24 settembre. «Siamo contro questa Europa almeno dal 1992, dal trattato di Maastrich; allora ci siamo opposti a quella costruzione indicando quei motivi che oggi si sono ampiamente realizzati. Inascoltate Cassandre a sinistra, dove si vagheggiava di un Europa dei popoli che in vent’ anni non si è mai vista, realizzandosi invece l’Europa delle banche, la costruzione subimperialsita (voluta, eccome, dagli Usa) che doveva concentrare capitali nella Germania e nel centro nord, trasformando i paesi del sud nel meridione dell’Unione Europea.
A sinistra si ragionava così per malafede o per frainteso internazionalismo, confondendo l’internazionalismo proletario con la globalizzazione imperialista, o sperando in una immancabile successione deterministica. Ma più spesso era la malafede, specialmente nel nostro paese, dove i governi di centro sinistra hanno posto gli architravi tanto delle misure liberiste quanto delle servitù euriste e dove la sinistra cosiddetta radicale o alternativa non è mai stata in grado di tagliare il cordone ombelicale con il perno di questo centrosinistra: quel pds-ds-pd che ha degnamente espresso un premier come Prodi (presidenza e privatizzazioni I.R.I. e presidenza Commissione Europea)
Ancora Il tabu dell’euro persiste a sinistra mentre sembra oramai rimosso, soprattutto, in certe posizioni prevalentemente di destra. Cominciano a venir fuori posizioni che prendono in considerazione l’uscita dalla moneta unica e acquistano anche visibilità mediatica. In Germania si fa strada una formazione che vuole l’uscita dei tedeschi, dall’”alto”, per non invischiarsi nei debiti degli altri ; queste posizioni sicuramente non porteranno nulla di buono se prendessero corpo, cosa peraltro probabile. Abbiamo sempre sostenuto la necessità alla sovranità monetaria, ma essa da sola, ovviamente, non basta ad affrontare la crisi nell’interesse delle classi popolari.
Essa va accompagnata da altre misure ma anche queste, prese in se possono avere una connotazione reazionaria ed antipopolare, consentendo alle forze del capitalismo nazionale di proseguire ed accentuare le politiche liberiste in vigore da oltre un ventennio, senza invertire sulle privatizzazioni ma nazionalizzando soltanto i settori utili a garantire strutture e servizi alle loro attività di fondamentali subappaltatori delle economie a moneta forte. Un capitalismo predatorio nazionale non sarebbe necessariamente migliore per i lavoratori o per ridurre la disoccupazione, tantomeno per salvare i patrimoni nazionali, le attività a rischio dismissione, le imprese ed i beni pubblici che potrebbero diventare saldi in svendita per acquisizioni estere.
Il ritorno alla moneta nazionale per noi simboleggia e presuppone la sovranità nazionale, ma declinata nel senso della sovranità popolare. Deve necessariamente accompagnarsi ad un programma di nazionalizzazioni, di tutto ciò che concerne la proprietà strategica, del sistema bancario, delle aziende chiuse o intenzionate a delocalizzare, per garantire l’occupazione, reddito e servizi a quei ceti in costante espansione che ne vengono privati man mano che si approfondisce la crisi sistemica.
Ma questo non basta ancora; si tratta di garantire lavoro e reddito anche per produzioni meno competitive rispetto a quelle prodotte dove manodopera e vincoli ambientali e sociali costano meno, quindi occorre sollevare gli scudi del protezionSiamo contro questa Europa almeno dal 1992, dal trattato di Maastrich; allora ci siamo opposti a quella costruzione indicando quei motivi che oggi si sono ampiamente realizzati. Inascoltate Cassandre a sinistra, dove si vagheggiava di un Europa dei popoli che in vent’ anni non si è mai vista, realizzandosi invece l’Europa delle banche, la costruzione subimperialsita (voluta, eccome, dagli Usa) che doveva concentrare capitali nella Germania e nel centro nord, trasformando i paesi del sud nel meridione dell’Unione Europea.
Le misure suddette, oltre a quelle protezionistiche andrebbero concordate con altri paesi colpiti più duramente dalla crisi e dalle politiche di austerity, specialmente quelli euro mediterranei, i quali dovrebbero formare un fronte politico comune e adoperarsi per un mercato di rapporti e scambi privilegiati, qualcosa di vicino all’Alba bolivariana. Magari nella prospettiva di arrivare ad una nuova moneta comune (il Med?) ma dopo aver uniformato queste scelte, le politiche del lavoro, quelle fiscali, il modello sociale, insomma dopo aver avviato un processo di economia socializzata; chiamiamolo pure di nuovo socialismo.
Se ci è chiaro il percorso, quali provvedimenti e come declinarli, per combattere la crisi sistemica in senso socialista e sovranista-progressista e non nazional-reazionario ci è altrettanto chiaro che non si intravede all’orizzonte il soggetto politico che può realizzarlo.
Lo scorso anno realizzammo una iniziativa simile a questa, con Rizzo al posto di Cremaschi;allora il movimento No-debito era rappresentato dal compagno Soprani. Lasciamo perdere le scelte passate; potremmo oggi essere d’accordo con le posizioni di Rizzo ma la sua idea di partito ci pare abbia scarse possibilità di interagire con le dinamiche odierne, non basta sedersi a tavolino e proclamarsi partito comunista. Lo fanno già troppi, chi per settarismo autoreferenziale chi con eroica generosità ma il processo attraverso cui ricostruire - dalle macerie che ci ha lasciato il crollo del muro di Berlino e la successiva subalternità alle soluzioni social-iberiste di quanti hanno tentato di rifondare partiti comunisti di massa - non è così semplice. Una forte organizzazione comunista e popolare nasce da una complessità di fattori storici e soggettivi, oltre che dal fuoco del conflitto reale. Oggi rischiamo che il fuoco divampi prima che si formi il soggetto in grado di dirigerlo e che addirittura bruci chi ci provasse da posizioni velleitarie.
Il motivo di questi incontri** è per noi anche occasione di elaborare dei punti fermi e condivisii, portare i compagni al confronto su questioni da noi ritenute decisive per costruire un soggetto multiplo, in forma federata o ancor meglio di fronte. Un fronte popolare e proletario che non è bell’è pronto come pensa chi lo scorge in Grillo, anche se lo stesso movimento 5 stelle potrebbe divenire un interlocutore, quando dovrà abbandonare il suo isolazionismo e decidere se continuare a rappresentare i ceti piccolo-borghesi indignati o gli strati popolari impoveriti. Un soggetto di fronte popolare che auspichiamo possa far da levatrice alla organizzazione comunista».
* L.U.P.O. sta per Lotta di Unità Proletaria di Osimo.
** Incontro svoltosi anche quest'anno il 20 e 21 settembre
A sinistra si ragionava così per malafede o per frainteso internazionalismo, confondendo l’internazionalismo proletario con la globalizzazione imperialista, o sperando in una immancabile successione deterministica. Ma più spesso era la malafede, specialmente nel nostro paese, dove i governi di centro sinistra hanno posto gli architravi tanto delle misure liberiste quanto delle servitù euriste e dove la sinistra cosiddetta radicale o alternativa non è mai stata in grado di tagliare il cordone ombelicale con il perno di questo centrosinistra: quel pds-ds-pd che ha degnamente espresso un premier come Prodi (presidenza e privatizzazioni I.R.I. e presidenza Commissione Europea)
Ancora Il tabu dell’euro persiste a sinistra mentre sembra oramai rimosso, soprattutto, in certe posizioni prevalentemente di destra. Cominciano a venir fuori posizioni che prendono in considerazione l’uscita dalla moneta unica e acquistano anche visibilità mediatica. In Germania si fa strada una formazione che vuole l’uscita dei tedeschi, dall’”alto”, per non invischiarsi nei debiti degli altri ; queste posizioni sicuramente non porteranno nulla di buono se prendessero corpo, cosa peraltro probabile. Abbiamo sempre sostenuto la necessità alla sovranità monetaria, ma essa da sola, ovviamente, non basta ad affrontare la crisi nell’interesse delle classi popolari.
Essa va accompagnata da altre misure ma anche queste, prese in se possono avere una connotazione reazionaria ed antipopolare, consentendo alle forze del capitalismo nazionale di proseguire ed accentuare le politiche liberiste in vigore da oltre un ventennio, senza invertire sulle privatizzazioni ma nazionalizzando soltanto i settori utili a garantire strutture e servizi alle loro attività di fondamentali subappaltatori delle economie a moneta forte. Un capitalismo predatorio nazionale non sarebbe necessariamente migliore per i lavoratori o per ridurre la disoccupazione, tantomeno per salvare i patrimoni nazionali, le attività a rischio dismissione, le imprese ed i beni pubblici che potrebbero diventare saldi in svendita per acquisizioni estere.
Il ritorno alla moneta nazionale per noi simboleggia e presuppone la sovranità nazionale, ma declinata nel senso della sovranità popolare. Deve necessariamente accompagnarsi ad un programma di nazionalizzazioni, di tutto ciò che concerne la proprietà strategica, del sistema bancario, delle aziende chiuse o intenzionate a delocalizzare, per garantire l’occupazione, reddito e servizi a quei ceti in costante espansione che ne vengono privati man mano che si approfondisce la crisi sistemica.
Ma questo non basta ancora; si tratta di garantire lavoro e reddito anche per produzioni meno competitive rispetto a quelle prodotte dove manodopera e vincoli ambientali e sociali costano meno, quindi occorre sollevare gli scudi del protezionSiamo contro questa Europa almeno dal 1992, dal trattato di Maastrich; allora ci siamo opposti a quella costruzione indicando quei motivi che oggi si sono ampiamente realizzati. Inascoltate Cassandre a sinistra, dove si vagheggiava di un Europa dei popoli che in vent’ anni non si è mai vista, realizzandosi invece l’Europa delle banche, la costruzione subimperialsita (voluta, eccome, dagli Usa) che doveva concentrare capitali nella Germania e nel centro nord, trasformando i paesi del sud nel meridione dell’Unione Europea.
Le misure suddette, oltre a quelle protezionistiche andrebbero concordate con altri paesi colpiti più duramente dalla crisi e dalle politiche di austerity, specialmente quelli euro mediterranei, i quali dovrebbero formare un fronte politico comune e adoperarsi per un mercato di rapporti e scambi privilegiati, qualcosa di vicino all’Alba bolivariana. Magari nella prospettiva di arrivare ad una nuova moneta comune (il Med?) ma dopo aver uniformato queste scelte, le politiche del lavoro, quelle fiscali, il modello sociale, insomma dopo aver avviato un processo di economia socializzata; chiamiamolo pure di nuovo socialismo.
Se ci è chiaro il percorso, quali provvedimenti e come declinarli, per combattere la crisi sistemica in senso socialista e sovranista-progressista e non nazional-reazionario ci è altrettanto chiaro che non si intravede all’orizzonte il soggetto politico che può realizzarlo.
Lo scorso anno realizzammo una iniziativa simile a questa, con Rizzo al posto di Cremaschi;allora il movimento No-debito era rappresentato dal compagno Soprani. Lasciamo perdere le scelte passate; potremmo oggi essere d’accordo con le posizioni di Rizzo ma la sua idea di partito ci pare abbia scarse possibilità di interagire con le dinamiche odierne, non basta sedersi a tavolino e proclamarsi partito comunista. Lo fanno già troppi, chi per settarismo autoreferenziale chi con eroica generosità ma il processo attraverso cui ricostruire - dalle macerie che ci ha lasciato il crollo del muro di Berlino e la successiva subalternità alle soluzioni social-iberiste di quanti hanno tentato di rifondare partiti comunisti di massa - non è così semplice. Una forte organizzazione comunista e popolare nasce da una complessità di fattori storici e soggettivi, oltre che dal fuoco del conflitto reale. Oggi rischiamo che il fuoco divampi prima che si formi il soggetto in grado di dirigerlo e che addirittura bruci chi ci provasse da posizioni velleitarie.
Il motivo di questi incontri** è per noi anche occasione di elaborare dei punti fermi e condivisii, portare i compagni al confronto su questioni da noi ritenute decisive per costruire un soggetto multiplo, in forma federata o ancor meglio di fronte. Un fronte popolare e proletario che non è bell’è pronto come pensa chi lo scorge in Grillo, anche se lo stesso movimento 5 stelle potrebbe divenire un interlocutore, quando dovrà abbandonare il suo isolazionismo e decidere se continuare a rappresentare i ceti piccolo-borghesi indignati o gli strati popolari impoveriti. Un soggetto di fronte popolare che auspichiamo possa far da levatrice alla organizzazione comunista».
* L.U.P.O. sta per Lotta di Unità Proletaria di Osimo.
** Incontro svoltosi anche quest'anno il 20 e 21 settembre
10 commenti:
"E' da vent'anni che si parla di Europa dei popoli e non se n'è vista traccia"
Parole sacrosante, ed aggiungo che non si vedrà mai un'Europa così. Alla faccia degli euripidi che dicono che "se l'Europa dei popoli non c'è perchè non l'hai mai vista".
Beh, se è per questo io non ho mai visto Umberto Bossi andare alla partita del Palermo con la maglietta di Hernandez e panelle alla mano. Da ciò che dovrei dedurre, che Umberto Bossi è un Palermitano sfegatato?
Landru
Comunicazione di servizio:
reimpaginate questa terza puntata, è tutta un duplicato di se stessa.
A.Conti
Ricontrollate l'articolo per favore ci sono diverse ripetizioni.
Avete pasticciato col copia-incolla.
sò di porre una domanda fuori luogo e fuori tema,forse; chiedo ai compagni della redazione se aderiscono o meno allo sciopero generale del 18 ottobre prossimo, indetto dai sindacati di base.
Chiediamo scusa ai lettori.
In effetti all'atto della pubblicazione, abbiamo pasticciato.
Ora l'articolo è fedele all'originale inviatovi da L.U.P.O.
Caro Roberto,
di sicuro Mpl aderisce alla sciopero indetto dal sindacalismo di base. Ma questo si incastra nella settima di mobilitazione contro l'austerità, proclama dai "movimenti" e che culminerà nello "assedio" del 19 ottobre al MInistero dell'economia. Tutta la questione è in discussione in seno al Coordinamento nazionale Mpl.
Scusate, redazione. Ho letto il vostro ultimo commento sulla settimana di mobilitazione contro l'austerità. Non sapevo di questa iniziativa, di cosa si tratta?
Luigi
Il senso di impotenza che s'impadronisce di chi segue giornalmente l'informazione e la contro informazione è qualcosa di desolante. Tutte le voci ispirate al buon senso e ad una visione onesta della cosa pubblica svaniscono ad una ad una nel vuoto più frustrante mentre non c'è giorno che la situazione del paese non peggiori. Beati gli struzzi!
SETTIMANA DI LOTTA 12/19 ottobre
Puoi andare ai siti dei sindacati di base (Usb, Cobas, ecc.).
Per quanto riguarda i "movimenti" vedi ad esempio qui:
costruiamo l'assedio alla precarietà
oppure
Abitare nella crisi
Posta un commento