La crisi sociale, la fase politica e noi
Lettera aperta ai compagni del Coordinamento No
debito
Non sarà che la manifestazione di Milano segnerà
il nostro epitaffio? Dopo mesi di fatiche, tra cui gli sforzi generosi dei
compagni romani, il 31 marzo sembra diventare come il giorno del giudizio.
Inutile nascondersi dietro un dito, il convoglio
non riesce a partire, il motore che abbiamo a disposizione non ha sufficiente
forza motrice per arrancare la salita.
70/100. Nel senso che il 70% delle cause che
impediscono il decollo sono di natura oggettiva. Dopo lo slancio di ottobre, le
fibrillazioni d’autunno che parevano aprirci una breccia, la classe dominante,
con un prevedibile golpe bianco, ci ha sfilato sotto il naso il facile
bersaglio del governo Berlusconi mettendo al suo posto un “governo tecnico”. La
manovra, ben congegnata, ha isolato e paralizzato tutta l’opposizione sociale,
che il 15 ottobre aveva dato una straordinaria prova di forza. Con il governo
Napolitano-Monti siamo entrati in una fase di stabilizzazione relativa e
momentanea che ci ha messo all’angolo. Relativa e momentanea. Relativa perché nel
frattempo altre soggettività sociali si sono affacciate sulla scena (ad esempio
i Forconi siciliani e i Pastori sardi: compagni cos’è quest’omertà? Cos’è
questa spocchia?). Momentanea perché la crisi del debito, e quindi il terremoto
dell’eurozona, sono solo posticipati, visto che sono stati tamponati dalla iniezione
di metadone-Ltro della Bce).
Questa stabilizzazione potrà durare mesi, non
anni. Il combinato disposto tra nuovi scossoni della crisi dei debiti sovrani,
dissesti bancari, recessione e i primi pesanti effetti delle “manovre”
Berlusconi-Monti darà nuova linfa al conflitto sociale. Portiamo pazienza
quindi, perché, come è stato spesso sottolineato nelle nostre riunioni, in
primis da Cremaschi, noi non siamo né un movimento sociale, né un sindacato, né
un’associazione culturale.
Che bestia siamo allora?
E qui veniamo al 30%.
Dentro questo trenta c’è un 15% che consiste in
quello che sempre, pur malamente, abbiamo discusso in occasione delle riunioni
di coordinamento nazionale. Malamente non per malafede beninteso, quanto perché
sul “chi siamo” e “dove andiamo” sapevamo che la nostra avventura unitaria
poteva spezzarsi sul nascere. Che siamo un coordinamento è pleonastico. Se
affermiamo che siamo un soggetto-politico-fronte già iniziano i mugugni. I
compagni del Pcl, se non ricordiamo male, rispondendo proprio a Cremaschi (che
ci sollecitava a prendere atto che siamo un “soggetto politico” di fatto),
tirano fuori una dicotomia di scuola: “fronte sì, ma tattico, non strategico”.
Non sembri questione di lana caprina. Tattico significa che la convergenza è
congiunturale, su obbiettivi parziali. Vada quindi per il mero coordinamento,
un nome che non si da tante arie, che non impegna i contraenti di un patto a
svenarsi più di tanto.
Per buona pace di chi non vuol vedere la realtà,
e per usare le categorie di cui sopra, o noi prendiamo atto che la forma di
mero coordinamento è debole, che dobbiamo saldarci in un “fronte strategico”, o
non si va da nessuna parte, il 31 marzo potrebbe davvero rivelarsi il nostro de
profundis e, chi si è visto si è visto, ognuno di noi se ne torna da dove è venuto.
Un blocco o fronte che sfidi il governo, non per
strappare questa o quella rivendicazione sociale o sindacale, ma che oltre a
respingere frontalmente la sua politica economica avanza l’idea di una
fuoriuscita non solo dalla crisi capitalistica ma dal sistema capitalistico,
beh, si può girare la frittata quanto si vuole, ma è un soggetto politico nel
senso più classico e nobile del termine.
Ma qui veniamo all’altra metà del 30%. Finché la
fuoriuscita è una idea, se non si riempie di contenuti programmatici, essa
resta un’allusione, col che restiamo impigliati in un massimalismo che pare ci
stia addosso come una maledizione. Nelle condizioni a cui è giunta la crisi
sistemica dire No debito non è sufficiente. La negazione, diceva Spinoza, è una
determinazione. Sarà vero in filosofia, non così è in politica. In politica non
basta dire, affermare un No, occorre saper indicare con precisione dove questo
No porta, cosa esso implica. Nelle condizioni a cui è giunta la crisi
sistemica, che è crisi globale e anzitutto crisi europea, non ci è consentito
lanciare il sasso e nascondere la mano.
Chiunque capisce che ripudiare il debito non
solo significa fare default, porta con sé la rottura dei Trattati di
Maastricht, Lisbona e del recentissimo Fiscal compact. Porta con se l’uscita
dall’Unione europea e l’abbandono dell’euro. Uscita e abbandono che dovremmo
perorare apertamente, contestualmente alla programmazione del default, avendo
il coraggio di rivendicare non solo la nazionalizzazione del sistema bancario
ma la riconquista piena della sovranità politica e monetaria del nostro paese, scippata dalle oligarchie europeiste, e quindi lo sbocco di un governo popolare
che solo può evitare che il paese finisca nell’abisso.
Anche i sassi hanno capito oramai che o conquisti
il potere politico, solo strumento per attuare misure alternative di politica economica, oppure non si va da
nessuna parte. Che sia questa la posta in gioco lo dimostra, a negativo, la
protervia con cui il potere vuole vincere la partita, giunta al suo apice, coi
valsusini. Larghe masse hanno capito un’altra cosa, oltre al fatto che la
“sinistra non c’è più”, che i movimenti, locali e/o parziali, non possono
vincere l’avversario, che essi sono destinati a perdere uno a uno. Un governo
popolare non l’avremo, vista la natura delle forze che vi partecipano, con le
elezioni, ma soltanto con una sollevazione generale, la sola che può rovesciare
i rapporti di forza. E per questo serve un ampio fronte popolare, i cui
elementi portanti non saranno forze politiche ma soggetti sociali, quelli che
la crisi spappola e spinge all’azione. Di qui l’attenzione che doveva esserci,
e che invece clamorosamente non c’è stata, verso fenomeni quali il Movimento
dei forconi siciliano, o quella sardo dei Pastori, che si stanno rivelando i
punti di appoggio, in quelle regioni, di una più vasta opposizione sociale. Non
va da nessuna parte chi, ancora prigioniero di un operaismo d’antan, ha lo
sguardo tutto rivolto a nord, poiché quel che lì si muove sarebbe di sinistra,
e gira le spalle al Sud, come fosse roba di destra. Sveglia!
Alle nostre sollecitazioni è stato sempre
opposto un netto rifiuto, un rifiuto, ne prendiamo atto, largamente
maggioritario, frutto di una bizzarra alleanza tra settori sensibili ai
richiami astrattamente internazionalisti di certa ultrasinistra, e settori
sensibili invece alle sibille cumane della sponda opposta, quelle della
sinistra istituzionale che, per rientrare nei ranghi dei giochi di palazzo,
vuole tener fede, in nome di un malinteso europeismo ideologico, ai patti
perversi con le oligarchie imperialiste che portarono agli aborti, prima
dell’Unione e poi dell’euro.
Ma allora, se non si ha il coraggio di dare
contenuti e di guardare in faccia ai nuovi protagonismi sociali, non si può pretendere
di far compiere al No debito il salto politico-soggettivo che si evoca. Così
non siamo né cucca né noce. E così non aspettiamoci un roseo futuro.
Intanto,
nell'attesa che si risolva l'enigma, noi ci riuniremo a Chianciano il 10 -11
marzo per dare vita al Movimento Popolare di Liberazione.
Per il
Movimento Popolare di Liberazione
Firenze 3 marzo
2012
5 commenti:
"fuoriuscita non solo dalla crisi capitalistica ma dal sistema capitalistico"
Belle parole che rischiano di restare ... vuote.
La gente non le capisce, anzi ci capisce sempre meno, proprio mentre vede, e capisce sempre più, di essere truffata. Ma non sa ancora come fanno, tecnicamente, e in questa ignoranza s'insinua il dubbio alimentato dai media.
Torniamo coi piedi per terra. E' vero, mille miliardi prestati dalla BCE alle banche all'1% per tre anni sono uno di quei regali che lasciano il segno, rischiano di prolungare l'illusione che tutto va ben, madama la marchesa.
Ma i focolai sono tutt'altro che spenti: truffa TAV da una parte, governo dall'altra.
Domani invece di prendere un TAV Milano-Firenze e ritorno (106 €) vado a volantinare al mercato di Lecco pro NOTAV. Avrei proprio voluto esserci al coordinamento NODEBITO, e me ne scuso, come Alternativa-Lombardia che vuole contribuire all'evento del 31 marzo, in casa, ma soprattutto nel cuore del problema.
Eppure è così semplice. Proprio ieri l'utile idiota, re di una prestigiosa università di aspiranti yuppies, ha annunciato la politica fiscale per "salvare l'Italia": meno tasse dirette e più tasse indirette, cioè accise e IVA.
Questo lo capiscono i forconi come la casalinga di Voghera, significa un aumento secco dell'inflazione con effetto leva. Basta ricollegare il significato che ha avuto nei PIIGS un'inflazione molto più alta che in Germania, ed ecco che due più due torna magicamente a fare quattro! L'idiota, utile ai suoi sodali trasnazionali, è estremamente nocivo, vuole scientemente affossare il paese, portarci anzitempo alla sindrome greca.
E' solo un esempio di quali possono essere i discorsi unificanti, senza paroloni per contrapporre un ideologia all'altra. Oggi i talebani del liberismo dominano il campo, i mezzi di comunicazione, e ancora tengono sotto scacco l'immaginario collettivo. Uno scontro frontale è patetico, come tra una zanzara e un elefante. Ma sul concreto è tutta un'altra musica, ed è quella che dobbiamo suonare tutti assieme, senza allunghi solitari.
Alberto Conti
Caro Conti,
ho capito dove vai a parare, tu tra i tanti, che abbandonano l'orizzonte della fuoriuscita dal capitalismo.... i neo-occhettiani crescono...
Si, va bè, ma che c'etra? ma l'hai almeno letto il testo che commenti? Prova ad entrare nel merito almeno
Giorgo L.
Caro Giorgio L.
non hai capito un accidenti non solo di me, che è cosa irrilevante, ma di quello che dico.
Ma che cazzo è questo fantomatico "SISTEMA CAPITALISTICO"? Scommetto che tu, e non solo tu, lo dai talmente per scontato che non sai spiegarlo.
Ma anche se lo spieghi dubito che tu sappia di quel che parli. Perfino in un'accezione riduttiva la cosa non ha gambe per camminare: capitalismo finanziario, cioè monetario, come sistema d'accumulo di ricchezza. E come ne esci, eliminando la moneta? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò! O vuoi veramente parlare del favoloso mondo di Star Trek? Non vale neanche la pena di parlarne.
E allora in un economia che poggia sulla moneta che alternativa proponi? Io mi sto interessando della questione monetaria da alcuni anni, ed ho scoperto una cosa elementare che nessuno dice: la moneta è il paradigma monetario, fatto di regole che impattano direttamente nell'economia umana. Ridurre tutta l'economia al mercato è il dogma totalitario vigente, peggio di una religione coi suoi imam, e mario monti ne è un esempio perfetto: un "professore di economia" che se crede a ciò che dice è il più asino e criminale che si possa reperire sulla piazza. Ma è rispettato dalla maggioranza dei credenti, come un buon padre spirituale che diffonde il verbo di verità.
Sono certo che questo tu lo chiami capitalismo. Benissimo. E allora qual'è l'alternativa?
Non ce n'è solo una, ce ne sono tante quanti sono i paradigmi monetari possibili, che hanno gambe per camminare in una società complessa. Da quant'è che i cultori di Marx (che stimo moltissimo peraltro) ne cercano la ricetta magica? Abbiamo altrettanto tempo davanti prima che gli eventi ci travolgano? No, non ce l'abbiamo. Però di ricette ne sono state sperimentate tante, e molti punti fissi ci sono, sono sufficientemente chiari e collaudati, tanto da poter passare alla fase B, assemblando non più pezzi singoli ma sottosistemi, per creare il nuovo sistema complessivo, che ha un confine preciso, la biosfera terrestre (sto sempre nel pre-Star Trek).
E tu pretendi da me che entri nel merito? Di che cosa, di quale sottosistema nella sua descrizione di massima, perchè è questo lo spazio di un commento.
Fammi un esempio e ne possiamo parlare, altrimenti è aria fritta.
P.S. l'argomento 31 marzo lo conosco bene, e preme molto anche a me. Per questo mi fanno incazzare le contrapposizioni stupide e vuote.
Alberto Conti
Caro Alberto,
Noi non urliamo affatto la fuoriuscita dal capitalismo: noi facciamo proposte concrete, parliamo di alcune semplici misure d'emergenza per evitare la catastrofe: per evitarla occorre un governo che non solo dichiari insolvenza e ripudi il debito pubblico ma trovi le risorse necessarie per rilanciare un'economia che dia lavoro, che crei ricchezza nuova, che rispetti l'ambiente.
Noi siamo giunti alla conclusione che per farlo occorre: (1) Uscire dalla Unione europea (2) tornare alla sovranità monetaria (3) Porre la banca centrale sotto controllo pubblico (4) nazionalizzare il sistema bancario e assicurativo oltre alla pubblicizzazione di ciò che è bene pubblico e nazionale.
Come vedi proposte chiare, per niente "bolsceviche". NOi no n diciamo che la soluzione è una palingenesi rivoluzionaria, ma un governo d'emergenza, popolare, che potrà prendere vita solo grazie ad una sollevazione generale.
Non rinunciamo alla prospettiva storica del socialismo tuttavia, che per noi non è solo un ideale (che ci teniamo stretto) ma un'idea di società che non si fondi più sulle leggi capitalistiche, che inevitabilmente portano a crisi devastanti, conflitti fratricidi e guerre.
Tu e Alternativa non siete daccordo, ritenete non che occorre restare nell'Unione e tenersi l'euro ma che dobbiamo tenerci pure il capitalismo.
Che cazzo di Alternativa è mai questa?
Infatti non è questa l'alternativa che proponiamo.
Semmai è quella di riconoscere la realtà nel bene e nel male. Il bene è l'avviamento, malinteso finchè vuoi a livello verticistico, dell'integrazione europea, come parte dell'integrazione dei popoli a tutti i livelli, dal micro-regionale al macro-mondiale. La moneta è parte strutturale primaria di questo processo. Il paradigma monetario vigente, inevitabilmente dollarocentrico (in peggio) dev'essere assolutamente ribaltato, e su questo sfondi una porta aperta. Le regole minimali per arginare l'emergenza le sappiamo tutti e le condividiamo, come la ri-statalizzazione del sistema bancario nei suoi assi portanti, la divisione tra banche commerciali e banche d'affari, con relativa procedura fallimentare, ecc. ecc.
Per me il livello di radicalità del paradigma monetario alternativo dovrebbe essere molto più forte, per sradicare il principio stesso di credito bancario a riserva frazionaria, in favore di moneta permanente emessa dal potere pubblico (sia locale che generale, in una struttura federale autentica e rispettosa di ruoli, responsabilità e competenze). Fondamentale è che tale moneta sia esente da debito alla fonte e da relativi interessi passivi, di qualsivoglia entità, tal quale il concetto di banconota de facto, al di là del ridicolo aspetto contabile nello stato patrimoniale della BC, residuo fossile dei vari gold standard del passato.
E' ovvio che una tale visione implica il ripudio totale, senza se e senza ma, del paradigma monetario vigente e la contrapposizione frontale con le elite politico-finanziarie che lo sostengono, a partire dalla testa USA, che puzza di marcio ogni giorno di più, nel senso che è in avanzato stato di decomposizione (e per questo non parliamo dell'isola di utopia ma di una vera rivoluzione reale).
Questo euro salterà comunque, che lo si voglia o no. Chi vinca la roulette russa a chi salta per primo tra euro e dollaro è irrilevante.
Rilevante è invece l'atteggiamento: abbandonare la casa che brucia, o riconoscerla come propria e unica casa da salvare, accettando il conflitto tra piromani e pompieri.
Inutile aggiungere, spero, che il nuovo paradigma economico-monetario (del quale la fiscalità è il punto dirimente) debba essere innanzitutto a primazia sociale, nel senso più alto e responsabile del termine. Tutto si fa per l'uomo, non per gli strumenti che l'uomo s'inventa. Nel dopo-grecia dovremmo piuttosto concentrarci sulla diversa interpretazione dei vecchi miti ancora cari alle destre, estreme comprese: superarli (noi), conservarli (loro). Non parlo tanto di Dio, Patria e Famiglia, quanto piuttosto di mercato, crescita e guerra.
Alberto Conti
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