18 dicembre: davanti al cancello n.5 |
Corrispondenza da Torino
«Sarà stato anche per la temperatura polare, ma la manifestazione della FIOM davanti allo storico Cancello 5 di Mirafiori non è stata un successo [svoltasi sabato 18/12, Ndr]. Quanti eravamo 2, 3mila? Forse meno. E pensare che c'era praticamente tutta la sinistra torinese, non meno divisa di quella del resto d'Italia. Ho visto compagni No-Tav, di Rifondazione, Sinistra Critica, SEL, addirittura qualcuno dei COBAS. Malgrado ciò la manifestazione non è andata bene, prova ne sia che il previsto corteo verso il Lingotto, alla fine, non c'è stato.
Non nascondiamocelo: tira una brutta aria a Torino. Malgrado la paventata contro-manifestazione pro-FIAT, in stile quella dei "quarantamila" dell'ottobre 1980, alla fine non ci sia stata, noi non ce l'abbiamo fatta, visti i numeri, a fare il corteo. Lo schieramento pro-Marchionne ha una forza enorme. Non c'è giorno che qualche padrone o padroncino prenda la parola per dire all'AD FIAT "Avanti tutta!". Le stesse "colombe" della Confindustria, nella sostanza stanno con la direzione FIAT, il dissenso, dicono, è solo sui metodi troppo spicci di Marchionne. Dalla parte della FIAT c'è il sindaco Chiamparino, c'è la gran parte del PD, c'è nei fatti la CGIL locale, spalleggiata dalla Camusso, la cui ostilità alla FIOM è nota. Insomma: l'isolamento politico della FIOM è totale.
Questo, almeno così di vocifera tra i delegati, inizia a creare crepe dentro la stessa FIOM. Giorgio Airaudo si starebbe posizionando a fianco della Camusso, quindi contro Landini. Nelle prossime ore vedremo se questo sospetto è vero oppure no. Non penso, malgrado ciò, che la FIOM firmerà l'accordo, che accetterà per Mirafiori ciò che non ha accettato per Pomigliano. Ma ci sono tanti modi di non-firmare: si può non-firmare ma senza mettersi di traverso, senza fare troppo casino. Ci si aggrapperà al cadavere della democrazia, si dirà che l'intesa eventuale deve essere passare al vaglio dei lavoratori. E se l'intesa otterrà almeno il 51% dei consensi, tutti sotto a lavorare come bestie da soma, per il bene della FIAT "che ci da da mangiare". E malgrado la realtà sia che siamo noi a dar da magiare a Marchionne, addio diritti sindacali. Non astratti diritti democratici, ma conquiste, che per quanto singolarmente prese siano poca cosa, tutte assieme fanno la qualità della vita dentro gli stabilimenti.
Vedrete così che alla fine, l'accordo proposto da Marchionne, passerà, che non si riuscirà a stoppare il ciclone americano. Forse prima della fine dell'anno. L'impressione è dunque che questo primo round l'abbiamo perso. Un round, non la guerra. Perché pesa sulla vicenda operaia tutto il quadro politico, la crisi globale, l'isolamento, la divisione delle opposizioni, sia politiche che sociali. Prevale, tra i lavoratori, il disincanto, la disillusione, la paura. Sentimenti che non giocano a favore del conflitto, ma sono sentimenti mischiati alla rabbia, all'incazzatura, anche se per adesso viaggiano sottotraccia.
La speranza che un giorno ai lavoratori siano riconosciuti non solo i loro legittimi diritti, ma la loro dignità, il posto che gli spetta nella politica e nella società, è appunto legata a questa rabbia strisciante. Una rabbia che prima o poi esploderà come una pentola a pressione, come è accaduto a Roma con gli studenti il 14 dicembre. E più la politica e i partiti condannano questa rabbia e fanno gli scongiuri, più assecondano il padronato, più si carica la molla di questa rabbia.
Prepariamoci dunque al prossimo round, il referendum interno sull'intesa. L'insuccesso della manifestazione FIOM del 18 dicembre potrebbe far pensare al peggio. Ma qual'è il peggio? Io penso che il massimo sarebbe ottenere lo stesso risultato di Pomigliano. Un quaranta per cento di no. Non sarà facile. Ma se questo accadrà vorrà dire che non siamo messi così male come afferma la propaganda. Ricominceremo da tre».
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