento salviniano sulla legge elettorale fallisca, ma qualora le cose andassero diversamente che almeno sia chiara la causa di questa deriva.
Se il referendum leghista non passerà, la probabile vittoria del sì in quello costituzionale aprirà però la strada ad una nuova legge elettorale. Come da tradizione, peggiore di quella precedente.
Il legame tra riduzione dei parlamentari e nuova legge elettorale è rappresentato dal fatto che con la riduzione, applicata ai meccanismi del Rosatellum, si arriverebbe, specie al Senato, a soglie di sbarramento altissime in parecchie regioni. Da qui l'esigenza di cambiare nuovamente la legge, eliminando i collegi uninominali della quota maggioritaria. Operazione in verità semplicissima, ove si avesse davvero a cuore il principio della rappresentanza. Ma così sarebbe troppo semplice, soprattutto troppo democratico...
Ecco allora l'accordo M5s-Pd sul sistema tedesco. La proposta presentata l'altro ieri dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, il grillino Giuseppe Brescia, traduce in norme quell'accordo. Al modello tedesco, il cui cuore è lo sbarramento al 5%, si aggiunge il cosiddetto "diritto di tribuna", una sostanziale presa in giro per dare qualche seggio a forze che pur restando sotto quella soglia riuscissero a superarla in almeno tre circoscrizioni. Senza perderci qui in troppi tecnicismi, è chiaro che si tratta di un modestissimo premio di consolazione per i "migliori esclusi". Una minuscola correzione che non muta nella sostanza la scelta della blindatura - rappresentata dal passaggio dello sbarramento dal 3 al 5% - delle attuali forze parlamentari.
Ovviamente le soglie di sbarramento non sono mai casuali. Nel caso tedesco, ad esempio, quella soglia nacque dalla precisa volontà di tenere fuori dal Bundestag i comunisti. Mutatis mutandis, è chiaro come oggi l'innalzamento della soglia serva soprattutto al vergognoso Di Maio per parare gli effetti della probabile scissione dei Cinque Stelle. Un obiettivo che va bene anche al Pd ed alla Lega.
Dunque ci risiamo, l'abbiamo detto all'inizio. Non solo si propone una legge antidemocratica, ma la si disegna pure in base ai vantaggi immediati di chi ha la maggioranza in questo momento. Un motivo in più per battersi con forza contro questa ennesima porcata.
Talvolta però certi calcoli si rivelano fallaci. Così fu per il Rosatellum dell'allora piddino Rosato. Quella legge doveva favorire il Pd, ma alla fine avvantaggiò il Movimento Cinque Stelle. Stavolta la Nemesi potrebbe invece colpire Di Maio. Chi può dire che, tanto più in caso di scissione, non si ritrovi proprio lui il problema del 5%?
Apparentemente questo scenario sembrerà di certo esagerato, ma chi avrebbe mai immaginato solo due anni fa che quella soglia sarebbe diventata ostica pure per Matteo Renzi?
Ma, al di là di queste considerazioni, cosa fare in concreto per fermare la nuova legge? In pratica c'è una sola strada, per quanto impervia essa sia: bloccare il taglio dei parlamentari. Si ripropone infatti lo stesso schema del 2016. Anche allora la partita della legge elettorale era strettamente collegata all'esito del referendum costituzionale. Bocciata la controriforma di Renzi, il suo Italicum divenne infatti sostanzialmente inapplicabile.
Beninteso, oggi il discorso è diverso. Di per sé neppure una vittoria del no al referendum garantirebbe l'abbandono del modello tedesco. In pratica, però, venendo meno l'urgenza della modifica, il suo percorso legislativo potrebbe farsi ben più complicato.
Ad ogni modo il problema principale non è questo. Il problema è che la vittoria del no al referendum appare come un irraggiungibile miraggio. Un evento che, ove si realizzasse, avrebbe quasi del miracoloso.
Nessuna illusione ci è dunque consentita, la cosa è fin troppo evidente. E tuttavia ci sono tre fatti che potrebbero giocare contro l'ipotesi di un plebiscito per il sì. Il primo è che gli italiani diffidano giustamente delle modifiche alla Costituzione. Il secondo è che, tolti i Cinque Stelle, le altre forze politiche ben poco si impegneranno in questa campagna. Il terzo è che l'elettorato tende da anni a punire le forze di governo.
Basterà tutto ciò a rimettere in gioco l'esito di un referendum che appare del tutto scontato? E' ben difficile che ciò avvenga, apparentemente addirittura impossibile, ma perché non provarci?
L'eventuale disaccordo sorge eventualmente a valle di questa comune aspirazione, dato che i peculiari interessi del momento dei diversi partiti sono giocoforza in conflitto fra loro.
Stavolta il là a questa ennesima kermesse degli orrori arriva dal taglio dei parlamentari deciso nei mesi scorsi. Questo taglio è l'ulteriore tassello di un attacco alla democrazia rappresentativa che va avanti da trent'anni. Un attacco che ebbe il suo momento decisivo nel famoso referendum per il maggioritario che si svolse nell'aprile 1993. Tanti sono i colpi portati da allora: dai maggiori poteri conquistati dagli esecutivi a scapito delle assemblee elettive, a quelli avocati a sé dagli ultimi presidenti della repubblica. Ma un capitolo speciale di questo continuo golpe a puntate spetta senz'altro all'infinita saga delle legge elettorali. Dal Mattarelum, al Porcellum, all'Italicum, fino al Rosatellum: una legge peggio dell'altra, ma non si ha certo intenzione di cambiare strada.
Siamo così arrivati alla curiosa strettoia politico-istituzionale di questi giorni, che mette al centro tre questioni strettamente collegate tra loro: 1) l'effettuazione del referendum costituzionale, 2) l'approvazione o meno da parte della Consulta del referendum leghista per il maggioritario puro, 3) l'eventuale nuova legge elettorale.
Vediamo più da vicino questi tre punti.
Siamo così arrivati alla curiosa strettoia politico-istituzionale di questi giorni, che mette al centro tre questioni strettamente collegate tra loro: 1) l'effettuazione del referendum costituzionale, 2) l'approvazione o meno da parte della Consulta del referendum leghista per il maggioritario puro, 3) l'eventuale nuova legge elettorale.
Vediamo più da vicino questi tre punti.
1. Il referendum costituzionale
E' sicuramente un bene che il referendum costituzionale si svolga. Se non altro, al di là del risultato, quella consultazione obbligherà quantomeno ad una discussione nel merito di questa ennesima schifezza.
Il taglio dei parlamentari è infatti un taglio alla democrazia, dato che riduce lo spazio della rappresentanza, specie quella delle forze minori, ed in particolare quella (la più temuta) di nuove forze politiche che volessero affacciarsi al confronto elettorale. In altre parole, con il taglio il sistema si blinda maggiormente. E che questo venga fatto in nome della riduzione dei costi - vedi la becera propaganda grillina - è un particolare che grida vendetta.
Se il referendum è certamente positivo, disgustoso è il modo in cui vi si è arrivati. Solo ieri si è conclusa l'indecorosa farsa della raccolta delle firme necessarie al Senato. Prima le 64 sottoscrizioni c'erano, poi - ieri l'altro - erano venute improvvisamente a mancare per la retromarcia di quattro senatori forzaitalioti legati alla Carfagna (le voci sono che questo gruppo vorrebbe avvicinarsi - via Renzi - al governo), quindi la soglia è stata nuovamente raggiunta grazie ad un discreto soccorso leghista.
Il fatto è che i proponenti a tutto pensano salvo che al tema che dovrebbe essere al centro della consultazione referendaria: la difesa della democrazia rappresentativa e della stessa Costituzione. Non è un mistero per nessuno che i firmatari, quantomeno la loro larghissima maggioranza, abbiamo preso questa iniziativa solo per favorire nuove elezioni anticipate che, ove si svolgessero prima del referendum confermativo, porterebbero ad un nuovo parlamento con gli stessi seggi di oggi. Nessuno può dire se questa "furbata" andrà a segno. Forse è un po' troppo pacchiana anche per la disastrata Italia, ma chissà...
2. Il referendum leghista
In materia di imbrogli sulle leggi elettorali la Lega ne ha fatte di tutti i colori. Basti ricordare che il suo massimo esperto, Roberto Calderoli, definì "una porcata" (da lì il nome Porcellum) la sua legge del 2005. Non contenta di ciò, pure la legge attuale (il cosiddetto "Rosatellum") nacque dall'accordo trasversale col Pd nell'autunno 2017.
Adesso, però, convinto di poter stravincere le elezioni, il partito di Salvini vorrebbe prendersi tutto. Con la richiesta delle regioni governate dalla destra, si è avviato così il percorso per arrivare ad un referendum che - abrogando la quota proporzionale del Rosatellum - consentirebbe di arrivare al maggioritario secco a turno unico modello inglese, cioè al sistema più antidemocratico in assoluto tra quelli vigenti in Europa.
Nei prossimi giorni toccherà alla Corte Costituzionale pronunciarsi sull'ammissibilità di questo referendum. E' probabile che la consultazione venga giudicata non ammissibile, ma solo per un problema di "mancata applicabilità immediata" della legge che ne risulterebbe nel caso di una vittoria del sì. Purtroppo, infatti, la foga maggioritaria di questi ultimi trent'anni ha travolto ogni barriera. E tutto ciò è avvenuto - non scordiamocelo mai - soprattutto a causa delle responsabilità del cosiddetto "centrosinistra", che ha fatto del principio maggioritario una propria bandiera fin dall'inizio degli anni '90. Una vera vergogna!
Da parte nostra non possiamo far altro che augurarci che lo sfondamento salviniano sulla legge elettorale fallisca, ma qualora le cose andassero diversamente che almeno sia chiara la causa di questa deriva.
3. La nuova legge elettorale
Se il referendum leghista non passerà, la probabile vittoria del sì in quello costituzionale aprirà però la strada ad una nuova legge elettorale. Come da tradizione, peggiore di quella precedente.
Il legame tra riduzione dei parlamentari e nuova legge elettorale è rappresentato dal fatto che con la riduzione, applicata ai meccanismi del Rosatellum, si arriverebbe, specie al Senato, a soglie di sbarramento altissime in parecchie regioni. Da qui l'esigenza di cambiare nuovamente la legge, eliminando i collegi uninominali della quota maggioritaria. Operazione in verità semplicissima, ove si avesse davvero a cuore il principio della rappresentanza. Ma così sarebbe troppo semplice, soprattutto troppo democratico...
Ecco allora l'accordo M5s-Pd sul sistema tedesco. La proposta presentata l'altro ieri dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, il grillino Giuseppe Brescia, traduce in norme quell'accordo. Al modello tedesco, il cui cuore è lo sbarramento al 5%, si aggiunge il cosiddetto "diritto di tribuna", una sostanziale presa in giro per dare qualche seggio a forze che pur restando sotto quella soglia riuscissero a superarla in almeno tre circoscrizioni. Senza perderci qui in troppi tecnicismi, è chiaro che si tratta di un modestissimo premio di consolazione per i "migliori esclusi". Una minuscola correzione che non muta nella sostanza la scelta della blindatura - rappresentata dal passaggio dello sbarramento dal 3 al 5% - delle attuali forze parlamentari.
Dunque ci risiamo, l'abbiamo detto all'inizio. Non solo si propone una legge antidemocratica, ma la si disegna pure in base ai vantaggi immediati di chi ha la maggioranza in questo momento. Un motivo in più per battersi con forza contro questa ennesima porcata.
Conclusioni
Talvolta però certi calcoli si rivelano fallaci. Così fu per il Rosatellum dell'allora piddino Rosato. Quella legge doveva favorire il Pd, ma alla fine avvantaggiò il Movimento Cinque Stelle. Stavolta la Nemesi potrebbe invece colpire Di Maio. Chi può dire che, tanto più in caso di scissione, non si ritrovi proprio lui il problema del 5%?
Apparentemente questo scenario sembrerà di certo esagerato, ma chi avrebbe mai immaginato solo due anni fa che quella soglia sarebbe diventata ostica pure per Matteo Renzi?
Ma, al di là di queste considerazioni, cosa fare in concreto per fermare la nuova legge? In pratica c'è una sola strada, per quanto impervia essa sia: bloccare il taglio dei parlamentari. Si ripropone infatti lo stesso schema del 2016. Anche allora la partita della legge elettorale era strettamente collegata all'esito del referendum costituzionale. Bocciata la controriforma di Renzi, il suo Italicum divenne infatti sostanzialmente inapplicabile.
Beninteso, oggi il discorso è diverso. Di per sé neppure una vittoria del no al referendum garantirebbe l'abbandono del modello tedesco. In pratica, però, venendo meno l'urgenza della modifica, il suo percorso legislativo potrebbe farsi ben più complicato.
Ad ogni modo il problema principale non è questo. Il problema è che la vittoria del no al referendum appare come un irraggiungibile miraggio. Un evento che, ove si realizzasse, avrebbe quasi del miracoloso.
Nessuna illusione ci è dunque consentita, la cosa è fin troppo evidente. E tuttavia ci sono tre fatti che potrebbero giocare contro l'ipotesi di un plebiscito per il sì. Il primo è che gli italiani diffidano giustamente delle modifiche alla Costituzione. Il secondo è che, tolti i Cinque Stelle, le altre forze politiche ben poco si impegneranno in questa campagna. Il terzo è che l'elettorato tende da anni a punire le forze di governo.
Basterà tutto ciò a rimettere in gioco l'esito di un referendum che appare del tutto scontato? E' ben difficile che ciò avvenga, apparentemente addirittura impossibile, ma perché non provarci?
3 commenti:
Non c'entra nulla con il tema, ma perchè avete abolito la modalità "stampa" e "salva in pdf"?
Siete diventati gretini anche voi?
Ok Leonardo, quindi il referendum serve a confermare o meno il taglio dei parlamentari approvato in parlamento e tanto sbandierato dai 5 stelle dei mesi scorsi? bene così allora, io pensavo che fosse già cosa fatta. Perché non credi alla vittoria del no? quando ci sarà il referendum ?
Leonardo Piccini ha detto...
"Ok Leonardo, quindi il referendum serve a confermare o meno il taglio dei parlamentari approvato in parlamento e tanto sbandierato dai 5 stelle dei mesi scorsi? bene così allora, io pensavo che fosse già cosa fatta. Perché non credi alla vittoria del no? quando ci sarà il referendum ?"
Il referendum sarà in primavera, ma la data non è ancora fissata. Il clima politico e culturale non è certo favorevole al NO, questo mi pare evidente. Ma il mio articolo voleva proprio evidenziare l'importanza e l'utilità politica di una campagna per il NO ben fatta.
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