18 agosto. «Speriamo di vederci o almeno sentirci con calma. Sarò a Dio piacendo in Italia tra il 10 e il 19 di Agosto a presto. Paolo»
Questa è l’ultimo messaggio che ricevemmo da Padre Paolo (nella foto), per la precisione il 26 luglio scorso. Intuimmo che stava partendo per un viaggio per la sua amata e martoriata Siria.
Si rincorrono da giorni notizie contrastanti, alcune diffuse ad arte, a scopi depistatori, in un gioco sporco che vede come protagonisti gruppi e individui in cerca di visibilità e servizi segreti adusi a lanciare ballons d’essai nel tentativo, spesso disperato, di far credere che sanno e fanno, che sono della partita.
Spesso né sanno né possono fare un gran che, tantomeno salvare la vita all’amico Paolo Dall’Oglio.
Anzi, noi deploriamo questi tentativi, perché proprio essi possono ingarbugliare le cose ed anzi mettere davvero a rischio la vita di Paolo, dato per morto almeno un paio di volte, e poi di nuovo resuscitato.
L’ultima notizia, di ieri, 16 agosto, è infatti che sarebbe vivo e vegeto, ospite e non prigioniero dell’organizzazione islamista Stato Islamico dell’Iraq e del Levante di Abu Bakr al-Baghdadi.
Secondo informazioni che riteniamo attendibili Paolo si sarebbe recato, via Turchia, a Raqqa, nel Nord est della Siria — una zona che le forze armate di Assad non controllano più ma luogo di scontri tra i ribelli islamisti e le milizie curde filo-Assad — proprio per incontrare al-Baghdadi nel tentativo di negoziare il rilascio di alcuni prigionieri.
Paolo non poteva sottovalutare i rischi di questa eventuale missione. Se sfidando i rischi è andato è perché gente che considera amica glielo ha chiesto. E se ha accettato è perché convinto che i combattenti islamisti non lo avrebbero considerato un nemico, visto che sanno bene che egli fu cacciato dal governo siriano (novembre 2011) per avere espresso il suo sostegno alla rivolta popolare.
Dall’antico monastero Deir Mar Musa el-Habashi (San Mosè l'abissino), situato nelle suggestive montagne desertiche di Qalamun, padre Dall’Oglio si è da sempre impegnato nel dialogo con l’Islam. Nell’estate 2011 promosse un tentativo di mediazione tra autorità e rivoltosi (quando ancora la ribellione era pacifica) proponendo un sistema politico democratico basato sul consenso tra le varie comunità religiose e sociali presenti in Siria. Proprio un suo articolo dedicato alla “Democrazia consensuale” scatenò le ira del governo di Assad.
Ma la Siria è un ginepraio. Centinaia sono le milizie che combattono il regime, esse si dividono e a volte lottano tra loro per il controllo del territorio, criterio decisivo per sopravvivere, per ricevere aiuti in viveri, farmaci e armi da parte delle potenti confraternite islamiche internazionali. Ma ci sono anche gruppi di predoni e di banditi che nella guerra civile sguazzano per ben più meschini scopi.
In ogni caso perché chi avrebbe rapito Paolo avrebbe dovuto ucciderlo? Fosse stato un gruppo di ribelli takfiri scellerati avrebbe dovuto rivendicarlo politicamente. Fosse stato un gruppo di predoni (come sembra il caso del giornalista Quirico) avrebbe chiesto un riscatto.
Non nascondiamo la nostra preoccupazione, ma vogliamo attenerci al suo ultimo messaggio, che indicava la data del 19 agosto come possibile data del suo rientro. Vogliamo sperare non solo che Paolo sia vivo, ma che abbia concluso con successo la sua missione.
Fonte: Campo Antimperialista
Questa è l’ultimo messaggio che ricevemmo da Padre Paolo (nella foto), per la precisione il 26 luglio scorso. Intuimmo che stava partendo per un viaggio per la sua amata e martoriata Siria.
Si rincorrono da giorni notizie contrastanti, alcune diffuse ad arte, a scopi depistatori, in un gioco sporco che vede come protagonisti gruppi e individui in cerca di visibilità e servizi segreti adusi a lanciare ballons d’essai nel tentativo, spesso disperato, di far credere che sanno e fanno, che sono della partita.
Spesso né sanno né possono fare un gran che, tantomeno salvare la vita all’amico Paolo Dall’Oglio.
Anzi, noi deploriamo questi tentativi, perché proprio essi possono ingarbugliare le cose ed anzi mettere davvero a rischio la vita di Paolo, dato per morto almeno un paio di volte, e poi di nuovo resuscitato.
L’ultima notizia, di ieri, 16 agosto, è infatti che sarebbe vivo e vegeto, ospite e non prigioniero dell’organizzazione islamista Stato Islamico dell’Iraq e del Levante di Abu Bakr al-Baghdadi.
Secondo informazioni che riteniamo attendibili Paolo si sarebbe recato, via Turchia, a Raqqa, nel Nord est della Siria — una zona che le forze armate di Assad non controllano più ma luogo di scontri tra i ribelli islamisti e le milizie curde filo-Assad — proprio per incontrare al-Baghdadi nel tentativo di negoziare il rilascio di alcuni prigionieri.
Paolo non poteva sottovalutare i rischi di questa eventuale missione. Se sfidando i rischi è andato è perché gente che considera amica glielo ha chiesto. E se ha accettato è perché convinto che i combattenti islamisti non lo avrebbero considerato un nemico, visto che sanno bene che egli fu cacciato dal governo siriano (novembre 2011) per avere espresso il suo sostegno alla rivolta popolare.
Monastero Deir Mar Musa el-Habashi |
Dall’antico monastero Deir Mar Musa el-Habashi (San Mosè l'abissino), situato nelle suggestive montagne desertiche di Qalamun, padre Dall’Oglio si è da sempre impegnato nel dialogo con l’Islam. Nell’estate 2011 promosse un tentativo di mediazione tra autorità e rivoltosi (quando ancora la ribellione era pacifica) proponendo un sistema politico democratico basato sul consenso tra le varie comunità religiose e sociali presenti in Siria. Proprio un suo articolo dedicato alla “Democrazia consensuale” scatenò le ira del governo di Assad.
Ma la Siria è un ginepraio. Centinaia sono le milizie che combattono il regime, esse si dividono e a volte lottano tra loro per il controllo del territorio, criterio decisivo per sopravvivere, per ricevere aiuti in viveri, farmaci e armi da parte delle potenti confraternite islamiche internazionali. Ma ci sono anche gruppi di predoni e di banditi che nella guerra civile sguazzano per ben più meschini scopi.
In ogni caso perché chi avrebbe rapito Paolo avrebbe dovuto ucciderlo? Fosse stato un gruppo di ribelli takfiri scellerati avrebbe dovuto rivendicarlo politicamente. Fosse stato un gruppo di predoni (come sembra il caso del giornalista Quirico) avrebbe chiesto un riscatto.
Non nascondiamo la nostra preoccupazione, ma vogliamo attenerci al suo ultimo messaggio, che indicava la data del 19 agosto come possibile data del suo rientro. Vogliamo sperare non solo che Paolo sia vivo, ma che abbia concluso con successo la sua missione.
Fonte: Campo Antimperialista
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