[ 8 agosto ]
Manolo Monereo [nella foto], storico dirigente comunista spagnolo e ora deputato di Podemos (uno dei protagonisti del III. Forum Internazionale no euro) spiega qual'è la situazione in Spagna dopo le elezioni di luglio e allude alla discussione strategica dentro Podemos.
Vedere
Patxi Lopez lamentarsi per le pressioni di Ibex35 [la Borsa di Madrid, Ndt], dei
gruppi di potere economico e mediatico —che rappresentano l’effettiva trama del potere reale— riempie di
emozione e anche di tenerezza. Che lo dica Lopez è degno di nota, visto che è
stato appena eletto presidente del Congresso dei Deputati proprio per avviare
un processo che ha come obiettivo esplicito "sbloccare" la situazione
di stallo politico e, implicitamente, piegare, rompere e isolare Podemos.
Occorre
evitare di smarrirsi nelle congiure di Palazzo o nei giochetti floreali delle
strategie di comunicazione. Ciò che è in gioco non è la stabilità o la
governabilità di questo Paese. Questo è il discorso apparente, il dichiarato,
il comunicabile. Il problema di fondo reale, che divide le forze politiche, è
il modo per superare la crisi del regime, vale a dire come porre fine alla
contestazione politica, il ritorno, in un modo o nell'altro, al bipartitismo,
ponendo fine all'anomalia di Podemos. Se fosse solo una questione di governo,
essa sarebbe stata risolta in 24 ore. Il vero protagonista è quello che ora non
appare a prima vista: Unidos Podemos e, soprattutto, la gente, le persone in
carne e ossa che hanno bisogno e sognano un altro Paese.
Ho
difeso, con forza ma senza molto successo, che un aspetto fondamentale della
crisi del regime aveva a che fare con una contraddizione fondamentale tra il
blocco di potere economico e la classe politica bipartitica [Pp Psoe, NdT];
sono ancora della stessa opinione. Tuttavia, queste elezioni hanno risolto un
problema che segnerà tutta la situazione: Mariano Rajoy, non senza difficoltà e
rischiando molto, ha vinto la battaglia e sarà intorno a lui che prenderà corpo
ricomposizione politica che le classi economicamente dominanti chiedono e di
cui hanno bisogno.
Ciò
richiede una ristrutturazione della mappa politica che interessa direttamente i
Ciudadanos ed il PSOE e, di conseguenza, i partiti che rappresentano le
borghesie basca e catalana. Non avremo nuove elezioni e chi guiderà la politica
del Paese nei prossimi due anni sarà Mariano Rajoy.
Ciò
è problematico per le altre forze politiche. Parlo dei partiti sistemici,
strettamente legati a quelli che comandano e non si presentano alle elezioni. Ciudadanos,
con destrezza e capacità —non gli si chiede altro—, si adatterà alla nuova
situazione, diventando un partner strategico Partito Popolare che, più prima
che poi, inizierà il suo rinnovamento interno. Ciudadanos è
"organico" al potere economico e seguendo Rivera si può facilmente
capire ciò che vogliono e pensano quelli che comandano.
Per
il PSOE le cose sono più difficili. Pedro Sanchez [segretario del PSO, Ndt], lo
ripeto ancora una volta, date le condizioni, se l’è cavata abbastanza bene. Si
potrebbe dire che il PSOE è il partito “organico” del regime. Fino ad ora è
quello che meglio ha saputo rappresentare, quello che ha meglio difeso gli
interessi del capitale nel suo complesso e che meglio ha difeso la monarchia
parlamentare. La sua capacità di ottenere il consenso tra gli operai e le
classi lavoratrici è stata molto alta e, a volte, altissima. Ciò è stato vero
con Gonzalez e Zapatero. Solo le crisi ricorrenti del capitalismo europeo e
spagnolo poterono rompere le basi sociali e legittimità politica del PSOE.
Sanchez
sta cercando la centralità, che vuol dire, ancora una volta, essere il partito
del regime in questa fase segnata dalla crisi. La chiave: sconfiggere Unidos
Podemos; opporsi al governo del PP facendo leva sull’asse della
differenziazione destra/sinistra come parte di una strategia che ha ottenuto,
nonostante tutto, risultati positivi. In politica non sempre si vince sommando, a volte è meglio neutralizzare,
dividere, isolare, dividere. Questo discorso potrebbe venire meno se la destra —compreso Ciudadanos— andasse al governo
con l'astensione del PSOE. Insisto, il vero problema di Sanchez si chiama
Unidos Podemos. Le pressioni sono ancora forti e lo saranno ancora. C'è la
possibilità, lo dico come ipotesi, di barattare la riforma della Costituzione,
che prima o poi sarà fatta, con l’astensione. Staremo a vedere.
In
Unidos Podemos, nella sua pluralità ideologica e territoriale, si discute molto
circa il milione di voti persi e alla fine si è fatta strada un'idea che sembra
plausibile. Voglio dire che una parte significativa di questi voti sono stati
persi durante la negoziazione con il PSOE e Ciudadanos. Se questo fosse vero, Unidos
Podemos dovrebbe aprire una discussione di merito sulla strategia perseguita e
che segue. Per dirla in altro modo, Unidos Podemos si arena, non avanza, quando
ci si avvicina al "Palazzo" o è percepito come parte di esso da un
segmento significativo della popolazione. Partire dalla opposizione
"palazzo/ piazza", come fece Pier Paolo Pasolini, è decisivo perché nei
giochetti di Palazzo, nel via vai dei negoziati opachi, alle prese con le
pressioni di coloro che comandano e non si presentano, e le direttive emanate
dai media, si tende a dimenticare che il principio di tutto è stata la denuncia
di una classe politica corrotta, lontana dagli interessi popolari e cooptata dai
gruppi di potere economico. Senza questo principio (fondatore) non esisterebbe Unidos
Podemos e, naturalmente, non ci sarebbero problemi di governabilità e stabilità
politica.
Non
si possono banalizzare le contraddizioni reali per manovre di "Palazzo".
Una forza che supera il 20% dei voti deve intervenire ed agire nelle
istituzioni. Quello che viene chiamato oggi "postureo"
[“posizionismo”, Ndt] non è altro che la volgarizzazione rozza dei "giochi
di strategia". Si fa politica in un "teatro di operazioni" dove
c'è molto in gioco, non solo la governabilità. L'ho detto prima e lo ripeto: un
giocatore chiave, che apparentemente non è della partita, è proprio Podemos, ovvero
il simbolo, il segno di una crisi di regime che non è ancora stata risolta. Ad
essere più precisi si potrebbe dire che si tratta di una crisi che non è stata
ancora risolta, ma si è sulla buona strada. Scommettere [da parte di Unidos
Podemos, NdT] su un accordo con il PSOE significa implicitamente volere un
compromesso con un partito che finora è stato il partito organico del regime e
rimettere l'asse sinistra/destra al centro della vita politica collettiva. Non
sto dicendo che ciò che è stato fatto è sbagliato o che non rimane altro da
fare; quello che dico è che quello che facciamo ha delle conseguenze. L'asse
sinistra/destra esiste nella realtà come un dispositivo ideologico, si è
affermato e continua ad affermarsi ma sappiamo che non rappresenta più la
centralità della vita pubblica. Quando Sanchez lo rilancia di nuovo e lo
colloca al centro del suo discorso, non solo si oppone alla destra, ma pretende
di dirigere anche a Unidos Podemos. Le narrazioni danno forma alle ideologie e
strutturano la vita politica.
In
Spagna, nella UE, l'asse destra/sinistra funziona ancora, ma significa sempre
meno. C’è la destra, e senza dubbio sempre più dura ed estrema. Quando si parla
di sinistra facendo riferimento alla socialdemocrazia, non si fa nient’altro altro
che propaganda e falsa coscienza. E’ sufficiente guardare quello che fanno
Renzi, Hollande, la socialdemocrazia tedesca o il partito laburista britannico.
La socialdemocrazia sembra di sinistra solo quando è all’opposizione.
Posizionare l'asse "sopra/sotto" non voleva dire che l'asse di
sinistra/destra non ha più nessuna sostanza sociale, significa la necessità di
fare politica da un altro punto di vista, da quello delle maggioranze sociali
che si oppongono a una oligarchia politica, economica e mediatica cosmopolita
guidata dal capitalismo monopolistico finanziario. Polarizzarsi rispetto alla
"casta" significava organizzare un ampio blocco sociale per
intervenire nella crisi di regime con l'obiettivo implicito di transitare verso
uno nuovo.
Sapevamo
tutti che le sfide erano enormi, ma eravamo anche convinti che una forza politica
si costruisce sulla base delle contraddizioni reali e andando oltre la politica
normalizzata del potere. Questa è la tensione che si viviamo: si deve
intervenire giorno dopo giorno in situazioni che non dirigiamo ne strutturiamo,
ma sulle quali siamo obbligati a posizionarci sapendo —-non sempre lo sappiamo—
che siamo il nemico da battere, siamo una "anomalia " che deve essere
neutralizzata, integrata, divisa. Trascurare questo è perdersi e non trovarsi.
* Fonte: Cuarto Poder
** Traduzione a cura della Redazione di SOLLEVAZIONE
Nessun commento:
Posta un commento