[ 17 maggio 2018 ]
1948. 70 anni fa nasceva Israele. Per i palestinesi una NAKBA, una catastrofe. Cosa fu la NAKBA? Una colossale pulizia etnica, quasi un milione di palestinesi cacciati dalle loro case, condannati all'esilio o chiusi nei campi profughi. Nell'anniversario i palestinesi stanno manifestando per rivendicare il diritto al ritorno. Voi al loro posto che avreste fatto?
Quel che fa Israele è sotto gli occhi di tutti.
60 morti ammazzati, tra cui 18 bambini. 2700 feriti, mille i bambini rimasti feriti.
Colpiti da bombe "intelligenti"? Morti a causa degli "effetti collaterali" della guerra?
No, caduti per il tiro al bersaglio dei cecchini dell'esercito israeliano.
E' forse "antisemitismo" denunciare questo massacro?
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Comunicato stampa di Save the Children
15 maggio 2018
Gaza: 18 bambini hanno perso la vita dall’inizio delle proteste, 1.000 quelli rimasti feriti
Almeno 13 bambini hanno perso la vita a Gaza da quando, più di sei settimane fa, sono cominciate le proteste, mentre il numero di persone rimaste ferite ha ormai superato quota 10.000,di cui almeno 1.000 sono minori. Quella di ieri, sottolinea Save the Children – l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro – è stata una delle giornate più sanguinose dalla guerra del 2014, con 6 bambini che hanno perso la vita e più di 220 rimasti feriti, tra cui, secondo i dati del Ministero palestinese per la Salute a Gaza, più di 150 colpiti da colpi d’arma da fuoco. Lo stesso Ministero, del resto, conferma che circa 600 bambini sono stati finora ricoverati in strutture ospedaliere, mentre secondo le informazioni diffuse da un’agenzia impegnata nella protezione dei civili almeno 600 minori hanno attualmente bisogno di supporto psicosociale.
“L’uccisione dei bambini non può essere giustificata. Chiediamo con urgenza a tutte le parti di adottare misure concrete per garantire l’incolumità e la protezione dei bambini, nel rispetto delle convenzioni di Ginevra, del diritto umanitario internazionale e delle leggi internazionali sui diritti umani. Chiediamo inoltre a tutte le parti di impegnarsi affinché tutte le proteste rimangano pacifiche, di affrontare le cause alla radice del conflitto e di promuovere dignità e sicurezza sia per gli israeliani che per i palestinesi”, ha affermato Jennifer Moorehead, Direttrice di Save the Children nei Territori palestinesi occupati.
Anche prima dell’inizio delle proteste, gli ospedali di Gaza erano quasi al collasso con il 90% dei posti letto già occupati. L’afflusso di nuovi feriti ha significato che tante persone vengono curate nei corridoi o dimesse prima di essere adeguatamente curate. A peggiorare ulteriormente la situazione, secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, solo a pochissimi feriti viene permesso di lasciare Gaza per cercare assistenza medica, il che aumenta le probabilità di complicazioni e impedisce ai bambini di ricevere le cure di cui hanno bisogno.
“Le famiglie che incontriamo ci dicono che stanno letteralmente lottando per sopravvivere, mentre cercano di prendersi cura dei propri cari che sono rimasti feriti. Spesso non possono permettersi cure e medicinali e ci raccontano di essere estremamente preoccupate per il futuro dei loro bambini, già devastati da più di 10 anni di blocco israeliano e dal sempre minore interesse da parte dei donatori. Le continue interruzioni di corrente e il congelamento degli stipendi dovuto alle continue divisioni tra l’Autorità Palestinese che governa la West Bank e l’autorità de facto di Gaza, inoltre, significa aggravare ulteriormente le condizioni di vita di famiglie già disperate”, ha concluso Moorehead.
* Fonte: InfoPal
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