16 settembre. Prendendo spunto dal dialogo tra Eugenio Scalfari e Papa Francesco abbiamo rivolto alcune domande a Diego Fusaro, una delle più brillanti menti filosofiche italiane. Ne è venuto fuori un discorso filosofico-politico di straordinaria densità.
D. Sollecitato da due interventi di Eugenio
Scalfari (La Repubblica del 7 luglio e del 7 agosto) Papa Francesco ha alla
fine risposto il 4 settembre affermando che si auspica “un dialogo sincero e
rigoroso con i non credenti affascinati dalla predicazione di Gesù di
Nazareth”. Lei che idea si è fatto di questo Papa? Coglie anche Lei il sintomo
di una incipiente riscossa della Chiesa cattolica dopo che la cosiddetta
“società aperta” d’impronta illuminista l’aveva emarginata? E se fosse così,
siamo davvero in presenza, qui in Europa, di un risveglio della religiosità?
Credo
sia, nel complesso, troppo presto per formulare un giudizio generale
sull’operato di Papa Francesco. Quel che è certo – e non sono ovviamente solo
io a sostenerlo – è che il suo profilo è profondamente diverso da quello del
fine teologo Ratzinger. Il nuovo Papa non si presenta tanto come un teologo
dottrinario, con forti doti filosofiche: è – questo sì – un grande
comunicatore, che alla semplicità sa unire una forte immagine di autenticità e,
come usa dire, di “ritorno ai valori”.
Personalmente, credo che la Chiesa cattolica e, in generale, le
religioni tradizionali continuino a perdere incidenza e seguito nello scenario
del tardo capitalismo di cui siamo abitatori. Non dimentichiamoci che, dopo
l’ingloriosa fine dei comunismi novecenteschi (Berlino, 9.11.1989), nell’inizio del 2013 il balcone di San
Pietro è rimasto tragicamente vuoto: Ratzinger è stato il primo pontefice della
storia sconfitto dalla mondializzazione capitalistica, il tempo in cui gli
ideali precipitano nel nichilismo dilagante e la religione è ridotta a
questione privata. Non credo, pertanto, si possa parlare di un risveglio della
religiosità, a meno che per religiosità non si intenda la teologia neoliberale
e il fanatismo dell’economia. In questo caso – e solo in questo! – siamo nella
fase storica più religiosa dell’intera storia dell’umanità. Il monoteismo del
mercato non tollera altre religioni all’infuori di quella del mercato e, per
ciò stesso, deve senza tregua ridicolizzare ogni forma di religione.
Diego Fusaro |
D. Ci pare degno di nota che nella sua risposta a Scalfari Papa Francesco sostenga che nemmeno quella di chi crede è una verità assoluta, nel senso di un ab-solutus, di svincolato, privo di relazione con verità altre. Per i cristiani è Gesù che ha indicato la verità, mentre la Chiesa ne ha fissato i dogmi. Quale verità possiamo opporre noi a quelle dei credenti?
Personalmente, quando ho letto lo scambio di lettere tra il Papa e Scalfari ho avuto l’impressione che le posizioni tradizionali si fossero, in certo senso, invertite: dialogico, aperto, denso di dubbi e di incertezze, il pontefice; arrogante, pontificante e senza la minima incertezza, Scalfari. Quest’ultimo parla dell’inesistenza di Dio con una sicurezza dogmatica che andrebbe resa oggetto d’attenzione. Francamente, io non credo che si debbano “opporre” verità a quelle dei credenti, ma piuttosto cercare un dialogo fecondo che sappia individuare un terreno comune, vuoi anche una verità comune su cui costruire qualcosa. Sicuramente con i cristiani si può dialogare ben più che con il “papa laico” Scalfari e con i cosiddetti laicisti, che non credono a nulla se non al mercato. Non si dimentichi che l’ateismo, oggi, ha come matrice principale non certo l’aumento della conoscenza scientifica, ma il processo di individualizzazione anomica che disgiunge l’individuo da ogni sostanza comunitaria. Infatti, come ho cercato di mostrare nel mio lavoro Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo (capitolo II), il concetto di Dio è sempre anche metafora di un’unificazione simbolica della communitas umana. Di più, si pone come riflesso della solidarietà umana e della comunità etica dei credenti. La fede costituisce, allora, il presupposto trascendente di un umanesimo terreno antropocentrico incardinato sull’ideale del bonum commune come riflesso della solidarietà umana e della comunità etica dei credenti. Questo è già – mi pare – un fecondo terreno su cui dialogare con i cristiani nell’assunzione comune di una prospettiva comunitaria che contrasti l’odierna teologia neoliberale che, nel quadro della società reificata, sacrifica l’uomo sull’altare della valorizzazione del valore.
Tommaso D'Aquino |
D. Tommaso, considerato sommo teologo cattolico,
affermò che Intellectus et
ratio est potissime hominis natura, insistendo quindi che l’uomo può
giungere a Dio attraverso l’uso della ragione non necessariamente come dono
della Grazia. Nella risposta di Papa Francesco il concetto di ragione non
compare se non di striscio. Di contro il concetto di fede, di fede come dono,
ricorre molte volte. C’è chi vi vede un ritorno alla teologia agostiniana.
Non so se di preciso si possa parlare, con diritto, di ritorno alla
teologia agostiniana. Sicuramente il nuovo Papa non è affine alla visione
dominante della ragione, ossia quella della ratio
strumentale su cui si fonda l’odierna teologia economica. E questo – ça va sans dire! – è un aspetto
ampiamente positivo, da valorizzare massimamente in una prospettiva che
individui il nemico principale non nella fede, ma nella ratio strumentale stessa, che tutto riduce a quantità misurabile,
calcolabile e vendibile sul mercato. Temo che questo concetto non passerò
facilmente presso l’armata Brancaleone dei cosiddetti “laicisti” (Scalfari in primis). Contestando tutti gli Assoluti
che non siano quello immanente della produzione capitalistica, il laicismo
integralista si pone come il completamento ideologico ideale del fanatismo
economico, in cui “The Economist” diventa “L’Osservatore Romano” della globalizzazione capitalistica e
le leggi imperscrutabili del Dio monoteistico divengono le inflessibili leggi
del mercato mondiale (per inciso, era già noto a Gramsci che, nel regime del
capitalismo avanzato, la Chiesa e, in
generale, la religione non sono più “potenza ideologica mondiale”, ma solo
“forza subalterna”). In questo, mediante un illuminismo al servizio
dell’oscurantismo, il laicismo rivela la sua natura di fondamentalismo
illuministico svuotato della sua nobile funzione emancipativa e ridotto a
semplice funzione espressiva del capitale e delle sue lotte contro ogni
divinità non coincidente con il mercato.
Per i corifei del laicismo, instancabili lavoratori presso la
corte del re di Prussia, la sottomissione alla superstizione religiosa
dev’essere destrutturata in modo che domini incontrastata la sola superstizione
economica. L’obbedienza servile deve essere riservata unicamente all’economia,
alle “sfide della globalizzazione”, all’insindacabile giudizio del mercato, al
vincolo del debito e alla dittatura delle agenzie di rating.
La contraddizione in cui è imprigionata la Chiesa cattolica con i
suoi teologi è, invece, un’altra. Rigettando Marx, essa non può comprendere le
radici di quel relativismo che pure ha il merito di combattere (rivelandosi, in
ciò, infinitamente più emancipativa rispetto al fronte laicista dei vari
Scalfari, Odifreddi e Flores D’Arcais). In tal maniera, essa precipita nel
paradosso dell’accettazione del capitalismo e, insieme, della condanna del
relativismo, che del capitalismo stesso costituisce la necessaria
sovrastruttura ideologica. Riprendendo la formula di Nietzsche, quelle che
finora sono state considerate le cause del nichilismo (relativismo, pessimismo,
senso di impotenza, indifferenza), sono invece le conseguenze.
D. Papa Francesco sottolinea che “occorre
confrontarsi con Gesù, nella concretezza e ruvidezza della sua vicenda”, in
altre parole con l’incarnazione, lo “scandalo” della Croce e quindi la
resurrezione. Qual è il suo giudizio sulla figura messianica di Gesù? E in che
senso la Chiesa se ne è distaccata?
Nella mia prospettiva –
che ho avuto modo di sviluppare nel già citato Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo –, Cristo è colui che
cerca di tradurre la giustizia divina nella civitas
terrena. Egli si sarebbe rivolto alla sola comunità ebraica palestinese,
sottomessa al dominio militare dei Romani, interpretando la propria natura
messianica come quella di un servo sofferente (Isaia, 53; Saggezza di
Salomone, 2, 13-20) pronto a propiziare, con il sacrificio, l’anno di misericordia
del Signore (Lc, 4, 14-30). L’ideale dell’anno di misericordia del Signore –
che equivaleva alla remissione dei debiti, con annessa liberazione degli
schiavi e redistribuzione comunitaria delle ricchezze private – trova
corrispondenza in non poche testimonianze di Gesù: “se vuoi essere perfetto
vai, vendi tutti i tuoi averi, dalli ai poveri e seguimi” (Mt, 19, 21); “è più
facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare
nel regno dei cieli” (Mt, 21, 24). Lo stesso episodio della “cacciata dei
mercanti dal Tempio” (Mt, 21, 12-13; Mc, 11, 15-17; Lc, 19, 45-46; Gv, 2, 13-16)
si inscriverebbe in questo orizzonte di senso.
È in questa luce che deve
essere letto il processo intentato contro Gesù per il reato di ribellione
armata contro gli occupanti romani. Il “regno dei cieli” (basileia ton ouranon) coinciderebbe allora con il regno terrestre
riscattato dalla giustizia divina. E se Gesù venne condannato e ucciso, ciò
accadde perché, presentandosi come Cristo re, egli lasciava presagire una
sommossa popolare in nome del regno di Dio. La fede per cui Gesù si immolò era
la fede secondo cui il regno di Dio, già instaurato nell’alto dei cieli, doveva
essere tradotto nell’aldiqua con comportamenti concreti e azioni conseguenti:
“lo Spirito del Signore è sopra di me, e proprio per questo Dio mi ha unto,
inviandomi a portare il lieto annuncio ai poveri, a proclamare la libertà dei
prigionieri e la restituzione della vista ai ciechi, a promuovere la
liberazione degli oppressi, instaurando l’anno di grazia del Signore” (Lc, 4,
18-19).
Che cos’é allora “l’anno
di grazia” a cui qui si fa riferimento? Nella più antica storia del regno
ebraico, l’organizzazione teocratica dell’economia e della società gestita dal
tempio di Gerusalemme aveva reso impossibile l’emergere della piena proprietà
privata di terre e di esseri umani. Nessuno, infatti, poteva intendere il
possesso terriero assegnatogli dal Tempio, perché tutta la terra coltivabile
era proprietà del Dio protettore del paese, di cui il tempio curava
l’amministrazione, in nome e per conto di Dio. Questa concezione trovava la sua
massima espressione nel cosiddetto “anno giubilare”, che ricorreva ogni
cinquant’anni e che esigeva il ritorno di terre, case o uomini alla condizione
giuridica originaria a loro assegnata dal Tempio.
Con il passare degli
anni, però, l’anno giubilare era caduto in disuso, lasciando spazio
all’accumulazione di ricchezze. Allora alcuni profeti, ad esempio Isaia,
avevano invocato il ritorno straordinario di un “anno di grazia del Signore” a
beneficio di una massa sempre più numerosa di indigenti e contro
l’arricchimento illimitato. Gesù stesso avrebbe ripreso questo messaggio,
assumendolo come il fuoco prospettico della propria predicazione e della
propria azione: per tutta la vita avrebbe continuato a predicare che il regno
di Dio era stato instaurato e che ognuno era chiamato a porsi sotto la
sovranità di Dio, abbandonando i propri beni, la propria casa, il proprio
mestiere, e a dedicarsi esclusivamente alla diffusione del lieto annuncio di
Gesù. Egli voleva che tutti abbandonassero le proprietà private e
riconoscessero che Dio era il loro unico proprietario, in nome di una
distribuzione dei beni secondo i giusti bisogni di tutti. La conversione collettiva
avrebbe posto fine all’appropriazione della ricchezza in forma privata, in una
prospettiva in cui l’ideale del regno di Dio diventa il paradigma alla cui luce
agire per attuare l’ideale della giustizia sulla terra: “beati coloro che sono
senza potere, perché è per essi il regno dei cieli. Beati coloro che sono
nell’afflizione, perché è ad essi che sarà dato conforto. Beati coloro che sono
capaci di amare, perché saranno gli eredi della terra. Beati coloro che hanno
fame e sete di giustizia, perché saranno saziati” (Mt, 5, 3-6).
La vicenda della “moltiplicazione dei
pani e dei pesci” (Mt, 14, 15; Mc, 6, 35-36; Lc, 9, 12) costituirebbe la più
splendida prova di questa vocazione di Cristo, della sua testimonianza, vissuta
fino alla morte, della necessità storica di una rivoluzione sociale espressa
nella forma religiosa entro cui soltanto era possibile concepire, a quel tempo,
mutamenti di relazioni tra gli esseri umani. Gesù ordina alla moltitudine
affamata e stremata di sedersi sul prato, sparpagliandosi in gruppi di 50 o al
massimo 100 persone ciascuno, in modo che in ogni gruppo ci sia un certo numero
di persone che hanno portato le provviste. Ordina ai suoi discepoli di
dividersi nei vari gruppi e di operare in ciascuno di essi la distribuzione dei
pani e dei pesci delle poche ceste di provviste. Si scopre così che vi è cibo
sufficiente per un pacifico pasto comunitario. È questo, allora, il miracolo della giustizia che, senza
discriminare ed escludere nessuno, è in grado di vincere la povertà.
Perché la Chiesa si è allontanata da
ciò? Avanzo un’ipotesi interpretativa. Non dimentichiamo che la Chiesa resta
pur sempre una holding capitalistica:
l’esaltazione cristica della povertà e del regno dei cieli convivono
aporeticamente con l’adesione alle leggi del capitale. La figura-chiave è
quella di Dr Jekyll e Mr Hyde: la stessa istituzione che elogia la povertà e
tuona contro il capitale è quella che poi agisce capitalisticamente…
Ernst Bloch |
D. Tranne alcuni “eretici” come E. Bloch,
pressoché tutte le correnti del movimento comunista hanno fatto dell’ateismo un
dogma, potremmo dire una fede. Non ritiene che in tal modo si sia venuti meno
agli ammonimenti di K. Marx abbracciando così l’ateismo di ascendenza
illuministica e borghese?
Una riga dopo aver detto che la religione è Opium des Volkes, “oppio del popolo” – frase che tutti ripetono pedestremente –, Marx precisa che la religione è anche “protesta contro la miseria reale”, a cui contrappone l’ideale utopico di un regno dei cieli altro rispetto all’immanenza intessuta di ingiustizie. Per questo – così scrive Marx in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione (1843) – “la miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale”: espressione della miseria reale, giacché se non vi fosse la miseria capitalistica l’uomo non necessiterebbe di proiettare la propria felicità in un altrove immaginario; protesta contro la miseria reale, in quanto la religione fa pur sempre balenare l’ideale di una giustizia altra rispetto a quella reale, e dunque può svolgere – per così dire – la funzione di nobilitatore trascendentale dell’azione rivoluzionaria. Bloch è, di tutti i marxisti del Novecento, colui che più ha colto questa valenza rivoluzionaria della religione e della sua “corrente calda”, antiadattiva e rivoluzionaria. Mai come oggi la prospettiva blochiana dev’essere riabilitata: oggi le religioni sopravissute nel mondo secolarizzato custodiscono un grandioso potenziale di pathos antiadattivo, già solo perché si rifiutano di accettare la teologia neoliberale che assume l’esistenza di un unico Dio, il mercato feticizzato.
Una riga dopo aver detto che la religione è Opium des Volkes, “oppio del popolo” – frase che tutti ripetono pedestremente –, Marx precisa che la religione è anche “protesta contro la miseria reale”, a cui contrappone l’ideale utopico di un regno dei cieli altro rispetto all’immanenza intessuta di ingiustizie. Per questo – così scrive Marx in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione (1843) – “la miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale”: espressione della miseria reale, giacché se non vi fosse la miseria capitalistica l’uomo non necessiterebbe di proiettare la propria felicità in un altrove immaginario; protesta contro la miseria reale, in quanto la religione fa pur sempre balenare l’ideale di una giustizia altra rispetto a quella reale, e dunque può svolgere – per così dire – la funzione di nobilitatore trascendentale dell’azione rivoluzionaria. Bloch è, di tutti i marxisti del Novecento, colui che più ha colto questa valenza rivoluzionaria della religione e della sua “corrente calda”, antiadattiva e rivoluzionaria. Mai come oggi la prospettiva blochiana dev’essere riabilitata: oggi le religioni sopravissute nel mondo secolarizzato custodiscono un grandioso potenziale di pathos antiadattivo, già solo perché si rifiutano di accettare la teologia neoliberale che assume l’esistenza di un unico Dio, il mercato feticizzato.
K. Marx |
D. La civiltà capitalistica proprio qui da noi, dove aveva mosso i primi passi e malgrado lo spettro del comunismo si sia dileguato, sembra aver imboccato il viale del tramonto. E’ pensabile secondo Lei immaginare una palingenesi senza fare i conti con le nostre radici cristiane?
Non mi pare, purtroppo,
che la (in)civiltà capitalistica abbia “imboccato il viale del tramonto”… anzi,
mi pare l’esatto contrario! Il capitalismo è oggi assoluto, in due sensi (per i
quali rinvio a Minima mercatalia,
cap. V): 1) tutto è merce, a livello sia reale (leggi “globalizzazione”), sia
simbolico (non riusciamo a pensare più nulla se non tramite la mediazione della
forma merce: debiti e crediti a scuola, capitale umano, investimenti affettivi,
ecc ecc.); 2) non vi sono più limiti che contrastano attivamente il capitale
(religione, etica borghese, lotta di classe, ecc.) e il suo principio della
perversa mercificazione integrale del reale e del simbolico. Si è così consumato,
disinvoltamente, il transito dal marxiano sogno di una cosa al postmoderno sogno delle cose: esso rivela l’ormai
avvenuta colonizzazione integrale dell’immaginario da parte della
onnimercificazione dilagante del capitalismo assoluto. Perfino i sogni e i
desideri ne risultano totalmente permeati: anche quelli più inconfessabili sono
sempre abitati dalle fantasmagorie e dai capricci teologici del mondo ridotto a
merce. Il divenire mondo della merce coincide con il divenire merce del mondo.
Io sono convinto che la “palingenesi”, se vi sarà, dovrà avvenire valorizzando
tutti gli elementi dell’anticapitalismo, compresi quelli della “corrente calda”
del cristianesimo. Occorre riappropriarsi delle radici cristiane, ma poi anche
di quelle greche, per poter fronteggiare l’odierno regno animale dello spirito
pienamente realizzato nell’alienazione planetaria.
D. Papa Francesco insiste che la Chiesa è anzitutto ai poveri e agli oppressi, “immagine di Dio”, che deve portare il Suo annuncio. Sappiamo che come Vescovo, Bergoglio non è stato affatto indulgente con la Teologia della Liberazione, tuttavia egli pronuncia le stesse parole proprio dal soglio pontificio. Il sintomo di una svolta destinata a lasciare il segno o un mero riposizionamento temporale?
Credo
che, anche in questo caso, sia ancora troppo presto per giudicare. Il giudizio
filosofico dev’essere inevitabilmente crepuscolare, come il volo della nottola di
Minerva richiamato da Hegel. Noto, tuttavia, che il nuovo Papa ha preso
incondizionatamente posizione contro la criminale guerra in Siria (ennesimo
episodio del vergognoso imperialismo americano), e questo già non è poco. Non
basta, naturalmente, fare l’elogio dei poveri, né aderire a una mera ideologia
miserabili stico-pauperistica: anche in questo, il messaggio di Cristo
dev’essere seguito alla lettera, nel senso della già rievocata traduzione del
regno dei cieli in terra. Marxianamente, i poveri e gli sfruttati non vanno
elogiati in quanto tali, ma in quanto possibili soggetti di una lotta in grado
di riscattarne le sorti rovesciando l’alienazione capitalistica. Essi – come il
proletariato di Marx – possono essere l’algoritmo che traduce il particolare
nell’universale dell’emancipazione umana: lottando contro la miseria
capitalistica essi lottano, in pari tempo, per l’emancipazione del genere umano
dal fanatismo dell’economia che sta portando alla distruzione della vita umana
e del pianeta.
G. W. F. Hegel |
D. I cattolici non escludono evidentemente che Dio sia un’entità assolutamente trascendente, ma sottolineano come, con l’incarnazione, il Verbo fattosi carne, Dio sia entrato definitivamente nella storia, di qui, come sottolineava Hegel, il lato assolutamente immanentistico della religione cristiana. Papa Francesco insiste tuttavia che occorre “dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”, ribadendo la distinzione tra la sfera religiosa e quella politica. Un alibi per perpetuare il sodalizio con le classi dominanti? Non è forse proprio qui che si misura la distanza con la Teologia della Liberazione? Papa Francesco parla sì di una Chiesa che sta accanto ai poveri, ma non fino al punto di aiutarli nella lotta per la liberazione dalle loro catene.
Il tema qui sollevato mi pare di importanza decisiva e di grande rilievo filosofico. Il richiamo a Hegel mi pare fondamentale. Se tradizionalmente il concetto religioso di Assoluto, coincidendo con la divinità monoteistica preesistente allo sviluppo storico, si presentava come originario e trascendente, i concetti correlati di Absolute e di Geist tenuti a battesimo da Hegel sono l’esito di una dialettica integralmente storica e “monomondana”, che però non si risolve nella negazione del piano della trascendenza. L’esito di tale dialettica non può, infatti, essere semplicemente ricavato dalla successione empirica dei fatti storici, spesso accidentali e comunque mai ricavabili da una logica a priori: al contrario, esso deve essere sempre pensato anche in termini logico-ontologici, secondo l’insegnamento della Scienza della logica. Conformemente con l’analisi della Trinità cristiana che Hegel svolge nelle Lezioni sulla filosofia della religione, un Dio prima della creazione del mondo non è un Dio in senso autentico, perché Egli esiste solo nello svolgimento dialettico delle tre figure della Trinità. Ciò significa che, come Dio non esiste separatamente dalla creazione del mondo, così il piano logico-ontologico dell’Idea, che pure mantiene un suo carattere trascendentale irriducibile alla dimensione storica (una storicità senza commisurazione trascendentalistica sarebbe nichilistica), non esiste senza una necessaria correlazione con la storicità, con il dispiegamento sub specie tempori. La vichiana “storia ideale eterna” è la più sorprendente anticipazione dell’hegeliano trascendentalismo a base storica ma non storicistica: infatti, ponendo Dio come “garante” ontologico della storia, Vico evita lo storicismo – ossia la storia privata della sua fondazione ontologica – e codifica, con l’equazione verum ipsum factum, l’esigenza di ricostruire il percorso storico dell’autocoscienza umana. La distinzione a cui si alludeva – trascendenza/immanenza – mi pare dunque importante per evitare di precipitare in quello storicismo assoluto (immanenza del divenire storico) che finisce per rovesciarsi nella più grande apologia di ciò che è, come se appunto tutto quel che accade fosse razionale e giusto in quanto accade. Su queste basi, non è possibile operare alcuna giustificazione del mondo e delle sue storture: il mondo realmente dato è in totale contraddizione con la “trascendenza” e chiede di essere trasformato.
* Intervista a cura di sollevAzione, Torino 14 settembre 2013
36 commenti:
Geremia
"I poveri li avrete sempre con voi". Questa frase, che è sostanziata di realismo quasi scientifico, suona come una specie di istituzione sacramentale della povertà di un certo numero di umani e quel "sempre" non lascia adito alla formulazione di teorie che aboliscano una volta per sempre la povertà nel mondo.
Unico rimedio la "carità", il che potrebbe voler dire "welfare", che in fin dei conti è carità istituzionalizzata.
Abolire il welfare come si è fatto in questi anni orribili è roba da "Anticristo". Giustamente Cacciari disse una volta che la nostra è una "cultura" anticristica. C'è da consolarsi dopo duemila anni di cristianesimo.
Bravi! Barvi, bravi!
Io sono uno di quelli che ve ne dice di tutti i colori e voi a me ma quando scrivete queste cose si capisce che avete la mente aperta.
Evidentemente non ho il dono della comunicazione perché vi ho scritto varie volte sul fatto che la presa di coscienza del popolo passa attraverso una impostazione precisamente religiosa e ho detto e ripetuto che il marxismo ha funzionato benissimo per un certo periodo proprio perché è una religione a tutti gli effetti (tutti). Il materialismo è stato semplicemente un atteggiamento esteriore per opporsi al pensiero dominante ma il comunismo è una dottrina di altissima spiritualità e quegli eroi di operai che si sono fatti ammazzare per questo ideale non avevano capito una mazza di plus valore, plus lavoro etc etc; avevano recepito con il loro cuore l' "ideale" e si erano sacrificati. Qesto è l'esatto contrario del materialismo.
La mia modesta opinione, nonostanet io non sia credente (anche se il cristianesimo è l'unica religione che mi suscita qualche emozione) è che non possiamo immaginare una palingenesi senza fare i conti con le nostre radici cristiane.
Primo: il cristianesimo unisce e questo va considerato.
Secondo: il cristianesimo non è appannaggio del Papa e se lui non si deciderà a dire "Ribellatevi nel nome di Cristo" lo potremo (dico in teoria) sempre dire noi.
Ma a parte le ipotesi di lungo periodo continuiamo a fare i conti con le nostre radici cristiane perché è molto importante.
Comunque sono contentissimo di aver letto questo articolo.
Aggiunta:
ma immaginatevi la differenza fra dire "ribellatevi per avere più benessere per tutti" oppure "ribellatevi per il comunismo" e un ipotetico Papa che dica "Ribellatevi nel nome di Cristo"...non sono cose da sottovalutare.
Il Papa è senza dubbio un buon giocatore. Sta cercando di riguadagnare le posizioni che l'ateismo di mercato (che mi pare la degna controparte dell'ateismo di stato) aveva eroso al suo campo. E' del resto evidente che si può governare un popolo col solo marketing solo finché dura un ciclo espansivo e questo, insieme al crescere di altri protagonisti sulla scena internazionale, mette in difficoltà Obama e i suoi.
Ma occorre stare attenti, una qualche convergenza può essere giustificata solo dalla necessità del difficile periodo che stiamo attraversando e tenendo fermi alcuni punti. Primo fra tutti il ritorno dello stato nelle gestione dell'economia nazionale, cosa per la quale occorre unirsi con altre forze perché le orde dei privatizzatori incombono minacciose.
Cosa farà lui quando queste forze entreranno in azione? Cosa farà quando si metterà di nuovo mano, ad esempio, al settore dell'istruzione che li ha sempre visti (troppo) interessati? Su questi punti si giocherà la partita, lo si segua ma con la dovuta cautela.
Un altro collaboratore di Preve, Orso, in un interessante articolo dal suo blog esprime perplessità sul fatto che questo Papa possa davvero minacciare il capitalismo.
Una cosa è certamente condivisibile di questo articolo, che è ancora presto per giudicarne l'operato.
DICE IL TEOLOGO DELLA LIBERAZIONE
«Più che un nome, Francesco è un progetto di Chiesa e di mondo. Una Chiesa nella povertà e umiltà umane. L'attenzione che ha il Papa per i poveri viene da questa intuizione, propria dell'America latina. Bisogna ricordare che viene da un altro tipo di Chiesa e di teologia, è la tradizione della teologia del popolo argentino. Lui si definisce un papa peronista e giustizialista».
Intervista a Leonardo Boff.
LA STAMOA,15 settembre 2013
ARGOMENTO OT:
Ma D'Andrea è entrato per caso nel MPL? No perchè quando l'ho letto mi sembrava un articolo di Pasquinelli, ma molto più deciso :-))))))))))
http://www.riconquistarelasovranita.it/teoria/ancora-discutete-di-uscita-dalleuro-da-destra-o-da-sinistra-e-bastaaa
Personalmente sono giunto a posizioni socialiste (oltre che "sardo-patriottiche") tramite un'educazione (familiare e sociale) cattolica. E pur essendo ateo riconosco in pieno che le forze per ribellarsi alle élite economico-finanziarie che governano il mondo, le troveremo anche nel cristianesimo (parlo soprattutto dei popoli mediterranei). In quale forma ancora non lo sappiamo, certo dovremo essere bravi a far risaltare le contraddizioni di quel campo quando sarà l'ora. Dopotutto in Italia, negli anni '60 e '70, la stessa costola sinistra del mondo cattolico fu influenzata dai movimenti sociali.
ARGOMENTO OT
Non ci risulta che D'Andrea, che fa parte di Ars, l'abbia abbandonata per raggiungere Mpl. L'articolo che citi insiste proprio su uno dei punti che ci divisero dal D'Andrea nel dicembre 2011, all'atto di fondare Mpl. D'Andrea non era per coniugare sovranità con socialismo, e quindi fondò Ars. Per Mpl il rischio di un'uscita da destra e liberistico è un serio pericolo. Di qui la differenza con Ars.. e se avete seguito la polemica con Bagnai.
AVVISO AI LETTORI
Preghiamo ognuno di commentare stando al tema del post:
"CRISTIANESIMO, CAPITALISMO E RIVOLUZIONE Intervista a Diego Fusaro"
@Unknow, un pò come nei paesi arabi dove coniugarono socialismo e islam? Questo intendi
IL VILE BRIGANTE
ISLAM E SOCIALISMO
Nell'epoca storica aperta dalla Rivoluzione d'Ottobre, s'erano affacciate dentro l'Islam correnti di pensiero e d'azione che tentarono di coniugare l'islam col socialismo.
Ciò fu particolarmante evidente in Iran, col cosiddetto "Islam rosso" di Ali Shariatì.
Questa corrente venne messa in un angolo, prima ancora che dal crollo del "socalismo reale" (1989-91) dall'invasione russa dell'Afghanistan (1980) e dalla guerra che ne seguì.
ammessa un'esistenza storica, "sinottica", "apocrifa" o meno di gesù...
la vicenda di un uomo che si copre di ridicolo per affermare l'amore per gli uomini tutti uguali (rispetto al bisogno d'amore) a mio parere è il punto di contatto con la rivoluzione. della complicazione di un dio-creatore-normatore non vedo necessità, guerre di religione a parte. una religione senza dio è possibile e l'amore ne è garante.
francesco
ps pilato, come mi dicevano i preti, non mi sembrava preoccupato delle beghe tra rabbini. per ingraziarseli avrebbe potuto fluire con la massa aizzata invece usò l'acqua.
Redazione scusate, ma quello di Geddhafi come può essere inteso allora? Eppure nel suo libro verde parlava apertamente di società socialista, non secondo i canoni classici del marxismo leninismo, però, ma appunto improntati nell'ottica araba. E quindi mi domando a questo punto riprendendo la vostra risposta: è possibile una coniugazione tra chiesa cattolica e socialismo o chi ci proverà rischierà di far la fine degli islamisti rossi come quello di Alì Shariatì?
ISLAM E SOCIALISMO
Tendenze, diciamo così, proto-comuniste, hanno abitato l'Islam, sin dalle origini. Vedi la setta millenaristica egualitaria dei carmati, di filiazione shiita.
Vero che il Libro Verde di Gheddafi si rifaceva a questa tradizione, mediata dall'influenza del sufismo berbero.
Il fatto è che il tentativo fallì, e da questo fallimento uscì fuori una struttura sociale e politica, che nulla aveva di socialista. Al posto dell'autogoverno delle masse sorse un regime di tipo autocratico poliziesco, che non riuscì mai a spazzare via il sottostante tessuto sociale clanico-tribale.
Tessuto che riemergerà prepotentemente nella fase della caduta del regime.
Gheddafi autocrate?
Ben venga l'autocrazia se è progressiva e se comporta avanzamenti sociali e standard di medio benessere che nessun paese africano ha mai conosciuto.
cARO REDATTORE: riemerge continuamente la sua anima democraticistica, occidentalistica, anarcoide. Un marxista serio può rivendicare l'autogoverno delle masse laddove vi è stato un processo definitivo di evoluzione sociale, non nell'Africa pre-capitalistica.
Mi faccia l'esempio di un paese del Terzo o Quarto Mondo che ha imboccato la strada di una lotta di liberazione nazionale, che non sia caduto nell'autocrazia giacobina?
Lei è esperto nel gioco delle tre carte! Attaccando Gheddafi, porta avanti la carta del democraticismo umanitaristico. Nella difesa di Lenin, attacca i democraticisti ed i comunisti anarchici, difendendo l'ultracentralismo. Fino a poco tempo fa, incensava il militarismo autoritario di Ahmadinejad, con punte di simpatie verso il Khomeinismo teocratico e verso il gerarchico movimento sciita libanese Hezbollah. Non sarà che lei con le sue zigzaganti svolte di campo si fa prendere la mano dall'impressionismo politico, tipico vizio nazionale (D'Annunzio Mussolini, Giolitti, Berlinguer, D'Alema bombardatore di Belgrado etc etc)?
Se Obama le portasse per caso l'immagine di un bambino siriano trucidato dalle bombe del regime, che fa: la marcia della dignità contro "il tiranno" Assad? E torniamo alla domanda a cui non ha mai risposto: le diamo o no queste dieci euro alla resistenza siriana anche se Obama ci mostra la foto dei bambini "gasati"-
Logos viaggiante nella stratosfera
Devo ammettere che quelle di Diego Fusaro sono riflessioni stimolanti e in larga parte condivisibili anche da me, che sono cristiano, ma mi preme fare qualche osservazione su alcuni punti toccati nell’articolo. Qui troverete pertanto un mio commento, apprezzato anche dallo stesso Fusaro.
PZ
Caro Piotr, grazie per la segnalazione del suo commento all'intervista. Leggeremo.
" L'attenzione che ha il Papa per i poveri viene da questa intuizione, propria dell'America latina"... a boff, ma che minchia dici?????
l'emergente america latina, e specialmente i poveri, è la più splendida evidenza della vittoria del capitalismo mercificante. mai visto gente più conformista, egoista e consumista dei "poveri" latinoamericani (io CI VIVO in una favela sudamericana, a differenza di boff che fa il fighetto col suo lauto stipendio da prof univesitario, senza contare gli extra, libri, conferenze, ecc.)... in sudamerica gli unici attenti ai "poveri" sono... i figli dei capitalisti, che evidentemente boff frequenta assiduamente.
antonio.
L'articol, sucitato, nel contesto di quelli presenti nella pagina di Sollevazione, è lo spiraglio che mi era necessario per una valutazione ponderata della linea del movimento, che si palesa perlomeno contradditoria. Da una parte si accusa Stefano D'andrea che non disdegna di colloquiare col vecchio capitalismo italiota pur di riconquistare la sovranità e dall'altra si favoleggia di un possibile interesse comune con la chiesa per abattere il mercatismo dilagante e l'immiserimento delle classi più deboli. Io Annichilisco, considerando che se oggi siamo a questo punto, la responsabilità e tutta del potere dogmatico che ci ha educati ad essere sudditi, a porgere l'altra guancia e ad accettare le sofferenze con trepidazione. Se questo potere oscurantista non avesse plagiato la stragrande maggioranza dei popoli occidentali, col cazzo che il finanzcapitalismo avrebbe potuto attuare i propri propositi. Ogni volta che le mie idee collimano con quelle della chiesa e non succede mai, per fortuna, esamino la possibilità di trovarmi in errore.
Come sapere accettiamo di buon grado le critiche. Non censuriamo nulla, se non i commenti con insulti, completamente squinternati, o autistici.
Non censuriamo nemmeno quelli che ci fanno le pulci. Un'attività socialmente utile.
Devo ammettere che questo nuovo Papa a me ha colpito parecchio:
...non sono un tipo emotivo, ma mi ispirava spontaneamente simpatia...ed
ero contento che non fosse nessuno di quei "pretacci del potere" i cui nomi ci sono ben noti (Scola, Bertone, ecc...)...
...ma la scelta di chiamarsi Francesco mi ha spinto a Googlare sin da subito in cerca di "scheletri nell'armadio" perchè mi sapeva di una perazione di "riverniciatura" della Chiesa...
...e ho trovato un'ombra di cui peraltro ne hanno parlato i media (il caso dei due gesuiti che si dice fossero stati "abbandonati")...
...ma ho trovato anche altri elementi e "voci" che suggerivano che le cose potessero non essere andate come risultava da quell'ombra e comunque di un uomo che arrivava a divenire Cardinale mi aspettavo di trovare ben più di un'ombra incerta!
...poi ha cominciato con le "comparsate"...all'inizio continuavo a pensare che fossero "di maniera" e mi veniva da scherzarci sopra (per la serie "Ancora un pò e guardo nell'armadio...e...tò! C'è il Papa!")...
...ma ha continuato a farle...ha silurato Bertone...ha posto le premesse per "fare pulizia" allo IOR...le telefonate a gente comune che lo aveva contattato per questa o quella disgrazia...le dichiarazioni riguardo al fatto che in conventi chiusi dovrebbero ospitare i profughi...le risposte a Scalfari (che ho letto con interesse)...ed alcune dichiarazioni sugli omosessuali...o il fatto che abbia deciso di incontrare i Teologi della Liberazione...due ambiti riguardo ai quali le sue passate posizioni erano state piuttosto "discusse"...
...e che dire delle sue dichiarazioni sulle "pulsioni" per fare la guerra in Siria?
Ê vero che ha inserito "illegali" nel discorso, ma è chiaro che, in quanto Papa, deve comunque calibrare i suoi discorsi...eppure di fatto ha chiesto se si volevano
fare queste guerre per dare i soldi all'industria delle armi ed è una cosa che nessun Papa moderno mi risulti abbia osato suggerire!
Insomma...posso pure non essere cattolico e di virtù cristiane ne posso avere ben poche, ma in tutta onestà questo Papa mi sembra una persona veramente degna di rispetto:
In primo luogo dimostra coerenza tra ciò che predica e la sua diretta azione e lo fa in un ruolo nel quale *nessuno* realmente pretende che lui lo sia!
A me Papa Giovanni Paolo II, che pur passava per "grande comunicatore", non mi ha mai fatto questa impressione:
Mi sembrava solo un "sepolcro imbiancato" che pensava unicamente a fare qualsiasi cosa per annientare il Comunismo!
Papa Benedetto XVI l'ho apprezzato di più del predecessore, perchè, se non altro, pur non avendo fatto nulla di estremo, sembrava uno che diceva quello che realmente pensava su ciò che predicava...
...ma questo...
...questo Papa sembra agire realmente in coerenza con ciò che dice agli altri di fare...e, francamente, mi pare una cosa molto significativa, dato che di uomini che agiscono così mi pare ce ne siano in giro ben pochi, laici o preti che siano!
Carlo,
A mio avviso le masse non sono rincoglionite a causa della predicazione religiosa (che influisce sempre meno), ma dal calo generalizzato dell'intelligenza (dovuto ad una società che non conduce ad una selezione eugenetica), dal consumismo e dall'atomizzazione sociale indotti dal Capitalismo stesso.
Le persone private di una socialità non interagiscono e non ragionano...sono come animali allevati in batteria...
Faccio presente che in epoche molto più religiose di questa...come il Medioevo...la gente si ribellava ed accoppava i suoi oppressori (poi veniva trucidata, ma lo faceva!), talvolta
anche al seguito di eretici che li
sobillavano alla rivolta con le loro predicazioni religiose!
La Chiesa non è necessariamente un "mostro", perchè la Chiesa non è altro che un insieme di gente che crede in Dio e che come tale può essere buona o cattiva, rivoluzionaria o reazionaria, ecc...
...invece il Capitalismo è il "mostro" che ci opprime e chi lo rappresenta, non importa quanto possa sembrare innocuo, non ha che *quello* scopo.
A mio avviso sono queste le ragioni che spingono a sostenere la tesi che si possa rivalutare l'elemento religioso e la Chiesa in un'ottica rivoluzionaria...
Evidentemente devo scegliere un percorso diverso da quello di Sollevazione, perché a mio avviso le religioni sono tutte reazionarie e quella cattolica, con la quale dobbiamo confrontarci quotidianamente, da quando ho memoria non ha fatto che manipolare le coscienze con l’intento di sottometterle al potere, sottrarre risorse economiche ingentissime ai bilanci statali, manipolare l’informazione, censurare gli antagonisti e le verità scomode.
Là, dove gli oppressi si sono illusi di poter fare fronte comune con questo potere, quando si è ottenuta qualche vittoria, le sinistre sono state immancabilmente emarginate e la chiesa ha scelto puntualmente di essere rappresentata dalle destre, anche le più estreme. Gli esempi non mancano per chi ha memoria storica. Da parte mia, con questa gentaglia non percorrerei nemmeno un metro del tragitto necessario al riscatto della dignità umana, anche se mi rendo conto che la strategia propagandistica di questo papa sta facendo molti proseliti. Il fine ultimo che li anima, comunque, è quello di oscurare la ragione, in favore di dogmi che allontanano l’essere umano dall’emancipazione che lo renderebbe libero.
VICO HEGEL LUTERO
L'intervista è molto interessante, ma si notano due palesi contraddizioni rispetto alla concezione hegeliana. La prima, evidente, è che la visione del Cristo che ci viene data non può essere identificata con la visione hegeliana del Logos, la quale, come nota giustamente Fusaro, è particolarmente presente nelle lezioni di Filosofia della Religione dell'Hegel maturo(ma non solo in esse). Lì emerge chiaramente, come, peraltro ben mostrato dall'onesto teologo Mancuso nel suo poderoso saggio su Hegel Teologo, la proposizione hegeliana di un cristianesimo moderno, dell'Io Ragione, che rompa radicalmente con ogni prospettiva magico-trascendente, monastica sacerdotale, pseudocomunistica pauperistica verso la quale anche nella FDD, il Nostro, alieno da ogni astratto idealismo della prassi, lancia dei ben precisi moniti realistici e oggettivistici - “il comunismo della povertà e degli straccioni” lo chiamerà secoli dopo il neosmithiano Deng Xiaoping - e che vivifichi totalmente la natura immanente, l'essenza di comuione immanente del logòs che è venuto per annientare ogni pagana o giudaica, o poi maomettana e cattolica che sarà, coscienza infelice e non tanto o non solo per fare messianici miracoli che mandino in estasi le masse. Le note hegeliane su Federico il Grande o Napoleone, su Cromwell o sugli illuministi, i quali facendo avanzare lo spirito del tempo nella materia, entro la realtà della materia, fanno in realtà avanzare l'impulso logòs sono assai trasparenti al riguardo e su esse non si può sorvolare.
Pagine e lezioni meravigliose Hegel ci ha lasciato sullo scandalo destato in rabbini e sacerdoti del tempio dal maestro Gesù, maestro dell’Io e della Ragione, eroe della Libertà e non remissivo figlio estasiato di un astratto Dio padre.
La seconda è che la visione "stroriosofica" hegeliana non è certamente deterministica, nè soggettivistica, ma oggettivistica laddove la realtà è ragione e la ragione è realtà. Il recupero di Vico, più che a Hegel, sembra appartenere a Gentile studioso di Marx, che recupera totalmente la prospettiva vichiana in una idea soggettivistica di prassi che riceverà gli apprezzamenti dello stesso Lenin. Ma questa è una visione comunque di filiazione soggettivistica kantiana, un idealismo della prassi che non ha saputo rimuovere, a differenza della gnoseologia hegeliana, i “vincoli delle cosè in sé”. Hegel chiama questa gnoseologia - Epistolario- la malattia germanica, "la paura dell'Oggetto", una ipocondria tedesca.
La terza è una riflessione personale, che forse Hegel non avrebbe sottoscritto. Ma leggendo attentamente sia la Filosofia del Diritto sia Le Lezioni di una filosofia della Storia, per fedeltà hegeliana, laddove vedo un papa romano, un rabbino, un imam che sia vedo un nemico della libertà spirituale dell’Io. Se è un papa illuminato è doppiamente pericoloso. Vi sono pagine e pagine di Hegel apologeta di Lutero illuminista e eroe del libero pensiero che non possono essere al riguardo trascurate.
Vi sono pagine di tributo hegeliano agli eroi della ragione di stato, come Cromwell, che hanno combattuto eroicamente contro il vaticano e Roma. Conquiste sociali impareggiabili, dietro le quali non si può tornare. A meno che non si scivoli nel soggettivismo dell'idealismo della prassi. Che farebbe rima con regressivismo.
@il vile non sono esperto di mondo arabo e islamico (a dirla tutta non ne colgo vari aspetti per motivi forse culturali), ma comunque ha risposto la Redazione.
Sicuramente però è interessante la storia latinoamericana a riguardo (teologia della liberazione innanzitutto).
Dobbiamo morire democristiani... Non ci sono alternative tra il capitalismo predatorio e la mortificazione della fede. Io di certi filosofi da strapzzo ne faccio volentieri a meno. Se qualcuno vuole uniformarsi alla lobotomizzazione delle religioni e all'annullamento delle peculiarità umane può farlo quando vuole, ma che non si proponga avanguardia per il superamento della fase attuale verso il socialismo. Questo non è accettabile.
Condivido, Carlo.
L'insegnamento di Lenin e Stalin stanno lì ad attestarlo. Superamento, anche nella prospettiva di "socialismo di mercato" ben venga, regresso confessionalistico teocratico no.
A parte che Stalin se poté vincere la guerra patriottica contro i nazisti fu anche grazie alla clamorosa richiesta d'aiuto alla Chiesa ortodossa russa, che lo concesse appunto, per motivi "patriottici".
Carlo, scusi, perché banalizzare la questione così complessa della religione col... "morire democristiani"?
Non pensa che per costruire il socialismo sia necessario e doveroso recuperare e fare nostri valori universali che anche il cristianesimo porta dentro di sé?
"Clamorosa richiesta d'aiuto" è un po' troppo.
Fu Iosif Stalin, in realtà, a sviluppare rapporti sereni con la l'ala non anticomunista e progressista della Chiesa Ortodossa Russa, già dal 1927. Stiamo parlando della continuazione della politica della mano aperta alla corrente degli Innovatori, a cui si contrapposero fanaticamente i reazionari "non commemoranti" ed i neozaristi, seguaci della corrente iosifiliana.
Stalin vinse la Grande Guerra Patriottica perchè marciava nella direzione oggettiva e concreta, reale, dello spirito del popolo russo, una direzione morale che finiva per far fuori correnti reazionarie e regressive ma che avrebbe adeguato alla "mistica di Stato" imperante correnti progressive da qualsiasi parte provenissero. Stalin, peraltro, fu sempre contrario all'ateismo di stato, che definì "insensato", come testimonia tra gli altri lo stesso Lunacarskij.
Chiaramente non è la stessa cosa un'alleanza strategica con settori cristiani progressisti "Ortodossi" pravoslavi da posizioni stalastiche di forza e guardare a un "papa nero" (come lo chiamano fieramente Gesuiti) romano, reazionario a prescindere, come punto di riferimento per una eventuale svolta.
Peraltro, Stalin sviluppò dal 1945 al 1953 una radicale strategia panortododossa in funazione antiromana, oltre che naturalmente antioccidentale.
unknown,
in america latina la "teologia della liberazione" conta meno del 2 di coppe, è un'espressione radical-chic, non se la fina NESSUNO, i "poveri" stanno tutti allo shopping center a comprarsi l'ultimo medello samsung S-25364873634. oggi nelle favelas stanno tutti con sky, microonde, tv lcd, home theatre, sono felici che gli girano i soldi e non vedono l'ora di sbracare foreste e cementare tutto. ballano, trombano e si fanno 10 birre al giorno e tanta carne arrosto, alla faccia degli occidentali politically correct e vegani.
l'unica cosa "de sinistra" che avanza è proprio la più sbagliata, il femminismo.
antonio.
Non è che in sudamerica ballano e trombano.
Lavorano, ballano e trombano. A volte mangiano e dormono, ma poco.
Ma se lo concosci sai che "se" succederà qualcosa potrà venire solo da lì.
Loro comunque sono ancora vivi, noi siamo mezzi morti.
Il socialismo si prefigge di formare uomini liberi, e questo è un presupposto non trattabile. Mi fa specie che la redazione non abbia maturato un quadro analitico del ruolo della chiesa nella storia del nostro paese e delle ingerenze continue al fine di ostacolare la fruizione dei diritti più elementari. Il clero si è palesato come un vero e proprio tumore che ha ammorbato la vita politica e sociale, oltreché calamitare un fiume di denaro nelle sue casse a danno dei cittadini tutti, anche non credenti. Le religioni sono statiche per loro natura e odiano la razionalità, la curiosità e l’intelligenza, gli strumenti che rendono gli uomini indifferenti alla loro esistenza.
"il clero si è palesato come un vero e proprio tumore che ha ammorbato la vita politica e sociale, oltreché calamitare un fiume di denaro nelle sue casse a danno dei cittadini tutti, anche non credenti".
Perfetto Carlo. Pensa al ruolo nefasto e tragico,a livello storico-mondiale, del nazionalismo clericale sciovinista polacco, l'autentico vincitore della Guerra Fredda, come testimonia la figura del papa glorificatore e beatificatore di nazisti croati che han fatto genocidio di cristiano-ortodossi. Altro che vittoria degli Usa. I quali, con la già praticata Controrivoluzione Monetarista, stavano dimenandosi disperatamente per uscire da un ciclo recessivo assoluto.
Fortunatamente è tornato a splendere il sole d'oriente della Cina di Deng Xiaoping e speriamo che questa ci liberi dall'incubo neomedioevale dei gesuiti e di Roma.
"18 settembre 2013 17:43
Non è che in sudamerica ballano e trombano.
Lavorano, ballano e trombano. A volte mangiano e dormono, ma poco.
Ma se lo concosci sai che "se" succederà qualcosa potrà venire solo da lì.
Loro comunque sono ancora vivi, noi siamo mezzi morti."
i sudamericani dormono moltissimo e lavorano pochissimo, malissimo e lentissimo (però ogni anno fanno 2 mesi di sciopero PAGATO per avere aumenti pari a inflazione+15% reale).
sono certamente molto vivi... ma per il loro individuale gargarozzo, non per altro.
antonio.
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