3 luglio. Intervista di Roberto Ciccarelli*
In quest'intervista c'è un passaggio che riteniamo cruciale:
«In questo scenario [di gravissima crisi sociale ed economica, Ndr] prevedo nuovi successi per i movimenti reazionari e xenofobi. Temo che i risultati delle elezioni europee siano solo l’inizio di un lungo ciclo politico, in cui ci troveremo nella tenaglia di due tipologie di destre: una europeista e tecnocratica nella quale si inserisce anche l’attuale compagine che sostiene il governo italiano; l’altra ultranazionalista e potenzialmente neo-fascista, come il Fronte nazionale in Francia. Mentre il lavoro e le sue residue rappresentanze sembrano paralizzate e silenti, in modo analogo a quanto già accaduto nei momenti più cupi della storia europea».
Una previsione politica, com'è evidente, a tinte fosche. La spirale crisi sistemica-austerità, alimenterebbe anzitutto forze reazionarie, mentre poche o addirittura nulle sarebbero le possibilità di un'uscita "da sinistra" della crisi. Giusta o sbagliata che sia questa previsione (e noi riteniamo sia sbagliata), essa ha il merito di puntare al cuore dei problemi. Ci auguriamo si apra una discussione politica degna di questo nome.
Il premier allora torna da Bruxelles con un successo o con un’illusione?
Nel corso di questi anni abbiamo registrato una progressiva divaricazione tra le narrazioni politiche e la realtà dei fatti. Lo dimostrano gli errori sistematici commessi dalla stessa Commissione Ue sulle previsioni dell’andamento del Pil nell’Eurozona: nel caso dell’Italia sono stati anche superiori ai tre punti percentuali. La mia sensazione è che Renzi stia addirittura accentuando questo iato, anziché dare un contributo per rendere le parole della politica un po’ piu in linea con i processi reali.
La crescita è una speranza fondata per il 2014?
Per dare un’idea di quanto sia improbabile, basta notare che gli obiettivi di bilancio dell’esecutivo sono stati fissati sulla base di una già modesta crescita dello 0,8% nel 2014. Ebbene, questa previsione è già stata smentita dagli ultimi dati. Nel momento in cui ci renderemo conto che l’andamento effettivo del Pil è peggiore del previsto, anche quel po’ di margine sul deficit chiesto da Renzi verrà bruciato.
A Bruxelles sembra essere passata l’idea che l’ammorbidimento del rigore fiscale avverrà man mano che la Commissione Ue riscontrerà il grado di avanzamento delle «riforme». Di quali riforme si tratta e quale modello sociale ed economico disegnano?
In realtà non è nemmeno detto che questa idea sia passata. Al momento c’è solo una generica dichiarazione di apertura da parte della Merkel. Ma nero su bianco abbiamo due documenti della Commissione Ue e dell’Ecofin che si muovono in direzione opposta rispetto a quanto auspicato da Renzi. Per quanto il premier chieda briciole, la trattativa per ottenerle si annuncia comunque difficile. In cambio, oltretutto, il governo farà riforme che rispondono a due tipologie. La prima è relativa all’assetto istituzionale: accrescimento ulteriore del potere dell’esecutivo in nome della decantata governabilità. È un processo che implica un’erosione ulteriore dei margini di esercizio della democrazia.
E la seconda riforma?
È una vecchia conoscenza: flessibilità del mercato del lavoro. Dopo il fallimento della dottrina della “austerità espansiva”, cioè della idea per cui l’austerità avrebbe garantito la ripresa economica, ora si punta su altre dosi di precarizzazione dei contratti di lavoro.
Nel “monito degli economisti” pubblicato sul Financial Times nel 2013, promosso con Riccardo Realfonzo e sottoscritto da Rodrik, Galbraith, Gallegati ed altri, annunciavate che l’Europa sarebbe passata dall’austerità espansiva alla precarietà espansiva. Di cosa si tratta?
La previsione è confermata. Ci dicono che la nuova onda di precarizzazione del lavoro porterà crescita dell’occupazione. Ma per capire davvero dove porterà la riforma Poletti basta guardare i dati dell’Ocse e dell’Fmi: non vi è nessuna conferma della tesi per cui più precarietà determina più occupazione. Se è vero che i contratti flessibili inducono le imprese ad assumere un po’ di più nelle fasi di espansione economica, è altrettanto vero che questi contratti permettono alle imprese di distruggere quegli stessi posti di lavoro nella recessione. L’effetto netto di queste politiche è zero. Eppure il ministro Padoan, che viene dall’Ocse e conosce questi risultati, insiste con la fantasia secondo cui la precarizzazione accresce l’occupazione. Siamo di nuovo in presenza di uno scarto tra narrazione e realtà.
Se la crescita non c’è che cosa accadrà nei prossimi mille giorni del governo?
Quello che si è già verificato negli ultimi anni. Ancora una volta, rileveremo una distanza tra obiettivi e risultati, sia dal punto di vista del deficit pubblico che da quello della crescita economica e dell’occupazione. L’auspicio di Renzi, secondo il quale si può agire nell’attuale quadro istituzionale europeo per uscire dalla crisi, andrà a sbattere contro il muro dei fatti.
Sembra ormai escluso un processo di riscrittura dei trattati europei, come anche una revisione del ruolo della Bce. Quale sarà il futuro economico e sociale dell’Europa meridionale nei prossimi cinque anni?
Dall’inizio della crisi i paesi del Sud Europa hanno perso oltre 6 milioni di posti di lavoro. In Germania c’è stato invece un aumento di 1,5 milioni di unità. Queste divaricazioni delineano un processo di «mezzogiornificazione» europea, che riproduce su scala continentale il tremendo dualismo economico che ha condizionato i rapporti tra Nord e Sud Italia. In questo scenario prevedo nuovi successi per i movimenti reazionari e xenofobi. Temo che i risultati delle elezioni europee siano solo l’inizio di un lungo ciclo politico, in cui ci troveremo nella tenaglia di due tipologie di destre: una europeista e tecnocratica nella quale si inserisce anche l’attuale compagine che sostiene il governo italiano; l’altra ultranazionalista e potenzialmente neo-fascista, come il Fronte nazionale in Francia. Mentre il lavoro e le sue residue rappresentanze sembrano paralizzate e silenti, in modo analogo a quanto già accaduto nei momenti più cupi della storia europea.
Il 3 luglio parte la raccolta firme sul referendum contro il Fiscal Compact. Cosa ne pensa?
Sul piano tecnico-giuridico l’iniziativa si muove lungo un sentiero impervio. Sul piano politico, se passa, potrebbe aiutare ad accelerare le contraddizioni di un quadro europeo che in prospettiva resta insostenibile. Le contraddizioni, tuttavia, potranno risultare feconde solo se le singole iniziative di mobilitazione saranno inserite in progetti politici più generali. Personalmente credo che i tempi siano maturi per avviare una critica di quello che talvolta ho definito “liberoscambismo di sinistra” e per promuovere un rilancio, in chiave moderna, del tema del piano.
* Fonte: Emiliano Brancaccio
10 commenti:
L'analisi è pienamente condivisibile. Sulla prospettiva politica Brancaccio dovrebbe tenere conto del fatto che va aprendosi un vuoto politico enorme che si può e si deve riempire. Redwolf
Joas
L'acutezza analitica del dott. Brancaccio viene confermata da questa analisi che dipinge come una nuvolaglia tenebrosa sugli scenari da operetta tragica che i nostri governanti s'industriano a raffazzonare.
Mi colpisce una frase : " È un processo che implica un’erosione ulteriore dei margini di esercizio della democrazia."
Questa affermazione si collega all'osservazione dell'Anonimo del 3 luglio dove si rileva che "va aprendosi un vuoto politico enorme che si può e si deve riempire". Colmare il vuoto politico se lo sarebbe meritato il M5S ma le ultime elezioni hanno frustrato anche questo tentativo. Purtroppo la Gente appecorata dal PD sembra incapace di reagire all'avvicinarsi dell'incombente catastrofe.
Si pensi che in Grecia gli avvoltoi sono divenuti proprietari delle Termopili, luogo simbolico sacro alla libertà degli Europei.
Di fronte a queste umiliazioni feroci è comprensibile come l'orgoglio di appartenenza storica si rinfocoli in cerca di ipotetiche e aleatorie speranze di riscatto.
Brancaccio sostiene tre tesi:
1-Il governo Renzi non ha reali margini di agibilità positiva all'interno del sistema del capitalismo finanziario casinò e del sistema europeo/euro, con il conseguente aumento del divario tra narrazione retorica e realtà,e, gli resta soltanto di continuare ad erodere la democrazia e precarizzare il lavoro;
2-La destra xenofoba e reazionaria è destinata a crescere, anche per lo spazio eurocritico agito,senza competitori alternativi;
3-le iniziative alternative di segno progressivo e di sinistra saranno valide se inserite in PROGETTI POLITICI PIU' GENERALI,nei quali centrale deve essere il ripristino del primato e comando della democrazia sui mercati, in particolare quelli finanziari,con politiche moderne di piano.
Condivido il primo punto: il sistema non offre vie di fuga.
Problematizzo il secondo punto:l'opzione di uscita a destra dalla crisi è destinata a rafforzarsi SOLTANTO nel caso non sia vigorosamente posta un opzione di uscita di sinistra e costituzionale.Altrimenti siamo ad una semplice registrazione sociologistica delle possibili tendenze. La variabile è la POLITICA, il conflitto, l'esercizio conflittuale della DEMOCRAZIA.
Condivido radicalmente la terza tesi.
Allora, il problema è cominciare a costruire, qui e ora, IL GRANDE SOGGETTO SOCIALE, CULTURALE E POLITICO DELL'ALTERNATIVA DI SINISTRA ALLA CRISI.
Nuovi grandi partiti popolari di sinistra.In Italia e in tutta l'Europa.
Non possiamo continuare a discutere all'infinito, senza fare, senza organizzare, senza metterci la faccia.
Qui e ora. Non domani. Oggi.
LA VARIABILE VERA E' L'AZIONE POLITICA , IL CONFLITTO , IL NUOVO GRANDE SOGGETTO POLITICO.
Sono passati già 7 anni dall'esplosione della grande crisi del 2007/2008.
Cosa aspettiamo ancora?
Aspettiamo Godot? Un oscuro demiurgo che no verrà?
Noi stiamo dando un piccolo contributo con il COORDINAMENTO NAZIONALE DELLA SINISTRA CONTRO L'EURO.
Con il VADEMECUM , CHE CONTIENE UNA PARTE RILEVANTE DELLE PROPOSTE DI NUOVE POLITICHE DI PIANO, quelle auspicate dal valoroso Brancaccio.
Con il FORUM INTERNAZIONALE DI ASSISI del prossimo agosto.
Con la preparazione della CAMPAGNA CONTRO IL FISCAL COMPACT.
Con la costruzione nei territori di movimenti per la PROMOZIONE DEL NUOVO GRANDE SOGGETTO POPOLARE.
dalla Sicilia, soltanto qualche giorno fa, abbiamo lanciato una nuova grande iniziativa chiamata "NOI MEDITERRANEI", a proposito della " mezzogiornificazione" della questione europea.
Non è più tempo dell passive registrazioni sociologistiche delle tendenze,
E' TEMPO DELL POLITICA, DEL CONFLITTO, DEL SOGGETTO ALTERNATIVO.
Non è più il tempo dei soliti e narcistici balletti televisivi.
Non è più il tempo dei perfezionismi analitici, dal pelo dell'uovo ai riti del dio Onan.
Ad esempio, il giovane Antonio Gramsci, certo che studiava e scriveva, ma frattanto organizzava ed agiva.
Il giovane Luigi Sturzo studiava ed agiva, organizzava: fondò il popolarismo cristiano, perdio.
Il giovane Gaetano Salvemini studiava , agiva, organizzava.
O pensate di fare una rivoluzione dai talk-show televisivi?
Da tanti seminarietti carbonari?
Da remote cattedrine universitarie?
Da risibili e infiniti tornei di parole e deliri?
Occorre incontrare e organizzate le PERSONE REALI, I CORPI REALI, I TERRITORI REALI, GLI INTERESSI REALI IMMEDIATI.
DENTRO UNA STRATEGIA GENERALE, PER UN GRANDE SOGGETTO POPOLARE.
conflitti reali e intelligenza strategica.
E umiltà organizzativa.
L'ORGANIZZAZIONE, L'ORGANIZZAZIONE, L'ORGANIZZAZIONE.
l'INTERVENTO DI EMILIANIO E' VERAMENTE UTILE,
TRAIAMONE TUTTE LE CONSEGUENZE.
BEPPE DE SANTIS dei movimenti "Meridionalisti italiani" e " Noi mediterranei", militante fiero e gioioso del Coordinamento antieuro, con Pasquinelli, Mazzei,Shrin, Peppo, Luigi,Colombo,Rodolfo,Claudia, Angela,Frati,Tony e via.
seguo Brancaccio da anni, è il migliore intellettuale sulla piazza ma in lui vedo una enorme contraddizione. da un lato sembra indicare la via di un leninismo moderno, che faccia leva su una avanguardia consapevole e organizzata. ma dall'altro lato sembra impegnato nel tentativo di smuovere il sindacato dal suo torpore. questa è una contraddizione: se Brancaccio vuole essere pienamente coerente deve accettare il fatto che una vera avanguardia di classe si mobilita per prima, senza aspettare che il sindacato si muova. Francesco
RED TOOL
Il Sindacato, per quanto anestetizzato dall'orientamento dei quadri a dell'establishment del maggior partito italiano non so a quale titolo reputato di sinistra, è munito dii un'ossatura organizzativa che non si può trascurare a cuor leggero e che potrebbe costituire una intelaiatura di base per un riscatto politico.
Non dimentichiamo che la CGIL ha avuto nella storia della Sinistra momenti importanti per i lavoratori. La cosa deplorevole è che sulla e nella vecchia sinistra si è sovrapposto e infiltrato un qualcosa che l'ha snaturata dal di dentro.
SMARRIMENTO
Un tempo, la capillarità di organizzazione era conseguita con le ben note "cellule rosse".
Pensare e qualcosa di analogo oggi appare roba di un altro mondo. Le gente non sa più "legare" se non in termini di tifo sportivo, ma in nome di un'ideologia neanche parlarne. Il rullo compressore del materialismo idolatrato in nome del marxismo ha tarpato le ali agli slanci idealistici.
Forse solo gli Islamici sono capaci ancora di sacrificare la vita agli ideali. Può darsi che per noi occidentali non ci siano occasioni buone abbastanza. Ci si può chiedere "salvare le proprie chances di esistenza potrebbe essere un ideale sufficiente?
Uno potrebbe domandarsi: Ma varrebbe la pena rischiare la vita per conservare quella miseria di vita senza futuro che l'Europa di oggi unita all'Atlantismo materialista prospetta agli Europei?
Brancaccio sembra che anche lui sia stato colpito dal bacillo della "sinistrite". Magari lui no, ma i sinistri usano lo spauracchio della presunta (e ingigantita) avanzata a reazionaria coma un alibi per non ingaggiare la lotta vera, quella della uscita dalla Ue e dall'eurozona.
Avanzata che non esiste a ben vedere. O almeno non è affatto omogenea. In Portogallo le sinistre sono sopra il 15%. In Spagna tra IU e Podemos ben oltre il 15%. In Grecia se sommiamo Syriza, KKE e altre liste sotto lo sbarramento siamo ben oltre il 35%. E in Italia non abbiamo il lepenismo ma M5S, che farà pure schifo, ma per il suo cretinismo democratico, non certo per le sue pulsioni autoritarie.
E poi uno sfondamento elettorale come quello della Le Pen non è definitivo, una sentenza divina. Le tendenze sono fatte per mettere in moto controtendenze.
Infine: le grandi crisi capitalistiche sempre contengono in grembo pulsioni fascistoidi, ma ciò è anzitutto colpa delle sinistre che abbandonano la difesa della povera gente.
Ecco il punto compagni, ammesso che la reazione avanzi siamo obbligati a fare muro, ad agire e seppellire il cadavere della sinistra che fu.
Brancaccio lo avete voluto voi. Mette sullo stesso piano, povero conformista, il potere della troika e il "pericolo le Pen". Come ogni membro del clero intellettuale, è soprattutto preoccupato della sua collocazione sociale nel mainstream.
Fra Nullius
Ogni volta che mi ritrovo al cospetto di qualche pretino filofascista che vorrebbe in fondo in fondo santificare Le Pen e tutta la merda che porta con sé, mi convinco che Brancaccio abbia fatto bene a tirare una linea. Definire poi Brancaccio un "mainstream" merita solo una risata e un calcio nel culo.
Brancaccio ha scritto un bellissimo saggio in cui si legge: "chi conosce non spera ma prevede". Solo l'abbandono di ogni vana speranza ci può dare la forza di costruire una nuova soggettività del lavoro. Bene quindi le analisi spietate di Brancaccio: ci fanno fare le spalle larghe per quello che ci attende, nel gorgo delle due destre in contesa. Roberto
Kassander
Abbandonare ogni vana speranza (il che potrebbe anche voler dire che di speranze non ce n'è più) significa rassegarsi e accettare schiavitù, soffocamento ed estinzione.
Questo bisognerebbe che la Gente capisse una buona volta. Alimentando false speranze, invece, si contribuisce ad una visione del mondo illusoria ed ingannevole. Ed è così che le elezioni vanno come sono andate recentemente.
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