[ lunedì 22 luglio 2019]
Riceviamo dal compagno Monereo e volentieri pubblichiamo quanto da egli scritto sul quadro politico spagnolo.
In altri tempi avremmo detto che la situazione, nell'Unione europea, procede seguendo la regola dello "sviluppo ineguale e combinato".
Osservando quanto accade in Spagna (e non solo) pare che la regola debba essere riformulata: lo sviluppo procede in modo diseguale e scombinato. L'Unione è al tramonto, ma le dinamiche interne ai singoli paesi sono differenti e asimmetriche. Dal nostro punto di osservazione la vicenda di cui ci parla Monereo, quella del tentativo di Podemos di cercare un accordo tattico col Pd spagnolo (il PSOE) può sembrare inconcepibile, un precipitato di politicismo senza principi. Mutatis mutandis, fa pensare alle torbide prove di inciucio tra M5s e Pd. Monereo ci spiega che così non è. E forse così non è. Non è per la semplice ragione che in Spagna non esiste un campo populista di massa anti-euro, detto altrimenti: la contesa tra le forze politiche si svolge tutta entro il campo europeistico, entro il perimetro ingannevole del politicamente corretto. Segno che l'egemonia dell'élite neoliberista, sotto le mentite spoglie del "progressismo", resta fortissima. In poche parole: non appartiene al senso comune spagnolo la connessione strettissima tra crisi d'identità dello Stato spagnolo e il marasma della Ue. Abbiamo così lo spettacolo di una crisi istituzionale e politica tanto profonda, quanto surreale. Monereo afferma che «la posta in gioco — nel gioco tattico tra Podemos e il PSOE di Sanchez —è puramente e semplicemente, il futuro della sinistra».
E' l'ammissione, almeno così a noi pare, che in Spagna la comparsa di Podemos sulla scena politica spagnola, considerata — anche da noi, al tempo— come il segno di una rottura antisistemica, non è che una postmoderna metamorfosi della sinistra socialdemocratica che fu. Dove qui si seppelliscono i morti, altrove questi ultimi riescono ancora ad allungare le mani sui vivi.
È stata una battaglia dura, molto dura, nel quadro di una guerra che viene da lontano e continuerà. Gli attori principali si sono preparati a questo scontro per molto tempo e ora, finalmente, le carte sono scoperte e la retorica adempie già al ruolo di accompagnatrice nella contesa. Pedro Sánchez fa la sua parte, va a sinistra per ottenere il centeeo della scacchiera. Nel caso a qualcuno non fosse chiaro, ha mostrato senza sottigliezze che la l'egemonia del PSOE, ancora una volta, passa inevitabilmente per la menomazione del peso elettorale e sociale di Unidas Podemos (UP). Tutto il resto è secondario. Pablo Iglesias ce l'ha chiaro da tempo: affinché Podemos possa avere un futuro, in queste condizioni, deve toccare il potere; il resto è pura illusione, sinistrismo e mancanza di coraggio. Coerentemente, ha fatto un grande sforzo per omologarsi all'esistente, essere una sinistra complementare per poter governare con il PSOE. Iglesias mostra, ancora una volta, un'enorme capacità di reinventarsi e trasformare l'accessorio nella cosa principale.
Riceviamo dal compagno Monereo e volentieri pubblichiamo quanto da egli scritto sul quadro politico spagnolo.
In altri tempi avremmo detto che la situazione, nell'Unione europea, procede seguendo la regola dello "sviluppo ineguale e combinato".
Osservando quanto accade in Spagna (e non solo) pare che la regola debba essere riformulata: lo sviluppo procede in modo diseguale e scombinato. L'Unione è al tramonto, ma le dinamiche interne ai singoli paesi sono differenti e asimmetriche. Dal nostro punto di osservazione la vicenda di cui ci parla Monereo, quella del tentativo di Podemos di cercare un accordo tattico col Pd spagnolo (il PSOE) può sembrare inconcepibile, un precipitato di politicismo senza principi. Mutatis mutandis, fa pensare alle torbide prove di inciucio tra M5s e Pd. Monereo ci spiega che così non è. E forse così non è. Non è per la semplice ragione che in Spagna non esiste un campo populista di massa anti-euro, detto altrimenti: la contesa tra le forze politiche si svolge tutta entro il campo europeistico, entro il perimetro ingannevole del politicamente corretto. Segno che l'egemonia dell'élite neoliberista, sotto le mentite spoglie del "progressismo", resta fortissima. In poche parole: non appartiene al senso comune spagnolo la connessione strettissima tra crisi d'identità dello Stato spagnolo e il marasma della Ue. Abbiamo così lo spettacolo di una crisi istituzionale e politica tanto profonda, quanto surreale. Monereo afferma che «la posta in gioco — nel gioco tattico tra Podemos e il PSOE di Sanchez —è puramente e semplicemente, il futuro della sinistra».
E' l'ammissione, almeno così a noi pare, che in Spagna la comparsa di Podemos sulla scena politica spagnola, considerata — anche da noi, al tempo— come il segno di una rottura antisistemica, non è che una postmoderna metamorfosi della sinistra socialdemocratica che fu. Dove qui si seppelliscono i morti, altrove questi ultimi riescono ancora ad allungare le mani sui vivi.
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IL COMPROMESSO TRA UNIDAS PODEMOS E IL PSOEUNA TREGUA CATASTROFICA?
di Manolo Monereo
«Possono esserci soluzioni cesariste senza un Cesare, senza una grande personalità "eroica" e rappresentativa»«Ogni governo di coalizione è un grado iniziale di cesarismo, che può o non può svilupparsi fino ai gradi più significativi»Antonio Gramsci
È stata una battaglia dura, molto dura, nel quadro di una guerra che viene da lontano e continuerà. Gli attori principali si sono preparati a questo scontro per molto tempo e ora, finalmente, le carte sono scoperte e la retorica adempie già al ruolo di accompagnatrice nella contesa. Pedro Sánchez fa la sua parte, va a sinistra per ottenere il centeeo della scacchiera. Nel caso a qualcuno non fosse chiaro, ha mostrato senza sottigliezze che la l'egemonia del PSOE, ancora una volta, passa inevitabilmente per la menomazione del peso elettorale e sociale di Unidas Podemos (UP). Tutto il resto è secondario. Pablo Iglesias ce l'ha chiaro da tempo: affinché Podemos possa avere un futuro, in queste condizioni, deve toccare il potere; il resto è pura illusione, sinistrismo e mancanza di coraggio. Coerentemente, ha fatto un grande sforzo per omologarsi all'esistente, essere una sinistra complementare per poter governare con il PSOE. Iglesias mostra, ancora una volta, un'enorme capacità di reinventarsi e trasformare l'accessorio nella cosa principale.
È importante non trascurare le cose che sono successe e che hanno profondamente segnato il nostro presente. Non confondetevi: siamo, come direbbe Pasolini, in una tipica manovra di "palazzo" in cui il pubblico guarda la scena e deve, in un modo o nell'altro, posizionarsi in quello che finisce per essere — la definizione è di Gentile —una "democrazia recitativa". Il gioco di strategia è sempre stato fatto pensando al presente e al futuro, usando il passato come catalizzatore di una discussione che avrebbe potuto prevedere elezioni future come una minaccia. È la gestione del tempo e del potere. Sebbene possa sembrare il contrario, il PSOE non ha mai cambiato la sua strategia. Alcuni parlavano di "abbraccio dell'orso", altri di neutralizzazione politica. Le elezioni generali del mese di aprile sono state pensate, tra le altre cose, per rafforzare elettoralmente il partito socialista e trasformare UP in un partito "cerniera". La catastrofe era molto vicina ed è stata evitata da una potente campagna del candidato Pablo Iglesias. Convertire l'idea di governare con il PSOE in una rivendicazione plebea è stata geniale, ma non poteva evitare un cattivo risultato elettorale con una significativa perdita di voti e deputati. La cosa più grave era che PSOE e UP non hanno ottenuto la maggioranza per governare. Il PSOE ha utilizzato questo argomento per ottenere la cosa fondamentale: impedire un governo di coalizione con UP. Fin dall'inizio sapevamo che Pablo Iglesias era il problema. Le elezioni europee, municipali e regionali sono state molto vicine alla catastrofe e hanno notevolmente indebolito la capacità negoziale di UP.
Pablo Iglesias non mancano capacità di iniziativa, decisione e una strategia chiara. Ciò che gli è mancato, alla fine, sono stati i voti. Si è mosso con abilità e intelligenza e ha dimostrato ciò che già sapevamo, che il territorio della comunicazione gli appartiene. Rimane l'incognita di sapere quando si è convinto che la chiave fosse governare comunque, con lui alla testa. La richiesta di scuse a Pedro Sánchez durante la mozione di censura ha mostrato che la decisione era già stata presa. Logica che sottostava a quell'atto era evidente: l'impulso del cambiamento si era esaurito; l'organizzazione di Podemos stava entrando in un processo di disintegrazione e perdita di legami sociali; la direzione politica non si è mai consolidata e la lotta tra le frazioni ha finito per minare la pluralità interna. In altre parole stavamo passando da una guerra di movimento ad una guerra di posizione; vale a dire, stavamo entrando in un periodo di accumulazione di forze, di consolidamento e di espansione delle alleanze, di ricerca di un programma alternativo di Paese che ha dato identità, significato e orientamento a una formazione politica che mostra segni allarmanti di debolezza organica e politica. Pablo Iglesias, alla fine, si è reso conto dei problemi reali e ha fatto qualcosa a lui peculiare: ha cercato una scorciatoia, "schiacciando" la situazione, impedendo così in ogni modo la cristallizzazione di una correlazione di forze che poteva condurre al duro ed estremamente difficile mondo di ricostruire, dal basso, organizzazione, programma e strategia. Esprimere la realtà significa questo, ottenere un vantaggio prima che la finestra delle opportunità si chiuda definitivamente. Governare con il PSOE era tattica, strategia e politica; ciò implicava dunque concentrarsi su questo punto e scommettere su di esso. L'obbiettivo sostanziale era una direzione omogenea, un gruppo parlamentare coeso e una relazione privilegiata con i media.
L'argomento di Podemos era, fin dall'inizio. In primo luogo, il PSOE non è affidabile, esso cambia a seconda che si trovi al governo o dell'opposizione; in secondo luogo, il programma ha poca importanza, dal momento che il PSOE può violarlo senza grossi problemi; in terzo luogo, è necessario un governo di coalizione con una presenza proporzionale dei ministri di Unidas Podemos. Lo ripeto, al centro di tutto, Pablo Iglesias. Se analizziamo questo ragionamento in dettaglio, vedremo che c'è un salto (senza una rete di protezione) tra i primi due passi e il terzo. La politica non è sempre logica, ma deve essere argomentata bene. Cosa si dice veramente? Che non vi siano basi oggettive e soggettive per una politica di governo congiunto tra il PSOE e UP. Il programma del PSOE, o meglio, la sua strategia — è stata mostrata più e più volte in questi due mesi e mezzo — passa per diventare, ancora una volta, l'asse della ricomposizione del sistema politico dominante in Spagna; dipendere da Unidas Podemos diventa un ostacolo che si aggrava all'infinito ove ci fosse un governo di coalizione. UP sa perfettamente che è un socio indesiderato e che solo con la matematica elettorale andreebbe al governo. Lo dirò chiaramente: un governo di coalizione tra PSOE e UP non è altro che la continuazione del conflitto con altri mezzi e, date le condizioni del dibattito politico in Spagna, sarebbe una tregua, una "pace armata" tra contendenti che sanno che le battaglie decisive stanno arrivando e che, alla fine, la posta in gioco è puramente e semplicemente, il futuro della sinistra.
Pablo Iglesias ne è uscito rafforzato ed ha guadagnato tempo. Può ora presentarsi a una terza assemblea di Vista Alegre con i compiti svolti e con la magnanimità che deriva dal sapere come fare un passo indietro pubblicamente. Conosce abbastanza la geopolitica per sapere che il sistema mondiale sta attraversando un momento di transizione molto delicato e che una nuova crisi economica, un conflitto in Medio Oriente — con l'Iran, per esempio — sarà sufficiente per far esplodere tutto. L' accordo sulla Catalogna è difficile e Sanchez ha chiaramente segnato il territorio. La questione sociale rimane molto aperta e la posizione del PSOE è, come minimo, confusa; per non parlare delle imposizioni di Bruxelles nella sua ossessione di ridurre il deficit della Spagna. Il segretario generale di Podemos [ Iglesias, Ndt ] deve rispettare Izquierda Unida e il Partito comunista e andare oltre una semplice coalizione parlamentare, sapendo che è necessario prendere iniziative unitarie in un momento in cui Íñigo Errejón [ l'ex numero due di Podemos uscito dal movimento su una posizione moderata, NdT ] pensa seriamente alla costruzione di un nuovo partito. Deve approfittare della tregua per costruire organizzazione, inserirla nella società e creare quadri di partito, qualunque sia il costo. La questione degli intellettuali si è aperta drammaticamente e l'isolamento di Podemos può diventare endemico.
Continuazione del conflitto con altri mezzi. A maggiore cooperazione con il PSOE, maggiore autonomia e differenziazione. Il passo indietro di Pablo Iglesias può essere qualcosa di positivo per lasciare il "palazzo", tornare nelle piazze promuovendo un riarmo morale e intellettuale, ricostruendo i collegamenti perduti e facendo partito. L'alternativa è la subalternità politica, la disintegrazione e la divisione. Il tempo scorre...
* Traduzione a cura della Redazione
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2 commenti:
La Spagna si trova quasi nella stessa identica situazione in cui si troverebbe l'Italia senza la presenza della Lega. Podemos è stato costruito sul modello dei 5 stelle, come metapartito fintomovimentista mediatizzato privo di qualsiasi sostanza reale e pronto a rovesciare qualsiasi presa di posizione da un mese all'altro a seconda dei sondaggi e delle alleanze-poltrone disponibili.
Certo che prima abbracciare una teorica volontarista e postmoderna per la costruzione dei campi politici e poi giustificarsi dicendo che quello che servirebbe per fare qualcosa purtroppissimo non c'è è veramente il massimo della presa in giro. Gatekeepers autocertificati. Parce sepultis, come dite anche voi.
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