10 maggio. La globalizzazione neo liberista ha spiccato il volo nei primi anni novanta fra gioiosi inni alle sue sorti magnifiche e progressive come attestavano i non dimenticati libri di Francis Fukuyama sulla fine della storia e di Toni Negri sull’Impero. Si prometteva la fine della nazioni e dello Stato nazione, rottame del passato, di conseguenza dell’ordine westfalico sostituito da una governance mondiale fortemente integrata che avrebbe abolito il “fuori” e trasformato ogni crisi locale in un caso di “insorgenza” da curare con “interventi di polizia internazionale”.
Si prometteva uno sviluppo mondiale, che avrebbe riscattato i paesi arretrati, ed il benessere generalizzato attraverso la “democratizzazione della finanza” assistita da nuovi strumenti matematici che avrebbero posto fine alle grandi crisi. Sarebbe sorto un mondo “piatto” e simmetrico.
Ogni promessa colpiva un suo particolare target: il benessere generalizzato e lo sviluppo attraeva i paesi arretrati, la “democratizzazione della finanza” i precari delle società metropolitane, la promessa di una governance mondiale in grado di mediare i conflitti seduceva i fautori dell’internazionalismo ecc.
Poi le cose sono andate molto diversamente: la governance mondiale si è ridotta ad un concerto molto instabile fra vecchi imperi e potenze emergenti, i conflitti non sono affatto diminuiti e le operazioni di polizia internazionale non hanno dato i risultati voluti, vecchie asimmetrie si sono attenuate o scomparse, ma solo per essere sostituite da nuove. Soprattutto, il sogni di una finanza sempre espansiva ed al sicuro da grandi crisi è stato impietosamente spazzato via da una crisi che è già la peggiore dopo quella del 1929 e non accenna a passare.
Quello attuale è un mondo segnato da asimmetrie diverse e più aspre di quelle passate, con ragioni di conflitto più insidiose, profondamente instabile nel quale si avverte chiaramente il rischio di uno sbocco caotico e ingovernabile.
Ed ora siamo ad una crisi di rigetto della globalizzazione che ha assunto forme assai diverse e per questo non viene riconosciuta (o lo è molto a fatica) come fenomeno unitario.
La sensazione è quella di un “nuovo disordine mondiale” che assomma fenomeni assai diversi fra loro: ricolte urbane e guerriglie rurali, crisi finanziarie e crisi dell’economia reale, instabilità politica e reazioni culturali. E proprio sulle reazioni culturali vorremmo soffermarci.
Con grande sicumera, l’Occidente ha intrapreso la via della globalizzazione come processo di assimilazione a sé del resto del mondo. La “grande Europa” (quella che, oltre che all’Europa propriamente detta, comprende anche le Americhe e l’Oceania, continenti cristiani e dove si parlano lingue europee) ha pensato di poter parlare al Mondo senza ascoltare, di poter insegnare la via della modernità e del progresso e che gli altri dovessero limitarsi a copiare il perfetto modello della “Grande Europa”. Ci sono stati due grandi monumenti intellettuali a questa insipienza eurocentrica: “La fine della storia e l’ultimo uomo” di Francis Fukuyama e “L’Impero” di Toni Negri. Già Samuel Huntington fu più accorto e comprese subito che, per gli altri, “modernizzazione” non faceva rima con “Occidentalizzazione” ed abbozzò una strategia che, pur sempre funzionale al dominio americano, aveva però il pregio di un maggiore realismo.
Oggi siamo di fronte ad una rivolta contro la globalizzazione neo liberista che assume forme diversissime fra loro ma che, alla base, esprime lo stesso rigetto nei confronti di questo progetto di appiattimento universale:
-le proteste nelle metropoli capitalistiche, o nelle loro immediate periferie, (da Ows ad Atene, dagli indignados alla rivolta elettorale “populista” che si avvicina, dal malessere dei ceti medi alle rivolte degli immigrati) contestano l’ipercapitalismo finanziario che è il motore di questo progetto
-le rivolte arabe ed il parallelo fenomeno fondamentalista descrivono una dialettica diversa ma comunque di resistenza all’invasività del modello occidentale
-i massacri di cristiani segnalano l’odio verso quella religione che è vista come propria dell’occidente e della sua volontà di annientare le altre culture
-la violenta campagna anti gay in Russia, in Africa in alcuni paesi asiatici, proprio nel momento in cui in occidente si parla di matrimoni gay ecc sembra una aperta rivolta contro un modello culturale che va molto al di là della specifica questione gay
-l’evoluzione aggressiva della politica estera cinese che manifesta una crescente insofferenza verso il predominio occidentale negli organismi internazionali
-persino nella singola vicenda dei marò italiani in India è difficile non scorgere un certo livore antieuropeo.
La “grande Europa” (o meglio, l’asse euro-americano) non è più in grado di dettare legge al mondo, ma non lo ha ancora capito. Intanto monta una rivolta dai mille volti che presto potrebbe diventare una tempesta senza precedenti.
Si prometteva uno sviluppo mondiale, che avrebbe riscattato i paesi arretrati, ed il benessere generalizzato attraverso la “democratizzazione della finanza” assistita da nuovi strumenti matematici che avrebbero posto fine alle grandi crisi. Sarebbe sorto un mondo “piatto” e simmetrico.
Ogni promessa colpiva un suo particolare target: il benessere generalizzato e lo sviluppo attraeva i paesi arretrati, la “democratizzazione della finanza” i precari delle società metropolitane, la promessa di una governance mondiale in grado di mediare i conflitti seduceva i fautori dell’internazionalismo ecc.
Poi le cose sono andate molto diversamente: la governance mondiale si è ridotta ad un concerto molto instabile fra vecchi imperi e potenze emergenti, i conflitti non sono affatto diminuiti e le operazioni di polizia internazionale non hanno dato i risultati voluti, vecchie asimmetrie si sono attenuate o scomparse, ma solo per essere sostituite da nuove. Soprattutto, il sogni di una finanza sempre espansiva ed al sicuro da grandi crisi è stato impietosamente spazzato via da una crisi che è già la peggiore dopo quella del 1929 e non accenna a passare.
Quello attuale è un mondo segnato da asimmetrie diverse e più aspre di quelle passate, con ragioni di conflitto più insidiose, profondamente instabile nel quale si avverte chiaramente il rischio di uno sbocco caotico e ingovernabile.
Ed ora siamo ad una crisi di rigetto della globalizzazione che ha assunto forme assai diverse e per questo non viene riconosciuta (o lo è molto a fatica) come fenomeno unitario.
La sensazione è quella di un “nuovo disordine mondiale” che assomma fenomeni assai diversi fra loro: ricolte urbane e guerriglie rurali, crisi finanziarie e crisi dell’economia reale, instabilità politica e reazioni culturali. E proprio sulle reazioni culturali vorremmo soffermarci.
Con grande sicumera, l’Occidente ha intrapreso la via della globalizzazione come processo di assimilazione a sé del resto del mondo. La “grande Europa” (quella che, oltre che all’Europa propriamente detta, comprende anche le Americhe e l’Oceania, continenti cristiani e dove si parlano lingue europee) ha pensato di poter parlare al Mondo senza ascoltare, di poter insegnare la via della modernità e del progresso e che gli altri dovessero limitarsi a copiare il perfetto modello della “Grande Europa”. Ci sono stati due grandi monumenti intellettuali a questa insipienza eurocentrica: “La fine della storia e l’ultimo uomo” di Francis Fukuyama e “L’Impero” di Toni Negri. Già Samuel Huntington fu più accorto e comprese subito che, per gli altri, “modernizzazione” non faceva rima con “Occidentalizzazione” ed abbozzò una strategia che, pur sempre funzionale al dominio americano, aveva però il pregio di un maggiore realismo.
Oggi siamo di fronte ad una rivolta contro la globalizzazione neo liberista che assume forme diversissime fra loro ma che, alla base, esprime lo stesso rigetto nei confronti di questo progetto di appiattimento universale:
-le proteste nelle metropoli capitalistiche, o nelle loro immediate periferie, (da Ows ad Atene, dagli indignados alla rivolta elettorale “populista” che si avvicina, dal malessere dei ceti medi alle rivolte degli immigrati) contestano l’ipercapitalismo finanziario che è il motore di questo progetto
-le rivolte arabe ed il parallelo fenomeno fondamentalista descrivono una dialettica diversa ma comunque di resistenza all’invasività del modello occidentale
-i massacri di cristiani segnalano l’odio verso quella religione che è vista come propria dell’occidente e della sua volontà di annientare le altre culture
-la violenta campagna anti gay in Russia, in Africa in alcuni paesi asiatici, proprio nel momento in cui in occidente si parla di matrimoni gay ecc sembra una aperta rivolta contro un modello culturale che va molto al di là della specifica questione gay
-l’evoluzione aggressiva della politica estera cinese che manifesta una crescente insofferenza verso il predominio occidentale negli organismi internazionali
-persino nella singola vicenda dei marò italiani in India è difficile non scorgere un certo livore antieuropeo.
La “grande Europa” (o meglio, l’asse euro-americano) non è più in grado di dettare legge al mondo, ma non lo ha ancora capito. Intanto monta una rivolta dai mille volti che presto potrebbe diventare una tempesta senza precedenti.
* Fonte: Aldo Giannuli
3 commenti:
Un'analisi che spiega ciò ch esta avvenendo in Europa, ai suoi confini e nel mondo. Si dovrebbe unicamente aggiungere che il presupposto della corsa verso la "globalizzazione" è stata la fine (vera o presunta) dell'equilibrio fra i due blocchi USA - UDSSR. Dall'equilibrio del terrore si è passati al terrore ... degli squilibrati (famiglia Bush e suo attuale epigono).
Invece di una illusoria "fine della storia" la realtà mostra che stiamo vivendo la "storia della fine" di un modello che aveva per lo meno garantito un modus vivendi fra le nazioni in cui esisteva un unico "diritto internazionale" (e non due come ora: quello di USA ed Israele, che possono fare ciò che vogliono nel proprio interesse (tanto sono sempre dalla parte del "Bene") e tutti gli altri, che non contano nulla finché non si sottomettono a questo "Impero del Bene".
"una rivolta contro la globalizzazione neo liberista che assume forme diversissime"...e poi si fa un elenco di avvenimenti perlopiù a sfondo etico-religioso, i quali (quando non eterodiretti e/o propalati ad arte) fossero davvero tentativi di emancipazione come sostenuto dalla tesi in oggetto testimonierebbero di un appiattimento culturale se possibile ben più feroce di quello che si vorrebbe egemone: se è vero, invece, che siamo qui a ragionare sugli strumenti idonei al suo superamento, e senza timori: di dio, dei gay o della cina.
a proposito di cercare strumenti giusti, ovvero alternativi a quello ideale di una rivoluzione internazionalista coordinata dalla più limpida e infelice coscienza borghese, e premesso che quanto segue non lo ho ancora approfondito, ma ritenendolo suggestivo almeno quanto il “signoraggio”, l'mmt, le avo, salvini a napoli etc. :
qualcuno si sta ponendo il tema della sovranità (oltre all'ars), non distratto dalle "concessioni" del capitale in materia di diritti civili (per farci star buoni, ora, ci risparmierebbero anche la paranoia nel caso tornassimo a farci le canne...nel caso avessimo smesso), rispetto a quella cosa che i neoliberisti considerano il loro regno: l'imprenditorialità.
http://www.youtube.com/watch?v=DR7aFWc0Ihs
fosse vero allora la data di nascita della globalizzazione coinciderebbe con la nostra adesione alla common law, questa:
http://www.sec.gov/divisions/corpfin/cf-noaction/italy020402.htm
nel caso questa dell'oppt (one people's public trust) fosse solo una bufala, allora un po' di caciara in tribunale in mezzo a tanta ingiustizia sociale affermerebbe almeno la sovranità del cazzeggio, perché nessuna norma, in uno stato che tradisce il suo popolo nei fondamentali diritti costituzionali (sottoscrizione di trattati sovranazionali), può essere presa sul serio.
http://www.youtube.com/watch?v=TD0ruc5ohHw
francesco
ps. links per orientarsi, oppt:
http://paolofranceschetti.blogspot.it/2013/01/il-diritto-di-sovranita-individuale.html
http://ilnuovorinascimentoitaliano.blogspot.it/2013/09/oppt-la-grande-bufala.html
http://lospecchiodelpensiero.wordpress.com/2013/04/03/oppt-avviso-pubblico-di-preclusione/
http://hearthaware.wordpress.com/2013/03/25/franck-ocollins-critica-duramente-oppt/
Io penso che non si debba confondere la crescente difficoltà dell'occidente a governare il mondo, con il fatto che il la globalizzazione capitalistica stia regredendo.
Infatti, la globalizzazione capitalistica non sta affatto regredendo, anzi!
Per farsi un'idea partendo dai dati, invece che dalle speculazioni, si può leggere questo articolo (tecnico ma divulgativo):
http://www.voxeu.org/article/global-value-chains-and-factory-world
In sostanza, il mondo è sempre più globalizzato economicamente, sempre più integrato produttivamente, ma ciò non sta accadendo parallelamente ad un accrescersi dell'egemonia occidentale.
Posta un commento