27 settembre. Il giudizio della Segreteria nazionale del Mpl sul marasma politico e l'autunno, speriamo caldo, che ci aspetta.
«Che il governicchio Napolitano-Letta si reggesse in piedi con le stampelle era chiaro.
La mossa delle dimissioni in blocco dei parlamentari berlusconiani sottrae al governo quella senza la quale non può continuare nemmeno a trascinarsi.
Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore, di solito non ne acchiappa una, ma questa volta fotografa bene il marasma che afferra i palazzi romani del potere e quindi lo sgomento che assale le classi dominanti.
Sentiamo:
Il fatto è, come abbiamo segnalato giorni addietro, che per conto delle classi dominanti europee ed italiane, Napolitano, in nome della stabilità, le farà di tutti i colori pur di evitare elezioni anticipate col Porcellum. Con qualche Scilipoti preso in prestito a destra e a manca una maggioranza senza Forza Italia è teoricamente possibile.
Prive della spinta di un conflitto sociale degno di questo nome, le forze antagoniste, noi compresi, boccheggiano, e non hanno serie possibilità di giocare un ruolo di peso. Ciò non può giustificare una posizione indifferentista. Tutto possiamo augurarci, in queste condizioni, meno che la vittoria delle forze stabilizzatrici, che fanno perno politicamente sul Pd. Se è vero che solo una sollevazione popolare può invertire la situazione, il realismo ci dice che l’instabilità politica e istituzionale è preferibile, per il principio della correlazione inversa, alla stabilità tanto anelata dai dominanti.
E’ entro questo quadro che diverse componenti dell’estrema sinistra sociale hanno indetto una settimana di lotta dal 12 al 19 ottobre, che incorporerà lo sciopero generale del sindacalismo di base e culminerà nel cosiddetto “assedio” al Ministero dell’Economia di via XX Settembre e a quello delle Infrastrutture.
Come Mpl aderiamo a questa settimana di lotta e al corteo nazionale del 19 ottobre. Il nostro Coordinamento nazionale deciderà, tenendo conto delle nostre ancora modeste forze, le modalità di questa partecipazione. Di sicuro ci auguriamo che la settimana di lotta, lo sciopero del sindacalismo di base e la manifestazione nazionale del 19 ottobre siano un successo, nella speranza che, se non la miccia del conflitto generale, possano dargli una spinta.
Noi aderiamo convinti non senza denunciare i limiti politici delle piattaforme su cui i promotori chiamano i cittadini alla lotta. Richieste come reddito, salari e pensioni decenti, la fine della precarizzazione, il diritto alla casa e alla salute, lo stop alle privatizzazioni e la difesa dei beni comuni, sono tutte rivendicazioni antiliberiste sacrosante.
Il che non ci fa fare però un passo avanti rispetto a quello che più volte abbiamo chiamato “sindacalismo sociale”. Non è ammissibile che nulla si dica sulla necessità di uscire dalla gabbia dell’euro(pa), che non si indichino le grandi misure sociali e politiche necessarie affinché le richieste non restino piè intenzioni. Noi aderiremo dunque ma portando la nostra propria piattaforma: che insiste sulla necessità di costruire un ampio fronte popolare che sull’onda di una sollevazione generale dia i natali ad un governo d’emergenza che applichi sette misure imprescindibili, SETTE GRANDI TRASFORMAZIONI:
Una ragione più che sufficiente per restarsene a casa il 12 ottobre».
La Segreteria nazionale del Mpl
26 settembre 2013
«Che il governicchio Napolitano-Letta si reggesse in piedi con le stampelle era chiaro.
La mossa delle dimissioni in blocco dei parlamentari berlusconiani sottrae al governo quella senza la quale non può continuare nemmeno a trascinarsi.
Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore, di solito non ne acchiappa una, ma questa volta fotografa bene il marasma che afferra i palazzi romani del potere e quindi lo sgomento che assale le classi dominanti.
Sentiamo:
«Se Berlusconi volesse aprire la crisi, avrebbe un'arma semplice e definitiva a sua disposizione: far dimettere i ministri del centrodestra presenti nel ministero Letta. Viceversa preferisce una strada tortuosa e devastante, forse peggiore di quella che porterebbe alla caduta immediata del governo. (...) È una mossa che cambia lo scenario e rischia di travolgere tutti gli equilibri. Il presidente del Consiglio è negli Stati Uniti a raccontare che l'Italia è sulla via della ripresa e viene pugnalato alla schiena senza tanti complimenti. (...) Ecco allora che torna la ricorrente tentazione di rovesciare il tavolo, chiedendo poi agli elettori di smentire con il voto il verdetto dei magistrati. Eppure questa è a sua volta un'azione eversiva, di proporzioni senza precedenti: per cui rischiamo di avere una campagna distruttiva su tutti i piani. Proprio nel momento in cui – drammatica coincidenza – si chiede il massimo di stabilità. (...) Ma la situazione è così fragile che l'ennesimo scossone, come abbiamo visto, potrebbe essere fatale. Ovvero lasciare in campo un governo disalberato come un antico galeone dopo la battaglia. (...) Ma è difficile dire se ci sia una vera strategia dietro queste mosse. Di sicuro al fondo c'è una sfida al Quirinale: l'improvviso e implicito rifiuto di considerare Napolitano il garante delle istituzioni. E questo è l'aspetto più pericoloso della vicenda. Il logoramento è arrivato al massimo livello». [L'Aventino della destra, Il Sole 24 Ore del 26/9/13]Se non la mera disperazione ma un calcolo politico presiede alla mossa di fare un Aventino, questo consiste nel precipitare i tempi dello scontro elettorale, affinché si voti col sistema vigente. La ragione è semplice: l’ingovernabilità persisterebbe e i berluscones, stante un M5S per fortuna indisponibile ad ogni inciucio con le cosche politiche euriste, rimarrebbero l’ago della bilancia per formare il governo.
Il fatto è, come abbiamo segnalato giorni addietro, che per conto delle classi dominanti europee ed italiane, Napolitano, in nome della stabilità, le farà di tutti i colori pur di evitare elezioni anticipate col Porcellum. Con qualche Scilipoti preso in prestito a destra e a manca una maggioranza senza Forza Italia è teoricamente possibile.
Prive della spinta di un conflitto sociale degno di questo nome, le forze antagoniste, noi compresi, boccheggiano, e non hanno serie possibilità di giocare un ruolo di peso. Ciò non può giustificare una posizione indifferentista. Tutto possiamo augurarci, in queste condizioni, meno che la vittoria delle forze stabilizzatrici, che fanno perno politicamente sul Pd. Se è vero che solo una sollevazione popolare può invertire la situazione, il realismo ci dice che l’instabilità politica e istituzionale è preferibile, per il principio della correlazione inversa, alla stabilità tanto anelata dai dominanti.
E’ entro questo quadro che diverse componenti dell’estrema sinistra sociale hanno indetto una settimana di lotta dal 12 al 19 ottobre, che incorporerà lo sciopero generale del sindacalismo di base e culminerà nel cosiddetto “assedio” al Ministero dell’Economia di via XX Settembre e a quello delle Infrastrutture.
Come Mpl aderiamo a questa settimana di lotta e al corteo nazionale del 19 ottobre. Il nostro Coordinamento nazionale deciderà, tenendo conto delle nostre ancora modeste forze, le modalità di questa partecipazione. Di sicuro ci auguriamo che la settimana di lotta, lo sciopero del sindacalismo di base e la manifestazione nazionale del 19 ottobre siano un successo, nella speranza che, se non la miccia del conflitto generale, possano dargli una spinta.
Noi aderiamo convinti non senza denunciare i limiti politici delle piattaforme su cui i promotori chiamano i cittadini alla lotta. Richieste come reddito, salari e pensioni decenti, la fine della precarizzazione, il diritto alla casa e alla salute, lo stop alle privatizzazioni e la difesa dei beni comuni, sono tutte rivendicazioni antiliberiste sacrosante.
Il che non ci fa fare però un passo avanti rispetto a quello che più volte abbiamo chiamato “sindacalismo sociale”. Non è ammissibile che nulla si dica sulla necessità di uscire dalla gabbia dell’euro(pa), che non si indichino le grandi misure sociali e politiche necessarie affinché le richieste non restino piè intenzioni. Noi aderiremo dunque ma portando la nostra propria piattaforma: che insiste sulla necessità di costruire un ampio fronte popolare che sull’onda di una sollevazione generale dia i natali ad un governo d’emergenza che applichi sette misure imprescindibili, SETTE GRANDI TRASFORMAZIONI:
(1) Ripudio del debito verso la grande finanza speculativa e bancaria, internazionale e italiana.Da questo punto di vista ci convince ancora meno la manifestazione indetta per il 12 ottobre dall’assemblea svoltasi l’8 settembre a Roma da personaggi come Landini, Rodotà, ecc. La piattaforma di questa manifestazione si riduce a questa parola d’ordine: “difendere e applicare la Costituzione”. Certo occorre difendere la Costituzione dagli assalti, ma farne una specie di Talmud, questo non ci convince per niente. Ma il punto è che questa manifestazione non è stata indetta per chiamare davvero il popolo lavoratore alla lotta. E’ stata indetta allo scopo di costruire un contenitore per risvegliare all’impegno e ficcarci dentro tanti cittadini di sinistra disillusi dopo le ultime batoste. Meglio di niente si dirà. Il problema è che, dati i costruttori di questo contenitore, non c’è alcun dubbio sul fatto che esso agirà come ruota di scorta del Partito democratico, ciò malgrado questo partito sia stato e sia uno dei principali “picconatori”.
(2) Uscire in modo programmato dall’euro e dall’Unione europea, per riconquistare la sovranità politica e monetaria, attraverso la reintroduzione della lira.
(3) Svalutare in modo equilibrato la nuova lira per investire nell’industria e nell’agricoltura imponendo opportuni dazi su tutti i prodotti di importazione affinché sia riportata in attivo la bilancia dei pagamenti. Introdurre contestualmente una scala mobile integrale dei salari.
(4) Trasformare e nazionalizzare il sistema bancario e assicurativo in modo da bloccare le banche d’affari che utilizzano i depositi e i risparmi dei cittadini nel gioco d’azzardo dei mercati finanziari internazionali.
(5) Adottare un piano di nazionalizzazione degli enti che operano nei settori strategici di interesse nazionale: energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni.
(6) Stabilire un piano nazionale per il lavoro, mettendo al centro la tutela dell’ambiente, del paesaggio, dei beni artistici, della salute e della scuola.
(7) A partire dallo spirito originario della Costituzione italiana, promuovere un'Assemblea Nazionale Costituente al fine di riconquistare un’effettiva sovranità popolare.
Una ragione più che sufficiente per restarsene a casa il 12 ottobre».
La Segreteria nazionale del Mpl
26 settembre 2013
8 commenti:
Però al punto 2) non ci starebbe male "e contemporaneamente essere preparati ad una uscita disordinata mediante ...."
Quando uno prevede un cataclisma deve attrezzarsi alla bisogna, "programmare" l'esodo.
Poi se no ci si riesce, se tutto va a casino....
Ma non si può perorare il casino, il puro caos!
Vorrei segnalare, ciò che il Movimento dei Forconi sta nel silenzio generale facendo con la scarsità dei suoi mezzi in Sicilia. Si stanno praticamente rendendo disponibili nei confronti di tutti quei lavoratori e tutte quelle famiglie che hanno avuto case espropriate dallo Stato a favore dei rentiers borghesi. Da un paio di giorni nelle campagne del ragusano si stanno mobiltando per impedire che una famiglia venga sfrattata di casa.
http://www.novetv.com/?p=44635
Salve. Ho letto i sette punti di trasformazione da voi proposti.
Faccio questa riflessione: ma ammesso e concesso che si riescano a portare a compimento ciò che auspicate, come ad esempio il punto 2; "Uscire in modo programmato dall’euro e dall’Unione europea, per riconquistare la sovranità politica e monetaria, attraverso la reintroduzione della lira".
Scusate, ma quì si tratta di produrre per il mercato capitalistico mondiale, e non per un economia di sussistenza (l'Italia basa gran parte della sua ricchezza sulle esportazioni). Quindi, visto che non vi proponete di cambiare i "rapporti di produzione capitalistici" - ossia non vi proponete di abolire il lavoro salariato, vero e proprio pilastro su cui si erge il potere di classe borghese - come pensate di gestire l'intero processo economico e sociale, anche ammesso di portare a compimento i vostri punti programmatici?
Felice di una risposta. Luigi
Caro Luigi,
non sono di sollevazione e parlo per conto mio.
Fammiti fare una domanda: ma che la Svizzera, tanto per fare un esempio di paese capitalista che non fa parte della Ue è fuori dal mercato mondiale?
Intanto usciamo dall'euro, che ci strozza, poi si vedrà.
Che con la scusa di volere un mondo perfetto rischiamo di schiattare.
Poi sia chiaro, anch'io penso che occorre uscire dal capitalismo, ma penso anche che questo sia un punto d'arrivo, e che comunque, per arrivarci di sicuro occorre far saltare per aria l'Unione europea la quale, se non mi sbaglio, è una blocco di stati capitalisti, voluto dalle borghesie anzitutto per sottomettere uniti le classi subalterne.
compagni scusate il mio post inopportuno, devo però portarvi a conoscenza che mario kannibal draghi si fuma l'esistenza dei lavoratori europei, è la sua ragion d'essere.
l'Aventino del PDL potrebbe anche diventare un boomerang.
1) non esistono le dimissioni di massa, le dimissioni sono solo personali, e vanno votate caso per caso. Teoricamente un accordo Pd-M5s (SOLO PER QUESTO VOTO, non di governo) potrebbe costringere i parlamentari del PDL a rimanere in carica respingendo le dimissioni per anni.
2) anche se venissero accettate, subentrano i non eletti, ovvero i trombati del PDL che ce l'hanno con Berlusconi perchè li ha messi troppo in basso nelle liste elettorali.
Vendetta+pensione garantita e 4 anni di lavoro a 15000 euro al mese sono un ottimo motivo per accettare il posto dei dimissionari.
3) i parlamentari del Pregiudicato se ne vanno anche se non sono formalmente decaduti? Cazzi loro, alla camera con 293 seggi su 504 il PD fa maggioranza da solo, al senato con 108 senatori su 214 (+7 SEL+10 tra SVP, socialisti e UV).
Gli assenti hanno sempre torto, specie se lo sono per sostenere un mafioso.
"il realismo ci dice che l’instabilità politica e istituzionale è preferibile"
a noi o a chi ne approfitta per comprarsi quel poco che resta delle grandi imprese italiane, contando su un governo paralizzato che non può fare niente=
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