di Mario Tronti
Socialismo reale.
Il socialismo reale aveva un destino segnato di sconfitta nel momento in cui quell’esperimento non si è ripetuto in Occidente. Adesso possiamo verificare che non era possibile quel socialismo in un paese solo, e soprattutto in quel paese. Prima ancora del crollo del socialismo reale la sconfitta vera è quella della rivoluzione in occidente. E’ qui che Marx ha subito la vera sconfitta.
Conoscenza del capitale/Conoscenza della classe operaia.
Credo che la conoscenza scientifica della classe operaia è stata inferiore alla conoscenza scientifica del capitale. E questo già nell’opera di Marx. Marx ha conosciuto di più e meglio la struttura del capitale, la sua opera fondamentale è su questo argomento, mentre non ha approfondito la conoscenza della forza lavoro. L’ha approfondita in quanto parte del capitale, come capitale variabile, lavoro vivo e così via. Ma non l’ha approfondita nel senso della sua possibile autonomia. Un’autonomia da intendere in senso forte: prima ancora che sindacale e politica, è antropologica. Marx non ha dato un antropologia operaia come invece hanno fatto le grandi dottrine borghesi che contavano su un’antropologia borghese formulata dagli economisti classici a partire da Adam Smith. Nel Novecento non c’è stato alcun approfondimento su questo problema. L’“uomo nuovo” che si voleva costruire nel socialismo non era credibile perché non veniva da una precedente analisi scientifica della figura operaia. Tanto è vero che il lavoro è stato equivocato all’interno di una mitologia positiva. Purtroppo non è stata elaborata una mitologia negativa del lavoro.
Quando siamo andati a vedere l’operaio in carne ed ossa nelle grandi concentrazioni operaie questo era evidentissimo. L’operaio non amava il suo lavoro, semmai lo odiava. Quest’odio poteva essere la carta vincente della forma organizzata della classe. Il movimento operaio non ha capito bene il suo punto di riferimento: l’operaio delle industrie. Man mano che si passava dall’operaio professionale all’operaio massa, aumentava l’alienazione del lavoro e il suo carattere automatico, il carattere di appendice dell’operaio rispetto alla macchina, ma aumentava anche la sua lotta contro il capitale e nello stesso tempo la lotta contro il proprio lavoro dentro il capitale. Questa incomprensione prosegue anche oggi in cui la figura operaia sparisce di fronte al processo automatizzato della produzione capitalistica.
La figura operaia non ha avuto dietro di sé questa genesi, è un prodotto che nasce nella rivoluzione industriale. Nasce alla fine del Settecento. A un certo punto si è trovata a gestire una forma sociale come il socialismo reale che tutto sommato, tra tanti limiti e difetti e crimini, dava la possibilità ad un lavoratore o a un contadino di arrivare a dirigere un complesso industriale, una struttura di partito o anche lo Stato. Se si va vedere le biografie dei dirigenti bolscevichi che guidano la fase della costruzione del socialismo, in grandissima parte hanno un’origine proletaria. Però non era sufficiente perché queste figure non portavano dietro di sé l’accumulo di sapere, scienza, tecnica, cultura e arte. Non a caso si è dovuto fare ricorso, nei casi migliori, al sapere delle altre classi sociali che venivano incluse nei livelli di gestione della società e del potere con tutte le contraddizioni che questo comportava, al punto da risultare impropria alla costruzione e alla gestione del socialismo. La rottura che c’è stata nella gestione del socialismo tra il potere e il sapere è stata drammatica.
Classe operaia oggi.
In Cina, in India o in Corea, dal punto di vista quantitativo non si può dire che esista un declino operaio, ma secondo me questo non basta. Nel senso che la crescita della classe operaia non si può misurare quantitativamente. Non basta la concentrazione operaia in alcuni luoghi per farne un elemento soggettivo di antagonismo. Ci vuole qualcos’altro. Per me la nozione di classe è una nozione che diventa un fatto politico quando si passa ad un livello di coscienza di classe e poi quando questa coscienza si esprime in forma organizzata. Se non esistono questi passaggi la quantità delle figure operaie non fa il salto verso la qualità. La mia impressione è che anche in queste condizioni manca questo passaggio. In Occidente il passaggio dalla centralità alla marginalità operaia è evidente anche dal punto di vista empirico. In Oriente questo elemento quantitativo, almeno ad oggi, non mostra di passare alla qualità. Ma queste più che certezze, sono dubbi.
Marx non poteva essere un pensatore riformista.
Marx non poteva esistere senza il proletariato, non ci sarebbe stato il suo pensiero senza questo punto di vista, questo per dire che Marx, ad esempio, è il portatore di un grande progetto. Ecco perché non può essere un pensatore riformista. Si può non essere marxisti ed essere riformisti., nel novecento abbiamo avuto degli esempi straordinari di riformismo: Keynes, chi più di lui, e non era certo marxista. Poi c’è Roosevelt. Hanno riformato il capitalismo nella teoria e nella pratica. Ma riformisti sono stati anche quelli che hanno rovesciato la prospettiva keynesiano: i neoliberisti hanno rifondato il capitalismo in maniera altrettanto forte nell’era thatcheriana. Mentre essere marxisti, significa essere rivoluzionari. L’istanza di Marx, per quanto se ne voglia dire, non è un miglioramento delle attuali condizioni, ma un loro rovesciamento. E quindi se il riformismo è la piccola storia, la rivoluzione è la grande storia del Novecento.
La rivoluzione oggi: necessaria ma impossibile
l’attualità di Marx è nell’attualità della rivoluzione che si declina in un modo molto complesso, perché io credo che oggi ci sia una necessità della rivoluzione e nello stesso tempo c’è un’impossibilità della rivoluzione. La rivoluzione è necessaria e non è possibile. questo è il tragico del nostro tempo che bisogna assumere in proprio e convivere con questa contraddizione tra necessità e possibilità.
Il futuro sarà determinato dallo sviluppo del capitalismo mondiale.
La storia dello scontro tra potenze politiche, storiche sta ritornando. Più che nell’aggressione dell’occidente da parte di potenze estranee come quelle che vengono evocate nello scontro di civiltà, che è una cosa da non sottovalutare, nell’occidente, che per me è più grande dei suoi ipotetici confini “culturali, e corrisponde al mondo capitalistico, stanno entrando dimensioni enormi che fino a ieri erano fuori, il mondo cosiddetto sottosviluppato. La pratica futura sarà determinata da questo sviluppo capitalistico mondiale. Non possiamo sapere cosa accadrà quando si muoveranno queste realtà. Oggi ritorna il conflitto tra potenze come accadeva un tempo in Europa: la Francia contro la Spagna, l’Impero tedesco contro l’Inghilterra. Il conflitto tra le potenze ritornerà presto a livello mondo. E anche la pratica della lotta di classe sarà determinata da questi sommovimenti.
[A cura di E.A.]
Da http://www.centroriformastato.it/
1 commento:
Interessante disamina di attese smentite dall'evolversi della Storia e di profezie basate sulla presunzione che esista la sfera di cristallo. Marx si era proposto degli scopi e la sua teoria li ha raggiunti nel momento giusto.
La rivoluzione Russa non potrà mai più ripetersi con le stesse modalità e con gli stessi obiettivi. Le speranze del Proletariato si sono fossilizzate su teorie che sono ormai obsolete mentre il Capitalismo, come ben si dice nell'articolo, ha camminato con i tempi.
Su di un punto non penso si possa essere daccordo: la storia dell"impero tedesco" sa di fantasioso stereotipismo e sventolare questo fantasma d'altri tempi per spiegare le drammatiche vicende europee e nostrane é fuorviante.
In quanto alle rivalità fra potenze, invece, siamo nel vero. L'intervento mimetizzato da esercitazione previsto per la fine di gennaio in Siria é un fatto, abbastanza preoccupante, se vogliamo, per ciò che potrà saltarne fuori.
La presenza della Cina in ambito planetario poi, é di per sé, qualcosa di estremamente importante.
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