[ 12 marzo 2012 ]
«Non c'è tempo da perdere»
[a] Dopo il panico dello spread, giunto al suo picco in novembre,il paese conosce un momento di stabilizzazione relativa. Questa stabilizzazioneè stata ottenuta, prima ancora che per la stangata del governo Monti,grazie alla potentissima iniezione di liquidità della Bce (che ha sventato al contempo eventuali crack bancari e dei debiti sovrani). Questo effettonon potrà durare a lungo perché sono molti i fattori che giocano, quasi tutti a favore, non della stabilizzazione, ma di un ulteriore avvitamento della crisi.
[b] Il principale fattore è la persistenza della crisi economica e finanziaria internazionale dei paesi capitalistici occidentali, destinata ad incancrenirsi e contro cui poco possono le misure, pur di diverso segno adottate nelle due sponde dell’Atlantico.
Non ci sono, infatti, segnali che indichino l’uscita dalla recessione, che rischia dunque di diventare di lungo periodo, con conseguenze sociali facilmente immaginabili: fallimenti di aziende, smantellamento di interi distretti industriali, desertificazione produttiva di intere regioni, disoccupazione crescente, aumento esponenziale degli strati popolari gettati nella miseria ed esclusi dal sistema di garanzie sociali.
[c] Il governo Monti non riuscirà a traghettare il paese fuori dalle recessione. Con le sue misure draconianedi fatto finisce per potenziare la spirale recessiva che renderà ancor più difficile contenere la crisi del debito pubblico e la ricerca dei finanziamenti sui mercati finanziari internazionali. A seguito di ciò, è altamente probabile che una nuova crisi politica e istituzionale avvenga anche prima delle elezioni legislative della primavera del 2013.
I
[d] L’idillio tra i principali partiti della classe dominante sarà messo a dura prova e le possibilità sono essenzialmente solo due: o salta tutto e il paese precipita nel caos politico e sociale oppure le diverse cricche politiche, intrappolate nei loro giochi di potere, proseguiranno sulla strada tracciata, accetteranno ulteriori cessioni di sovranità, mettendo definitivamente in mora ciò che resta della repubblica parlamentare fino magariad accettareil passaggio ad un regime autoritario, sotto la diretta podestà di poteri sovranazionali, ammesso e non concesso che, nel frattempo, l’Unione europea non subisca un processo di sgretolamento e la moneta unica si spezzi.
[e ]In questo contesto non c’è dubbio che emergeranno dal basso nuovi protagonisti. Come risultato del fallimento delle classi dominanti e dei loro partiti, entreranno in scena nuovi soggetti, sociali e politici, che saranno costretti a farsi largo nel solo modo che gli è consentito: la lotta diretta, la sollevazione. Che fisionomia avranno queste forze? Saranno quelle che la crisi economica e sociale, giunta dopo un ventennio di disgreganti politiche liberiste, ha già configurato. Tutto il popolo lavoratore è straziato dalla crisi sistemica: occupati e disoccupati, lavoratori dipendenti e autonomi, operai e commercianti, operai e artigiani, giovani e pensionati, agricoltori e impiegati.
[f] Alcune significative battaglie sociali e ambientali sono già in corso nel nostro paese (Movimento dei Forconi in Sicilia, Movimento dei Pastori Sardi, NO TAV) e sono diventate simbolo per il paese, ma esse incontrano difficoltà, non riescono ad unificarsi in un grande movimento popolare. Solo se queste confluiranno in un ampio fronte popolare potranno evitare di essere battute separatamente. Affinché possa sorgere un fronte di tale ampiezza c’è bisogno che diversi fattori oggettivi maturino e si incrocino, e ciò non dipende dalla volontà di questo o quel soggetto politico.
[g] Due sono tuttavia i doveri di un movimento politico nazionale degno di questo nome: indicare quale possa essere una via d’uscita alla crisi economica e sociale, e agire nel conflitto sociale come lievito, come fattore propulsivo di unificazione delle lotte territoriali in corso. I due fattori sono strettamente connessi. Sterile invece sarebbe l'idea che ogni pratica movimentista indipendentemente dalle altre possa essere capace di cambiare il sistema corrotto e antidemocratico che sta divorando risorse, territori e una prospettiva per il futuro del nostro paese.
[h] Un ampio fronte popolare, nelle condizioni in cui siamo, non si costruisce come addizione dei soli movimenti, né tantomeno come aggregazione di forze politiche, oramai solo rappresentazioni di una geografia sociale defunta, che sopravvive a se stessa con l'illusione di poter ancora rilegittimarsi ed essere nuovamente punto di riferimento del cambiamento. Un ampio fronte popolare vedrà luce solo a condizione che emerga in modo nitido e si faccia largo tra le masse, con un programma alternativo di uscita dalla crisi e, noi aggiungiamo, un’idea nuova e alternativa di società.
[i] Noi abbiamo indicato quelle misure d’emergenza essenziali, senza le quali i movimenti da soli girerebbero a vuoto: nessun rimborso del debito pubblico, uscita dall’Unione e dall’euro, ritorno alla lira, banca centrale sotto controllo pubblico, nazionalizzazione del sistema bancario e assicurativo, nazionalizzazione con controllo popolare delle grandi aziende strategiche e servizi essenziali (energia, trasporti, telecomunicazioni, sanità, scuola,...), opposizione alle grandi opere inutili e devastanti l'ambiente e la salute a favore di un uso non speculativo del territorio che dia lavoro e migliori la qualità della vita dei cittadini.
[l]Se questo fronte vedrà vita, come noi auspichiamo, ognuno capisce che la sfida che esso avrà di fronte non sarà solo ottenere questi o quei diritti perduti, bensì prendere in mano le redini del paese, in una parola il governo. Il fronte, quindi, come strumento attraverso cui la sollevazione popolare potrà vincere. E’ evidente che questa battaglia è difficilissima, in un contesto in cui non ci sono tempi lunghi a disposizione. Nuovamente ricordando che, ove questo fronte non prendesse forma, forte è il rischio che la rabbia popolare imbocchi la strada di una mobilitazione reazionaria, rischio accentuato dalla crisi e dalla sterilità della tradizionali formazioni della sinistra politica, prive sia di idee buone che di gruppi dirigenti degni di questo nome.
[m] Non c’è più tempo da perdere, ormai il quadro è drammaticamente chiaro. Come Movimento Popolare di Liberazione, abbiamo lanciato l’allarme e indicato nelle linee generali una via d’uscita pur essendo consapevoli che ciò non è ancora sufficiente e che, indipendentemente dai ritmi e le modalità con cui evolverà la crisi, dobbiamo anzitutto accrescere la nostra forza. Le nostre idee potranno prendere piede in collegamento stretto con le dinamiche dei movimenti sociali, per raggruppare centinaia e migliaia di nuovi militanti. A questo fine MPL decide di ingaggiare poche ma precise iniziative:
(1) Tenere ferma la campagna contro il rimborso del debito pubblico (ferma restando la salvaguardia dei piccoli risparmiatori), perché il debito insiste su un punto dirimente della crisi, è un particolare che contiene il generale. Essa dovrà andare avanti, quale che sia la sorte del coordinamento nazionale 1 ottobre di cui facciamo parte, ma di cui già avvertiamo i suoi diversi limiti.
(2) Istituire un Tribunale Popolare contro i crimini sociali e ambientali, che metta sul banco degli imputati, i responsabili del massacro sociale e del disastro ambientale, i promotori cioè delle misure draconiane che spingono non solo il paese allo sfascio, ma tanti cittadini verso la disperazione e fino al suicidio.
(3) Promuovere il più stretto collegamento coi movimenti popolari degli altri paesi, a cominciare con quello greco, per giungere a forme stabili di coordinamento internazionale. In questo senso costituire una delegazione di esponenti dei movimenti sociali italiani affinché si rechino in Grecia per un primo incontro coi protagonisti della rivolta popolare ellenica.
(4) Dare vita ad un Fronte popolare attraverso un patto con tutti gli altri soggetti e movimenti che perseguono simili finalità per promuovere nel nostro paese una Rivoluzione Democratica che cambi radicalmente il sistema politico e istituzionale nazionale a partire dal rilancio della Carta Costituzionale. Operare affinché i Movimenti di lotta esistenti arrivino alla costruzione di un’Assemblea Popolare in cui tutti possano riconoscersi.
(5) Il MPL ha una sua visione della situazione internazionale, e anche di come far sì che l’Italia sia protagonista di differenti alleanze geopolitiche. La sponda Sud del Mediterraneo è scossa da un anno da terremoti che lasceranno il segno per lungo tempo. Dobbiamo non solo seguire con attenzione quanto succede, ma avviare un dialogo con le forze popolari emergenti, in un quadro segnato dalla costante minaccia bellica, attizzata dalle vecchie potenze imperiali con alla testa USA-NATO e da Israele.
In questo quadro non solo parteciperemo alla Marcia Globale per Gerusalemme che si svolgerà il 30 marzo (giornata della terra per i palestinesi) organizzando una manifestazione sotto l’ambasciata israeliana (nella prospettiva di rilanciare in Italia il movimento contro la guerra a carattere internazionale e antimperialista) ma opereremo per stringere legami con le forze popolari che sono state protagoniste delle rivoluzioni democratiche nella sponda sud del Mediterraneo.
[b] Il principale fattore è la persistenza della crisi economica e finanziaria internazionale dei paesi capitalistici occidentali, destinata ad incancrenirsi e contro cui poco possono le misure, pur di diverso segno adottate nelle due sponde dell’Atlantico.
Non ci sono, infatti, segnali che indichino l’uscita dalla recessione, che rischia dunque di diventare di lungo periodo, con conseguenze sociali facilmente immaginabili: fallimenti di aziende, smantellamento di interi distretti industriali, desertificazione produttiva di intere regioni, disoccupazione crescente, aumento esponenziale degli strati popolari gettati nella miseria ed esclusi dal sistema di garanzie sociali.
[c] Il governo Monti non riuscirà a traghettare il paese fuori dalle recessione. Con le sue misure draconianedi fatto finisce per potenziare la spirale recessiva che renderà ancor più difficile contenere la crisi del debito pubblico e la ricerca dei finanziamenti sui mercati finanziari internazionali. A seguito di ciò, è altamente probabile che una nuova crisi politica e istituzionale avvenga anche prima delle elezioni legislative della primavera del 2013.
I
[d] L’idillio tra i principali partiti della classe dominante sarà messo a dura prova e le possibilità sono essenzialmente solo due: o salta tutto e il paese precipita nel caos politico e sociale oppure le diverse cricche politiche, intrappolate nei loro giochi di potere, proseguiranno sulla strada tracciata, accetteranno ulteriori cessioni di sovranità, mettendo definitivamente in mora ciò che resta della repubblica parlamentare fino magariad accettareil passaggio ad un regime autoritario, sotto la diretta podestà di poteri sovranazionali, ammesso e non concesso che, nel frattempo, l’Unione europea non subisca un processo di sgretolamento e la moneta unica si spezzi.
[e ]In questo contesto non c’è dubbio che emergeranno dal basso nuovi protagonisti. Come risultato del fallimento delle classi dominanti e dei loro partiti, entreranno in scena nuovi soggetti, sociali e politici, che saranno costretti a farsi largo nel solo modo che gli è consentito: la lotta diretta, la sollevazione. Che fisionomia avranno queste forze? Saranno quelle che la crisi economica e sociale, giunta dopo un ventennio di disgreganti politiche liberiste, ha già configurato. Tutto il popolo lavoratore è straziato dalla crisi sistemica: occupati e disoccupati, lavoratori dipendenti e autonomi, operai e commercianti, operai e artigiani, giovani e pensionati, agricoltori e impiegati.
[f] Alcune significative battaglie sociali e ambientali sono già in corso nel nostro paese (Movimento dei Forconi in Sicilia, Movimento dei Pastori Sardi, NO TAV) e sono diventate simbolo per il paese, ma esse incontrano difficoltà, non riescono ad unificarsi in un grande movimento popolare. Solo se queste confluiranno in un ampio fronte popolare potranno evitare di essere battute separatamente. Affinché possa sorgere un fronte di tale ampiezza c’è bisogno che diversi fattori oggettivi maturino e si incrocino, e ciò non dipende dalla volontà di questo o quel soggetto politico.
[g] Due sono tuttavia i doveri di un movimento politico nazionale degno di questo nome: indicare quale possa essere una via d’uscita alla crisi economica e sociale, e agire nel conflitto sociale come lievito, come fattore propulsivo di unificazione delle lotte territoriali in corso. I due fattori sono strettamente connessi. Sterile invece sarebbe l'idea che ogni pratica movimentista indipendentemente dalle altre possa essere capace di cambiare il sistema corrotto e antidemocratico che sta divorando risorse, territori e una prospettiva per il futuro del nostro paese.
[h] Un ampio fronte popolare, nelle condizioni in cui siamo, non si costruisce come addizione dei soli movimenti, né tantomeno come aggregazione di forze politiche, oramai solo rappresentazioni di una geografia sociale defunta, che sopravvive a se stessa con l'illusione di poter ancora rilegittimarsi ed essere nuovamente punto di riferimento del cambiamento. Un ampio fronte popolare vedrà luce solo a condizione che emerga in modo nitido e si faccia largo tra le masse, con un programma alternativo di uscita dalla crisi e, noi aggiungiamo, un’idea nuova e alternativa di società.
[i] Noi abbiamo indicato quelle misure d’emergenza essenziali, senza le quali i movimenti da soli girerebbero a vuoto: nessun rimborso del debito pubblico, uscita dall’Unione e dall’euro, ritorno alla lira, banca centrale sotto controllo pubblico, nazionalizzazione del sistema bancario e assicurativo, nazionalizzazione con controllo popolare delle grandi aziende strategiche e servizi essenziali (energia, trasporti, telecomunicazioni, sanità, scuola,...), opposizione alle grandi opere inutili e devastanti l'ambiente e la salute a favore di un uso non speculativo del territorio che dia lavoro e migliori la qualità della vita dei cittadini.
[l]Se questo fronte vedrà vita, come noi auspichiamo, ognuno capisce che la sfida che esso avrà di fronte non sarà solo ottenere questi o quei diritti perduti, bensì prendere in mano le redini del paese, in una parola il governo. Il fronte, quindi, come strumento attraverso cui la sollevazione popolare potrà vincere. E’ evidente che questa battaglia è difficilissima, in un contesto in cui non ci sono tempi lunghi a disposizione. Nuovamente ricordando che, ove questo fronte non prendesse forma, forte è il rischio che la rabbia popolare imbocchi la strada di una mobilitazione reazionaria, rischio accentuato dalla crisi e dalla sterilità della tradizionali formazioni della sinistra politica, prive sia di idee buone che di gruppi dirigenti degni di questo nome.
[m] Non c’è più tempo da perdere, ormai il quadro è drammaticamente chiaro. Come Movimento Popolare di Liberazione, abbiamo lanciato l’allarme e indicato nelle linee generali una via d’uscita pur essendo consapevoli che ciò non è ancora sufficiente e che, indipendentemente dai ritmi e le modalità con cui evolverà la crisi, dobbiamo anzitutto accrescere la nostra forza. Le nostre idee potranno prendere piede in collegamento stretto con le dinamiche dei movimenti sociali, per raggruppare centinaia e migliaia di nuovi militanti. A questo fine MPL decide di ingaggiare poche ma precise iniziative:
(1) Tenere ferma la campagna contro il rimborso del debito pubblico (ferma restando la salvaguardia dei piccoli risparmiatori), perché il debito insiste su un punto dirimente della crisi, è un particolare che contiene il generale. Essa dovrà andare avanti, quale che sia la sorte del coordinamento nazionale 1 ottobre di cui facciamo parte, ma di cui già avvertiamo i suoi diversi limiti.
(2) Istituire un Tribunale Popolare contro i crimini sociali e ambientali, che metta sul banco degli imputati, i responsabili del massacro sociale e del disastro ambientale, i promotori cioè delle misure draconiane che spingono non solo il paese allo sfascio, ma tanti cittadini verso la disperazione e fino al suicidio.
(3) Promuovere il più stretto collegamento coi movimenti popolari degli altri paesi, a cominciare con quello greco, per giungere a forme stabili di coordinamento internazionale. In questo senso costituire una delegazione di esponenti dei movimenti sociali italiani affinché si rechino in Grecia per un primo incontro coi protagonisti della rivolta popolare ellenica.
(4) Dare vita ad un Fronte popolare attraverso un patto con tutti gli altri soggetti e movimenti che perseguono simili finalità per promuovere nel nostro paese una Rivoluzione Democratica che cambi radicalmente il sistema politico e istituzionale nazionale a partire dal rilancio della Carta Costituzionale. Operare affinché i Movimenti di lotta esistenti arrivino alla costruzione di un’Assemblea Popolare in cui tutti possano riconoscersi.
(5) Il MPL ha una sua visione della situazione internazionale, e anche di come far sì che l’Italia sia protagonista di differenti alleanze geopolitiche. La sponda Sud del Mediterraneo è scossa da un anno da terremoti che lasceranno il segno per lungo tempo. Dobbiamo non solo seguire con attenzione quanto succede, ma avviare un dialogo con le forze popolari emergenti, in un quadro segnato dalla costante minaccia bellica, attizzata dalle vecchie potenze imperiali con alla testa USA-NATO e da Israele.
In questo quadro non solo parteciperemo alla Marcia Globale per Gerusalemme che si svolgerà il 30 marzo (giornata della terra per i palestinesi) organizzando una manifestazione sotto l’ambasciata israeliana (nella prospettiva di rilanciare in Italia il movimento contro la guerra a carattere internazionale e antimperialista) ma opereremo per stringere legami con le forze popolari che sono state protagoniste delle rivoluzioni democratiche nella sponda sud del Mediterraneo.
Chianciano Terme
11 marzo 2012
11 marzo 2012
3 commenti:
Quali dovrebbero o potrebbero essere i luoghi di aggregazione, la logistica, diciamo così, del movimento?Internet ecc. è utile strumentalmente,ma non ha una vera forza aggregante, che è, secondo me, il faccia a faccia.
Sia per la sua posizione geografica, equidistante dal Nord e dal Sud dell'Italia, che per il suo significato simbolicamente e materialmente politico, ROMA è il luogo strategicamente più indicato per incontrarsi faccia a faccia e coltivare il seme della sollevazione democratica.
Dove? IN PIAZZA!
Una libera, quotidiana e spontanea 'Assemblea Popolare' pluralista di PIAZZA è già nata e si svolge regolarmente dal 16 Ottobre 2011 a Roma. E' nata in piazza Santa Croce in Gerusalemme e poi trasferitasi in Viale Terme di Caracalla, di fronte alla sede FAO nei pressi del Circo Massimo.
Raccoglie persone delle più diverse estrazioni sociali e politiche e comunque la partecipazione è aperta a tutti, senza discriminazioni o pregiudizi.
Non è stata portata alla ribalta sui principali 'media' per scelta, per evitare loro strumentalizzazioni e/o deformazioni in quanto considerati, in maggioranza, asserviti al 'sistema'.
La logistica si sta organizzando passo passo GRAZIE all'apporto dei partecipanti diretti ed a TUTTI quelli che simpatizzano e vogliono sostenere le varie iniziative.
Chiunque è il benvenuto, tranne coloro che intendono intralciare o rallentare la nostra 'decrescita felice'.
Qualora si intenda partecipare alle iniziative ed all'Assemblea per più giorni consecutivi è suggerito l'ausilio di tenda ed attrezzature per campeggio in quanto il presidio è insediato nei giardini PUBBLICI delle suddette Terme. Chi ne fosse sprovvisto, può chiedere la disponibilità di una tenda libera tra quelle lasciate a disposizione dai 'pendolari' del presidio.
piazza montecitorio, va bene?
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