Massimo Cacciari |
di Piemme
Non so chi affermò che occorre sempre sconsigliare ai filosofi di immischiarsi in politica, che poi, diceva il nostro, i danni che fanno sono proporzionali alla loro fama. Un discorso che vale tanto più per Massimo Cacciari, che magari non sarà un grande filosofo, ma un filosofo dalla mente sopraffina e dall'erudizione sconfinata lo è senz'altro. I marxisti ortodossi non gli hanno mai perdonato le sue simpatie per il pensiero cosiddetto "negativo" di Nietzsche e Heidegger, la qual cosa aiuta a spiegare
la sua adesione giovanile all'operaismo, che precedette l'adesione al PCI, di cui venne deputato sin dal 1976, per poi seguire svolte e misfatti di questo partito, fino allo scioglimento. Divenne poi un esponente di spicco della Margherita e sostenitore di Prodi e per ben due volte sindaco di Venezia. Felice Casson, suo avversario nelle elezioni comunali di quella città, ebbe a dire: «Ha vinto Cacciari? Allora ha vinto la destra!». Non aveva torto, visto che Cacciari, a forza di emulare i leghisti, abbandonò il centro-sinistra per fondare, nell'ottobre 2010, Vento del Nord.
Insomma, se sul piano della speculazione filosofica non nascondo di avere stima per Cacciari, su quello politico, Dio ce ne scampi! Ma perché ne parliamo? Perché su L'espresso del 24 agosto [Italia, rivoluzione in arrivo?] l'arguto Cacciari, detto che la situazione italiana è giunta "ad un livello di indecenza impensabile solo qualche anno fa", sta andando verso una rivoluzione di tipo egiziano o tunisino. Caccciari afferma che la rivoluzione italiana che viene, come quella egiziana, non seguirà le ideologie tradizionali, né seguirà modelli organizzativi carismatici o direzioni organizzative dall'alto.
E per quanto riguarda i protagonisti afferma:
«Giovani, operai e studenti, un ceto medio spesso anche altamente qualificato e comunque molto più qualificato della generazione precedente, con forti aspirazioni di mobilità sociale, colpiti da una crisi che si rovescia essenzialmente sulla loro condizione e sulle loro speranze. Medici, ingegneri, architetti, giovani professionisti, generazione Erasmus bene o male anche questa, che si credevano fondatamente nuova classe dirigente nei loro Paesi e che si trovano sotto-occupati, peggio che precari quando va bene, disoccupati in massa, aspiranti solo a un posto sui barconi in fuga dall'assoluta miseria non solo economica ma umana».
E quindi conclude: «Ricercatori, laureati, nuove professioni, free lance: milioni di giovani sono oggi da noi, e non solo in Italia, fuori da caste e palazzi. C'è da credere o temere che la loro pazienza sia ai limiti, come lo era quella dei loro colleghi maghrebini e egiziani. Non aspettiamoci che la "rivolta" avvenga, se avverrà, attraverso dichiarazioni di principio, pubblicazione di quei bei programmi in 5 mila pagine che elaborano i partiti prima delle elezioni. Come i loro colleghi d'oltre mare, si riconosceranno e si convocheranno attraverso le loro reti, le loro strade "immateriali". E quando finalmente si manifesterà la loro "potenza", oggi tutta ancora "potenziale", i vecchi, c'è da giurarlo, diranno: "Imprevedibile"».
Io ritengo che questa previsione sia sostanzialmente giusta. Penso cioè che siamo alle porte, qui in Italia, di una grande esplosione di rabbia sociale che avrà per forza motrice proprio le figure sociali che Cacciari indica, che vedrà quindi sulla prima linea i figli di questo "ceto medio" impoverito. E sono anche daccordo, con Cacciari, che questo nuovo movimento avrà le sembianze di quello egiziano, e forse ne imiterà anche le forme, che troverà la sua piazza Tahrir — piazze per meglio dire, dato che l'Italia resta pur sempre il paese delle cento città.
Un segnale che le cose potrebbero andare in questa direzione ce l'hanno dato gli Indignatos spagnoli, che per il 15 ottobre hanno anche lanciato una giornata europea di mobilitazione generale. Un altro segnale ci venne dalla manifestazione del 14 dicembre dell'anno passato (ne scrivemmo molto in questo blog).
La qual cosa conferma l'intuizione che anni addietro ebbero coloro che diedero vita all'associazione Rivoluzione Democratica e quindi a questa testata.
Come mai, dobbiamo chiederci, il moderatissimo Cacciari evoca una "rivoluzione" all'egiziana? A me pare chiaro: lui e i settori della grande borghesia con cui è tutto culo e camicia, si augurano che una salutare sommossa spazzi via i politicanti al potere, per quindi fare posto a quelli della sua risma. Poiché, per quanto tutto in Egitto sia ancora in movimento, questo è accaduto in quel paese: un regime dispotico è stato rimosso, ma nulla nella sostanza è cambiato, e l'esercito comanda con l'appoggio delle elite che erano prima emarginate.
Chi ha sale in zucca capisce al volto che gettarsi nella mischia, sollevarsi, mandare all'aria questo regime e le sue comparse politiche per poi mettere in sella altre frazioni della classe dominante, sarebbe come minimo grottesco. La sollevazione popolare non può fermarsi dove vogliono i Gattopardo. Essi se ritengono che la sollevazione in arrivo sarà "moderata", che sarà facile fermarla in mezzo al guado e pilotarla, poiché se la menano con l'idea che sarà il "ceto medio" impoverito e incazzato ad animarla, un "ceto medio" che, essi pensano, per sua natura aborre le idee sociali radicali.
Prigionieri dei loro schemi sociologici astratti, qui essi si sbagliano. Ma cos'è in realtà un "ceto medio impoverito" se non un ceto medio proletarizzato? Cos' esso se non un proletariato reale, una massa di cittadini privati dei privilegi e dell'illusione di salire nella scala sociale che non possiedono altro se non la loro forza-lavoro? Impossibilitati tra l'altro a venderla, a scambiarla col capitale?
La radicalità di un movimento dipende tra diversi fattori, dai suoi obbiettivi, dai suoi metodi di lotta, da chi ha alla sua testa, ma in prima istanza la sua potenza sovversiva dipende dal grado di insopportabilità della situazione generale. Vero è che questa non è ancora arrivata al suo massimo grado, che non siamo ancora giunti al punto di esplosione, ma quando ci saremo arrivati, non saranno certo gli esorcismi dei Cacciari di turno a poterla fermare.
4 commenti:
Purtroppo e invece, ha ragione Cacciari.
Senza una valida organizzazione politica, il nuovo ceto medio proletarizzato, potrà servire solo a scalzare quelle frazioni della borghesia non più funzionali al nuovo ordine sociale, voluto dalla grande borghesia dell'euro (di cui Cacciari ne è un sostenitore) e di quella anglo-americana.
Come si fa, ad essere "ottimisti", con l'autore di quest'articolo, quando non c'è la minima coscienza ed organizzazione di classe,cioè politica, tra il nuovo proletariato?
Saluti.
La coscienza viene sempre dopo. O pensi che in Tunisia ed Egitto il proletariato in rivolta avesse una comune coscienza di classe? Il proletariato non ha una coscienza, perché se l'avesse sarebbe già rivoluzionario. Prima viene la spinta economica, poi l'azione e infine, ma soltanto all'ultimo, si forma (può formarsi) una coscienza di classe. Io la vedo così.
Sono prognosi formulate sullo sfondo della situazione attuale. Ma questa è instabile: l'impero statnitense e i suoi satelliti marciano chiaramente verso lo sfacelo economico espressione della disgregazione interiore. Quando ci arriveremo tutto sarà diverso.
Più che la rivoluzione, io credo che ci aspettino la guerra e dopo una dittatura questa sì mubarakiana. Cos'altro c'è da aspettarsi da un'umanità e soprattutto da una gioventù come quella attuale?
Non c'è dubbio che nella storia esistono delle costanti, condizionanti, e dalle quali non si può prescindere. Per quanto profondi siano stati i mutamenti, la società resta capitalistica. Ma i mutamenti ci sono stati, e questi incideranno molto sulla forma che assumeranno i conflitti, che saranno inevitabili (ma non immediatamente), dato che siamo entrati in un'epoca di grandi turbolenze. Immaginare queste forme non è ancora possibile. Noi tendiamo a credere che nella società polverizzata e a maggioranza di imborghesiti in via di pauperizzazione, avremo una polarizzazione sociale tra due opposti movimenti di popolo, di cui uno, sul solco tracciato dal lega-berlusconismo, sarà reazionario. Dall'altra parte, avremo un movimento di massa che sarà più simile a quello della rivoluzione francese che quella russa, la cui forza motrice sanculotta saranno non gli operai di fabbrica, ma gioventù precarizzata, disoccupati (che diventeranno molti di più col passare del tempo), e intellettuali proletarizzati....
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