22 settembre. Il primo gesto filosofico consiste sempre nell’esercizio del dubbio, vuoi anche nella cartesiana forma “iperbolica”, rispetto ai luoghi comuni e alle verità inerzialmente ammesse dai più. Il cosiddetto laicismo può, a giusto titolo, costituire un fecondo luogo di esercizio del dubbio filosofico. Il laiscimo – vera e propria religione del nostro tempo – si presenta urbi et orbi come ideologia neutra e avalutativa, che assume come scopo primario la liberazione dell’uomo dalle visioni assolutistiche, quando non fondamentalistiche, e dunque anzitutto da quelle religiose.
È questa, salvo errore, la cifra del laicismo da Paolo Flores D’Arcais a Eugenio Scalfari, da Michel Onfray a Piergiorgio Odifreddi, giusto per citare i principali esponenti di questo neoilluminismo che si autocelebra come il fronte più avanzato dell’emancipazione. Per essere il più sintetico e il più chiaro possibile, il laicismo è assai peggio del mare che aspirerebbe a curare. E perché? Per il fatto che, contestando tutti gli Assoluti che non siano quello immanente della produzione capitalistica, il laicismo integralista si pone come il completamento ideologico ideale del dilagante fanatismo economico, in cui l’Economist diventa l’Osservatore Romano della globalizzazione capitalistica e le leggi imperscrutabili del Dio monoteistico divengono le inflessibili leggi del mercato mondiale. In questo, il laicismo rivela la sua natura di fondamentalismo illuministico svuotato della sua nobile funzione emancipativa (à la Voltaire, per intenderci) e ridotto a semplice funzione espressiva del capitale e delle sue lotte contro ogni divinità non coincidente con il mercato.
Per gli odierni corifei del laicismo, instancabili lavoratori presso la corte del re di Prussia, la sottomissione alla superstizione religiosa dev’essere destrutturata in modo che domini incontrastata la sola superstizione economica. L’obbedienza servile deve essere riservata unicamente all’economia, alle “sfide della globalizzazione”, all’insindacabile giudizio del mercato, al vincolo del debito e alla dittatura delle agenzie di rating. L’essenza intimamente teologica del nuovo ordine della produzione – il nomos dell’economia – affiora eminentemente dalla sua pretesa assolutistica di esaurire il senso delle cose, ponendosi come fondamento incondizionato del reale e del simbolico, coartando gli uomini a praticare un culto ignaro e alienato al cospetto della propria forza associata e, al tempo stesso, disgiuntasi da loro e tale da non venir più riconosciuta nella sua reale configurazione di prodotto storico della prassi oggettivata. Forse che l’Assoluto del nostro tempo non è il monoteismo del mercato? Forse che la teologia del nostro tempo non è l’economia, ossia la teologia della disuguaglianza sociale? Per i laicisti no, il problema è sempre e solo il Dio trascendente, è sempre e solo il fanatismo della religione tradizionale. È il capitale stesso che deve delegittimare ogni religione che non sia il monoteismo del mercato: qui emerge chiaramente il ruolo di instancabili lavoratori presso la corte del re di Prussia dei fanatici del laicismo.
Il vero dilemma del nostro tempo non sta nell’ennesima riproposizione di un illuminismo che contesti le divinità trascendenti: è questo, per inciso, l’ostinato orizzonte illuministico di una sterminata galassia di testi recenti – come il Traité d’athéologie, del 2005, di Michel Onfray –, che già ai tempi di Feuerbach sarebbero stati considerati “superati”. Al contrario, ciò di cui più si avverte il bisogno, oggi, è un nuovo illuminismo che contesti incondizionatamente l’Assoluto capitalistico e l’esistenza di presunte leggi economiche oggettive della produzione, sottoponendo a critica l’onnipervasivo monoteismo del mercato senza per questo cadere nell’elogio nostalgico dei comunismi novecenteschi. Mi si permetta di concludere sostenendo senza remore che, supporto ideale per l’universalizzazione della forma merce, il laicismo si configura oggi come l’involucro ideologico per la globalizzazione, per il liberalismo e per la santificazione del monoteismo del mercato. Per questo, se mi si definisce laico, respingo garbatamente la definizione.
* Fonte: LO SPIFFERO
17 commenti:
Penso che essere cristiani ed essere comunisti non sia impossibile. Ho conosciuto molta gente di sinistra andare in chiesa la domenica, io stesso mi definisco socialista, ma in chiesa ci vado tranquillamente. Se poi il prete dice qualcosa che non mi piace non lo ascolto, se dice qualcosa che mi piace lo ascolto.
Un buon pensiero laico usa la ragione e non accetta assolutismi di nessun tipo.
Non credo che questo "neoilluminismo"
si configuri come infrastruttura ideologica del mercato.
Ioltre il mondo laico è una galassia polverizzata di pensieri e difficilmente lo si può far coincidere con il pensiero di pochi pensatori, che peraltro non fanno apologia di mercato, ne attivamente ne passivamente.
Giuseppe
vedere in tv uno scalfari dai toni sempre più ieratici, forse umanamente inaridito dalla lotta "morale" contro b. o dal vento degli anni, al quale saggezza inviterebbe a sottrarsi per ben più intime mete (ancora tra noi,eh!) mi fa comprendere le "ragioni emotive" che il prof. muove al laicismo, se esse coincidono con questi vezzi intellettuali, ma...
1)non si può rimproverare a scalfari di non aver combattuto cesare (ma forse per un cesare più funzionale al mercato...eh eh eh);
2)se è "sterile" prendersela SOLO con dio lo è anche prendersela SOLO con il mercato, e non si può che ripiegare dialetticamente sui nostri simili che l'incarnano, preti e politici;
3)non so il re di prussia ma gli ultimi cesari americani erano tutti ispirati da dio, quindi attaccare dio è ANCHE attaccare alle fondamenta cesare;
4)tra il dio di un cesare oppressore e il nichilismo apatico c'è un mare di piccole cose, divine.
francesco
errata corrige..."se esso coincide"...il laicismo,non le ragioni...
francesco
Ribadisco (ormai da più di un anno) che la presa di coscienza delle classi subalterne e sfruttate DOVRA' assumere le modalità di un risveglio religioso.
NON C'è ALTRA VIA.
Il che non significa che da adesso bisogna aderire a una particolare religione ma che bisogna battere sui temi del senso di appartenenza che lega il gruppo (religione=re/ligio ossia "lego assieme" e se ipostatizzo questo legame ho "Dio") fondati su una CONDIVISIONE del dolore della NOSTRA condizione di subalterni sfruttati. Quindi PIU' CUORE E MENO ANALISI; quando servirà si userà la competenza economica, per esempio per confrontarsi ad armi pari con chi la pensa diversamente ma l'accento deve andare sul cuore, la passione, la condivizione, la rabbia, la speranza.
Certamente se saltasse fuori qualche prete veramente all'altezza della situazione sarebbe un ENORME vantaggio averlo dalla nostra parte.
trovati gli occhiali...era:le ragioni emotive delle critiche...scusate
francesco
A mio avviso non c'è un "diretto" passaggio tra Laicismo ed Economicismo...
...esso è "mediato".
Infatti la maggior parte dei laicisti è completamente indottrinato nella "Idolatria della Scienza" che segue dogmi come questo:
"Dato che la Scienza ha portato benessere e può portare benessere agli scienziati non devono essere messi vincoli di alcun tipo".
In base a questa forma di idolatria
che, effettivamente, ha tutti i tratti di una bieca superstizione, questa gente mette in mano agli scienziati le "chiavi" per fare ogni genere di indagine ed esperimento non importa quanto pericoloso o abominevole.
E peraltro lo fa in base all'idea malata che gli scienziati, in virtù
di una loro più approfondita conoscenza delle leggi dell'Universo, siano più saggi e moralmente superiori all'uomo comune. In questa chiave lo scienziato diventa, di fatto, una evoluzione del concetto di "angelo" e questo rende questa forma di idolatria una (malsana) religione a tutti gli effetti!
Il piccolo problema è che, a parte che gli scienziati già di loro tendono a non avere freni inibitori
in seno alla loro specialità (come giustamente ci suggerisce persino un libro dell'Ottocento come Frankenstein), questo dà carta bianca di fare ogni genere di abominio e, non avendo essi generalmente "fondi", di prostituire se stessi e le loro ricerche al Capitalismo...che quando si tratta di fare profitti di freni inibitori non ne ha alcuno!
...quindi, in questa forma mediata, si può dire effettivamente che il Laicismo militante rende succubi del Capitalismo.
@Guido
Mi fa piacere vedere che l'atteggiamento si diffonde.
Il comunismo è una dottrina profondamente spirituale; cosa aspettiamo a rivendicarlo?
il comunismo,inteso come movimento ed aspirazione della dolente umanità, è la riproposizione della mitologia pagana della vergine con il bambino, della morte e risurrezione, insomma del cristianesimo come innesto sul tronco ebraico dei miti mediterranei. Tutto ciò viene ripreso da Hegel con la dialettica che anima l'inverarsi dello Spirito Assoluto e quindi da Marx con il materialismo storico, la negazione della negazione che da luogo alla perfetta sintesi del comunismo. Ma il Paradiso della religione, una favola, è ben diverso dal paradiso in terra dei comunisti, situazione che può essere altrettanto infernale del capitalismo, intanto, nella migliore delle ipotesi, morte e malattia perdurano, nella peggiore sono anche accompagnate da miseria e oppressione. Credo che sarebbe meglio lottare senza nutrire speranze chiliastiche ma con la consapevolezza, rispetto ai capitalisti di: o noi o loro, altro che paradiso e spiritualità!
Ma qale ca... di paradiso in terra dei comnisti.
Ma siete degli ingenui middle class da spavento.
I comunisti si facevano ammazzare per il loro ideale, si facevano picchiare e torturare per aiutare i loro compagni; che c'entra con il materialismo il sacrificio di sé per gli altri che condividono lo stesso ideale? E per diffondere questo ideale fra quelli che non hanno il coraggio di crederci?
Siete ingenui e sprovveduti perché OGGI il materialismo non funziona più; il comunismo è altissima spiritualità che si oppone al miserabile materialismo del capitalismo e il comunismo va diffuso per la sua vera natura ossia pssoibilità per tutti di evolversi spiritualmente attraverso il lavoro e la vita in na società dove al posto della competizione viga il principio della condivisione.
Quanto siete deludenti voi di sollevazione... in fondo siete solo dei democristiani imbiancati, ma se vi riesce; provate a far collimare i vostri dieci punti irrinunciabili col modus operandi della chiesa, poi mi fate sapere.
VELENO
Chiarito che gli articoli firmati non necessariamente esprimono le opinioni della redazione e che l'articolo in questione è firmato Diego Fusaro.
Nessuno è perfetto caro "Carlo" e noi non andiamo in cerca di complimenti. Noi vogliamo semmai accendere le coscienze. Invece di inviare telegrammi di condanna provi ad entrare nel merito dell'articolo.
"Chiarito che gli articoli firmati non necessariamente esprimono le opinioni della redazione e che l'articolo in questione è firmato Diego Fusaro."
e allora perchè non pubblicate il Mein Kampf, se non c'è nessuna connessione tra quanto pubblicato e le opinioni della redazione?
Ebbene, accolgo l’invito, anche se sono convinto che un simile articolo avrebbe meritato un vostro intervento che rimarcasse una netta presa di distanze, se è vero che vi considerate avanguardie per la costruzione di una società socialista. Da notare che il presunto filosofo, taccia di integralismo il laicismo, “non l’ateismo,” un dato di fatto che ha metabolizzato persino quel centro di potere universale che è la chiesa di Roma, tanto che nessuno di norma contesta che lo stato debba essere laico. L’autore dell’articolo addebita al laicismo l’evaporazione dei valori umani dalla nostra società, però non porta elementi pratici a sostegno delle sue tesi. Si spinge ancora in affermazioni strampalate, accusando i laici che sarebbero i sostenitori dell’attuale modello liberista, dimenticando che almeno nel nostro paese i maggiori sostenitori della U.E. erano democristiani, “vedi Prodi, Ciampi e tutto l’attuale PD, compreso il presidente del consiglio in carica, che a quanto mi risulta non è affatto comunista né laico. Ma, vogliamo guardarci indietro? Vogliamo verificare se nei tempi che furono, dominati ininterrottamente dall’ingerenza della chiesa, per le classi più misere è andata meglio di oggi? Il clero si è sempre fatto i propri comodi, impegnandosi all’estremo per giustificare le azioni più riprovevoli del potere, del quale non disdegnava la frequentazione, né l’appartenenza, ed ora mi si viene a dire che è giusto così, che dobbiamo assumere ancora una posizione prona di fronte ad affermazioni illogiche e prive di qualsiasi riscontro. Io rivendico il diritto ad essere ateo, in questa società che emargina proprio chi si discosta dai valori vigenti, che guarda caso sono per lo più clericali. Lo rivendico perché so che si può vivere tranquillamente senza condizionamenti trascendentali, dei quali a quanto pare non si è ancora liberato l’autore dell’articolo. Ebbene, le sue affermazioni mi ricordano certi fumatori, i quali affermano che non intendono rinunciare ai piaceri della vita ogniqualvolta vengono incitati a rinunciare al fumo. Essi non sanno, evidentemente, che chi non è dipendente dalla nicotina non effettua nessuna rinuncia e non prova la minima sofferenza alla mancanza del tabacco. Ma, ci sono ragioni ben più valide dell’autodeterminazione, per diffidare del clericalismo. Io per esempio non affiderei mai la mia rappresentanza politica a un credente, perché nel momento in cui dovesse trovarsi a difendere i miei interessi antagonisti a quelli della chiesa, egli agirebbe senz’altro contro di me. Allo stesso modo diffiderei degli scienziati credenti, essi infatti, nella ricerca, affinché essa sia scevra da condizionamenti, devono spogliarsi di ogni loro convinzione e badare unicamente ai fatti, e a quanto ne so, spesso questi vengono mistificati per farli rientrare all’interno dei valori costituiti. Sono ateo, come asserivo poc’anzi e ciò non mi impedisce di essere contro il liberismo e la globalizzazione; come se ciò non bastasse, sono consapevole che tanti altri la pensano come me e molti di più non hanno la possibilità di farsi un opinione in conseguenza dell’informazione distorta dei media, ma tra nessuno di loro alberga il minimo dubbio sul fatto che il laicismo sia un valore irrinunciabile per una società nella quale l’uomo si solleva dalla sua condizione di suddito.
Ciò detto, voglio affermare che non sono affatto integralista, e nutro il più profondo rispetto per coloro che credono e la fanno una cosa propria, senza doverla sbattere continuamente in faccia al prossimo. Se dio esistesse, infatti, non avrebbe bisogno di intermediari e tra lui e i suoi fautori basterebbe un pensiero per metterli in contatto. Un contatto che gli sarebbe sufficiente per scandagliargli l’anima e capire la differenza tra il dire e il fare.
io credo che nulla accada per caso e nemmeno totalmente per scelta di qualcuno. e credo anche che la storia avanzi, nel breve termine, per "enantiodromia". quindi se oggi avanza il dio mercato è perchè nei decenni passati determinate forze che lo caratterizzano sono state troppo represse.
noi abbiamo istinti egoisti e comunitari, servono ENTRAMBI all'essere vivente-uomo per la sopravvivenza a seconda delle circostanze. quando uno dei 2 viene troppo represso si ribella, acquista forza e prova a prendere il potere. è per questo che il socialismo reale ha fallito, perchè ha creduto possibile, al pari delle religioni, il "miglioramento dell'uomo"... con le buone o con le cattive, con l'indottrinamento culturale o il gulag voleva eliminare l'istinto egoistico (oppure credeva che non fosse un istinto, gravissimo errore antropologico).
vi faccio notare che ancora oggi lo stato gestisce in italia il 52% dell'economia e siccome un mare di gente non lavora, a chi lavora lo stato drena dal 65% (dipendenti) al 75% (imprenditori) del prodotto... francamente mi pare una situazione più simile all'unione sovietica che a uno strapotere del mercato.
antonio.
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