[ 11 marzo ]
Nella crisi economica e sociale in cui versa l’Unione europea ormai quasi da dieci anni, sempre più numerosi sono coloro che ritengono non ci possa essere soluzione che possa salvaguardare la stessa Unione e soprattutto la moneta unica, vero fattore scatenante delle crescenti divergenze macroeconomiche tra i paesi membri.
E’ ormai un fatto noto, anche tra gli economisti più convintamente “unionisti” e di provata fede liberista, che l’euro è stato un errore, sebbene costoro rifiutino ancora di ammettere che l’unica vera soluzione sarebbe quella di un ritorno alle monete nazionali.
Non sarà necessario ricordare qui le molte dichiarazioni di premi Nobel come Amarthya Sen, solo per citare l’ultimo in ordine di tempo a condannare senza appelli quella scelta nefasta, vista la sostanziale unanimità nel riconoscere che una Unione monetaria siffatta non poteva, non può e non potrà mai funzionare.
Stupisce invece la caparbietà con la quale quasi tutti gli esponenti delle forze che si agitano alla sinistra del PD, tra sofferte scissioni e miracolose unificazioni, continuano ad affermare la necessità di un completamento dell’opera pianificata dalle oligarchie economico-finanziarie fin nei minimi dettagli, opera che costituisce oggi quella “gabbia d’acciaio” che lo stesso Max Weber non avrebbe potuto immaginare neanche nei momenti di maggiore pessimismo.
No, coloro che sono critici (ma chi non lo è?) verso questa Europa auspicandone una riforma che la trasformi nel paese delle meraviglie non capiscono, o non vogliono capire, che questa Europa non è stata progettata male, è stata progettata per fare ciò che sta effettivamente avvenendo, ovvero non solo la compressione dei diritti sociali e con essi del benessere dei popoli dei paesi più in sofferenza, ma anche la flessione della quota salari in paesi come la Germania. Il ruolo della moneta unica in tutto questo è stato ormai dimostrato in modo inconfutabile, come del resto era già noto dagli anni ’60 e confermato dalla storia economica del Novecento.
E’ ormai un fatto noto, anche tra gli economisti più convintamente “unionisti” e di provata fede liberista, che l’euro è stato un errore, sebbene costoro rifiutino ancora di ammettere che l’unica vera soluzione sarebbe quella di un ritorno alle monete nazionali.
Non sarà necessario ricordare qui le molte dichiarazioni di premi Nobel come Amarthya Sen, solo per citare l’ultimo in ordine di tempo a condannare senza appelli quella scelta nefasta, vista la sostanziale unanimità nel riconoscere che una Unione monetaria siffatta non poteva, non può e non potrà mai funzionare.
Stupisce invece la caparbietà con la quale quasi tutti gli esponenti delle forze che si agitano alla sinistra del PD, tra sofferte scissioni e miracolose unificazioni, continuano ad affermare la necessità di un completamento dell’opera pianificata dalle oligarchie economico-finanziarie fin nei minimi dettagli, opera che costituisce oggi quella “gabbia d’acciaio” che lo stesso Max Weber non avrebbe potuto immaginare neanche nei momenti di maggiore pessimismo.
No, coloro che sono critici (ma chi non lo è?) verso questa Europa auspicandone una riforma che la trasformi nel paese delle meraviglie non capiscono, o non vogliono capire, che questa Europa non è stata progettata male, è stata progettata per fare ciò che sta effettivamente avvenendo, ovvero non solo la compressione dei diritti sociali e con essi del benessere dei popoli dei paesi più in sofferenza, ma anche la flessione della quota salari in paesi come la Germania. Il ruolo della moneta unica in tutto questo è stato ormai dimostrato in modo inconfutabile, come del resto era già noto dagli anni ’60 e confermato dalla storia economica del Novecento.
Ma cos’è che impedisce ai sostenitori di “un’altra Europa è possibile” e dintorni di prendere atto della grave realtà? In molti se lo stanno chiedendo, compreso lo scrivente che ritiene vi siano più modalità di uscita dal sistema monetario attuale, ovvero che una rottura dell’UEM non sarebbe la soluzione ma “parte” della soluzione solo se affiancata a politiche pubbliche che mettano al riparo le fasce più deboli della popolazione ed i lavoratori dalle tensioni che uno “sganciamento” potrebbe provocare.
Almeno due sono a mio avviso i fattori che impediscono una lettura realista della crisi e quindi una realistica ipotesi di soluzione.
Il primo è l’ideologia “progressista”, cioè quell’idea che qualsiasi problema possa essere superato soltanto andando avanti, in quale direzione poi non si sa, ma che in ogni caso il ripristino di un qualsiasi status quo ante sia da rigettare a prescindere.
Il secondo è sempre un’ideologia, ma questa di tipo economico, che si trasforma in comico quando a parlare sarebbero soggetti che si definiscono anti-liberisti, ma che un attimo dopo difendono l’operato della BCE e del suo dominus Mario Draghi.
E’ infatti di pochi giorni fa l’ultima uscita del giovane esponente di Sinistra Italiana Marco Furfaro, ospite di una trasmissione televisiva, che rivolgendosi al solito Alberto Bagnai affermava che “l’euro è soltanto una moneta”, rivendicando peraltro la sua formazione affine a quella dell’economista fiorentino. Che Furfaro non sappia cosa sia l’euro è dunque assodato, ma ciò che è peggio è che questi non abbia capito cosa sia la moneta e quale funzione essa svolga negli assetti economici delle nazioni e quindi nell’UEM.
E quale sarebbe il vizio occulto che induce anche chi si definisce “di sinistra” ad ignorare
l’importanza della moneta? La risposta è nel postulato stesso che premette la teoria economica neoclassica nelle sue forme aggiornate, il cosiddetto modello “AS-AD” proposto da Olivier Blanchard, che assume la moneta come “neutra”, da cui deriva che se vi è un calo di domanda di beni e servizi è sul lavoro che si deve intervenire, abbassandone il costo mediante una flessibilizzazione del mercato ed un aumento degli inoccupati.
Possiamo quindi affidarci alle ricette sotto forma di slogan dei Fratoianni, dei Furfaro e compagnia? Ovviamente no, anzi, prima smascheriamo la loro inadeguatezza teorico-politica, prima possiamo tornare a parlare di tutela dei lavoratori e delle classi disagiate. Occorre però fare in fretta, il tempo non è molto e a Bruxelles hanno già pronto il loro “piano B”, che non potrà essere molto diverso, almeno negli effetti, dal consolidato “piano A” che ci ha messi in ginocchio.
2 commenti:
Mi ha colpito il primo volantino, in cui si legge che la Grecia è cambiata; considerato che gli estensori non intendevano certo affermare che sia cambiata in peggio, come in realtà è avvenuto, denunciando il genocidio economico-sociale in atto,devo dedurre che se secondo questi miserabili la Grecia, sotto la sferza della troika, sia cambiata in meglio...ma se la Grecia con le ricette che conosciamo sarebbe cambiata in meglio, perchè mai cambiare i trattati a cui si deve la rigenerazione di un popolo?
Mi ha colpito il primo volantino in cui si afferma che la Grecia è cambiata; considerando che gli autori non intendevano certo affermare che sia cambiata in peggio, come in realtà è avvenuto, in quanto sono ben lontani dal denunciare il genocidio economico-sociale in atto, devo dedurne che secondo questi miserabili, sotto la sferza della troika, la Grecia sarebbe cambiata in meglio...ma se fosse vero che la Grecia è cambiata in meglio, perchè mai continuare a proporre la riforma di trattati a cui si deve la rigenerazione di un intero popolo?
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