[ 5 maggio 2018]
Queste Tesi sono state approvata dalla II. Assemblea del Movimento Popolare di Liberazione-Programma 101 svoltasi il 10 e l'11 marzo. E' disponibile in formato pdf l'opuscolo: TESI E DOCUMENTI PROGRAMMATICI 2011-2018
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GLOBALIZZAZIONE AL TRAMONTO
Il lungo ciclo che va sotto il nome di “globalizzazione”, toccato il suo punto più alto con la dissoluzione dell’URSS e la trasformazione della Cina ingrande potenza capitalistica, si avvia al suo tramonto. Se il processo di globalizzazione dispiegata è riuscito a dilagare anche nel nostro Paese, è perché le élite sono riuscite a nascondere la sua natura liberista e classista dietro alla maschera del progressismo cosmopolitico. Una delle chiavi di volta di questa narrazione ideologica è infatti la distopia di una irenica repubblica capitalistica mondiale. Il superamento degli stati nazionali era ed è non solo auspicato, ma considerato inevitabile. La stessa Unione europea veniva e viene ancora presentata ai cittadini come una tappa in questa direzione.
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LA CONTRADDIZIONE PRINCIPALE DI QUESTA FASE
Cosa effettivamente è accaduto con la globalizzazione? Attraverso un processo ineguale ma combinato, abbiamo un ordine imperialistico policentrico per cui un pugno di potenze hanno non solo preservato, ma rafforzato le loro prerogative sovrane, mentre la grande maggioranza degli stati nazionali ha progressivamente perduto sovranità, cedendola ai primi e/o, come nel caso dell’Unione europea, ad organismi oligarchici sovranazionali. Di qui la contraddizione principale di questa fase: quella tra il pugno di paesi dominanti e le nazioni dipendenti e semi-dipendenti le cui forze produttive sociali non possono più crescere a causa dei ceppi che le incatenano —dinamica che all’interno della Ue vede i contrasti tra i paesi “core” e quelli bollati già “periferici” e, dalla Bce, denominati “vulnerabili”. Questa contraddizione principale si porta appresso un secondo aspetto: l’opposizione, all’interno degli stessi paesi soggiogati, tra la grande maggioranza dei cittadini e le frazioni più potenti e globaliste delle borghesie autoctone le quali, come nuove borghesie compradores, fungono da intermediari della rapina ai danni dei nazioni.
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UNIONE EUROPEA E GRANDE GERMANIA
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IL DESTINO DELL’ITALIA
Anche l’Italia ha subito questo processo di desovranizzazione e spoliazione, reso possibile dall’abdicazione delle élite intellettuali nostrane e dall’accettazione del comando esterno da parte della grande borghesia italiana. Esse hanno consegnato alla Germania ed alle sue agenzie eurocratiche le decisive leve di comando. Il parlamento è diventato un simulacro, i politici di regime dei Gaulaiter, mentre lo Stato, già sovrintendente territoriale dello spazio giuridico imperiale a guida geopolitica americana, è diventato locale custode del protettorato tedesco. In queste condizioni, se non spezza la catena euro-liberista, l’Italia corre addirittura il rischio di spezzarsi come nazione unitaria, con un Nord agganciato alla locomotiva tedesca e il Mezzogiorno lasciato alla deriva, in mano al capitalismo mafioso.
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IL RITORNO DEGLI STATI NAZIONE
Il tramonto della globalizzazione non solo frena le ambizioni imperialistiche tedesche, alimenta la spinta opposta, quella che vede gli stati nazionali recuperare le loro sovranità, erigere proprie barriere difensive contro il libero scambismo selvaggio ed il mercantilismo che sono i vettori del dominio dei grandi conglomerati finanziari. Quando un edificio crolla restano le sue fondamenta. La dissoluzione della Ue dimostrerà che gli stati nazionali su cui si sorregge restano per i popoli la sola base per ricostruire le loro società. Il ritorno degli stati nazione sulla scena ha molteplici ragioni, guai a non comprenderle. Esse sono molteplici: economiche, geopolitiche, storico-culturali, religiose e psicologiche. Due spiccano su tutte: da una parte le forze produttive dei paesi dipendenti (eccetto quelle che avanzano e fanno profitti grazie alla globalizzazione) tendono ad autodifendersi invocando la protezione statuale; dall’altra le masse popolari (tranne i settori che traggono a loro volta vantaggi perché al servizio delle frazioni globaliste della borghesia) invocano sicurezza, lavoro, dignità, stato sociale.
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IL RISVEGLIO DEI NAZIONALISMI
Questo conflitto, manifestazione della contraddizione di fase principale, spiega il risveglio dei nazionalismi, sia in versione fascistoide che liberista, tutti accomunati da comuni denominatori revanchisti, autoritari e xenofobi. Il nazionalismo avanza perché fa incontrare e offre un orizzonte di senso a queste due spinte. Ne ricava maggiore forza grazie ad una narrazione opposta a quella cosmpolitica: contro l’umiliazione esibisce la volontà di riscatto, all’atomizzazione sociale oppone l’identità collettiva, contro lo spaesamento globalista insiste sul senso di appartenenza alla patria, alla società multietnica oppone il mito della nazione come comunità, al disordine oppone l’ordine. L’ostinazione delle élite eurocratiche a proseguire sulla strada della centralizzazione e della demolizione degli stati nazionali, lungi dall’indebolire i nazionalismi, li alimenta. Come in ogni grande crisi, in ogni fase di passaggio da un regime ad un altro, vale il principio per cui le energie scatenate dagli interessi sociali e di classe sono condannate a volatilizzarsi se non vengono incanalate, indirizzate strategicamente. E’ qui che entrano in gioco le ideologie, le visioni del mondo, le idee forti, religiose o secolarizzate che siano. Il nazionalismo, in società dominate dal nichilismo valoriale, è un’idea forte desinata ad accrescere la sua presa sulle larghe masse, anzitutto sui settori sociali più deboli, proprio quelli che dovrebbero fungere da forza motrice della trasformazione socialista della società. Contrastare dunque i nazionalismi avanzanti ma come?
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SEPARARE QUINDI UNIRE
Le sinistre occidentali, sistemiche e radicali, avendo avallato o addirittura sostenuto la globalizzazione e il disegno euro-liberista, hanno contribuito a spianare la strada a questi nazionalismi e saranno messe all’angolo. Con il suo internazionalismo dottrinario, col suolottaclassismo prepolitico anche l’estrema sinistra si è resa corresponsabile. Non si contrastano i nazionalismi facendo esorcismi, demonizzandoli, facendo dell’internazionalismo un totem e della nazione un tabù. Una via sicura per lasciare campo libero alle destre nazionaliste è consegnare loro il monopolio della battaglia patriottica, facendo spallucce davanti al ritorno sulla scena degli stati nazione, peggio ancora, apparendo subalterni alle élite neoliberiste, che restano il nemico principale dei popoli. Errore madornale, dunque, condannare come univocamente reazionarie le pulsioni sociali e ideali che alimentano i nazionalismi. Occorre invece distinguere e separare il carburante, le spinte sociali e ideali che alimentano i nazionalismi — la difesa delle forze produttive nazionali dalla predazione imperialistica esterna ed il desiderio di sentirsi parte di una comunità solidale — dalle formazioni nazionaliste che puntano a diventare il comburente. Bisogna quindi tenere assieme questione nazionale, questione di classe e questione democratica, insistendo sul principio che non ci sarà emancipazione sociale senza liberazione nazionale.
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PATRIOTTISMO REPUBBLICANO
Per contrastare i nazionalismi si deve sfidarli sul terreno dell’egemonia: mito buono contro mito cattivo, radici rivoluzionarie contro quelle reazionarie, narrazione sana contro narrazione tossica, identità etnica contro identità politica, comunità forte contro comunità debole. Al mito cattivo dell’Italia guerriera, annessionista, fascista e imperiale, noi opponiamo quello buono dell’Italia come faro di civilizzazione universale, ruolo che la nostra Patria ha saputo esibire nei momenti più alti della storia mondiale. Alle radici reazionarie del nazionalismo, proprie delle destre che ebbero la meglio dopo il Risorgimento e che le classi dominanti utilizzarono per giustificare, oltre agli innumerevoli crimini contro il popolo, i propri appetiti imperialistici, noi opponiamo quelle rivoluzionarie e democratiche dei padri nobili ed dei martiri della Patria. Alla narrazione nazionalista che esalta le gesta dell’Italia monarchica e fascista, con tutto il loro corollario di nefandezze, noi opponiamo il patriottismo popolare che dalle correnti democratiche del Risorgimento passa al movimento operaio, e di lì alla Resistenza antifascista che riscatterà l’onore del Paese e che s’incarnerà nella Costituzione repubblicana. All’identità etnica fondata sul sangue, sul suolo e sul destino, noi opponiamo quello della Patria come associazione politica di liberi e uguali, quale che sia la loro “razza”, provenienza, confessione ideologica o religiosa. Debole e fallace è la comunità dilaniata dai contrasti sociali, di casta, di classe, etnici, e dove ristrette élite hanno il monopolio delle leve di comando. Forte è invece quella patria dove sovrano è il popolo, dove i più forti non opprimono i deboli, dove non ci sono privilegi e conflitti sociali, dove lo Stato garantisce la sicurezza generale e difende come inviolabili i diritti di libertà della persona e delle minoranze.
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RIVOLUZIONE DEMOCRATICA
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