[ 25 novembre ]
«Opporsi all'ondata bellicista in Europa non è dunque un'optional. E' invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile».
«Opporsi all'ondata bellicista in Europa non è dunque un'optional. E' invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile».
Prima o poi doveva accadere. E questa mattina è successo: un caccia Sukhoi 24 russo è stato abbattuto da aerei turchi in territorio siriano. La guerra dunque si complica. Si dice che l'ordine dell'attacco sia partito direttamente da Erdogan. Quel che è certo è che la Turchia sta utilizzando l'episodio per coinvolgere ancora di più la Nato, il cui Consiglio è in riunione d'emergenza in queste ore.
Pare che il velivolo russo rientrasse da un bombardamento nella provincia di Latakia. Incerta la sorte dei piloti. Secondo alcune fonti uno sarebbe stato fatto prigioniero, mentre una brigata turcomanna, che combatte contro Assad, afferma di averli uccisi entrambi mentre scendevano con il paracadute. Fallito l'intervento di soccorso di un elicottero russo, colpito da un missile anti-carro dei miliziani.
Fin qui le notizie in breve. Abbastanza scontato il rimpallo sulle responsabilità tra Mosca ed Ankara. Il governo turco sostiene di aver reagito a difesa del proprio spazio aereo, mentre la Russia nega di averlo violato. Sta di fatto che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annullato la sua visita prevista per domani ad Ankara.
Durissime le parole di Putin, che ha detto che l'abbattimento dell'aereo, deciso dal governo di Ankara è una «pugnalata alle spalle dei complici dei terroristi», aggiungendo poi che vi saranno «conseguenze significative» nelle relazioni con la Turchia.
La tensione è dunque alle stelle. L'ipotesi più probabile è che Erdogan abbia deciso freddamente questa azione per mettere chiaramente sul piatto il peso della Turchia, e quello suo personale dopo il successo nelle elezioni del 1° novembre.
La Turchia, al pari dell'Arabia Saudita, vede con preoccupazione il saldarsi di un'ampia alleanza anti-Isis, che finirebbe quasi inevitabilmente per colpire anche le altre formazioni anti-Assad. Il sogno del Sultano, quello di poter utilizzare a suo vantaggio i successi militari del Califfo, è dunque in grande affanno.
D'altra parte, anche la strategia russa ha i suoi problemi. Battere le formazioni jiadhiste non è così semplice come sembra, e quasi due mesi di bombardamenti non hanno per ora prodotto risultati davvero decisivi sul terreno. Si porrà dunque per Putin, così come per Hollande, il dilemma dell'azione di terra. Per adesso l'idea è quella di appaltarla ad altri, ma non è detto che ciò sia sufficiente.
Probabilmente in queste ore prevarrà l'azione dei "pompieri", di chi vorrà evitare la precipitazione degli eventi. Quanto accaduto stamattina ci ricorda però quanto sia labile il confine tra un conflitto locale ed uno potenzialmente ben più vasto.
Il tema della guerra è dunque all'ordine del giorno, non solo perché in Medio Oriente si combatte da decenni, non solo perché la stessa guerra siriana, iniziata nel marzo 2011, è ben lungi dal vedere la fine, ma anche perché l'intreccio tra i diversi livelli dello scontro in atto - religioso, interno ad ogni singolo paese, regionale e geopolitico - rende la situazione veramente esplosiva.
Opporsi all'ondata bellicista in Europa non è dunque un'optional. E' invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile.
Pare che il velivolo russo rientrasse da un bombardamento nella provincia di Latakia. Incerta la sorte dei piloti. Secondo alcune fonti uno sarebbe stato fatto prigioniero, mentre una brigata turcomanna, che combatte contro Assad, afferma di averli uccisi entrambi mentre scendevano con il paracadute. Fallito l'intervento di soccorso di un elicottero russo, colpito da un missile anti-carro dei miliziani.
Fin qui le notizie in breve. Abbastanza scontato il rimpallo sulle responsabilità tra Mosca ed Ankara. Il governo turco sostiene di aver reagito a difesa del proprio spazio aereo, mentre la Russia nega di averlo violato. Sta di fatto che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annullato la sua visita prevista per domani ad Ankara.
Durissime le parole di Putin, che ha detto che l'abbattimento dell'aereo, deciso dal governo di Ankara è una «pugnalata alle spalle dei complici dei terroristi», aggiungendo poi che vi saranno «conseguenze significative» nelle relazioni con la Turchia.
La tensione è dunque alle stelle. L'ipotesi più probabile è che Erdogan abbia deciso freddamente questa azione per mettere chiaramente sul piatto il peso della Turchia, e quello suo personale dopo il successo nelle elezioni del 1° novembre.
La Turchia, al pari dell'Arabia Saudita, vede con preoccupazione il saldarsi di un'ampia alleanza anti-Isis, che finirebbe quasi inevitabilmente per colpire anche le altre formazioni anti-Assad. Il sogno del Sultano, quello di poter utilizzare a suo vantaggio i successi militari del Califfo, è dunque in grande affanno.
D'altra parte, anche la strategia russa ha i suoi problemi. Battere le formazioni jiadhiste non è così semplice come sembra, e quasi due mesi di bombardamenti non hanno per ora prodotto risultati davvero decisivi sul terreno. Si porrà dunque per Putin, così come per Hollande, il dilemma dell'azione di terra. Per adesso l'idea è quella di appaltarla ad altri, ma non è detto che ciò sia sufficiente.
Probabilmente in queste ore prevarrà l'azione dei "pompieri", di chi vorrà evitare la precipitazione degli eventi. Quanto accaduto stamattina ci ricorda però quanto sia labile il confine tra un conflitto locale ed uno potenzialmente ben più vasto.
Il tema della guerra è dunque all'ordine del giorno, non solo perché in Medio Oriente si combatte da decenni, non solo perché la stessa guerra siriana, iniziata nel marzo 2011, è ben lungi dal vedere la fine, ma anche perché l'intreccio tra i diversi livelli dello scontro in atto - religioso, interno ad ogni singolo paese, regionale e geopolitico - rende la situazione veramente esplosiva.
Opporsi all'ondata bellicista in Europa non è dunque un'optional. E' invece una necessità che non dovrebbe sfuggire a nessuno. I sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra. Diamogli voce in ogni modo possibile.
Fonte: Campo Antimperialista
2 commenti:
La cosa interessante è che l'unico commento autorevole a favore della Russia è venuto dalla Germania per voce di Sigmar Gabriel che dice: il vero fattore imprevedibile del confiltto siriano non è la Russia ma la Turchia.
http://www.fr-online.de/syrien/su-24-abschuss-sigmar-gabriel-nennt-tuerkei--unkalkulierbar--,24136514,32493462.html
Questo è il problema insolubile dell'antieurismo: i tedeschi vogliono l'euro per esserne padroni al fine di diventare indipendenti dagli USA e diventare ago della bilancia nel confronto fra Stati Uniti e Russia (quindi come l'aquila bicipite del Reich tedesco che ha due teste, una che guarda a ovest e una a est). In questo modo però sono costretti a schiavizzare i popoli periferici.
Gli antieuristi vogliono abbattere l'euro per affrancarsi dal dominio tedesco ma in fondo per lo stesso motivo dei teutonici ossia liberarsi dall'influenza della Nato ma cosí facendo minano la forza più rappresentativa di questa "ribellione" anti USA che è la Germania.
È un difficile dilemma che andrebbe considerato con attenzione.
Troppo generico il tono di questo articolo. La carneficina siriana, che sta facendo da detonatore per un conflitto assai più ampio, è stata innescata e fortemente voluta dalle petromonarchie reazionarie del golfo portatrici dell'ideologia wahabita, dalla Turchia del sultano Erdogan che ha mire espansionistiche, da Israele al quale fa comodo la balcanizzazione di Siria ed Iraq sempre a fini egemonici nell'area e naturalmente con la supervisione degli Stati Uniti per i quali la Siria era da molto tempo uno dei regimi da rovesciare in funzione anti russa.
Noi siamo intruppati con tutta questa bella gente qua attraverso il rapporto di subordinazione che ci lega con la NATO e quindi con Washington.
Per opporci veramente alla guerra bisognerebbe sfilarsi da questa alleanza guerrafondaia e dalle strategie criminali che essa da parecchio tempo sta mettendo in atto in medio oriente, ma non solo (vedi Ucraina). Con la classe politica di servi che ci ritroviamo però questa più che una eventualità pare essere un'ipotesi da fantascienza.
Posta un commento