Son rose che non fioriranno
di Da. Co.
Tipico naufrago di sinistra in cerca d'approdo, mi sono recato, sabato scorso (17 settembre) ad assistere all'ultimo matrimonio di sinistra, quello tra «Socialismo 2000» di Cesare Salvi e «Lavoro-Solidarietà» di Gian Paolo Patta. Il sodalizio ha dato vita al Partito del Lavoro. Avevo letto la notizia del lieto evento su il manifesto di pochi giorni prima, che il giorno stesso pubblicava un melenso intervento dei due leader [Vedi sotto, Ndr].
Mi son perso l'introduzione di Cesare Salvi, ho sentito invece il dibattito pomeridiano con le conclusioni di Gian Paolo Patta.
Partito del Lavoro. Nome equivoco (dopo il comunismo il laburismo?), simbolo infausto (fac-simile di quello della CGIL), acronimo orrendo (PdL: Popolo delle Libertà).
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Un cantiere per il Partito del Lavoro
di Cesare Salvi e Gian Paolo Patta
da: "il manifesto" del 17 settembre 2011
Per L’Italia, e per l’Europa, si delineano due alternative per affrontare la crisi. La prima è di proseguire sulla via del liberismo e del monetarismo, accentuandola anzi ulteriormente con la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e con ulteriori compressioni dei diritti e del reddito dei lavoratori. La manovra classista e inefficace del governo Berlusconi ne rappresenta una versione, peraltro la peggiore.
L’alternativa è quella di avviare invece politiche basate sulla qualità dello sviluppo, a partire dalla qualità del lavoro, e su misure d’intervento pubblico nell’economia e di valorizzazione dei beni comuni.
L’alternativa attraversa il dibattito nei partiti della sinistra moderata europea, e nello stesso PD.
Le due strade presuppongono blocchi sociali di riferimento diversi.
Per tutelare il lavoro, progettare politiche pubbliche, rilanciare la ricerca e la formazione, affermare una democrazia partecipativa, in una parola per difendere e attuare la costituzione repubblicana, serve una nuova coalizione politica e sociale, costruita intorno al lavoro.
Avvertiamo l’urgenza, di fronte all’aggravarsi della crisi e all’emergenza democratica italiana, che qualcosa si muova a sinistra.
In primo luogo le forze della sinistra, compresa la Federazione alla quale aderiamo, devono essere parte attiva della costruzione di una nuova alleanza democratica, che affronti su basi nuove il tema dell’uscita dalla crisi.
In secondo luogo, e in una prospettiva più ampia e di più lungo periodo, occorre ricostruire una rappresentanza politica del lavoro: unico strumento che le lavoratrici e i lavoratori hanno a disposizione per delineare un’alternativa di società e una riorganizzazione democratica dei poteri, per proiettare in avanti e dare forza e unità a movimenti e sindacati.
La crisi delle due strade che, partendo dalla rappresentanza politica del mondo del lavoro, hanno si sono poste nel Novecento l’obiettivo della costruzione di una società diversa, ha lasciato un pesante segno negativo. Alle nostre spalle abbiamo l’implosione dell’Unione Sovietica e degli altri paesi del “socialismo reale” e la subalternità al neoliberismo degli eredi della social democrazia. Partendo dal valore universale della democrazia politica e dei diritti di libertà, è necessario riproporre l’esigenza di un soggetto politico che affronti il tema dell’alternativa di società, e che sia consapevole che ciò richiede un’autonoma rappresentanza politica del mondo del lavoro.
In questa prospettiva, socialdemocratici di sinistra, sindacalisti e comunisti hanno dato vita in altri paesi a importanti novità politiche, come la Linke in Germania e il Partito del lavoro di Lula.
Lavoro-Solidarietà e Socialismo 2000 hanno contribuito a fondare la Federazione della Sinistra. Auspichiamo ora che i congressi del PdCI e del PRC decidano di trasformarla in un partito politico, che Sel assuma come proprio obiettivo la riunificazione della sinistra e non solo il confronto e la competizione con il PD, e che nella Cgil e nelle sue categorie si espliciti la presa di coscienza che non esistono al momento partiti politici adeguati a rappresentare politicamente le loro lotte e le loro istanze. A queste forze, ma anche al PD e all’IDV, ci rivolgiamo perché si apra un confronto sulle questioni qui sollevate.
Da parte nostra abbiamo deciso di dar vita sabato 17 settembre a Roma a un movimento politico che si ponga l’obiettivo della costruzione del Partito del Lavoro.
Siamo convinti che senza un’autonoma e forte rappresentanza politica delle lavoratrici e dei lavoratori la crisi del capitalismo può concludersi con la fine degli assetti democratici e dei principi sociali garantiti dalla nostra Costituzione.
di Da. Co.
Tipico naufrago di sinistra in cerca d'approdo, mi sono recato, sabato scorso (17 settembre) ad assistere all'ultimo matrimonio di sinistra, quello tra «Socialismo 2000» di Cesare Salvi e «Lavoro-Solidarietà» di Gian Paolo Patta. Il sodalizio ha dato vita al Partito del Lavoro. Avevo letto la notizia del lieto evento su il manifesto di pochi giorni prima, che il giorno stesso pubblicava un melenso intervento dei due leader [Vedi sotto, Ndr].
Mi son perso l'introduzione di Cesare Salvi, ho sentito invece il dibattito pomeridiano con le conclusioni di Gian Paolo Patta.
Partito del Lavoro. Nome equivoco (dopo il comunismo il laburismo?), simbolo infausto (fac-simile di quello della CGIL), acronimo orrendo (PdL: Popolo delle Libertà).
Onde evitare l'accusa che abbia la puzza sotto il naso, dal momento che sono i contenuti che contano, mi son recato, pieno di curiosità, a sentire cosa propongono Salvi e Patta, due figure note per quelli che hanno bazzicato la sinistra.
Gian Paolo Patta |
Salvi chi non l'ha conosciuto? Fu eletto per il Pds nell’XI e XII Legislatura. Poi per i Ds nella XIII e XIV. Diventò capogruppo di Sinistra Democratica nella XV Legislatura. Ministro nei governi D'Alema (Ricordi la Jugoslavia Cesare?) e Amato (ricordi le privatizzazioni senza precedenti Cesare?). Fu uno dei demiurghi del più clamoroso fallimento politico degli ultimi decenni: la Sinistra Arcobaleno. Da un po' di tempo è Presidente della Federazione della Sinistra, con Prc e Pdci.
Patta è un personaggio meno noto ai più. Ex "rivoluzionario" nei settanta, fa carriera nella Cgil. Ha cavalcato più o meno tutte le frazioni di sinistra Cgielline, con una costante, che è diventato sempre più moderato e servile (verso il gruppo dirigente), fino a diventare inviso alla stessa Fiom.
Adesso parlaci dei contenuti, mi chiederete. Cosa prongono Salvi e Patta? Poiché proposte ne avranno se, malgrado facciano parte della Federazione della Sinistra (Fds), hanno deciso di dar vita ad un Partito tutto loro, staccato dal Prc e dal Pdci?
Il fatto è che contenuti non ne ho visti. A parte alcune idee venute fuori nel corso del dibattito, questo Partito del lavoro, non ha alcuna proposta degna di questo nome, anzi, si tiene alla larga dal farne. La solita solfa sulla gravità della crisi, la solita stantia denuncia del governo Berlusconi, i soliti vaghi riferimenti alla giustizia e alla equità sociale. Quello che ho capito io è che l'Unione europea è un recinto intangibile, che l'euro è una specie di primo comandamento, e che il debito va pagato. Come?
Anche qui si sono tenuti alla larga dal dirlo, ma si capisce che questi qui teorizzano l'alleanza con quei settori del grande capitalismo che teorizzano una patrimoniale colossale, contestuale ad una politica di fiscale "più equa", così da reperire risorse per la "crescita" e per il lavoro.
L'impressione che ho avuto (a parte la puzza di riformismo di vecchio stampo) è che questa del Pdl (di sinistra) sia un'operazione tutta politicista e di apparato, tutta interna alla Federazione della sinistra. Un tentativo di costruire una specie di terza gamba della Federazione. Ma perché una terza gamba? I più malevoli diranno: per raccattare qualche strapuntino in Parlamento in vista delle prossime elezioni. Non nego di aver percepito anche questo. Non solo. C'è un disegno politico, effettivamente. La cosa, politicamente parlando, è questa: una terza gamba per spingere tutta la Fds ad un accordo programmatico col Pd, per entrare quindi, a pieno titolo, nel governo, una volta defenestrato Berlusconi. E se questo governo fosse un governo dei banchieri, se fosse comandato dalla Bce, non è un problema. Il Pdl di sinistra, come ha detto Patta nelle sue conclusioni, deve prendere il meglio della tradizione del movimento operaio, intendendo appunto, la tradizione storicamente maggioritaria, quella riformista, che "ha insegnato a tutti che quando si debbono fare delle alleanze in momenti eccezionali, non ci si può tirare indietro facendo gli spocchiosi e gli estremisti".
Diamoci da fare
22-23 ottobre
assemblea nazionale
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Un cantiere per il Partito del Lavoro
di Cesare Salvi e Gian Paolo Patta
da: "il manifesto" del 17 settembre 2011
Per L’Italia, e per l’Europa, si delineano due alternative per affrontare la crisi. La prima è di proseguire sulla via del liberismo e del monetarismo, accentuandola anzi ulteriormente con la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e con ulteriori compressioni dei diritti e del reddito dei lavoratori. La manovra classista e inefficace del governo Berlusconi ne rappresenta una versione, peraltro la peggiore.
L’alternativa è quella di avviare invece politiche basate sulla qualità dello sviluppo, a partire dalla qualità del lavoro, e su misure d’intervento pubblico nell’economia e di valorizzazione dei beni comuni.
L’alternativa attraversa il dibattito nei partiti della sinistra moderata europea, e nello stesso PD.
Le due strade presuppongono blocchi sociali di riferimento diversi.
Per tutelare il lavoro, progettare politiche pubbliche, rilanciare la ricerca e la formazione, affermare una democrazia partecipativa, in una parola per difendere e attuare la costituzione repubblicana, serve una nuova coalizione politica e sociale, costruita intorno al lavoro.
Avvertiamo l’urgenza, di fronte all’aggravarsi della crisi e all’emergenza democratica italiana, che qualcosa si muova a sinistra.
In primo luogo le forze della sinistra, compresa la Federazione alla quale aderiamo, devono essere parte attiva della costruzione di una nuova alleanza democratica, che affronti su basi nuove il tema dell’uscita dalla crisi.
In secondo luogo, e in una prospettiva più ampia e di più lungo periodo, occorre ricostruire una rappresentanza politica del lavoro: unico strumento che le lavoratrici e i lavoratori hanno a disposizione per delineare un’alternativa di società e una riorganizzazione democratica dei poteri, per proiettare in avanti e dare forza e unità a movimenti e sindacati.
La crisi delle due strade che, partendo dalla rappresentanza politica del mondo del lavoro, hanno si sono poste nel Novecento l’obiettivo della costruzione di una società diversa, ha lasciato un pesante segno negativo. Alle nostre spalle abbiamo l’implosione dell’Unione Sovietica e degli altri paesi del “socialismo reale” e la subalternità al neoliberismo degli eredi della social democrazia. Partendo dal valore universale della democrazia politica e dei diritti di libertà, è necessario riproporre l’esigenza di un soggetto politico che affronti il tema dell’alternativa di società, e che sia consapevole che ciò richiede un’autonoma rappresentanza politica del mondo del lavoro.
In questa prospettiva, socialdemocratici di sinistra, sindacalisti e comunisti hanno dato vita in altri paesi a importanti novità politiche, come la Linke in Germania e il Partito del lavoro di Lula.
Lavoro-Solidarietà e Socialismo 2000 hanno contribuito a fondare la Federazione della Sinistra. Auspichiamo ora che i congressi del PdCI e del PRC decidano di trasformarla in un partito politico, che Sel assuma come proprio obiettivo la riunificazione della sinistra e non solo il confronto e la competizione con il PD, e che nella Cgil e nelle sue categorie si espliciti la presa di coscienza che non esistono al momento partiti politici adeguati a rappresentare politicamente le loro lotte e le loro istanze. A queste forze, ma anche al PD e all’IDV, ci rivolgiamo perché si apra un confronto sulle questioni qui sollevate.
Da parte nostra abbiamo deciso di dar vita sabato 17 settembre a Roma a un movimento politico che si ponga l’obiettivo della costruzione del Partito del Lavoro.
Siamo convinti che senza un’autonoma e forte rappresentanza politica delle lavoratrici e dei lavoratori la crisi del capitalismo può concludersi con la fine degli assetti democratici e dei principi sociali garantiti dalla nostra Costituzione.
4 commenti:
Ecco! Ci mancava il "Pdl della sinistra"! Per di più, lo fondano dividendosi dal loro vecchio partito, che ha percentuali "unicellulari".
Il solito vecchio vizio della sinistra post-comunista: mi divido, ergo sum.
Per me, non sono nemmeno rose, ma...CRISANTEMI.
Saluti.
http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/09/chi-nuota-e-chi-affoga.html
V.R.
anche senza aver bazzicato la sinistra, s'intuisce che è solo una questione di "conta".
... di conta? Questi son quattro gatti! Solo questione di strapuntini nelle liste PD in vista delle elezioni
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