[ 13 marzo ]
Nella sacrosanta lotta contro il sistema vigente accade spesso di ascoltare militanti che, facendo di tutt'erba un fascio, considerano equivalenti neoliberismo e tradizione liberale. E' come quando gli anticomunisti si rifiutano di ammettere ci siano differenze tra Marx e Pol Pot, tra Trotsky e Stalin, tra Bordiga e Togliatti.
Ci pare dunque degno di nota questo intervento di Pileggi il quale ci spiega come il Partito Liberale odierno, abbandonate le sue origini liberiste, si consideri seguace di Piero Gobetti. [nella foto]
Oggi, 15 febbraio 2017, ricorre il 91. anniversario della morte di Piero Gobetti. Morì esule a Parigi, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926, all’età di 25 anni, a seguito delle aggressioni fisiche subite in Italia. Il regime volle stroncare con la violenza il suo intenso ed efficace impegno politico di liberale progressista.
Nella sacrosanta lotta contro il sistema vigente accade spesso di ascoltare militanti che, facendo di tutt'erba un fascio, considerano equivalenti neoliberismo e tradizione liberale. E' come quando gli anticomunisti si rifiutano di ammettere ci siano differenze tra Marx e Pol Pot, tra Trotsky e Stalin, tra Bordiga e Togliatti.
Ci pare dunque degno di nota questo intervento di Pileggi il quale ci spiega come il Partito Liberale odierno, abbandonate le sue origini liberiste, si consideri seguace di Piero Gobetti. [nella foto]
Oggi, 15 febbraio 2017, ricorre il 91. anniversario della morte di Piero Gobetti. Morì esule a Parigi, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926, all’età di 25 anni, a seguito delle aggressioni fisiche subite in Italia. Il regime volle stroncare con la violenza il suo intenso ed efficace impegno politico di liberale progressista.
Gli accadimenti della storia ci hanno rivelato puntualmente dove portarono le sventure che Gobetti, come sentinella della libertà, intravedeva durante la sua intensa e breve esperienza di vita, un’esperienza rivoluzionaria pregna di impegno culturale e di vicinanza ideale con i maggiori esponenti della cultura italiana del suo tempo, da Benedetto Croce a Luigi Einaudi, da Salvemini a Prezzolini.
“Per noi cultura è coscienza storica. Ritroviamo in essa la responsabilità dell’individuo che è anche cittadino.” Così scriveva nel 1919 su “Energie nuove”, la rivista da lui fondata all’età di 18 anni.
In un articolo del 1920 sulla “Educazione nazionale”, con estrema lucidità scriveva: “Da noi giovani che ancora non abbiamo perduto il senso della realtà deve sorgere questa idea nuova dell’Italia: qui filosofia e politica devono convergere; la nostra teoria deve essere ardore di pratica, deve portare le idee nella vita sociale, farle realtà più umane”...
A soli vent'anni, il 12 febbraio del 1922, pubblicava il primo numero della rivista "La Rivoluzione Liberale”, che costituiva un importante punto di riferimento antifascista. Ebbe la capacità di coinvolgere intellettuali di diverse scuole di pensiero politico come Luigi Sturzo, Giovanni Amendola, Gramsci, Salvatorelli, Fortunato.
Significativo il fatto di essere stato apprezzato da Gramsci mentre, invece, era considerato in termini negativi e addirittura spregiativi da Togliatti.
Eppure la sensibilità di Piero Gobetti, innanzi alle condizioni di lavoro e alla condizione sociale del mondo operaio, gli fecero guadagnare la stima in vasti settori della società. Da liberale autentico aveva altri argomenti rispetto alle teorie della lotta di classe marxista per mettere al centro del suo impegno politico i diritti di tutti, dei primi e degli ultimi. Sta di fatto che il regime era particolarmente ostile e feroce nei confronti degli intellettuali sensibili sia ai temi del mondo degli operai e del lavoro e sia al mondo della cultura borghese e dell’imprenditoria illuminata. Guarda caso, mentre si mettevano in catene molti comunisti (Gramsci, Terracini, etc.) venivano massacrati di botte “per direttissima” e mortalmente i liberali Gobetti e Amendola e il socialista Matteotti.
Basta leggere le sue opere e considerare la sua intensa attività editoriale per comprendere perché la sua concezione della politica mise in allarme il regime. Memorabile la preoccupazione di Mussolini che telegrafò al prefetto di Torino: "Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore".
Quando si ricorda un Uomo entrato nella storia, anche da eroe, bisogna sempre interrogarsi quanta modernità e quanta attualità possa rinvenirsi nelle sue idee.
Il pensiero di Gobetti è vivo anche nella nostra quotidianità. Lo ritroviamo incardinato nei valori fondanti della Costituzione repubblicana nata subito dopo il crollo del fascismo. La recente pessima idea dell’uomo solo al comando è stata convintamente ed efficacemente contrastata nel referendum dello scorso 4 dicembre 2016 anche dal piccolo Partito Liberale Italiano, unitamente al suo giornale che porta orgogliosamente il nome di “Rivoluzione Liberale”.
Anche nel recente dibattito sulla legge elettore, non ci deve sfuggire il pensiero di Gobetti, che era a favore del sistema proporzionale e contrario al notabilato. Nei nostri giorni sono in molti a dichiarare di essere o di sentirsi liberali proprio perché l’attuale contesto storico è caratterizzato dal fallimento delle ideologie del ‘900. D’altronde, dopo il fallimento delle ideologie, il pensiero liberal-democratico giganteggia innanzi alle organizzazioni politiche che spesso sono di stampo padronale, ridotte a meri comitati elettorali e prive di idee politiche identitarie. Vediamo in continuazione partiti e partitini che muoiono, si dividono, nascono o si riproducono alla ricerca del capo carismatico di turno.
Non vorrei che questo mio ricordo di Gobetti apparisse come l’occasione per un endorsement a favore del Partito Liberale Italiano. Sta di fatto che quella liberale era la casa politica del giovane rivoluzionario piemontese e il PLI rappresenta ancora la continuazione e l’attualizzazione delle battaglie per la democrazia e la libertà. I pericoli avvertiti da Gobetti oggi si ripropongono in termini di grande attualità per i rischi che da più parti insidiano la nostra liberal-democrazia. Nella tradizione liberale rientra il significativo contributo del PLI alla lunga e vittoriosa campagna referendaria per il NO alle riforme costituzionali del renzismo.
In questi giorni il Partito è impegnato a sostenere i temi del sociale e del lavoro sollevati da milioni di cittadini che hanno firmato la richiesta di referendum promossa dalla CGIL. Infatti il PLI è a favore dell’abrogazione di parti importanti della legge chiamata Jobs Act. Una legge che i Liberali considerano “clientelare e tendente a disperdere fondi pubblici per inutili interventi a pioggia.” Per il PLI “l’attuale normativa sottoposta al giudizio referendario non risponde nemmeno alle finalità per le quali i voucher vennero introdotti”. La valutazione negativa comprende anche la considerazione del fatto che i voucher abbiano “finito col favorire la sommersione del lavoro nero e irregolare.”
Il virgolettato risulta in un recente documento del PLI che, per il prossimo referendum sul lavoro, afferma: “i Liberali si battono da sempre per lo Stato di Diritto, che impone principi di una legalità rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i soggetti coinvolti nei processi produttivi, quindi sia datori di lavoro che lavoratori. Analogamente il Partito Liberale italiano condivide la richiesta referendaria in materia di appalti che tende a ripristinare la responsabilità in solido tra appaltante e appaltatore, in coerenza con il principio, da sempre condiviso e propugnato, dell’etica della responsabilità.”
Il contenuto e la natura delle concrete scelte politiche, sintetizzate nel documento del PLI, rendono evidenti come, sia pure nella ricchezza di sensibilità diverse derivanti dai grandi Padri facenti parte del Pantheon liberale, le idee liberali convergano tutte verso la difesa della libertà. Di questa ricca pluralità di idee il “Liberalismo Gobettiano” è figlio legittimo.
“Per noi cultura è coscienza storica. Ritroviamo in essa la responsabilità dell’individuo che è anche cittadino.” Così scriveva nel 1919 su “Energie nuove”, la rivista da lui fondata all’età di 18 anni.
In un articolo del 1920 sulla “Educazione nazionale”, con estrema lucidità scriveva: “Da noi giovani che ancora non abbiamo perduto il senso della realtà deve sorgere questa idea nuova dell’Italia: qui filosofia e politica devono convergere; la nostra teoria deve essere ardore di pratica, deve portare le idee nella vita sociale, farle realtà più umane”...
A soli vent'anni, il 12 febbraio del 1922, pubblicava il primo numero della rivista "La Rivoluzione Liberale”, che costituiva un importante punto di riferimento antifascista. Ebbe la capacità di coinvolgere intellettuali di diverse scuole di pensiero politico come Luigi Sturzo, Giovanni Amendola, Gramsci, Salvatorelli, Fortunato.
Significativo il fatto di essere stato apprezzato da Gramsci mentre, invece, era considerato in termini negativi e addirittura spregiativi da Togliatti.
Eppure la sensibilità di Piero Gobetti, innanzi alle condizioni di lavoro e alla condizione sociale del mondo operaio, gli fecero guadagnare la stima in vasti settori della società. Da liberale autentico aveva altri argomenti rispetto alle teorie della lotta di classe marxista per mettere al centro del suo impegno politico i diritti di tutti, dei primi e degli ultimi. Sta di fatto che il regime era particolarmente ostile e feroce nei confronti degli intellettuali sensibili sia ai temi del mondo degli operai e del lavoro e sia al mondo della cultura borghese e dell’imprenditoria illuminata. Guarda caso, mentre si mettevano in catene molti comunisti (Gramsci, Terracini, etc.) venivano massacrati di botte “per direttissima” e mortalmente i liberali Gobetti e Amendola e il socialista Matteotti.
Basta leggere le sue opere e considerare la sua intensa attività editoriale per comprendere perché la sua concezione della politica mise in allarme il regime. Memorabile la preoccupazione di Mussolini che telegrafò al prefetto di Torino: "Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore".
Quando si ricorda un Uomo entrato nella storia, anche da eroe, bisogna sempre interrogarsi quanta modernità e quanta attualità possa rinvenirsi nelle sue idee.
Il pensiero di Gobetti è vivo anche nella nostra quotidianità. Lo ritroviamo incardinato nei valori fondanti della Costituzione repubblicana nata subito dopo il crollo del fascismo. La recente pessima idea dell’uomo solo al comando è stata convintamente ed efficacemente contrastata nel referendum dello scorso 4 dicembre 2016 anche dal piccolo Partito Liberale Italiano, unitamente al suo giornale che porta orgogliosamente il nome di “Rivoluzione Liberale”.
Anche nel recente dibattito sulla legge elettore, non ci deve sfuggire il pensiero di Gobetti, che era a favore del sistema proporzionale e contrario al notabilato. Nei nostri giorni sono in molti a dichiarare di essere o di sentirsi liberali proprio perché l’attuale contesto storico è caratterizzato dal fallimento delle ideologie del ‘900. D’altronde, dopo il fallimento delle ideologie, il pensiero liberal-democratico giganteggia innanzi alle organizzazioni politiche che spesso sono di stampo padronale, ridotte a meri comitati elettorali e prive di idee politiche identitarie. Vediamo in continuazione partiti e partitini che muoiono, si dividono, nascono o si riproducono alla ricerca del capo carismatico di turno.
Non vorrei che questo mio ricordo di Gobetti apparisse come l’occasione per un endorsement a favore del Partito Liberale Italiano. Sta di fatto che quella liberale era la casa politica del giovane rivoluzionario piemontese e il PLI rappresenta ancora la continuazione e l’attualizzazione delle battaglie per la democrazia e la libertà. I pericoli avvertiti da Gobetti oggi si ripropongono in termini di grande attualità per i rischi che da più parti insidiano la nostra liberal-democrazia. Nella tradizione liberale rientra il significativo contributo del PLI alla lunga e vittoriosa campagna referendaria per il NO alle riforme costituzionali del renzismo.
In questi giorni il Partito è impegnato a sostenere i temi del sociale e del lavoro sollevati da milioni di cittadini che hanno firmato la richiesta di referendum promossa dalla CGIL. Infatti il PLI è a favore dell’abrogazione di parti importanti della legge chiamata Jobs Act. Una legge che i Liberali considerano “clientelare e tendente a disperdere fondi pubblici per inutili interventi a pioggia.” Per il PLI “l’attuale normativa sottoposta al giudizio referendario non risponde nemmeno alle finalità per le quali i voucher vennero introdotti”. La valutazione negativa comprende anche la considerazione del fatto che i voucher abbiano “finito col favorire la sommersione del lavoro nero e irregolare.”
Il virgolettato risulta in un recente documento del PLI che, per il prossimo referendum sul lavoro, afferma: “i Liberali si battono da sempre per lo Stato di Diritto, che impone principi di una legalità rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i soggetti coinvolti nei processi produttivi, quindi sia datori di lavoro che lavoratori. Analogamente il Partito Liberale italiano condivide la richiesta referendaria in materia di appalti che tende a ripristinare la responsabilità in solido tra appaltante e appaltatore, in coerenza con il principio, da sempre condiviso e propugnato, dell’etica della responsabilità.”
Il contenuto e la natura delle concrete scelte politiche, sintetizzate nel documento del PLI, rendono evidenti come, sia pure nella ricchezza di sensibilità diverse derivanti dai grandi Padri facenti parte del Pantheon liberale, le idee liberali convergano tutte verso la difesa della libertà. Di questa ricca pluralità di idee il “Liberalismo Gobettiano” è figlio legittimo.
2 commenti:
Fare di tutta l'erba un fascio tra neoliberismo e tradizione liberale non vuole essere disconoscere la presenza di diverse opzioni che sono presenti all'interno di questa ideologia ma è la doverosa denuncia che non vi può essere nessuno iato tra la visione liberale e le sue "degenerazioni". Il male non risiede in esse ma è generato in forme e modi più o meno democratici o violenti a seconda del periodo storico proprio dai principi fondativi del pensiero liberale: la proprietà privata, il mercato, la competizione, il primato dell'economia rispetto ai sogni e ai bisogni del popolo sono le fondamenta sulle quali avviene la costruzione di questo modello di società e di civiltà. Quindi per combattere l'attuale sistema dominante, figlio e frutto di questa ispirazione, non si può prescindere dal denunciare ed opporsi ad essa. Possono essere anche le metastasi che uccidono il malato di cancro ma il male vero è e resta il cancro perché senza di esso non vi sarebbero le metastasi.
Pasquino55
Complimenti per avere ribadito la distinzione tra liberismo economico e liberalismo etico-politico. Famosa a questo proposito la polemica di Croce con il liberista Einaudi: una cosa è l'ideale della libertà, altra cosa il "libero mercato". Nella stessa occasione il filosofo chiarì che la politica e lo stato anti-autoritari (ossia liberali) non escludono affatto provvedimenti economici di tipo socialista. Ne abbiamo una riprova al contrario ai nostri giorni nella Cina, stato illiberale e autoritario e al tempo stesso sfrenatamente liberista in economia.
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