[ 23 aprile 2010 ]
Cosa bolla davvero nella pentola?
Tutti si chiedono dove può portare lo scontro tra Fini e Berlusconi. La risposta dipende evidentemente da quella che si ritiene la posta in palio. C'è chi tende a minimizzare il conflitto in seno al Pdl, ritenendo che si tratti anzitutto di un dissidio tra notabili, dove in gioco ci siano fette di potere e poltrone, fuori e dentro il Pdl, e la cui drammaticità sarebbe acuita dall'idiosincrasia personale tra i due leader. Come dire: chi se ne frega come andrà a finire! Ci sono cose più importanti di cui parlare. Noi abbiamo invece la sensazione che questo conflitto abbia cause ben più profonde e che quella sotto i nostri occhi è sì una crisi del Pdl, ma che tira in ballo il futuro del paese.
Va bene. I partiti in senso proprio oramai non esistono più. Sono dei Consigli di amministrazione, in cui il leader altro non è che l'amministratore delegato. Entrambi devono fare riferimento agli azionisti, ai quali regolarmente devono presentare un bilancio sui fatturati, gli utili, ecc. Gli azionisti sono milioni di elettori, che proprio come nelle grandi società contano poco o nulla, visto che chi detiene un pacchetto anche solo del 5% fa il bello e il cattivo tempo.
Il piccolo fatto è che la società in questione è lo Stato chiamato Italia. Il secondo fatto è che questo Stato attraversa una crisi strutturale, economica e politica, e che questa crisi volge al peggio. Per una serie di ragioni i nodi stanno tutti venendo al pettine, chi oggi detiene il controllo dell'azienda Italia, ovvero il governo Pdl-Lega, deve prendere nei prossimi mesi e anni decisioni che saranno, appunto, non di ordinaria amministrazione, ma decisioni che potremmo definire strategiche. La pace nel Pdl è finita proprio per questa ragione, perché non si può più traccheggiare. Davanti al bivio di scelte dirimenti il Pdl non può che spaccarsi. Due visioni del paese si confrontano, due visioni che sono incompatibili.
Passata la buriana elettorale il Cavaliere ha fatto chiaramente capire che "o si fanno le grandi riforme o si muore". Federalismo, presidenzialismo, giustizia, immigrazione, debito pubblico, come ripartire i sacrifici sociali richiesti... Quando Fini afferma che si tratta solo di "titoli" e che occorre andare a vedere il loro contenut, lascia capire che nel Pdl ci sono due linee, due visioni strategiche. Il fatto che egli, per ragion tattiche, non abbia già spaccato il Pdl, non inficia quanto diciamo. Fini adopera il capro espiatorio della Lega Nord, ma questo, a bene vedere dice tutto. La mossa plateale di Fini non è altro che questo, obbligare Berlusconi a scegliere: o mantenere il suo patto di ferro con Bossi o romperlo. Il Cavaliere è stato messo in guardia: se non spezza nei prossimi mesi quel patto, la rottura sarà inevitabile.
Poiché nei prossimi mesi nell'agenda del governo ci sono appunto queste famigerate "riforme", tra cui la madre di tutte quante, quella del federalismo fiscale e il padre, l'assetto istituzionale (presidenzialismo, legge elettorale, bipolarismo, giustizia, ecc.). Tremonti, dimostrando chi sia il vero dominus del governo, ha detto che entro la fine del 2010 ci saranno i decreti attuativi. Fini ha alle spalle forze economiche, sociali e istituzionali che considerano le spinte leghiste devastanti per gli equilibri sociali e politici, al limite eversivi per la stessa sorte dell'unità nazionale. Esse stanno alacremente lavorando per togliere di mezzo Belusconi, apparentemente senza attendere la fine di questa legislatura, e quindi, con molta probabilità per quello che giornalisticamente è stato chiamato "ribaltone".
La conclusione che ne traiamo è questa: con lo psicodramma andato in scena alla direzione del Pdl si è aperto forse l'ultimo capitolo della battaglia interna alle oligarchie dominanti, tra il fronte pro e contro Berlusconi. Ellitticamente Fini l'ha detto: "Signori, si è aperta una nuova fase politica".
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