lunedì 22 luglio 2019

CI HA PAURA NON VADA ALLA GUERRA di Leonardo Mazzei

[ martedì 23 luglio 2019 ]



«Posto che una fase di emergenza va effettivamente messa nel conto (ma non nei termini ipotizzati dal Gionco), essa non sarebbe comunque troppo lunga. E qui voglio essere brutale ma chiaro: se non siamo nemmeno capaci di immaginare e di affrontare qualche giorno senza il bancomat, è giusto che rimaniamo schiavi. Non si può infatti avere la botte piena (la sovranità) e la moglie ubriaca (il quieto vivere senza scossone alcuno)».

In risposta a Davide Gionco



Chi ha paura non vada alla guerra. Ecco un detto che chi si occupa delle cose della politica sempre dovrebbe rammentarsi. E come non farlo, ricordando Sciascia, nel momento in cui gli ominicchi potrebbero lasciare il posto ai quaquaraqua? Ma non è di "grande" politica che vogliamo occuparci oggi, bensì di un problema più circoscritto: quello dei sovranisti alimentati a paura, quelli del "vorrei ma non posso", del "prima bisogna...", eccetera eccetera.

Stavolta ce ne offre lo spunto uno scritto di Davide Gionco, apparso su "Scenari economici". Il ritornello è sempre il solito: uscire dall'euro è difficile, la Bce ci strangolerebbe, il consenso non ci sarebbe (o comunque non reggerebbe), meglio sarebbe stato esserne fuori, ma ormai...


Certo in maniera del tutto involontaria sono proprio questi discorsi il regalo più grande che si possa fare alle oligarchie euriste. Del resto, anche tra i dominanti non manca chi riconosce che l'euro sia stato un errore, aggiungendo però subito dopo che adesso uscirne sarebbe semplicemente catastrofico.

Già tre anni fa chi scrive polemizzò con un articolo di Giorgio Lunghini, il cui succo si condensava in questa frase del noto economista scomparso nel 2018: 
«In breve, l’Unione Economica e Monetaria europea è come l'"Hotel California" nella canzone degli Eagles: forse sarebbe stato meglio non entrare, ma una volta dentro è impossibile uscire».
Un concetto assurdo in sé, quello della "impossibilità", che se preso sul serio ci condurrebbe dritti dritti nelle accoglienti braccia di Francis Fukuyama e della sua "Fine della storia", pensata e scritta dopo la disgregazione dell'Urss. Ma se del politologo americano di origine giapponese oggi ben pochi si ricordano, una ragione certo ci sarà. Purtroppo, però, certe visioni (stavolta cucinate in salsa tecnicista) si son fatte strada in tanti mondi, anche in quello sovranista. Ed una delle idee che circolano è che, non solo non ci sarebbe più spazio per le sollevazioni come per le rivoluzioni, non solo sarebbe vietato pensare, aspirare e lottare per una diversa società, ma pure uscire da due costruzioni politiche come l'euro e l'Ue sarebbe un'impresa quasi impossibile.

Il brutto è che mentre l'"impossibilismo" (mi si passi il termine) di Lunghini era tutto da ascriversi — singolare paradosso dei tempi nostri — al conservatorismo della cosiddetta "sinistra radicale"; quello adombrato da certi sovranisti, pur essendo animato da opposti obiettivi, rischia di condurci anch'esso nei meandri dell'impotenza. Ma la lotta per la sovranità nazionale non si alimenta con la paura, quanto piuttosto con la ragionevole speranza di una liberazione che non potrà tardare a lungo.


L'articolo di Davide Gionco


Partendo dalla fosca cornice di cui sopra, l'idea proposta da Gionco non è certo nuova. In breve: anziché uscire dall'euro, la moneta unica verrebbe semplicemente aggirata con l'introduzione di una moneta parallela. Avremmo così un parto indolore e tutti vivrebbero felici e contenti. Il primo paradosso di questo ragionamento è che dopo aver descritto un nemico pressoché invincibile, alla fine egli dovrebbe gettare la spugna dopo una manovra di aggiramento di cui (evidentemente) non si sarebbe accorto in tempo. Bah!

Prima di entrare nel merito dell'articolo voglio però ricordare due cose. La prima è che mai e poi mai abbiamo pensato ad un'uscita indolore dall'euro, il che non vuol dire però che essa debba essere immaginata e descritta come una catastrofe, come una sorta di Terza guerra mondiale. La seconda è che riteniamo positiva (e per certi aspetti necessaria) l'introduzione di una moneta parallela, e non a caso siamo a favore dei Mini-Bot, ma riteniamo che questa mossa abbia senso solo nell'ambito della prospettiva dell'uscita piena dall'euro e dalla Ue.

Detto questo, veniamo ad alcune affermazioni centrali dell'articolo in questione. Scrive Gionco:
«La soluzione al problema sembra semplice: “usciamo dall’euro!”. E traditori sono i politici che avevano promesso di farlo ed ora non lo dicono nemmeno più. Cerchiamo ora di capire perché, se anche sarebbe cosa buona che l’Italia non fosse mai entrata nell’euro e sarebbe cosa buona oggi trovarci fuori dall’Eurozona, vi sono delle difficoltà oggettive a realizzare il passaggio “da dentro a fuori”. E sono certamente queste difficoltà a far tacere i politici, quei pochi che hanno capito il problema, su questo argomento. Il fatto principale è che l’euro non è solo una moneta. E’ soprattutto un sistema di regole comuni a molti paesi europei, una organizzazione  complessa e interconnessa».
Lo ripeto a scanso di equivoci: non siamo mai stati tra i "facilisti" del "tutto e subito", ma giustificare certe giravolte dicendo che quei politici «hanno capito il problema» è davvero un po' troppo. Che l'euro sia un sistema oltre che una moneta è cosa fin troppo nota, scoprirlo ora o è tardivo o è furbesco.

Ma è davvero impossibile uscire da quel sistema? Qui Gionco fa sfoggio di un catastrofismo davvero fuori luogo. Per rendercene conto leggiamo due passaggi. Così si esprime nel primo:
«Se la BCE, sulla quale la Repubblica Italiana non ha sostanzialmente alcuna autorità, decide di bloccare il sistema bancario, succede che tutto il nostro denaro non lo possiamo più utilizzare. Ovvero: la BCE ha il potere di bloccare il sistema dei pagamenti bancari».
Ha la Bce questo potere? Ovviamente sì, ma ce l'ha finché restiamo nell'euro. Dopo no. Un minuto dopo l'uscita questo potere svanisce nel nulla. Una ragione in più per percorrere quella strada. Il problema è semmai nella fase precedente all'uscita, ma appunto per questo dilatarla oltremodo sarebbe un errore, quello sì, catastrofico.

Vediamo ora il secondo passaggio:
«Se un governo democraticamente eletto decide di “uscire dall’euro”, la BCE lo minaccia con il blocco del sistema dei pagamenti. Mentre quel governo converte le euro-banconote in neo-lire, tutti noi ci troveremmo impossibilitati a ricevere lo stipendio sul nostro conto corrente bancario, non potremmo pagare le bollette, non potremmo ritirare banconote dai bancomat. Non è fantascienza, sono fatti a cui abbiamo già assistito in Grecia o a Cipro. O anche in Argentina nel 2001-2002. Non solo: lo Stato non potrebbe più ricevere i pagamenti delle tasse, né pagare gli stipendi. Si fermerebbe la macchina dello Stato, i trasporti, gli ospedali, l’economia intera. Come già successe in Argentina nel 2001, non potendo convertire le nostre “note contabili” presso le banche nei beni e servizi di cui abbiamo bisogno per vivere, ci sarebbero gli assalti ai supermercati per potersi procurare anche solo da mangiare e ci sarebbe la fuga dalle città verso le campagne, dove almeno è possibile trovare del cibo senza pagarlo».
Questo catastrofismo, francamente incommentabile, non ha davvero giustificazione alcuna. E per diversi motivi. In primo luogo, un governo minimamente capace non avrebbe troppe difficoltà a prendere tutte le contro-misure del caso. In secondo luogo, uscire dall'euro non è "uscire dal mondo" e neppure "uscire dall'Europa", e non è difficile prevedere che un po' tutti i paesi europei farebbero a gara per mantenere e sviluppare affari e commerci con l'Italia post-euro. Assurdo dunque spargere terrore sul sistema dei pagamenti bancari.

In terzo luogo, posto che una fase di emergenza va effettivamente messa nel conto (ma non nei termini ipotizzati dal Gionco), essa non sarebbe comunque troppo lunga. E qui voglio essere brutale ma chiaro: se non siamo nemmeno capaci di immaginare e di affrontare qualche giorno senza il bancomat, è giusto che rimaniamo schiavi.

Non si può infatti avere la botte piena (la sovranità) e la moglie ubriaca (il quieto vivere senza scossone alcuno).

Avendone scritto tante volte in passato, non la faccio qui troppo lunga sulla questione del debito pubblico, altro tema che preoccupa Gionco. Detto che sono totalmente d'accordo sulla sua rinazionalizzazione, non riesco veramente a comprendere il suo allarmismo. Lo spread è un problema, ma solo finché restiamo nell'euro senza una Banca centrale che faccia il suo lavoro di prestatrice di ultima istanza. Al massimo, per un periodo brevissimo, si tratterà di rinviare di qualche giorno il pagamento dei titoli in scadenza. Gli investitori inizieranno a vendere alle prime avvisaglie dell'uscita? Facciano pure. A loro decidere se svendere in euro od essere ripagati al 100% in nuove lire. Per lo Stato italiano nulla cambierebbe.


In conclusione


Se mi sono occupato dell'articolo di Gionco, non è solo per mettere in guardia da un catastrofismo che fa soltanto (evidentemente al di là delle intenzioni) il gioco delle èlite. E' anche per segnalare un errore di fondo ancora più grande.

Siamo talmente immersi nel mondo della tecnica da ridurre ogni questione ad un problema tecnico. E siccome la materia monetaria ha una sua complessità, i problemi tecnici sembrano l'aspetto principale. Errore, errore madornale. Gli aspetti tecnici hanno la loro importanza, ma mai vengono per primi.

Il nodo principale, quello veramente decisivo, è puramente politico. Quel che occorre è il potere politico, la volontà di agire per l'Italexit, la determinazione a farlo nelle condizioni più favorevoli (o meno sfavorevoli) per l'interesse nazionale e per quello del popolo lavoratore. Ciò che conta è questa capacità decisionale, questo doveroso coraggio unito alla mobilitazione popolare.

Poi verrà la tecnica e con essa i tecnici. Ma se vi saranno potere, volontà e determinazione, non mancherà di certo la capacità tecnica di risolvere ogni questione.

Nel frattempo non lasciamoci imbrigliare in risposte che sembrano più facili, ma che non solo non lo sono (vedi la risposta della Cupola eurocratica ai Mini-Bot), ma che rischiano di illudere sulla possibilità di evitare lo scontro col blocco eurista. Più che sfornare una ricetta tecnica al giorno, c'è adesso bisogno di costruire un percorso politico. 

La manifestazione del 12 ottobre servirà proprio a questo.


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9 commenti:

Eros Cococcetta ha detto...

Non sono assolutamente d'accordo con il catastrofismo di Davide Gionco. Uscire dall'Euro non sarà una passeggiata ma è assolutamente possibile e aggiungerei doveroso, per chi ci tiene all'Italia e agli italiani. Ma non si può fare da oggi a domani, ci vuole una fase preparatoria, secondo me di uno o due anni.
Premetto che l'art. 117 Cost. vigente (molto dimenticato) stabilisce che lo Stato ha una competenza legislative esclusiva in varie materie tra cui la MONETA; e le norme costituzionali sono di rango superiore rispetto a quelle contenute nei trattati internazionali, che vengono ratificati e approvati con leggi ordinarie del Parlamento. Inoltre l’art. 114-bis del Testo Unico Bancario prevede che possono emettere moneta elettronica: le banche e ““la BCE, le banche centrali comunitarie, lo Stato italiano e gli altri Stati comunitari, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, nonché Poste Italiane””.
E peraltro la competenza della BCE riguarda soltanto l'Euro (art. 128 TFUE) e non la moneta in generale, per cui gli Stati eurozona potrebbero benissimo introdurre una moneta parallela nazionale accanto all'Euro, per il tempo necessario all'uscita definitiva dall'Euro.
Detto questo la mia idea è molto semplice ma penso anche molto efficace: lo Stato, a partire dal 1° gennaio 2020 (ipotizziamo), introduce una moneta fiscale parallela: 70 Mld di MINIBOT (ad accettazione facoltativa, per pagare i debiti dello Stato verso i privati) e 100 Mld l’anno di CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE - CCF (che arriverebbero direttamente e gratuitamente a lavoratori, disoccupati e aziende per pagare, con un differimento di due anni, tasse, contributi e multe). Si tratterebbe quindi di titoli di sconto fiscale e non essendo moneta legale Lagarde e la Von Der Leyen non potrebbe obiettare alcunché. A questo punto i tempi dipenderebbero soltanto dal grado di accettazione dei Minibot, in quanto i CCF, essendo ad assegnazione gratuita, verrebbero ovviamente accettati da tutti.
Ma intanto succede qualcosa che cambia completamente le carte in tavola: questa moneta fiscale circolante aumenta la domanda interna, il lavoro delle imprese aumenta, l’occupazione aumenta, i redditi delle famiglie aumentano e il PIL cresce in modo sensibile. Insomma l'economia si riprende e questo accenderebbe l'entusiasmo di tutti gli italiani. Perciò diventerebbe chiaro a tutti che la colpa della depressione economica finora subita è stata causata dall'euro e connesse politiche di austerità. Questa presa di coscienza generalizzata da parte dei cittadini segnerebbe la vera fine dell’euro, che a quel punto dovrebbe soltanto essere sancita con legge.
Qui entrerebbe in gioco un problema delicato, perché è noto che il Presidente Mattarella (il cui mandato scade il 3 feb. 2022) è assolutamente a favore della UE e dell’Euro, quindi potrebbe rifiutarsi di firmare la legge istitutiva della nuova Lira (la prima volta) ma comunque la seconda volta sarebbe obbligato a firmare o, in alternativa, a dimettersi. Però anche questo passaggio sarebbe fondamentale perché una volta approvata la legge istitutiva della NUOVA LIRA come NUOVA MONETA LEGALE NAZIONALE lo Stato potrebbe iniziare ad emettere MONETA ELETTRONICA IN LIRE con cui pagare stipendi e pensioni (quindi il problema di pagare gli stipendi è insussistente) e a stampare moneta tramite la Zecca di Stato, quindi biglietti di Stato come le vecchie 500 Lire di Aldo Moro, al posto delle banconote emesse dalla Banca d’Italia (fuori le banche dalla gestione della moneta). Evidentemente anche i Minibot e i CCF in circolazione verrebbero convertiti in Lire.
In sostanza il problema di fondo resta tutto politico. Introdurre la moneta fiscale parallela per arrivare alla nuova Lira è soltanto un problema di volontà politica. Ma può questo Governo traballante con i 5 stelle che hanno votato la Von Der Leyen fare una cosa del genere? Io non credo proprio, per cui è meglio andare a nuove elezioni.

chiunque scriva ciò che vuole ha detto...

Fuori l'Italia dall'euro ... o fuori gli euro dall' Italia ?

Premetto un grazie a Mazzei per la chiarezza del suo discorso !!
I pusillanimi che temono la catastrofe dipinta a forti tinte in caso di uscita dell'Italia dall'area euro non si accorgono che nel frattempo sono ...gli euro ad uscire dall'Italia !
Le centinaia di migliaia di giovani italiani con alta professionalità che fuggono nel Nord Europa (ne arrivano qui in Germania a centinaia al giorno) portano con se una forza lavoro che è perduta forse per sempre in Italia: un salasso che vale miliardi di euro. Emigrazione dall'Italia vi è sempre stata, ma mai nella misura massiccia attuale e soprattutto mai per lavoratori altamente qualificati o diplomati e laureati. Professionisti che in un Paese avviato alla deindustrializzazione a tappe forzate ovviamente non vedono più alcun futuro.
Euro significa deindustrializzazione, e ovviamente fa parte di un sistema di sottomissione gerarchica all'interno dell' UE, non è che un anello - ma quello fondamentale - della catena che imprigiona l'Italia come gli altri Paesi infestati dalla moneta unica europea.
Non si tratta dunque nemmeno più di scegliere se affrontare un momento difficile con l'uscita dall'euro o restarci per desiderio di quieto vivere: il calvario è solo diluito nel tempo ma incomparabilmente peggiore di un temporaneo momento di difficoltà.
Certo è che i gestori del sistema metterebbero in atto ogni possibile manovra per mettere in ginocchio l'Italia qualora un governo con un minimo di buon senso decidesse di uscire dall'area euro. Non a caso è stata scelta a dirigere come prima marionetta dalla congrega oligarchica che domina l'UE la più feroce paladina del neoliberismo, della militarizzazione e della sottomissione al diktat USA, la signora Ursula von der Leyen.Ma appunto, o si combatte o ci si arrende.
E per finire: la decisione di adesione alla moneta unica non è stata presa sulla base di un referendum, quindi non serve un referendum per uscirne. Cosí come un governo a suo tempo ha commesso un errore madornale sulla base di un'illusione (ammessa ma non concessa la buona fede), così ora un governo con evidente l'appoggio popolare potrebbe correggere l'errore e salvare l'Italia dalla catastrofe strisciante ma sicura.

Eros Cococcetta ha detto...

Sono assolutamente d'accordo con "chiunque scriva ..." e ovviamente con Leonardo Mazzei. Sul referendum anti euro vorrei solo precisare che attualmente la netta maggioranza degli italiani è contraria all'uscita dall'euro (vds. sondaggi Eurobarometro) perché non è abbastanza informata e inoltre è bombardata dalla quotidiana informazione taroccata e catastrofista pro euro telecomandata dalle élite. Perciò il referendum anti euro sarebbe un errore colossale perché esporrebbe l'Italia agli attacchi speculativi della finanza internazionale e della BCE con conseguente sconfitta nel quesito referendario, quindi anche un errore fatale perché a quel punto la partita dell’euro sarebbe persa definitivamente. Invece la moneta parallela (Minibot e CCF), seppure soltanto fiscale, svolgerebbe la funzione del "cavallo di Troia", perché farebbe vedere concretamente agli italiani gli effetti positivi sull'economia di una moneta nazionale, benché incompleta. E' questo che porterebbe la stragrande maggioranza degli italiani a favore di una nuova moneta nazionale e quindi alla sconfitta definitiva dell'euro. Per questo Draghi e Lagarde temono i Minibot ....

Davide Gionco ha detto...

Vorrei replicare a questo articolo premettendo che sono una persona assolutamente favorevole alla ripresa della sovranità monetaria da parte dell'Italia.
E che so benissimo che il debito pubblico non è affatto un problema, se denominato in moneta sovrana.

Mi sono occupato in diversi articoli del'argomento.
https://scenarieconomici.it/litalia-deve-uscire-dalleuro-quali-strade-possibili/
https://scenarieconomici.it/la-creazione-del-denaro-regole-complicate-per-non-fare-capire-come-funziona-senza-comprensione-non-ce-democrazia/
https://scenarieconomici.it/e-davvero-necessario-ridurre-il-debito-pubblico-i-falsi-luoghi-comuni-che-sembrerebbero-sostenere-questa-necessita-di-davide-gionco/

Non credo di essere un catastrofista.

Un aspetto che viene TOTALMENTE trascurato in questo articolo è il consenso popolare necessario ad un governo che intenda "uscire dall'euro" mentre tutti i mass media terrorizzano la popolazione, mentre vengono chiusi i bancomat, mentre il governo non riesce a pagare gli stipendi ai propri dipendenti, mentre il governo viene sottoposto a fortissime pressioni internazionali di ogni genere.
Senza escludere possibili attentati, perché in gioco ci sono i 300 miliardi l'anno che attualmente i poteri finanziari sottraggono all'Italia. Una cifra enorme.

Fatte queste premesse.
L'articolo non intende dire che è "impossibile" uscire dall'euro, ma solo che per farlo è necessario PRIMA predisporre un sistema di pagamenti indipendente dalla BCE, a cui abbiano accesso tutti i cittadini italiani e le imprese.
E che è necessario trasformare il debito pubblico in un servizio pubblico di risparmio, creando un rapporto diretto fra soggetti privati e lo Stato, tagliando fuori l'intermediazione dei poteri finanziari.
La proposta è descritta in questo articolo:
https://scenarieconomici.it/una-proposta-etica-e-semplice-per-la-riduzione-del-debito-pubblico/

Attualmente la maggioranza degli italiani non è favorevole ad uscire dall'euro: il governo, se fosse intenzionato ad uscire, potrebbe quantomeno fare delle trasmissioni televisive per spiegarne i vantaggi.

Il governo non fa nulla per spiegare tutto questo.
Non ha istituito una banca pubblica con circuito di pagamenti indipendente dalla BCE.
Non ha fatto nulla per trasformare il debito pubblico in un servizio pubblico di risparmio.

La vera catastrofe è che l'attuale governo non intende uscire dall'euro, dato che non sta facendo nulla per prepararsi a farlo.

Cordiali saluti.

SOLLEVAZIONE ha detto...

La risposta di Gionco precisa positivamente diverse questioni.
Siamo totalmente d'accordo (l'avevo già scritto nell'articolo) su come affrontare la questione del debito pubblico. E siamo d'accordo pure sul fatto che su questo, come sugli altri temi che egli segnala, il governo Conte nulla ha fatto. I titoli di stato rivolti alle famiglie sono stati annunciati ma non fatti, idem per i mini-bot. In quanto alla Rai, nulla che fosse in grado di contrastare la narrazione mainstream si è visto.

Il dissenso rimane invece sul senso del suo articolo e sulla cornice catastrofista che ne giustifica il ragionamento che lì viene svolto.

Nella sua replica Gionco centra il suo discorso sul tema - effettivamente centrale - del consenso. Ed è su questo che è opportuno dire qualcosa in più. Qui la domanda è una: si costruisce, si organizza, si attivizza il consenso edulcorando le cose (immaginando ad esempio una sorta di aggiramento del problema dell'Italexit), o dicendo invece la verità? Io penso che la risposta giusta sia sicuramente la seconda.

Dire la verità significa riconoscere le difficoltà, quanto la necessità assoluta di uscire dalla gabbia dell'euro. Ma, pur non sottovalutandole, le difficoltà non sono dell'ordine proposto da Gionco (si pensi al passaggio, davvero assurdo, sulla fuga verso le campagne per procurarsi il cibo).

Ma dire la verità significa anche costruire coscienza, nel caso specifico quello della necessità di sostenere un vero scontro politico. La soluzione della botte piena e della moglie ubriaca semplicemente non esiste.

Se un consenso solido e attivo si può costruire solo con un discorso di verità, come dovrebbero accrescerlo e consolidarlo le forze patriottiche, una volta conquistato il governo, nella prospettiva dell'Italexit? Tre, a mio avviso, gli aspetti decisivi. Il primo è la determinazione, da mostrare non nei tweet, ma in ogni atto e dichiarazione politica. Il secondo è la preparazione effettiva delle misure necessarie all'uscita (non tutte da pubblicizzare, ma in parte sì). Il terzo (che è la risultante dei primi due) è la preparazione allo scontro, la costruzione della consapevolezza di un passaggio stretto e difficile quanto necessario se si vuole evitare l'inarrestabile declino del Paese.

Leonardo Mazzei

Stefano Petroncini ha detto...

Vorrei rispondere al signor Gionco.
Le discussioni accademiche sui problemi nel caso di uscita dall'Euro (svalutazione, inflazione, Target2, ora anche blocco del sistema dei pagamenti,...), sono importantissime, ma, dopo anni che ne leggo, finiscono per sembrare, non più un tentativo di preparare lo scenario, ma al contrario un tentativo di prenderci per sfinimento. Per creare un clima di ampia fiducia in una ampia fetta della popolazione, cosa che attualmente manca, elencare continuamente le criticità mi sembra di scarso aiuto. La questione non è quella di frenare facili entusiasmi, semmai il contrario.
Come scrive Lei sarebbe opportuno spiegare i vantaggi (senza nascondere le insidie). Non ci pensa il governo? Dobbiamo continuare a pensarci noi. In fondo, mi sembra che poco a poco gli argomenti stiano emergendo. Oggi in TV ci si può imbattere in discussioni che solo un paio di anni fa era impensabile ascoltare.
Con rispetto. Stefano Petroncini.

Eros Cococcetta ha detto...

anch'io mi sono chiesto spesso perché i politici di primo piano, specialmente quelli al governo, non parlano mai dell'euro e della necessità di uscire da questa gabbia che sta distruggendo l'Italia. Fino a due anni fa Salvini andava in giro con le magliette "no euro" o "fuori dall'euro", ma da quando sta al governo silenzio totale. L'unico ad accennare al problema è stato Borghi con i Minibot ma tutti abbiamo visto che fuoco di sbarramento gli è arrivato addosso sia dalla UE che dall'Italia (i soldi del monopoli). A parte i 5 stelle che si sono persi completamente, il problema è che i politici sono bloccati principalmente da due fattori: 1° che la maggioranza degli italiani sono contrari, per disinformazione, all'uscita dall'euro e 2° che se iniziano a parlare male dell'euro lo "spread" sale (non c'è dubbio che le élite hanno studiato bene il loro piano ricattatorio). Quindi la moneta fiscale (Minibot e CCF) sarebbe fondamentale per rompere questo schema ricattatorio e portare la maggioranza degli italiani a favore della moneta nazionale.
È come dire che i politici devono fare qualcosa per aiutare gli italiani a capire qual è la posta in gioco e dopodiché gli italiani aiuteranno il Governo a fare ciò che serve per introdurre la moneta nazionale e uscire dall'eurotruffa ...

Anonimo ha detto...

Tutti discorsi belli, giusti e interessanti. Ma ricordate che non si esce (più o meno felicemente) dall'eurodittatura senza una sponda forte internazionale in grado di compensare l'asse di potere carolingio. I vari Paesi sono troppo interconnessi e la popolazione odierna non accetterebbe mai i sacrifici necessari per un'azione di forza solitaria.

L'unico Paese in grado di e interessato ad appoggiare un'Italexit sono gli Stati Uniti di Trump. Mosca non ha le finanze e Putin si è già dimostrato pronto (nel caso greco) a svendere il sovranismo in cambio di concessioni economiche teutoniche. La Cina è lontana e ha per metodo l'infiltrazione progressiva: potrebbe essere di qualche aiuto (da pagare a caro prezzo) ma non si metterebbe mai in urto frontale coi padroni del vapore eurista.

Quello geopolitico è un aspetto essenziale che dovreste sforzarvi di integrare nelle vostre riflessioni.

Davide Gionco ha detto...

Il nemico da combattere è potentissimo,
al punto da avere il controllo delle menti della maggior parte della popolazione italiana, della quasi totalità della classe politica, di tutto il mondo della finanza e di tutti i governi europei attuali.
Andare allo scontro diretto puntando all'Italexit significa essere come l'esercito polacco che affrontò nel 1939 i panzer di Hitler con la cavalleria.
E' troppo facile dare del "catastrofista" a chi ha studiato a fondo i rapporti di forze e, di conseguenza, mette in guardia chi pensi di sconfiggere i panzer usando la cavalleria.
Non è una questione di mancanza di coraggio, ma è una questione di intelligenza nella strategia da seguire.

L'introduzione di una moneta fiscale parallela, senza aprire uno scontro diretto con la UE (dato che, aomeno formalmente, non sono vietati), senza allarmare l'opinione pubblica pro-euro, andando a costituire un sistema elettronico pubblico dei pagamenti parallelo a quello bancario, è il modo migliore per ridurre il potere di ricatto del nemico e per ottenere il consenso dell'opinione pubblica intorno alla nuova moneta parallela "sovrana".
Una volta realizzato un nostro sistema pubblico dei pagamenti ed acquistato il consenso convinto dell'opinione pubblica, avremo della armi più efficaci per andare allo scontro con l'Unione Europea, cosa che oggi è impossibile. E questo spiega il mutato atteggiamento del M5S e della Lega nei confronti dell'Europa e dell'euro: quando si rendono conto di non avere le armi per combattere la guerra, si indirizzano verso questioni "secondarie", come i migranti o il reddito di cittadinanza.

Concludo ricordando che il problema dell'Italia non è la circolazione dell'euro sul nostro territorio, ma è la mancanza di una moneta sovrana che il governo possa utilizzare per finanziare per proprie politiche per la piena occupazione.
Chi sceglie la strada dell'uscita secca dall'euro, non è un coraggioso, è uno che sceglie di percorrere una strada impossibile, senza la saggezza di prendere in considerazione una strada alternativa e percorribile.

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