29 settembre. «Se ne vadano tutti!» e un bel «vaffa!» all'Europa. Una formula semplice e probabilmente vincente.
Dunque il cerino si è consumato del tutto. Con le dimissioni dei berluscones il classico giochetto del teatrino bipolare italiano, durato addirittura due mesi interi, è giunto al termine. Chi si è scottato le dita? Secondo i più, il solo Silvio Berlusconi. Non siamo d'accordo: se le sono scottate tutti, tutte le forze della maggioranza che hanno fin qui sostenuto il governicchio presieduto da Letta. Ma c'è uno sconfitto che è più sconfitto degli altri. Ed è il sant'uomo che siede al Quirinale.
Egli, con una pervicacia senza limiti, ma certamente sostenuta in sede europea, ha preteso di veder volare gli asini, pensando di poter trasformare il più raccogliticcio dei governi in un esecutivo capace di reggere, di affrontare la crisi, di approvare le (contro)riforme costituzionali.
Il bluff, dietro il quale si manifestava tutta questa presunzione quirinalesca, lo si è visto nell'afoso pomeriggio del 1° agosto. Quel giorno la Cassazione, anziché cassare la condanna al secondo azionista del governo in carica, ha cassato le speranze del presidente della repubblica, che certamente non aveva mancato di esercitare le sue pressioni sui giudici di Piazza Cavour.
Come annotammo a caldo, la vera notizia di quel giorno, più che la stessa sentenza, fu la sconfitta del bis-presidente. E' da quel momento che il conto alla rovescia è iniziato. Ed ogni tentativo di ignorare questo fatto ha veramente del patetico. Adesso, dopo due mesi, siamo alla resa dei conti.
Non avevamo dunque torto a definire come governicchio l'esecutivo guidato da Letta. Qualcuno nell'estrema sinistra, sempre portato a considerare come invincibili i piani del blocco dominante, ce lo ha rinfacciato, quasi accusandoci di sottovalutare l'operazione "larghe intese". Bene, oggi l'esito di quell'operazione è sotto gli occhi di tutti. Il nemico è perfido e diabolico, ma non invincibile. Ricordiamocelo.
Le «larghe intese» non hanno funzionato e non potevano funzionare. Non perché tra Pd e Pdl vi sia chissà quale differenza di programma e di prospettiva. Anzi, da questo punto di vista - in una situazione "normale" - l'alleanza avrebbe potuto felicemente funzionare per qualche decennio. Ma, ci sono due "ma". In primo luogo c'è la "variabile B", come Berlusconi, che rende palesemente impossibile una qualsivoglia navigazione al governo. In secondo luogo, ma ancora più importante, c'è la "variabile C", come crisi. E' vero, sia Pd che Pdl sono uniti dall'assenza di idee su come venirne fuori, ma proprio per questa comune incapacità ad affrontare le questioni di fondo, sono giocoforza destinati a scontrarsi sulle questioni palesemente secondarie, come l'IMU.
Certo tutto questo era ben noto agli "addetti ai lavori", ma dalla regia del Colle si riteneva forse di poter riuscire a mandare in porto almeno la nuova legge elettorale. Un'ipotesi che ha retto fino alla decapitazione del Pdl. Fino a quel punto, infatti, lo scambio era quello tra una legge elettorale favorevole al Pd ed un salvacondotto assicurato al buffone di Arcore. Ma ora che il salvacondotto è venuto meno, perché il Pdl dovrebbe fare un favore così grosso al Pd?
Dunque il governicchio messo in piedi in primavera è alla frutta. Mancano solo le dimissioni, a questo punto una mera formalità. Ma i giochi sono tutt'altro che fatti.
Sta infatti per iniziare una torbida partita. O meglio, essa sta soltanto per venire alla luce, dato che - dietro le quinte - è in corso già da alcune settimane. Di che cosa si tratti lo abbiamo già scritto: del trasformistico cambio di casacca di un buon numero di senatori (deputati non ne servono, e vedrete che lì ci saranno ben pochi passaggi), in modo da consentire la nascita di un governicchio bis in grado di approvare la Legge di stabilità e, soprattutto la nuova legge elettorale.
Saranno sufficienti questi transfughi per dar vita ad un nuovo esecutivo? Al momento non lo sappiamo. Movimenti si annunciano dalle truppe berlusconiane (siciliani in specie), ma anche tra i senatori del M5S. Pochi dubbi sul fatto che, alla bisogna, si aggiungerebbero pure i pochi senatori di Sel. Basteranno costoro, rafforzati anche dalle 4 nomine a senatore a vita (tra le quali una cinquantenne!) recentemente decise dal bis-presidente? Lo vedremo ben presto.
I dubbi riguardano i senatori pidiellini. Dal loro miserabile punto di vista, i tanti potenziali Scilipoti hanno infatti un drammatico problema. Il tradimento avviene in genere sia per conservare la poltrona (ad esempio prolungando una legislatura altrimenti al lumicino), che per garantirsi la rielezione, attraverso una trattativa col "compratore". In questo caso entrambi gli obiettivi sono problematici.
Se prolungamento della legislatura ci sarà, sarà solo per alcuni mesi, al massimo fino alla prossima primavera. Troppo poco per le aspettative di questi saltimbanchi. Tuttavia il problema potrebbe risolversi con la garanzia della rielezione. Ma anche qui non mancano i problemi. A meno che costoro siano disponibili a passare immediatamente, armi e bagagli, al centrosinistra, la prospettiva più "naturale" sembrerebbe quella di un passaggio verso "Lista Civica" e Udc. Ma questo, più che altro, sembra un vero e proprio viaggio verso il nulla. Un rischio che i tanti piccoli Scilipoti non possono permettersi. Da qui le incertezze del momento, senza considerare che Berlusconi potrebbe aver utilizzato queste settimane per riaprire generosamente il suo portafoglio, che però non è detto sia l'unico della partita...
Ecco a quali calcoli, a quali virtuosi gentiluomini, si aggrappano le speranze del Quirinale e del Pd. Del resto anche l'attuale polemica col noto evasore è assai penosa. «Gesto folle e per motivi personali», ha tuonato Letta il nipote, dopo le dimissioni dei ministri del Pdl. Ma non è proprio con questo folle, che agisce solo per interessi personali, che egli avrebbe voluto continuare a governare?
E' una vergogna. Una vergogna che Napolitano ha costruito con le sue mani. Il capolavoro politico di un autentico golpista, che certo non si fermerà proprio ora.
In questo momento così delicato è fondamentale che chi guida il M5S tenga dritta la barra. Innanzitutto cercando di ridurre al minimo i transfughi al Senato, che è poi il modo concreto per arrivare al voto al più presto, come il movimento già chiede.
La natura del governicchio bis va subito smascherata. Se nascerà, sarà solo per arrivare al Super-Porcellum ideato da Violante, una legge truffa al cubo, ultra-maggioritaria ed antidemocratica.
«Se ne vadano tutti, e subito!», questa parola d'ordine è oggi più forte di ieri. Il disastro politico compiuto da Napolitano, dal suo pupillo Letta e dal suo grande elettore Berlusconi, non può rimanere impunito.
Ma per vincere - perché questa sarà la posta in palio - occorre qualcosa di più: occorre dire basta a questa Europa che ci impone sacrifici, tasse, tagli, disoccupazione e percentuali del debito. E che per ottenere questi obiettivi ha prima imposto Monti, reimposto Napolitano, benedicendo Letta e il suo matrimonio con Berlusconi. «Se ne vadano tutti!» e un bel «vaffa!» all'Europa. Una formula semplice e probabilmente vincente.
Dunque il cerino si è consumato del tutto. Con le dimissioni dei berluscones il classico giochetto del teatrino bipolare italiano, durato addirittura due mesi interi, è giunto al termine. Chi si è scottato le dita? Secondo i più, il solo Silvio Berlusconi. Non siamo d'accordo: se le sono scottate tutti, tutte le forze della maggioranza che hanno fin qui sostenuto il governicchio presieduto da Letta. Ma c'è uno sconfitto che è più sconfitto degli altri. Ed è il sant'uomo che siede al Quirinale.
Egli, con una pervicacia senza limiti, ma certamente sostenuta in sede europea, ha preteso di veder volare gli asini, pensando di poter trasformare il più raccogliticcio dei governi in un esecutivo capace di reggere, di affrontare la crisi, di approvare le (contro)riforme costituzionali.
Il bluff, dietro il quale si manifestava tutta questa presunzione quirinalesca, lo si è visto nell'afoso pomeriggio del 1° agosto. Quel giorno la Cassazione, anziché cassare la condanna al secondo azionista del governo in carica, ha cassato le speranze del presidente della repubblica, che certamente non aveva mancato di esercitare le sue pressioni sui giudici di Piazza Cavour.
Come annotammo a caldo, la vera notizia di quel giorno, più che la stessa sentenza, fu la sconfitta del bis-presidente. E' da quel momento che il conto alla rovescia è iniziato. Ed ogni tentativo di ignorare questo fatto ha veramente del patetico. Adesso, dopo due mesi, siamo alla resa dei conti.
Non avevamo dunque torto a definire come governicchio l'esecutivo guidato da Letta. Qualcuno nell'estrema sinistra, sempre portato a considerare come invincibili i piani del blocco dominante, ce lo ha rinfacciato, quasi accusandoci di sottovalutare l'operazione "larghe intese". Bene, oggi l'esito di quell'operazione è sotto gli occhi di tutti. Il nemico è perfido e diabolico, ma non invincibile. Ricordiamocelo.
Le «larghe intese» non hanno funzionato e non potevano funzionare. Non perché tra Pd e Pdl vi sia chissà quale differenza di programma e di prospettiva. Anzi, da questo punto di vista - in una situazione "normale" - l'alleanza avrebbe potuto felicemente funzionare per qualche decennio. Ma, ci sono due "ma". In primo luogo c'è la "variabile B", come Berlusconi, che rende palesemente impossibile una qualsivoglia navigazione al governo. In secondo luogo, ma ancora più importante, c'è la "variabile C", come crisi. E' vero, sia Pd che Pdl sono uniti dall'assenza di idee su come venirne fuori, ma proprio per questa comune incapacità ad affrontare le questioni di fondo, sono giocoforza destinati a scontrarsi sulle questioni palesemente secondarie, come l'IMU.
Certo tutto questo era ben noto agli "addetti ai lavori", ma dalla regia del Colle si riteneva forse di poter riuscire a mandare in porto almeno la nuova legge elettorale. Un'ipotesi che ha retto fino alla decapitazione del Pdl. Fino a quel punto, infatti, lo scambio era quello tra una legge elettorale favorevole al Pd ed un salvacondotto assicurato al buffone di Arcore. Ma ora che il salvacondotto è venuto meno, perché il Pdl dovrebbe fare un favore così grosso al Pd?
Dunque il governicchio messo in piedi in primavera è alla frutta. Mancano solo le dimissioni, a questo punto una mera formalità. Ma i giochi sono tutt'altro che fatti.
Sta infatti per iniziare una torbida partita. O meglio, essa sta soltanto per venire alla luce, dato che - dietro le quinte - è in corso già da alcune settimane. Di che cosa si tratti lo abbiamo già scritto: del trasformistico cambio di casacca di un buon numero di senatori (deputati non ne servono, e vedrete che lì ci saranno ben pochi passaggi), in modo da consentire la nascita di un governicchio bis in grado di approvare la Legge di stabilità e, soprattutto la nuova legge elettorale.
Saranno sufficienti questi transfughi per dar vita ad un nuovo esecutivo? Al momento non lo sappiamo. Movimenti si annunciano dalle truppe berlusconiane (siciliani in specie), ma anche tra i senatori del M5S. Pochi dubbi sul fatto che, alla bisogna, si aggiungerebbero pure i pochi senatori di Sel. Basteranno costoro, rafforzati anche dalle 4 nomine a senatore a vita (tra le quali una cinquantenne!) recentemente decise dal bis-presidente? Lo vedremo ben presto.
I dubbi riguardano i senatori pidiellini. Dal loro miserabile punto di vista, i tanti potenziali Scilipoti hanno infatti un drammatico problema. Il tradimento avviene in genere sia per conservare la poltrona (ad esempio prolungando una legislatura altrimenti al lumicino), che per garantirsi la rielezione, attraverso una trattativa col "compratore". In questo caso entrambi gli obiettivi sono problematici.
Se prolungamento della legislatura ci sarà, sarà solo per alcuni mesi, al massimo fino alla prossima primavera. Troppo poco per le aspettative di questi saltimbanchi. Tuttavia il problema potrebbe risolversi con la garanzia della rielezione. Ma anche qui non mancano i problemi. A meno che costoro siano disponibili a passare immediatamente, armi e bagagli, al centrosinistra, la prospettiva più "naturale" sembrerebbe quella di un passaggio verso "Lista Civica" e Udc. Ma questo, più che altro, sembra un vero e proprio viaggio verso il nulla. Un rischio che i tanti piccoli Scilipoti non possono permettersi. Da qui le incertezze del momento, senza considerare che Berlusconi potrebbe aver utilizzato queste settimane per riaprire generosamente il suo portafoglio, che però non è detto sia l'unico della partita...
Ecco a quali calcoli, a quali virtuosi gentiluomini, si aggrappano le speranze del Quirinale e del Pd. Del resto anche l'attuale polemica col noto evasore è assai penosa. «Gesto folle e per motivi personali», ha tuonato Letta il nipote, dopo le dimissioni dei ministri del Pdl. Ma non è proprio con questo folle, che agisce solo per interessi personali, che egli avrebbe voluto continuare a governare?
E' una vergogna. Una vergogna che Napolitano ha costruito con le sue mani. Il capolavoro politico di un autentico golpista, che certo non si fermerà proprio ora.
In questo momento così delicato è fondamentale che chi guida il M5S tenga dritta la barra. Innanzitutto cercando di ridurre al minimo i transfughi al Senato, che è poi il modo concreto per arrivare al voto al più presto, come il movimento già chiede.
La natura del governicchio bis va subito smascherata. Se nascerà, sarà solo per arrivare al Super-Porcellum ideato da Violante, una legge truffa al cubo, ultra-maggioritaria ed antidemocratica.
«Se ne vadano tutti, e subito!», questa parola d'ordine è oggi più forte di ieri. Il disastro politico compiuto da Napolitano, dal suo pupillo Letta e dal suo grande elettore Berlusconi, non può rimanere impunito.
Ma per vincere - perché questa sarà la posta in palio - occorre qualcosa di più: occorre dire basta a questa Europa che ci impone sacrifici, tasse, tagli, disoccupazione e percentuali del debito. E che per ottenere questi obiettivi ha prima imposto Monti, reimposto Napolitano, benedicendo Letta e il suo matrimonio con Berlusconi. «Se ne vadano tutti!» e un bel «vaffa!» all'Europa. Una formula semplice e probabilmente vincente.
6 commenti:
PER LA CRONACA
Non è solo una mossa tattica per causare elezioni prima possibile. L'abbattimento del governicchio Napolitano-Letta è strettamente connesso al ritorno a Forza Italia. Un mutamento non solo di nome, ma che probabilmente sarà di sostanza. Assistiamo ad una radicalizzazione a destra dei berluscones, che lascerà il segno.
Sentite cosa ha detto Quaglieriello e e Cicchitto:
«Se Forza Italia è questa, io non aderirò. Se ci sarà solo una riedizione di Lotta Continua del centrodestra ne prenderò atto e mi dedicherò, magari», a creare il «Napoli Club del Salario»
Lo ribadisce in una nota in una nota in conferma la solidarietà a Silvio Berlusconi che «non ha bisogno», afferma, di un partito «di alcuni estremisti che nelle occasioni cruciali parlano con un linguaggio di estrema destra dall'inaccettabile tonalità anche nel confronto con gli avversari politici che non dobbiamo imitare nelle loro espressioni peggiori».
«lo stesso Berlusconi avrebbe bisogno di un partito serio, radicato sul territorio, democratico nella sua vita interna, un partito di massa, dei moderati, dei garantisti, dei riformisti e non un partito di alcuni estremisti che nelle occasioni cruciali parlano con un linguaggio di estrema destra dall'inaccettabile tonalità anche nel confronto con gli avversari politici che non dobbiamo imitare nelle loro espressioni peggiori».
Siamo assistendo ad assai sofisticate acrobazie politiche, degne di un Machiavelli. Infatti non è proprio sicuro che questo carosello stupefacente di dico e non dico, faccio e non faccio, sia concluso. Il Presidente della R. ha parlato recentemente dell'opportunità di un'amnistia ...
Da Repubblica leggo le esternazioni di Berlusconi sullo spread e la stabilità che definisce un imbroglio. Aver convissuto con l'imbroglio per venti anni evidentemente non paga, ne prendano atto Berlusconi e i suoi sostenitori.
Do atto a sollevazione di compiere analisi lucide e puntuali.
Una domanda: scrivevate il 2 agosto, prevedendo che Berlusconi avrebbe scelto la guerra, che egli avrebbe potuto usare la "bomba atomica" dell'attacco all'euro.
Siete ancora di questa opinione
Seconda domanda: sempre il 2 agosto scrivevate:“La tempesta finanziaria che diversi analisti prevedono in arrivo, potrebbe a questo punto abbattersi sul nostro paese prima di quanto si pensi. Non avremo quindi, eventualmante, elezioni “normali”; i “mercati” imporranno lo Stato d’eccezione, minacceranno se non determineranno a freddo, un attacco del tipo di quello che scaternarono nell’autunno 2011. Un crack combinato, delle finanze pubbliche e del sistema bancario, obbligherebbe quindi la Bce di Draghi (sentenza della Corte costituzionale tedesca permettendo) ad usare “il bazooka”, le cosiddette Outright Monetary Transactions (OMT), a condizione che siano applicati programmi spaventosi di massacro sociale e che l’italia, già privata di sovranità sostanziale, venga posta in un regime anche formale di protettorato.“.
Siete ancora di questa opinione?
Mi sbaglio o questo "attacco" all'Italia non avverrà nel caso Napolitano riesca a rabberciare un governicchio bis?
Il voltafaccia di B., preparato da una catena di sì e di no, bisogna ammettere che ha destato sorpresa potente nella maggior parte di coloro che seguono com'è loro possibile le vicende politiche nazionali. Una persona che riesce ad essere imprevedibile è, in politica, quanto di più temibile possa esserci. L'imprevisto genera sempre un senso di disorientamento.
E' utile comunque chiedersi cosa ci sia stato, ci sia o ci sarà dietro a tutto l'ambaradan di questi giorni. Qualcuno, assai giustamente, ha osservato intanto che, nel frattempo, con il governo praticamente paralizzato, sono passate e l'IVA al 22% e la famigerata IMU senza che nessuno possa dirsi responsabile. Come "risultato" non è male per chi sta al timone del Titanic. Un po' meno per gli sfortunati passeggeri.
C’è ben poco da sorprendersi; l’Italia non è più una nazione sovrana; oltre che per l’euro che è strumento di questa cessione di sovranità anche per quanto mi accingo a dire.
Nell’approccio teorico del Mainstream è supposta l’esistenza di una condizione di equilibrio naturale tra domanda e offerta, rappresentato da un “livello naturale dei prezzi”, verso cui può tendersi, a lungo termine; ciò può essere fatto “rimuovendo gli ostacoli” che si frappongono al suo raggiungimento: principalmente i diritti in genere e l’influenza dello Stato. Da qui, l’esigenza delle cosiddette “riforme strutturali” per accelerare il raggiungimento di quell’equilibrio. Inoltre la componente teorica del Mainstream, il marginalismo neoclassico, esclude del tutto la presenza di crisi economiche che non sono altro che il “transitorio” che si manifesta durante il raggiungimento di una nuova configurazione di equilibrio.
Il problema è che questo “transitorio” potrebbe essere di “lunga durata” e nel frattempo, come affermava Keynes, le sofferenze di fasce sociali sempre più ampie diventeranno insostenibili; sempre che esista una condizione di equilibrio, che, invece, potrebbe non esistere affatto.
Il modello marginalistico neoclassico, tipico del Mainstream, si riconduce alla definizione di utilità marginale del prodotto con una apposita modellazione matematica che esclude nelle proprie deduzioni ogni argomentazione relativa alla produzione, ma definisce i prezzi (compreso il salario) come un indice di scarsità relativa escludendo per l’individuo ogni sua possibile aspettativa per il futuro.
Questa appare non solo una ipotesi ma addirittura una condizione del modello, nel senso che l’individuo non “deve” avere alcuna aspettativa perché essa costituisce ostacolo al raggiungimento dell’equilibrio naturale tra domanda e offerta: l’uomo è visto come automa, solo un consumatore.
Si può dimostrare, invece, partendo dalle conclusioni di Sraffa e analizzando il modello comportamentale individuale e aggregato, che solo un modello di tipo prettamente keynesiano è in grado di garantire la riproducibilità di un sistema economico garantendo anche le aspettative per il futuro.
Sraffa, infatti, sosteneva che i prezzi sono una diretta conseguenza del sistema produttivo e, come tali, si presentano al consumatore come un dato di fatto. Se nel modello comportamentale consideriamo i prezzi vincolati al processo produttivo e consideriamo anche l’utilità percepita del capitale (o reddito) in chiave di “aspettativa per il futuro” si ottengono risultati fortemente divergenti dall’analisi marginalista.
L’equilibrio supposto tra domanda e offerta può, pertanto, non verificarsi per il manifestarsi della preferenza per la liquidità come si era già accorto Keynes nella sua Teoria Generale.
In situazione di “trappola della liquidità” l’insieme degli individui, anche per l’azione non cooperativa tra essi, preferisce conservare una quota di quanto possiede, legata all’incertezza, piuttosto che destinarla al consumo e la riduzione di questo vanifica lo scopo del processo produttivo che, per cicli successivi, tende ad essere disinvestito con conseguente impoverimento progressivo del sistema economico.
In tale situazione deve, necessariamente, intervenire una ulteriore figura cooperativa, normativa, impositiva e redistributiva che sia in grado di abbassare l’utilità percepita del capitale: Lo Stato tramite la spesa pubblica.
Secondo la concezione dominante, il Mainstream, esiste un’altra figura che può assolvere al ruolo di abbassare l’utilità percepita del capitale: è la Finanza; questa si dovrebbe porre, quindi, sullo stesso piano degli Stati; ma poiché la funzione degli Stati può essere di ostacolo al raggiungimento dell’equilibrio naturale, la Finanza deve essere al di sopra degli Stati.
Questo il problema cruciale dei nostri giorni: Stati sottoposti alla Finanza; e la Finanza non è cooperativa, non è normativa e tantomeno è redistributiva.
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