[ 20 marzo ]
I Cinque scenari per il 2025 della Commissione Europea. Ma il sesto, che manca, è quello più probabile...
Non sanno più cosa inventarsi. L'UE è in panne, ma non possono e non vogliono dirci il perché. Andare avanti però si deve, che ne va anche della loro poltrona. Ma come non si sa. E' così venuto fuori, quasi come un esercizio svolto giusto per ingannare il tempo, un curioso Libro bianco sul futuro dell'Europa redatto dalla Commissione come contributo ad un non meglio precisato «nuovo capitolo del progetto europeo».
Invitiamo tutti a leggerlo: lo sforzo richiesto è davvero modesto, mentre chi ancora si intestardisce a descrivere una UE che si rafforzerebbe proprio grazie alle sue crisi avrà forse qualche motivo per riflettere.
Per quelli invece che vanno di fretta, od hanno già le idee piuttosto chiare, possono bastare le noterelle che seguono.
Il Libro bianco è scritto in occasione del Sessantesimo dei Trattati di Roma, dunque la retorica la fa da padrona, con il mito di Ventotene contrapposto al dramma di Verdun, con la descrizione di un'Europa in cui regnerebbero pace ed uguaglianza come mai nella storia, come mai in altri luoghi.
Ad un tratto questa descrizione dell'Eden europeo si interrompe, si accenna a qualche nube all'orizzonte (le difficoltà economiche, le migrazioni, l'instabilità ai confini) e si da notizia, quasi fosse un trascurabile dettaglio, che «l'anno scorso uno dei nostri Stati membri ha votato l'uscita dall'Unione». «Uno», senza neppure nominarlo, come si faceva in una disgraziata tradizione comunista con i dissidenti. Interessante.
E' per rispondere a problemucci di questa fatta che i tecnocrati di Bruxelles hanno concepito il loro sforzo, formulando ben cinque (5) ipotesi per il 2025. Cinque! Troppa grazia sant'Antonio! verrebbe da dire. Ma loro prontamente ci rassicurano. Sono arrivati a cinque non a causa di una confusione che regna sovrana, ma perché «troppo spesso il dibattito sul futuro dell'Europa si è ridotto ad una scelta binaria tra più o meno Europa». Dunque, si sono detti, facciamo cinque e non ne parliamo più.
Poiché, per ragioni di decenza, un Libro bianco non può mai ridursi a poche pagine, i commissari ed i loro scribacchini, prima di sfornare le loro cinque ipotesi, allungano il brodo con quelli che chiamano «i motori del futuro dell'Europa». Anche in questo capitoletto la retorica abbonda: l'UE (che loro chiamano arrogantemente "Europa") «possiede il mercato unico più grande del mondo e la seconda moneta più utilizzata. E' la principale potenza commerciale e il primo donatore di aiuti umanitari e allo sviluppo».
Al tempo stesso, in questa parte del documento, si insiste sul trend demografico negativo dell'Unione e sull'inevitabile declino del peso economico dell'Europa. Ne viene fuori —questo è lo scopo— una sorta di fortezza assediata e da difendere. A tal fine si ricorda come i paesi dell'Unione siano nelle prime posizioni dell'indice Gini che misura il tasso di uguaglianza. Anche se, ma su questo si tace, i due paesi di testa (Islanda e Norvegia) della UE proprio non fanno parte.
Ma qual è oggi la salute effettiva di questa fortezza? Qui, per un attimo, la retorica deve lasciare il posto al realismo:
«Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale vi è un rischio reale che la generazione attuale di giovani adulti si ritrovi in condizioni economiche peggiori rispetto a quelle dei genitori».
Buongiorno commissari! Peccato che sulle cause di questo disastro niente diciate.
Un altro punto da segnalare è il rilievo che viene dato alle questioni militari. Si ricorda la «stretta cooperazione con la NATO», il «partenariato rafforzato con l'Ucraina», la necessità di aumentare le spese militari, dato che «il soft power non basta» e «l'Europa non può essere ingenua e deve provvedere alla propria sicurezza».
Ultima questione toccata, prima di passare agli "scenari", è quella dell'immagine dell'UE. Un tema che assilla da tempo gli eurocrati ad ogni livello, a partire dalla maggioranza del parlamento di Strasburgo che nel novembre scorso ha approvato addirittura una risoluzione «sulla comunicazione strategica dell'UE per contrastare la propaganda nei suoi confronti da parte di terzi». Obiettivo ufficialmente dichiarato quello di combattere la "propaganda" e la "disinformazione" tanto della Russia quanto dell'Isis. Scopo più generale, neppure tanto nascosto, quello di promuovere la propria propaganda e di rafforzare potentemente il controllo sui media e soprattutto su internet. Un fine apertamente confessato nella risoluzione, laddove è scritto che: «il pluralismo dei media (...) può, tuttavia, essere in certa misura limitato».
Non abbiamo in questo articolo lo spazio per esaminare nel dettaglio quel documento, ma un'interessante disamina dello stesso la potete trovare QUI. Ci limitiamo invece a citare due passi del Libro bianco che ribadiscono la vera ossessione degli eurocrati su questo tema. «Il ruolo positivo dell'UE nella vita quotidiana non è visibile se a livello locale (cioè dei singoli Stati, ndr) non viene spiegato adeguatamente», così si lamentano i commissari. E ancora:
«Ripristinare la fiducia, costruire il consenso e creare un senso di appartenenza è più difficile in un'epoca in cui le informazioni non sono mai state così abbondanti, accessibili, e pure così difficili da comprendere».
Come non avvertire in queste parole i temi e gli accenti della volgare propaganda anti-Brexit? Come non leggervi il desiderio di una "sana" censura, così come auspicato dalla risoluzione del novembre scorso?
I cinque scenari per il 2025
Dopo questa prosa assai rivelatrice si arriva al piatto forte del Libro bianco: i cinque scenari. Qui reggetevi forte, perché —sarà forse per quel che si dice sulla consuetudine del capo della Commissione con l'alcool— l'impressione di esser di fronte a degli avvinazzati rischia di farci chiudere il discorso con una sonora risata.
I titoli dei suddetti scenari già ci dicono tutto:
«Avanti così», scenario 1; «Solo il mercato unico», scenario 2; «Chi vuole di più fa di più», scenario 3; «Fare meno ma in modo più efficiente», scenario 4; «Fare molto di più insieme», scenario 5.
Questo profluvio di scenari ha mandato su tutte le furie anche un certo mainstream eurista. Queste le durissime parole di Sergio Fabbrini (La visione confusa dell'Europa, il Sole 24 Ore del 5 marzo):
«Il Libro Bianco sul futuro dell'Europa, presentato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker al Parlamento europeo mercoledì scorso, fornisce un contributo modesto e confuso alla discussione che dovrebbe condurre alla Dichiarazione di Roma del prossimo 25 marzo. Modesto, perché non vi è alcuna seria riflessione sulle cause della crisi europea, crisi che ha addirittura condotto alla secessione di un grande Paese (il Regno Unito) dall'Unione europea (Ue). Confuso, perché si delineano (addirittura) cinque scenari per il futuro dell'UE che sembrano emersi da un seminario universitario, più che da una riflessione politica. Quel Libro Bianco dice più cose sulla crisi in cui versa la Commissione che sulla crisi in cui si trova l'Ue».
In effetti è così. E la lettura degli scarni testi che seguono ai rispettivi titoli non aggiunge granché. Se lo scenario 1 è quello di un'Unione che va avanti così com'è, il 2 ipotizza un bel passo indietro, con una sorta di ritorno ai tempi del Mec (Mercato europeo comune), nel quale sopravviverebbe ovviamente l'euro.
Mentre lo scenario 4 è quello più confuso, anche se si ipotizza una maggiore integrazione nei campi della difesa e della sicurezza, ed una minore nelle politiche sociali; sono ovviamente gli scenari 3 e 5 quelli preferiti dagli estensori. I quali lasciano però intendere che il 5 sarebbe sì il massimo (in pratica arriveremmo molto vicini alla costruzione del super-Stato europeo), ma che non essendo per niente realistico bisognerà lavorare alla concretizzazione dello scenario 3 - «chi vuole di più fa di più» -, in pratica l'Europa a più velocità di cui parla la Merkel.
Ma occorreva tutta questa messinscena bruxellese per arrivare alla conclusione cui son già pervenuti a Berlino? Intendiamoci, non che la ricetta tedesca abbia molte possibilità di funzionare, ma il testo della Commissione è davvero comico.
Per darsi un che di futuristico gli estensori ricorrono infatti ad alcune immagini illustrative che vorrebbero esemplificare le conseguenze (per le famiglie, la sicurezza, la mobilità, l'ambiente, l'energia, eccetera) dei vari scenari ipotizzati. Tra questi aspetti essi - chissà perché - si focalizzano in particolare su un punto: l'utilizzo delle automobili connesse.
Essi ci dicono che nello scenario
1 «gli europei possono utilizzare automobili connesse, ma potrebbero incontrare ostacoli tecnici e giuridici alle frontiere». Nel 2 invece «gli europei sono restii a utilizzare automobili connesse a causa dell'assenza di norme e di standard tecnici a livello dell'UE». Una situazione disdicevole fortunatamente risolta nel 3, dove «le auto connesse sono ampiamente utilizzate nei dodici Stati membri (evidentemente, nell'ipotesi sono 12 gli Stati ad aver adottato la "maggior velocità", ndr) che hanno concordato di armonizzare norme e standard tecnici». Nel 4 nascerebbe «un'Autorità europea per le telecomunicazioni abilitata a liberare frequenze per i servizi di comunicazione transfrontalieri, come quelli necessari per utilizzare le automobili connesse in tutt'Europa». Nello scenario 5 avremmo, infine, il maestoso fluire di «automobili connesse in tutt'Europa grazie alle norme a livello dell'UE e all'opera dell'agenzia dell'Ue incaricata di far applicare la legge».
Dico: ma questi sono così fuori di testa? La disoccupazione dilaga, la precarietà pure, la povertà aggredisce i paesi del sud (si pensi alla Grecia) e loro ci parlano delle automobili connesse? A me pare che farebbero meglio a connettere i loro ragionamenti con i dati della realtà. Ma probabilmente non è per far questo che vengono pagati. E poi la verità risulterebbe troppo scomoda.
Talmente scomoda, che i prolissi scribacchini della Commissione sono sì arrivati a cinque, ma si sono ben guardati dallo spingersi fino al sei, cioè allo scenario più probabile, quello della disgregazione —più o meno convulsa dipenderà da tanti fattori— dell'Unione Europea.
Ne è venuto così fuori un testo talmente surreale che più che un Libro bianco (così chiamato per il colore della copertina) poteva tranquillamente presentarsi come un libro bianchissimo, cioè con pagine immacolate e senza spreco di inchiostro, tanto il contenuto non ne avrebbe risentito.
Certo, lo sappiamo, l'oligarchia eurista farà di tutto prima di mollare il suo giocattolo preferito, ma in quanto ad idee sembrano davvero messi male. Vedremo cosa partoriranno il 25 marzo, ma al momento è nebbia fitta su tutto il territorio dell'Unione. Questo almeno ci dice il «contributo alla discussione» di Jean-Claude Juncker.
1 commento:
La pace che regna in Europa è quella che diceva Tacito: un deserto
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