Diamoci da fare
22-23 ottobre 2011 ASSEMBLEA NAZIONALE
FUORI DAL DEBITO! FUORI DALL’EURO!
Scriviamo questo testo agli inizi di agosto. Da tre settimane le borse euro-atlantiche registrano un tonfo dopo l’altro. Vendite massicce su tutti i fronti. Non ci si sbarazza solo dei titoli di stato e delle obbligazioni bancarie dei paesi considerati gli “anelli deboli” della catena europea, ma pure delle azioni industriali. Altro che “panico” o “mercati che non capiscono”!
Le grandi consorterie affaristiche e bancarie, quelle che maneggiano montagne di denaro, danno per certa una nuova recessione, con effetto domino sui debiti sovrani, sull'eurozona, su tutta l'economia. Siamo davanti alla profezia che si auto avvera, al passaggio dalla recessione alla depressione. Le conseguenze sociali saranno devastanti, senza precedenti. L’Italia risulta in queste settimane il paese tra i più colpiti dal marasma finanziario. Crescono gli interessi che lo Stato deve pagare per poter finanziare il suo debito, cresce di converso il rischio di un crack delle banche italiane, visto che per far quadrare i loro traballanti bilanci hanno acquistato quantità crescenti di titoli del tesoro.
Capitaclisma economico
L’Assemblea che stiamo preparando potrebbe dunque svolgersi dopo la «tempesta perfetta», in un contesto drammatico, nel bel mezzo di un cataclisma. Se questo crollo a breve non è certo, la tendenza invece lo è, poiché la crisi è storico-sistemica, di portata epocale. E’ al tramonto il modello economico sociale e politico adottato dall’Occidente imperialistico dopo gli anni ’70 dell’offensiva operaia e l’avanzata delle resistenze antimperialiste. Deindustrializzazione e terziarizzazione, supremazia della rendita usuraria, consumismo compulsivo alimentato dalla crescita esponenziale dei debiti privato e pubblico, delocalizzazione di interi comparti industriali nei paesi a bassi salari e a controllo totalitario della forza lavoro, parassitismo generale, crescita delle economie criminali. Sbriciolando l’ordinamento sociale, ridislocando classi e ceti, il combinato composto di depressione e crisi del debito sovrano, detterà la nuova agenda politica, deciderà il rango delle diverse problematiche sociali.
Polarizzazione sociale
Le questioni secondarie diventeranno primarie e quelle primarie diventeranno secondarie. Quelle marginali diverranno irrilevanti. I movimenti per i diritti democratici e i beni comuni, che in questi anni hanno occupato la ribalta, confluiranno nella più generale sollevazione popolare per salvare il paese dalla catastrofe. I partiti politici, guidati da cricche corrotte e incompetenti, longa manus delle oligarchie parassitarie, potrebbero essere travolti, lasciando spazio a forze politiche e sociali nuove, a quelle appunto che sapranno indicare radicali vie d’uscita dalla crisi sistemica. Non è difficile intuire su quali linee avverrà questa polarizzazione. La posta in palio è come uscire da questa crisi storica, chi dovrà essere portato al macello, chi deterrà il potere dello Stato. Le due classi dominanti, la rendita usuraria e il capitale monopolistico, arrivate al dunque, faranno causa comune, costituiranno l’asse portante di un blocco sociale reazionario, pronto a qualsiasi avventura pur di restare al posto di comando e scaricare sul resto della società i costi della crisi.
Blocco popolare
Ove i loro partiti-fantoccio fallissero nell’addomesticare le masse, nell’obbligarle ad accettare draconiane politiche di sacrifici (questi sono i compiti loro assegnati), saranno messi da parte, per far posto ad un regime di nuova dittatura, magari anticipato da movimenti di massa reazionari di cui la piccola borghesia pauperizzata fungerà da testa d’ariete. Il nostro paese è quindi destinato ad entrare in una fase di grandi turbolenze e conflitti, di polarizzazione sociale e politica. Lo sbocco non è predeterminato, verrà deciso nel corso della battaglia. Come sempre vincerà il più forte. Si deve dar vita, per tempo, ad un Blocco popolare, si deve impedire che milioni di cittadini finiscano tra le braccia del populismo reazionario. Un Blocco pronto dunque non solo alla resistenza, ma a scalzare dal potere le oligarchie parassitarie e i loro fantocci politici. Se non ci riusciremo tutto sarà perduto, i diritti democratici, la dignità, le conquiste sociali, il futuro. Occorre agire per aprire un varco a questo Blocco nel muro ostile eretto dal sistema, e che separa le larghe masse dai compiti che la situazione impone loro, dalla consapevolezza della posta in palio. Questo varco si apre sapendo indicare sia le misure politiche e sociali fondamentali che i mezzi coi quali soltanto il paese può evitare di precipitare nel baratro. Due sono le misure urgenti decisive: la cancellazione del debito pubblico e l’uscita dall’euro.
Fuori dal debito!
Per capire perché la vicenda debiti sovrani è fondamentale occorre riconoscere la distanza che separa il capitalismo reale e post-industriale moderno da quello che fu. Siamo in un sistema ove predomina il capitalismo parassitario di Stato. Lo Stato, oltre al suo immenso patrimonio, incamera ogni anno una cifra che sorpassa quella di tutte le industrie manifatturiere messe assieme. Esso è il perno a cui la ruota gira, la fonte a cui si abbeverano non solo la rendita parassitaria e il sistema bancario, ma gli stessi grandi gruppi monopolistici industriali con le loro appendici. I partiti politici, quelli di opposizione non meno di quelli al governo, agitano lo spauracchio della “default”, affermando che solo pagando i debiti ai creditori si eviterà la catastrofe. E’ vero l’esatto contrario! Onorare il debito causerà la depressione economica, un nuovo pauperismo di massa, la fine dello stato sociale, il definitivo crollo del paese. L’alternativa è quella di chiudere i condotti attraverso cui passa l’ingente flusso di ricchezza pubblica che alimenta i santuari milionari della rendita e dei monopoli. Cancellare il debito significa porre i sigilli alla bisca capitalistica, liberando così ingenti risorse per la rinascita dell’Italia, per rilanciare l’economia produttiva, pubblica e privata, per difendere i beni comuni, per rifondare il sistema scolastico e la ricerca, per debellare la disoccupazione, per gettare le fondamenta di un nuovo ordine sociale.
Fuori dall’euro!
Ognuno sa che i guai, per le masse lavoratrici e per il paese, sono aumentati con l’adozione dell’euro, una valuta ideata su misura del capitalismo industriale e finanziario tedesco, che ha infatti agevolato le sue fortune. Le banche germaniche hanno fatto profitti prestando soldi ai paesi “meno virtuosi”, affinché questi ultimi si ingozzassero di merci tedesche. Da quando l’Italia ha adottato l’euro il paese è in recessione. La tempesta finanziaria ha poi spazzato il principale argomento con cui si convinsero i cittadini ad accettare come salvifici i sacrifici per entrare nell’eurozona: che abbandonando la lira saremmo stati al riparo da una crisi del debito sovrano. Cancellazione del debito e uscita dall’euro sono due facce della stessa medaglia. Tornare alla lira, ponendo la Banca d’Italia assieme a tutto il sistema bancario e assicurativo sotto controllo pubblico, non vuol dire essere antieuropeisti, vuol dire guardare in faccia la realtà, anticipare la tendenza obiettiva, che è quella della disgregazione dell’Unione monetaria. Non c’è alcuna ragione plausibile per cui le masse popolari italiane debbano fare inauditi sacrifici per salvare un’Unione oligarchica, fondata sulla moneta e su principi liberisti e destinata al fallimento.
Sollevazione
Non si cancella il debito e non si abbandona l’euro senza mandare a casa, assieme al governo, l’intero Parlamento, visto che tutti i partiti sono concordi nell’onorare il primo e nel difendere il secondo. La strada del cambiamento passa per una sollevazione di massa, per l’assedio ai santuari del potere, facendo fare a questo regime la stessa fine dei satrapi come Ben Alì e Mubarak. Solo un governo popolare potrà salvare il paese. Solo una rivoluzione democratica caccerà la casta dei parassiti e consegnerà, attraverso una Assemblea costituente per una nuova Repubblica, la sovranità effettiva ai cittadini. Per questo occorre la più larga unità. Per questo convochiamo l’assemblea del 22 e 23 ottobre
* Fai circolare quest'appello. Se intendi esserci anche tu scrivi a: riv.dem@gmail.com
22-23 ottobre 2011 ASSEMBLEA NAZIONALE
Qui sotto il testo che convoca l’assemblea. Un incontro aperto a chiunque condivida le nostre proposte. L’assemblea sarà divisa in due parti: la prima di analisi di quanto sta accadendo, nella seconda ci concentreremo su quanto si deve fare. Diversi saranno gli oratori. Quanto prima daremo il palinsesto e indicheremo dove questa assemblea si svolgerà. Per chi vorrà pernottare e usufruire dei pasti la prenotazione è obbligatoria. Scrivere a riv.dem@gmail.com
Scriviamo questo testo agli inizi di agosto. Da tre settimane le borse euro-atlantiche registrano un tonfo dopo l’altro. Vendite massicce su tutti i fronti. Non ci si sbarazza solo dei titoli di stato e delle obbligazioni bancarie dei paesi considerati gli “anelli deboli” della catena europea, ma pure delle azioni industriali. Altro che “panico” o “mercati che non capiscono”!
Le grandi consorterie affaristiche e bancarie, quelle che maneggiano montagne di denaro, danno per certa una nuova recessione, con effetto domino sui debiti sovrani, sull'eurozona, su tutta l'economia. Siamo davanti alla profezia che si auto avvera, al passaggio dalla recessione alla depressione. Le conseguenze sociali saranno devastanti, senza precedenti. L’Italia risulta in queste settimane il paese tra i più colpiti dal marasma finanziario. Crescono gli interessi che lo Stato deve pagare per poter finanziare il suo debito, cresce di converso il rischio di un crack delle banche italiane, visto che per far quadrare i loro traballanti bilanci hanno acquistato quantità crescenti di titoli del tesoro.
Capitaclisma economico
L’Assemblea che stiamo preparando potrebbe dunque svolgersi dopo la «tempesta perfetta», in un contesto drammatico, nel bel mezzo di un cataclisma. Se questo crollo a breve non è certo, la tendenza invece lo è, poiché la crisi è storico-sistemica, di portata epocale. E’ al tramonto il modello economico sociale e politico adottato dall’Occidente imperialistico dopo gli anni ’70 dell’offensiva operaia e l’avanzata delle resistenze antimperialiste. Deindustrializzazione e terziarizzazione, supremazia della rendita usuraria, consumismo compulsivo alimentato dalla crescita esponenziale dei debiti privato e pubblico, delocalizzazione di interi comparti industriali nei paesi a bassi salari e a controllo totalitario della forza lavoro, parassitismo generale, crescita delle economie criminali. Sbriciolando l’ordinamento sociale, ridislocando classi e ceti, il combinato composto di depressione e crisi del debito sovrano, detterà la nuova agenda politica, deciderà il rango delle diverse problematiche sociali.
Polarizzazione sociale
Le questioni secondarie diventeranno primarie e quelle primarie diventeranno secondarie. Quelle marginali diverranno irrilevanti. I movimenti per i diritti democratici e i beni comuni, che in questi anni hanno occupato la ribalta, confluiranno nella più generale sollevazione popolare per salvare il paese dalla catastrofe. I partiti politici, guidati da cricche corrotte e incompetenti, longa manus delle oligarchie parassitarie, potrebbero essere travolti, lasciando spazio a forze politiche e sociali nuove, a quelle appunto che sapranno indicare radicali vie d’uscita dalla crisi sistemica. Non è difficile intuire su quali linee avverrà questa polarizzazione. La posta in palio è come uscire da questa crisi storica, chi dovrà essere portato al macello, chi deterrà il potere dello Stato. Le due classi dominanti, la rendita usuraria e il capitale monopolistico, arrivate al dunque, faranno causa comune, costituiranno l’asse portante di un blocco sociale reazionario, pronto a qualsiasi avventura pur di restare al posto di comando e scaricare sul resto della società i costi della crisi.
Blocco popolare
Ove i loro partiti-fantoccio fallissero nell’addomesticare le masse, nell’obbligarle ad accettare draconiane politiche di sacrifici (questi sono i compiti loro assegnati), saranno messi da parte, per far posto ad un regime di nuova dittatura, magari anticipato da movimenti di massa reazionari di cui la piccola borghesia pauperizzata fungerà da testa d’ariete. Il nostro paese è quindi destinato ad entrare in una fase di grandi turbolenze e conflitti, di polarizzazione sociale e politica. Lo sbocco non è predeterminato, verrà deciso nel corso della battaglia. Come sempre vincerà il più forte. Si deve dar vita, per tempo, ad un Blocco popolare, si deve impedire che milioni di cittadini finiscano tra le braccia del populismo reazionario. Un Blocco pronto dunque non solo alla resistenza, ma a scalzare dal potere le oligarchie parassitarie e i loro fantocci politici. Se non ci riusciremo tutto sarà perduto, i diritti democratici, la dignità, le conquiste sociali, il futuro. Occorre agire per aprire un varco a questo Blocco nel muro ostile eretto dal sistema, e che separa le larghe masse dai compiti che la situazione impone loro, dalla consapevolezza della posta in palio. Questo varco si apre sapendo indicare sia le misure politiche e sociali fondamentali che i mezzi coi quali soltanto il paese può evitare di precipitare nel baratro. Due sono le misure urgenti decisive: la cancellazione del debito pubblico e l’uscita dall’euro.
Fuori dal debito!
Per capire perché la vicenda debiti sovrani è fondamentale occorre riconoscere la distanza che separa il capitalismo reale e post-industriale moderno da quello che fu. Siamo in un sistema ove predomina il capitalismo parassitario di Stato. Lo Stato, oltre al suo immenso patrimonio, incamera ogni anno una cifra che sorpassa quella di tutte le industrie manifatturiere messe assieme. Esso è il perno a cui la ruota gira, la fonte a cui si abbeverano non solo la rendita parassitaria e il sistema bancario, ma gli stessi grandi gruppi monopolistici industriali con le loro appendici. I partiti politici, quelli di opposizione non meno di quelli al governo, agitano lo spauracchio della “default”, affermando che solo pagando i debiti ai creditori si eviterà la catastrofe. E’ vero l’esatto contrario! Onorare il debito causerà la depressione economica, un nuovo pauperismo di massa, la fine dello stato sociale, il definitivo crollo del paese. L’alternativa è quella di chiudere i condotti attraverso cui passa l’ingente flusso di ricchezza pubblica che alimenta i santuari milionari della rendita e dei monopoli. Cancellare il debito significa porre i sigilli alla bisca capitalistica, liberando così ingenti risorse per la rinascita dell’Italia, per rilanciare l’economia produttiva, pubblica e privata, per difendere i beni comuni, per rifondare il sistema scolastico e la ricerca, per debellare la disoccupazione, per gettare le fondamenta di un nuovo ordine sociale.
Fuori dall’euro!
Ognuno sa che i guai, per le masse lavoratrici e per il paese, sono aumentati con l’adozione dell’euro, una valuta ideata su misura del capitalismo industriale e finanziario tedesco, che ha infatti agevolato le sue fortune. Le banche germaniche hanno fatto profitti prestando soldi ai paesi “meno virtuosi”, affinché questi ultimi si ingozzassero di merci tedesche. Da quando l’Italia ha adottato l’euro il paese è in recessione. La tempesta finanziaria ha poi spazzato il principale argomento con cui si convinsero i cittadini ad accettare come salvifici i sacrifici per entrare nell’eurozona: che abbandonando la lira saremmo stati al riparo da una crisi del debito sovrano. Cancellazione del debito e uscita dall’euro sono due facce della stessa medaglia. Tornare alla lira, ponendo la Banca d’Italia assieme a tutto il sistema bancario e assicurativo sotto controllo pubblico, non vuol dire essere antieuropeisti, vuol dire guardare in faccia la realtà, anticipare la tendenza obiettiva, che è quella della disgregazione dell’Unione monetaria. Non c’è alcuna ragione plausibile per cui le masse popolari italiane debbano fare inauditi sacrifici per salvare un’Unione oligarchica, fondata sulla moneta e su principi liberisti e destinata al fallimento.
Sollevazione
Non si cancella il debito e non si abbandona l’euro senza mandare a casa, assieme al governo, l’intero Parlamento, visto che tutti i partiti sono concordi nell’onorare il primo e nel difendere il secondo. La strada del cambiamento passa per una sollevazione di massa, per l’assedio ai santuari del potere, facendo fare a questo regime la stessa fine dei satrapi come Ben Alì e Mubarak. Solo un governo popolare potrà salvare il paese. Solo una rivoluzione democratica caccerà la casta dei parassiti e consegnerà, attraverso una Assemblea costituente per una nuova Repubblica, la sovranità effettiva ai cittadini. Per questo occorre la più larga unità. Per questo convochiamo l’assemblea del 22 e 23 ottobre
* Fai circolare quest'appello. Se intendi esserci anche tu scrivi a: riv.dem@gmail.com
13 commenti:
poche righe, anche se l'articolo che condivido in toto, meriterebbe un commento approfondito; da vetero comunista gioisco nel vedere il colosso capitalista occidentale scricchiolare; è un colosso di rody mastodontico, farlo crollare è indicazione primaria che i comunisti e gli anticapitalisti convinti, devono prospettare alle masse popolari, soprattutto ai ceti sociali subalterni; non sevono marchingegni istituzionali per rivoltare il tavolo da gioco, ma solo un possente movimento rivoluzionario democratico e di massa, che capisca che l'unico modo per cambiare prospettiva alla insopportabile realtà, è fare come la grecia, la tunisia e l'egitto; e liberarsi definitivamente delle satrapie partitiche e politiche tutte, quelle del centrosinistra comprese; queste satrapie costituiscono una cancrena ed una casta che vive lontana migliaia di miglia dai bisogni delle classi sociali subalterne e proletarie; in parole semplici occorre utilizzare una ramazza e fare finalmente piazza pulita, distruggere il quarier generale del potere oligarchico, ed instaurare un vero governo democratico i cui pilastri siano la classe operaia ed i lavoratori, gli unici produttori della ricchezza nazionale, che viene rapinata dalle bande criminali del potere capitalistico.
Si, ma vediamo di non restare ingabbiati dei soliti proclami ideologici. Qui occorre darsi da fare per stimolare la sollevazione popolare e dare l'assedio al potere. Noi proponiamo questi due punti come centrali: fuori dal debito e fuori dall'euro. Due cose grosse, ma due cose concrete. E su questi due punti che martelleremo chiunque....
Diversi saranno gli oratori. Quanto prima daremo il palinsesto e indicheremo dove questa assemblea si svolgerà.
Mi interessa, sopratutto sapere, chi saranno gli oratori. Possibilmente, conoscere il loro curriculum vitae.
Grazie.
Forniremo l'elenco completo degli oratori entro la fine di agosto, dunque con largo anticipo. Di alcuni di loro non ci sarà bisogno del curriculum, che sono arcinoti.
nessun proclama ideologico; d'accordo con la redazione; e d'accordo sul darsi da fare; sapendo che se ci si mette in marcia, occorre mettere nel conto uno strumento organizzativo, ed una direzione collettiva condivisa; e per fare ciò la marcia non dovrà essere ostacolata da calcoli politicisti ed istituzionali; almeno nel breve periodo; se si pensa di avere come mira l'inevitabilità necessaria degli scranni parlamentari, allora il pericolo di possibile ulteriore casta parlamenatre in itinere, troncherà sul nascere la prospettiva del cambiamento radicale.
Cara «Congiura degli uguali». Siamo daccordo su tutta la linea! E per quanto concerne le mire elettorali, ti segnaliamo che la nostra associazione nacque da un appello astensionista. Non ritorneremo all'ovile. Non porteremo acqua al mulino del sistema, contribuendo a dare una parvenza di legittimità al Parlamento. Semmai pensiamo ad un "anti-parlamento". Per cui, diamoci da fare, che siamo entrati in un periodo di grandi mutamenti.
... pensiamo ad un... anti-parlamento???
Ma di cosa state parlando?
Attenzione ragazzi che se pensate di giocare a monopoli col Paese ed i suoi problemi fate una brutta figura... per non dire altro.
La "sollevazione popolare" è necessaria a questo punto ma per fare cose "FATTIBILI" per un Paese che, volenti o nolenti, sta in Europa e non in Sud America...
Partite col piede giusto per essere credibili, altrimenti è aria fritta per qualche agitato sul web.
Ci vediamo all'Assemblea Nazionale (forse).
Gilcin
caro Gilcin,
cosa significa "essere credibili"? Significa evidentemente che una data comunità considera plausibile, razionale, fattibile, una determinata soluzione ad un problema. Ora, a parte il fatto che una comunità non è mai un blocco monolitico, l'opinione mainstream o l'ideologia dominante è sempre quella della classe dominante. Cosi che questa comunità considera utopistiche, vuoi sbagliate, vuoi assurde, certe soluzioni. Quando l'equilibrio sociale improvvisamente crolla, quando la classe dominante non è più in grado di tirar fuori la comunità dal marasma, la comunità è costretta ad interrogarsi, e ad abbandonare le sue vecchie certezze. Cito da un documento degli antimperialisti del 2009:
«Non sempre le masse fanno la storia, è sicuro che la fanno nei momenti decisivi, quando si decide, non le sorti di questo o quel governo, ma quelle della comunità nazionale o internazionale tutte intere. In questi momenti l’impossibile diventa possibile, l’assurdo ragionevole. Le intelligenze semplici hanno questo vantaggio, che possono afferrare al volo i concetti più arditi e quello spirito del tempo che le sottili e capziose menti dei sapienti riescono a riconoscere solo post festum, dopo un inutile vagabondaggio, comunque sempre in ritardo».
a un mese esatto ancora non si conoscono gli oratori ?
sotto la testata, in alto a destra, vedi gli oratori
Grazie redazione, leggo quotidianamente -sollevazione-
Molto prima del'8 ottobre avevo già letto.
anonimo dell'8 settembre.
...si chiarisse che la proprietà della moneta è e deve essere dei cittadini e non di una banca di merda di privati di merda! Poi, quando i soldi che avremo in tasca saranno i nostri e non avremmo più cravattari tra i coglioni allora chiacchieriamo pure quanto ci pare, ma prima tutti i discorsi sono secondari (visto che sempre de sordi se parla).
ma avete mai preso in mano un libro di economia in vita vostra? se lo aveste fatto avreste scoperto 2 importantissime cosette :
1. un paese privo di materie prime ( il nostro ) se non in possesso di una moneta forte, muore poichè la sua moneta non compre il prezzo dell'acquisto delle materie prime ( energia in primis ) con la vendita.
2. qualora il debito pubblico fosse rinnegato, esimio, non sono solo i cattivi capitalisti a piangere, ma visto che la moneta andrebbe fuori corso e che tutte ( e dico tutte sul serio ) le banche hanno investimenti nel settore pubblico, i tuoi risparmi in banca sarebbero volatilizzati, e con quelli nascosti a casa possono essere usati in bagno. presente l'argentina di qualche anno fa? il concetto è quello.
studia e poi parla.
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