[ lunedì 22 luglio 2019 ]
Dopo oltre 2 anni dal commissariamento dell’Ali-Etihad voluto da Calenda per rappresaglia contro l’opposizione dei lavoratori all’ennesima richiesta di sacrifici occupazionali, salariali e normativi, l’ipotesi, formulata dal Governo attuale, di definizione di una cordata di investitori pubblici e privati in grado di salvare e rilanciare Alitalia svanisce.
La scadenza del 15.7.2019 fissata da Di Maio per la presentazione delle offerte vincolanti da parte di FS e dei papabili investitori privati, nei fatti viene svuotata e tutto si rimanda ancora una volta.
In aggiunta, quanto sta emergendo sul contenuto del Piano AZ redatto da FS e Delta è un assoluto déjà vu: un progetto di ridimensionamento della flotta, di licenziamenti, tagli salariali e peggioramento normativo.
Un Piano in assoluta continuità con quelli falliti ed archiviati che hanno attuato i “Capitani Coraggiosi” che intervennero dopo la privatizzazione nel 2008 e che hanno redatto i cavalieri bianchi di Etihad nel 2014.
A peggiorare la situazione c'è che, se il Piano AZ non sarà cambiato, ad attuarlo sarà un CdA espressione dell’investitore pubblico che deterrà la maggioranza del capitale della “Nuova Alitalia”, composto al 37% da FS (controllata al 100% dal Tesoro), 15% dal Mef (convertirà parte del prestito ponte di 900 mln erogati dal precedente Governo per la gestione commissariale), 10-15% da Delta Airlines e il restante circa 40% affidato ad uno dei concorrenti manifestatisi di recente (Toto, l’azionista di Avianca, Lotito e Atlantia).
La circostanza che il capitale sarà a maggioranza pubblica, se da una parte rende merito all’azione del Governo per la scelta coraggiosa che ha saputo attuare, dall’altra rappresenta un rischio per la sopravvivenza di Alitalia se l’intera operazione dovesse fallire.
Il fallimento di tale operazione darebbe fiato ai detrattori dell’intervento pubblico che tanto hanno fatto e continuano a fare per impedire una soluzione di completa nazionalizzazione di Alitalia: la liquidazione rappresenterebbe l’approdo certo e non ritengo possa esserci prova di appello se fallisse tale ultima chance.
Di fatto, però, il Piano AZ di cui come Cub Trasporti abbiamo ampiamente dato risalto e che molti quotidiani hanno ripreso e confermato nelle linee generali, costituisce una gravissima minaccia, in quanto fallimentare e senza alcuna prospettiva di riuscita.
Seppure “emendabile” nelle intenzioni di Fs e Delta che l’hanno redatto, è altamente improbabile che possa essere rivoluzionato se il gestore politico non impone lo stravolgimento delle linee cardine del progetto stesso.
D’altra parte Atlantia, che sembra essere in pole-position tra i candidati a rilevare parte o tutta la quota di azioni rimaste senza acquirenti (…e pensare che solo 15 giorni fa Di Maio la definiva azienda decotta e pericolosa per il futuro di Alitalia), ha comunque partecipato alla stesura del Piano stesso e non sembra finora averne preteso lo stravolgimento e/o un miglioramento
A quanto sembra Toto, pur non godendo del favore di Battisti e di FS, sembrerebbe intenzionato a intervenire in AZ per ampliare la flotta e ridurre l’impatto sociale ma di visibile non c’è molto visto che anche l’investitore abbruzzese non ha ancora scoperto le carte.
Meno probabile la partecipazione di Efromovich di Avianca nel capitale AZ, come anche si allontana l’ipotesi Lotito ma neppure per questi ultimi due “concorrenti” si ha alcuna visibilità sulle loro concrete intenzioni e sui loro progetti reali.
Ciò che manca nel Piano AZ preparato da FS e Delta, in cui non si intravede neppure come possa essere realizzato il preventivo risanamento, è il progetto di rilancio, senza il quale il destino della Compagnia di Bandiera resta segnato.
Certo è che gli impegni pre-elettorali su Alitalia assunti dalle forze politiche che oggi compongono la maggioranza dell’Esecutivo non sono rintracciabili nelle 35-40 pagine del Piano AZ.
Salvini, prima di ripensarci e tifare per Lufthansa eppoi per Atlantia, era un sostenitore della nazionalizzazione di Alitalia. Di Maio sosteneva un progetto, a conduzione pubblica, che realizzasse un vero rilancio di Alitalia, senza alcun pedaggio per i lavoratori che avevano gà dato nel corso degli anni precedenti ed un ritorno progressivo al controllo dei flussi turistici da e per l’Italia.
La situazione è molto delicata. Non c’è assoluta chiarezza sul patrimonio netto dell’attuale compagnia commissariata e a quanto pare il prestito ponte sembra essere in via di esaurimento, al punto di non garantire l’operatività di Alitalia oltre la fine dell’anno, se non addirittura prima.
E’ dunque necessario che il Governo, con uno scatto di reni imperioso, sappia imporre una svolta e, scongiurando soluzioni posticce e senza futuro, ridefinisca gli assunti di Piano, in modo da assicurare ad Alitalia risanamento e sviluppo, scongiurando tagli e licenziamenti.
Per fare questo non vedo altre soluzioni che una Nazionalizzazione di Alitalia, con l’intervento di una ricapitalizzazione adeguata che consenta lo sviluppo di un piano che ridia speranze ai lavoratori e tuteli gli interessi della collettività.
Se è vero che, giustamente, per avere un servizio ferroviario adeguato alle esigenze del nostro Paese, le FS beneficiano di un investimento di circa 10 mld l’anno di denaro pubblico da oltre 35 anni, non si capisce per quale motivo un investimento di 2 MLd, destinato alla crescita e allo sviluppo del Trasporto Aereo, possa costituire un problema per le casse dello Stato che avrebbe ben altri benefici.
Si ricordi che dei circa 8 MLD spesi in Alitalia negli ultimi 20 anni, oltre 4 MLD sono stati sperperati nella privatizzazione, per ridimensionare Alitalia e per lasciare a casa oltre 12.mila lavoratori diretti e più del doppio indiretti: è ora di fare investimenti per la crescita e non certo continuare a rimanere prigionieri di scelte miopi e pericolose.
Il ricco mercato del Trasporto Aereo consente la profittabilità degli investimenti, visti gli alti tassi di crescita del traffico passeggeri e la tendenziale prospettiva di aumento del traffico merci: è necessario ribaltare le logiche che in Europa hanno confinato da 20 anni Alitalia a ruolo di cenerentola, assediata dal mercato low-cost più che in ogni altro paese del vecchio continente, generando asimmetrie che penalizzano la crescita e lo sviluppo di una vera Compagnia di Bandiera italiana.
E’ ora di cambiare rotta. In fretta e con lucidità. Altrimenti si precipita.
UNA NAZIONALIZZAZIONE BIDONE
Dopo oltre 2 anni dal commissariamento dell’Ali-Etihad voluto da Calenda per rappresaglia contro l’opposizione dei lavoratori all’ennesima richiesta di sacrifici occupazionali, salariali e normativi, l’ipotesi, formulata dal Governo attuale, di definizione di una cordata di investitori pubblici e privati in grado di salvare e rilanciare Alitalia svanisce.
La scadenza del 15.7.2019 fissata da Di Maio per la presentazione delle offerte vincolanti da parte di FS e dei papabili investitori privati, nei fatti viene svuotata e tutto si rimanda ancora una volta.
In aggiunta, quanto sta emergendo sul contenuto del Piano AZ redatto da FS e Delta è un assoluto déjà vu: un progetto di ridimensionamento della flotta, di licenziamenti, tagli salariali e peggioramento normativo.
Un Piano in assoluta continuità con quelli falliti ed archiviati che hanno attuato i “Capitani Coraggiosi” che intervennero dopo la privatizzazione nel 2008 e che hanno redatto i cavalieri bianchi di Etihad nel 2014.
A peggiorare la situazione c'è che, se il Piano AZ non sarà cambiato, ad attuarlo sarà un CdA espressione dell’investitore pubblico che deterrà la maggioranza del capitale della “Nuova Alitalia”, composto al 37% da FS (controllata al 100% dal Tesoro), 15% dal Mef (convertirà parte del prestito ponte di 900 mln erogati dal precedente Governo per la gestione commissariale), 10-15% da Delta Airlines e il restante circa 40% affidato ad uno dei concorrenti manifestatisi di recente (Toto, l’azionista di Avianca, Lotito e Atlantia).
La circostanza che il capitale sarà a maggioranza pubblica, se da una parte rende merito all’azione del Governo per la scelta coraggiosa che ha saputo attuare, dall’altra rappresenta un rischio per la sopravvivenza di Alitalia se l’intera operazione dovesse fallire.
Il fallimento di tale operazione darebbe fiato ai detrattori dell’intervento pubblico che tanto hanno fatto e continuano a fare per impedire una soluzione di completa nazionalizzazione di Alitalia: la liquidazione rappresenterebbe l’approdo certo e non ritengo possa esserci prova di appello se fallisse tale ultima chance.
Di fatto, però, il Piano AZ di cui come Cub Trasporti abbiamo ampiamente dato risalto e che molti quotidiani hanno ripreso e confermato nelle linee generali, costituisce una gravissima minaccia, in quanto fallimentare e senza alcuna prospettiva di riuscita.
Seppure “emendabile” nelle intenzioni di Fs e Delta che l’hanno redatto, è altamente improbabile che possa essere rivoluzionato se il gestore politico non impone lo stravolgimento delle linee cardine del progetto stesso.
D’altra parte Atlantia, che sembra essere in pole-position tra i candidati a rilevare parte o tutta la quota di azioni rimaste senza acquirenti (…e pensare che solo 15 giorni fa Di Maio la definiva azienda decotta e pericolosa per il futuro di Alitalia), ha comunque partecipato alla stesura del Piano stesso e non sembra finora averne preteso lo stravolgimento e/o un miglioramento
A quanto sembra Toto, pur non godendo del favore di Battisti e di FS, sembrerebbe intenzionato a intervenire in AZ per ampliare la flotta e ridurre l’impatto sociale ma di visibile non c’è molto visto che anche l’investitore abbruzzese non ha ancora scoperto le carte.
Meno probabile la partecipazione di Efromovich di Avianca nel capitale AZ, come anche si allontana l’ipotesi Lotito ma neppure per questi ultimi due “concorrenti” si ha alcuna visibilità sulle loro concrete intenzioni e sui loro progetti reali.
Ciò che manca nel Piano AZ preparato da FS e Delta, in cui non si intravede neppure come possa essere realizzato il preventivo risanamento, è il progetto di rilancio, senza il quale il destino della Compagnia di Bandiera resta segnato.
Certo è che gli impegni pre-elettorali su Alitalia assunti dalle forze politiche che oggi compongono la maggioranza dell’Esecutivo non sono rintracciabili nelle 35-40 pagine del Piano AZ.
Salvini, prima di ripensarci e tifare per Lufthansa eppoi per Atlantia, era un sostenitore della nazionalizzazione di Alitalia. Di Maio sosteneva un progetto, a conduzione pubblica, che realizzasse un vero rilancio di Alitalia, senza alcun pedaggio per i lavoratori che avevano gà dato nel corso degli anni precedenti ed un ritorno progressivo al controllo dei flussi turistici da e per l’Italia.
La situazione è molto delicata. Non c’è assoluta chiarezza sul patrimonio netto dell’attuale compagnia commissariata e a quanto pare il prestito ponte sembra essere in via di esaurimento, al punto di non garantire l’operatività di Alitalia oltre la fine dell’anno, se non addirittura prima.
E’ dunque necessario che il Governo, con uno scatto di reni imperioso, sappia imporre una svolta e, scongiurando soluzioni posticce e senza futuro, ridefinisca gli assunti di Piano, in modo da assicurare ad Alitalia risanamento e sviluppo, scongiurando tagli e licenziamenti.
Per fare questo non vedo altre soluzioni che una Nazionalizzazione di Alitalia, con l’intervento di una ricapitalizzazione adeguata che consenta lo sviluppo di un piano che ridia speranze ai lavoratori e tuteli gli interessi della collettività.
Se è vero che, giustamente, per avere un servizio ferroviario adeguato alle esigenze del nostro Paese, le FS beneficiano di un investimento di circa 10 mld l’anno di denaro pubblico da oltre 35 anni, non si capisce per quale motivo un investimento di 2 MLd, destinato alla crescita e allo sviluppo del Trasporto Aereo, possa costituire un problema per le casse dello Stato che avrebbe ben altri benefici.
Si ricordi che dei circa 8 MLD spesi in Alitalia negli ultimi 20 anni, oltre 4 MLD sono stati sperperati nella privatizzazione, per ridimensionare Alitalia e per lasciare a casa oltre 12.mila lavoratori diretti e più del doppio indiretti: è ora di fare investimenti per la crescita e non certo continuare a rimanere prigionieri di scelte miopi e pericolose.
Il ricco mercato del Trasporto Aereo consente la profittabilità degli investimenti, visti gli alti tassi di crescita del traffico passeggeri e la tendenziale prospettiva di aumento del traffico merci: è necessario ribaltare le logiche che in Europa hanno confinato da 20 anni Alitalia a ruolo di cenerentola, assediata dal mercato low-cost più che in ogni altro paese del vecchio continente, generando asimmetrie che penalizzano la crescita e lo sviluppo di una vera Compagnia di Bandiera italiana.
E’ ora di cambiare rotta. In fretta e con lucidità. Altrimenti si precipita.
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