20 dicembre. «Il movimento dei forconi è ambiguo, rozzo, largamente influenzato dalla destra estrema. Certo. Ma se sono vere le cose che da tempo diciamo sugli effetti della crisi, sulle trasformazioni (e disgregazioni) del mondo del lavoro, sulla chiusura del sistema politico, sulla natura liberista del PD e sulla subalternità dei sindacati maggioritari, se sono vere tutte queste cose, è allora inevitabile che ogni radicale protesta popolare assuma forme ambivalenti e diventi oggetto di una contesa tra destra e sinistra riguardo agli obiettivi ed ai modi dell’azione.
Ed è inevitabile quindi assistere ad un crescere di proteste senza vero e proprio conflitto, di conflitti senza un vero e proprio movimento, di movimenti decisamente segnati dal populismo, ossia dall’illusione del “tutti a casa”, dall’incapacità di individuare gli avversari, dalla tendenza a prendersela con altri poveracci, dalla fascinazione per un capo ed uno stato autoritari.
Sarà certamente questione di gradi, di analisi fattuali, di valutazioni fatte caso per caso, e magari quello del “9 dicembre” risulterà essere un caso particolarmente ambiguo. Ma nessun movimento potrà più essere giudicato “prima”, senza parteciparvi o senza aver tentato di farlo, senza attraversarlo e senza averne separato il buono ed il cattivo: senza aver proposto dall’interno un'altra definizione dei fini e dei mezzi. D’ora in poi snobbare o contrastare una mobilitazione perché è in odore di populismo significherà snobbare o contrastare qualunque mobilitazione. Tranne quelle sindacali, che però (e non è un caso) latitano, o quelle studentesche, che però (e non è un caso) alla lunga sono inefficaci.
Se la sinistra vuol tornare ad essere sinistra e a contare qualcosa deve quindi allontanarsi dall’atteggiamento che oggi sembra prevalere al suo interno. Se vuole essere una soluzione per il Paese deve prima riconoscere di essere, essa stessa, una parte del problema. Perché la sua componente maggioritaria è da tempo passata al nemico ed è corresponsabile della distruzione neoliberista della democrazia e dello stato sociale (altro che “pericolo di destra”… la destra più pericolosa c’è già ed è già al potere, si chiama “larghe intese”, si chiama “Grosse Koalition”, si chiama PD e sedicente “socialismo europeo”…).
Perché l’alternativa della democrazia partecipata proposta da ciò che resta del movimento altermondialista è debolissima rispetto all’esigenza ormai acuta di trasformare i rapporti di proprietà, e soprattutto è incomprensibile per quella larga parte del popolo che non ha il tempo e le risorse per partecipare ad alcunché. E infine perché la stessa sinistra radicale, forse spaventata dalle conseguenze delle proprie migliori analisi, non riesce ad emanciparsi dalla trappola dell’europeismo (e dell’euro), non riesce a proporre fin da oggi soluzioni neosocialiste in grado di traghettare il Paese fuori dalla subalternità al capitalismo atlantico, non riesce a costruire un discorso “nazionaldemocratico” capace anche di prevenire il diffondersi del nazionalismo di destra, non riesce a svincolarsi dall’idea che l’unica vera lotta popolare sia quella della CGIL, o di movimenti da sempre legati alla sinistra (come il benemerito movimento No Tav).
Bisogna smetterla con esitazioni ed illusioni. Bisogna svegliarsi. E cominciare magari a porre una buona volta il problema dei problemi: che è quello di rompere l’alleanza tra le frazioni sindacalizzate (e qualificate) del lavoro ed il capitalismo europeista, e l’alleanza tra le frazioni più deboli del lavoro ed il capitalismo protezionista, per costruire una vera unità del lavoro subalterno (dipendente o no).
Come si può fare? Si può fare concentrando gli sforzi sulla rottura dell’oligopolio dei sindacati maggioritari, senza quindi accodarsi sempre alla Fiom e senza sperare sempre nel rinsavimento della CGIL. Si può fare costruendo comitati popolari contro la crisi (e quel “partito sociale” di cui spesso ci limitiamo a parlare) capaci di muoversi nel magma dei conflitti attuali. Si può fare elaborando idee forti, certo (nuovo socialismo, nazionalismo costituzionale e democratico…), ma anche idee apparentemente più prosaiche. Comprendendo, ad esempio, che la questione fiscale ha cambiato forma, perché se il piccolo evasore degli anni passati difendeva la propria ricchezza sottraendola allo stato sociale, quello di oggi – vista la durezza della crisi e visto il crescente dirottamento del denaro pubblico verso il pagamento del debito – si difende dalla miseria sottraendo denaro alla speculazione.
Non dobbiamo certo fare l’elogio dell’evasione, ma riconoscere che chiedere oggi la normalizzazione fiscale è condannare la gente alla fame. Riconoscere che la durezza delle sanzioni sui “piccoli” è effetto della scelta di non chiedere denaro ai “grandi”. E riconoscere che se i lavoratori sindacalizzati proponessero, invece della generica lotta all’evasione, una riduzione del carico e delle multe per i “piccoli” ed un deciso aumento della tassazione delle rendite e delle plusvalenze, riuscirebbero finalmente ad attrarre a sé sia le “partite IVA per forza”, ossia gli strati dequalificati del lavoro, sia i lavoratori autonomi di seconda generazione e di alta qualificazione. E soprattutto incrinerebbero quella loro nefasta alleanza col grande capitale che, riflessa nelle incapacità e nelle colpe della sinistra attuale è, ad oggi, il principale ostacolo ad una soluzione democratica della crisi italiana».
* Fonte: SinistraNoEuro
Ed è inevitabile quindi assistere ad un crescere di proteste senza vero e proprio conflitto, di conflitti senza un vero e proprio movimento, di movimenti decisamente segnati dal populismo, ossia dall’illusione del “tutti a casa”, dall’incapacità di individuare gli avversari, dalla tendenza a prendersela con altri poveracci, dalla fascinazione per un capo ed uno stato autoritari.
Sarà certamente questione di gradi, di analisi fattuali, di valutazioni fatte caso per caso, e magari quello del “9 dicembre” risulterà essere un caso particolarmente ambiguo. Ma nessun movimento potrà più essere giudicato “prima”, senza parteciparvi o senza aver tentato di farlo, senza attraversarlo e senza averne separato il buono ed il cattivo: senza aver proposto dall’interno un'altra definizione dei fini e dei mezzi. D’ora in poi snobbare o contrastare una mobilitazione perché è in odore di populismo significherà snobbare o contrastare qualunque mobilitazione. Tranne quelle sindacali, che però (e non è un caso) latitano, o quelle studentesche, che però (e non è un caso) alla lunga sono inefficaci.
Se la sinistra vuol tornare ad essere sinistra e a contare qualcosa deve quindi allontanarsi dall’atteggiamento che oggi sembra prevalere al suo interno. Se vuole essere una soluzione per il Paese deve prima riconoscere di essere, essa stessa, una parte del problema. Perché la sua componente maggioritaria è da tempo passata al nemico ed è corresponsabile della distruzione neoliberista della democrazia e dello stato sociale (altro che “pericolo di destra”… la destra più pericolosa c’è già ed è già al potere, si chiama “larghe intese”, si chiama “Grosse Koalition”, si chiama PD e sedicente “socialismo europeo”…).
Perché l’alternativa della democrazia partecipata proposta da ciò che resta del movimento altermondialista è debolissima rispetto all’esigenza ormai acuta di trasformare i rapporti di proprietà, e soprattutto è incomprensibile per quella larga parte del popolo che non ha il tempo e le risorse per partecipare ad alcunché. E infine perché la stessa sinistra radicale, forse spaventata dalle conseguenze delle proprie migliori analisi, non riesce ad emanciparsi dalla trappola dell’europeismo (e dell’euro), non riesce a proporre fin da oggi soluzioni neosocialiste in grado di traghettare il Paese fuori dalla subalternità al capitalismo atlantico, non riesce a costruire un discorso “nazionaldemocratico” capace anche di prevenire il diffondersi del nazionalismo di destra, non riesce a svincolarsi dall’idea che l’unica vera lotta popolare sia quella della CGIL, o di movimenti da sempre legati alla sinistra (come il benemerito movimento No Tav).
Bisogna smetterla con esitazioni ed illusioni. Bisogna svegliarsi. E cominciare magari a porre una buona volta il problema dei problemi: che è quello di rompere l’alleanza tra le frazioni sindacalizzate (e qualificate) del lavoro ed il capitalismo europeista, e l’alleanza tra le frazioni più deboli del lavoro ed il capitalismo protezionista, per costruire una vera unità del lavoro subalterno (dipendente o no).
Come si può fare? Si può fare concentrando gli sforzi sulla rottura dell’oligopolio dei sindacati maggioritari, senza quindi accodarsi sempre alla Fiom e senza sperare sempre nel rinsavimento della CGIL. Si può fare costruendo comitati popolari contro la crisi (e quel “partito sociale” di cui spesso ci limitiamo a parlare) capaci di muoversi nel magma dei conflitti attuali. Si può fare elaborando idee forti, certo (nuovo socialismo, nazionalismo costituzionale e democratico…), ma anche idee apparentemente più prosaiche. Comprendendo, ad esempio, che la questione fiscale ha cambiato forma, perché se il piccolo evasore degli anni passati difendeva la propria ricchezza sottraendola allo stato sociale, quello di oggi – vista la durezza della crisi e visto il crescente dirottamento del denaro pubblico verso il pagamento del debito – si difende dalla miseria sottraendo denaro alla speculazione.
Non dobbiamo certo fare l’elogio dell’evasione, ma riconoscere che chiedere oggi la normalizzazione fiscale è condannare la gente alla fame. Riconoscere che la durezza delle sanzioni sui “piccoli” è effetto della scelta di non chiedere denaro ai “grandi”. E riconoscere che se i lavoratori sindacalizzati proponessero, invece della generica lotta all’evasione, una riduzione del carico e delle multe per i “piccoli” ed un deciso aumento della tassazione delle rendite e delle plusvalenze, riuscirebbero finalmente ad attrarre a sé sia le “partite IVA per forza”, ossia gli strati dequalificati del lavoro, sia i lavoratori autonomi di seconda generazione e di alta qualificazione. E soprattutto incrinerebbero quella loro nefasta alleanza col grande capitale che, riflessa nelle incapacità e nelle colpe della sinistra attuale è, ad oggi, il principale ostacolo ad una soluzione democratica della crisi italiana».
* Fonte: SinistraNoEuro
10 commenti:
" chiedere oggi la normalizzazione fiscale è condannare la gente alla fame. "
massì, facciamo l'apologia di quella pestilenza medievale tutta italiana che è la PMI, questo sì che è di sinistra! Ridiamo al bottegaio il potere di evadere tutto, di trattare come una m... economicamente e umanamente i dipendenti, perchè il nemico è un altro!
Robespierre
La"sinistra" taliana ha svolto un ruolo inqualificabile durante la governanCe Monti accettando senza battere ciglio riforme esiziali per i lavoratori. E' da meravigliarsi, anzi da sdegnarsi , che i responsabili dell'appoggio incondizionato a Monti, Parlamentari e Sindacati compresi, osino ancora rivolgersi come niente fosse alle classi che essi non si sa se per inerzia, incapacità o miserabile senso di acquiescenza, sudditanza se non di connivenza colpevole, hanno fattivamente contribuito ad opprimere e ad affossare assieme alla maggior parte del tessuto produttivo del Paese. Eppure, alle prossime elezioni ci saranno ancora.
In Italia la Sinistra dovrebbe invece andare a farsi fare la plastica al viso per non farsi riconoscere per strada. Ed anche cambiare la carta di iidentità.
Ma quale sinistra????!!!!
Dovete essere molto più precisi nell'indicare possibili obiettivi comuni fra piccola media impresa, lavoratori e partite IVA per forza.
Dovete esprimere una proposta che metta d'accordo classi sociali tradizionalmente e ontologicamente in conflitto.
Non lo si fa con le chiacchiere ma con proposte concrete e comprensibili.
Insomma, Porcaro si alliena a molti altri intellettuali di sinistra affermando che il movimento dei forconi, pur essendo "ambiguo, rozzo, largamente influenzato dalla destra estrema" non può esser "giudicato “prima”, senza parteciparvi o senza aver tentato di farlo, senza attraversarlo e senza averne separato il buono ed il cattivo: senza aver proposto dall’interno un’altra definizione dei fini e dei mezzi".
Quello che poi conta, appunto, è cosa si va a proporre a questa gente.
Ricapitoliamo allora le parole d'ordine di Porcaro:
- trasformare i rapporti di proprietà
- emanciparsi dalla trappola dell’europeismo (e dell’euro)
- proporre fin da oggi soluzioni neosocialiste in grado di traghettare il Paese fuori dalla subalternità al capitalismo atlantico,
- costruire un discorso “nazionaldemocratico” capace anche di prevenire il diffondersi del nazionalismo di destra
- rompere l’alleanza tra le frazioni sindacalizzate (e qualificate) del lavoro ed capitalismo europeista e costruire una vera unità del lavoro subalterno (dipendente o no)
In fondo, quando Porcaro dice che i movimenti sono pervasi dall’illusione del “tutti a casa” , dall’incapacità di individuare gli avversari, dalla tendenza a prendersela con altri poveracci, dalla fascinazione per un capo ed uno stato autoritari ... non si rende conto che il primo ad esserne vittima è proprio lui.
Ecco l'apoteosi del cortocircuito che ha fulminato la sinistra:
"... comprendo il piccolo evasore degli anni passati difendeva la propria ricchezza sottraendola allo stato sociale, quello di oggi – vista la durezza della crisi e visto il crescente dirottamento del denaro pubblico verso il pagamento del debito – si difende dalla miseria sottraendo denaro alla speculazione"
Verrebbe da dire "povero il lavoratore dipendente": ha sempre dovuto pagare le tasse, non ha mai avuto una ricchezza da occultare al fisco, e adesso si sente anche accusato da Porcaro di appartenere alle frazioni sindacalizzate del lavoro alleate al grande capitale europeista ...
Un cordiale saluto.
http://marionetteallariscossa.blogspot.it/
E...a proposito di ignavia e acquiescenza delle classi subalterne,non fanno riflettere i dati tremendi forniti dalle ultime "primarie",o sarebbe meglio dire adunata pro Troika,peraltro pienamente riuscita?Non sono quelli i numeri incredibili di un nuovo blocco sociale reazionario,al cui interno non vi è solo il solito ceto politico piddino interessato,ma consistenti strati di lavoro dipendente,soprattutto pubblico,nel mirino dei poteri forti da anni,in fase di progressivo smantellamento?Allora cosa fa muovere milioni di futuri precari e "garantiti"che lodano,dopo anni di massacri sociali,la politica "responsabile"del loro partito?Si badi bene,a scanso di inutili proclami su una presunta disgregazione del blocco di consenso al partito di Renzi,che il referente principale di lorsignori è ancora(purtroppo)ben assestato e in ascesa in termini elettorali.Per quanto possa valere un sondaggio pilotato,vi è comunque un dato di fatto incontrovertibile, e cioè che dopo una stagione di immani devastazioni provocate sulla pelle delle classi dominate,queste continuano imperterrite ad accordare credito a chi gli ha letteralmente precluso un futuro degno di essere vissuto.Altro che revanscismo fascista e populista del ceto medio impoverito;loro, se non altro,in modo confuso e raffazzonato,certo,sono stati in grado di lanciare un grido di protesta che ha momentaneamente squarciato un plumbeo e stagnante quadro politico e sociale,ingessato da anni da"manovre responsabili".Con questi soggetti ubbidienti e "votanti" alle "primarie" è diventato persino inutile discutere e cercare di far capire,sono irrimediabilmente persi alla causa di un prossimo risveglio di massa contro la Troika,anzi saranno i primi a scagliarsi contro chi denuncia e si ribella,così come fecero negli anni passati contro le avanguardie di fabbrica a cui riservarono un trattamento ,diciamo così,inusuale,compiuto da chi professava(sic)la proria vicinanza ai lavoratori,ma che culturalmente era simile,se non peggiore di chi apertamente e onestamente si dichiarava di destra!Non è avvenuta una mutazione genetica di quell'elettorato in senso reazionario,è purtroppo sempre esistita e convissuta dietro una parvenza equivoca di sinistra.Ora ha finalmente gettato la maschera rivelando tutto il suo profondo disprezzo per la Democrazia intesa in senso letterale. Marxista dell'Illinois
Nulla più di marxistico, di analisi di classe, di autentico internazionalismo si trova ormai in questo mondo. Sempre Nazional avanti a tutto. Ora Nazionaldemocratico, l'importante è sbandierare il tricolore.
Emetrio
L'analisi e il giudizio compiuti ed espressi dal Marxista dell'Illinois sono perfetti. Complimenti sempre a chi obiettivamente sa dire la Verità che, invero, sarebbe lampante se i meccanismi razionali di tanta "povera" Gente (povera di beni e denaro, effettivamente) non fosse oppressa da una stupefacente sindrome di "pensiero fossile" risalente a "bei" (?!) tempi andati verniciati di convinzioni e di aspettative illusorie inculcate ad arte da chi astutamente seppe valersene (e ancora sa valersene) per scopi precisi di dominio.
ancora un attacco alle rendite!
ma lo volete capire o no che il risparmio non rende una mazza?
dite chiaro e tondo che volete espropriare i risparmiatori (per condonare scialacquatori, consumisti e imprenditori indebitati) e facciamola finita.
antonio.
Che parabola: dalla lotta di classe ... al panem et circenses a debito ... al complotto plutocratico.
Accusiamo (a ragione) che la costruzione europea è fondata sulla concorrenza e non sulla solidarietà, senza riconoscere che la solidarietà manca prima di tutto tra i cittadini del nostro Paese.
· Secondo l’OCSE, l’Italia è il secondo paese europeo per livello di disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, dietro solo alla Gran Bretagna.
· L’indagine campionaria della Banca d’Italia rivela che il 10% più ricco della popolazione possiede il 46% della ricchezza netta complessiva, mentre il 50% più povero si deve accontentare di meno del 10%.
· E non stiamo parlando di una “guerra fra poveri”: secondo il Global Wealth Report del Credit Suisse, l’Italia è al tredicesimo posto al mondo per ricchezza pro-capite (su livelli superiori a quelli di Germania, Austria, Olanda, …) ed all’ottavo posto per numero di individui con ricchezza superiore al milione di dollari.
· Queste statistiche sulla concentrazione della ricchezza, poi, non tengono in considerazione i fondi trasferiti illegalmente nei paradisi fiscali in giro per il mondo: solo nella vicina Svizzera, si stima siano depositati capitali in fuga dall’Italia tra i 120 ed i 180 miliardi di euro.
Chi afferma che la soluzione di tutti i problemi si ottiene con l'uscita dall'euro (facile, facile come un "like" su internet) ti avvicina alla soluzione o ti distoglie (anche in buona fede) dal problema ?
Sui forconi e la sinistra:
http://marionetteallariscossa.blogspot.it/2013/12/la-rivolta-dei-forconi-e-gli.html
MARIONETTE...
la soluzione al marasma è la fuoriuscita dal capitalismo, di cui quella dall'eurozona è un primo ineludibile gradino. Chi non lo capisce peggio per lui, è fuori dalla storia.
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