La copertina del libro di Bagnai |
Pubblichiamo qui sotto la recensione del compagno Claudio Romanini al libro di Alberto Bagnai. Sotto il titolo Bagnai scrive che “la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa“. Che occorra abbandonare l'euro noi ne siamo convinti, ma non riteniamo che questo passo, da solo, rimuoverebbe la cause strutturali della crisi del capitalismo.
di Claudio Romanini*
«Finalmente qualcuno spiega al popolo come funzionano le politiche dei cambi e i mercati delle valute. Ma Bagnai fa di più:
ripercorre e rilegge la storia economica del nostro paese e dell’Eurozona alla luce della scelta compiuta, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, di convergere verso la moneta unica, prima con il propedeutico divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, poi l’ingresso nello Sme, la crisi del 1992 (quando Amato “rubò” il 6‰ dai conti correnti degli italiani), infine l’Euro.
E ci spiega ad ogni passo le conseguenze di queste scelte sulle esportazioni, il debito estero, la distribuzione del reddito, ecc, fornendoci chiavi di lettura essenziali per capire il recente e meno recente disastroso passato politico del nostro paese, e aiutandoci a valutare con maggior cognizione di causa le conseguenze del rimanere ovvero dell’uscire dall’Euro.
Il testo fa giustizia così anche dei luoghi comuni autorazzisti circa “l’Italietta” della “liretta” e delle “svalutazioni competitive”. Le svalutazioni italiane sono state poche e di natura difensiva a seguito di shock esterni avversi (p.e. gli shock petroliferi degli anni ’70), seguiti spesso da rivalutazioni.
Il testo fa giustizia anche dei tanti luoghi comuni legati alla svalutazione, l’inflazione, ecc con cui si cerca di terrorizzare la gente riguardo l’ipotesi di uscita dall’Euro. L’uscita dall’Euro, spiega Bagnai, è non solo possibile, ma sarà comunque inevitabile perché è un progetto insostenibile, e la crisi corrente lo sta dimostrando.
La moneta unica tra aree con diversa produttività è possibile solo a patto di condizioni politiche inesistenti nell’Europa di oggi. D’altro lato la svalutazione reale della nostra economia, è conseguenza diretta dell’impossibilità di riaggiustare in modo automatico, graduale e indolore, lasciando agire il mercato del cambio, le piccole differenze di competitività con la Germania, e che invece si sono accumulate nel corso degli anni.
Questo dato di fatto non muterebbe se la BCE “stampasse moneta” per venire incontro ai problemi di finanziamento del debito pubblico degli stati dell’Eurozona, e neppure se lo facesse senza porvi sopra le condizioni vessatorie previste dal Fiscal Compact. All’interno dell’Euro la prospettiva è quella della deindustrializzazione delle economie più deboli e delle acquisizioni straniere dei nostri asset … fino a quando non saremo dichiarati semplicemente un “onere” e non ci avranno dato il benservito.
Il problema quindi è solo se l’uscita dall’Euro sarà decisa e governata ordinatamente il prima possibile, o se avverrà caoticamente con il paese in ginocchio dopo un disastro tipo greco e dopo il compiuto saccheggio della nostra ricchezza collettiva ad opera della finanza internazionale e del complesso bancario-industriale tedesco.
Soprattutto ci viene spiegata la “razionalità politica” di certe scelte apparentemente tecniche: cambi fissi o rigidi? chi ci guadagna e chi ci perde, tra paesi e all’interno dei singoli paesi? Il mercato delle valute, legato principalmente all’andamento del commercio estero, è l’unico mercato che i neoliberisti vorrebbero regolamentare con cambi rigidi agganciati a monete forti (vedi Argentina …) invece che lasciar corso anche qui alla legge della domanda e dell’offerta. Perché? Perché così si consentono politiche predatorie da parte degli investitori a danno dei debitori, e dei paesi con maggiore produttività a danno degli altri.
Testi sulle politiche economiche all’interno di un singolo paese già ce ne sono (per esempio “Economia politica” di Massimo Pivetti, dove le implicazioni sociali delle politiche keynesiane e neoliberiste sono ben esplicitate partendo dai fondamentali dell’economia), e così pure sulla finanza internazionale, soprattutto dopo la crisi del 2008, ma le politiche dei cambi e i mercati delle valute finora li avevo visti confinati nella letteratura per specialisti, come meri “problemi tecnici”.
L’effetto complessivo del libro è liberatorio, nel senso che offre strumenti per capire la realtà e incoraggiarci a pensare che il futuro può tornare a dipendere da noi, che non ci sono potenze misteriose ai cui capricci ci dobbiamo piegare, e da placare offrendo sacrifici sempre più pesanti attraverso rituali governati da tecnici-sacerdoti, in realtà sempre più chiaramente apprendisti stregoni al servizio di oligarchie nostrane e straniere».
«Finalmente qualcuno spiega al popolo come funzionano le politiche dei cambi e i mercati delle valute. Ma Bagnai fa di più:
ripercorre e rilegge la storia economica del nostro paese e dell’Eurozona alla luce della scelta compiuta, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, di convergere verso la moneta unica, prima con il propedeutico divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, poi l’ingresso nello Sme, la crisi del 1992 (quando Amato “rubò” il 6‰ dai conti correnti degli italiani), infine l’Euro.
E ci spiega ad ogni passo le conseguenze di queste scelte sulle esportazioni, il debito estero, la distribuzione del reddito, ecc, fornendoci chiavi di lettura essenziali per capire il recente e meno recente disastroso passato politico del nostro paese, e aiutandoci a valutare con maggior cognizione di causa le conseguenze del rimanere ovvero dell’uscire dall’Euro.
Il testo fa giustizia così anche dei luoghi comuni autorazzisti circa “l’Italietta” della “liretta” e delle “svalutazioni competitive”. Le svalutazioni italiane sono state poche e di natura difensiva a seguito di shock esterni avversi (p.e. gli shock petroliferi degli anni ’70), seguiti spesso da rivalutazioni.
Il testo fa giustizia anche dei tanti luoghi comuni legati alla svalutazione, l’inflazione, ecc con cui si cerca di terrorizzare la gente riguardo l’ipotesi di uscita dall’Euro. L’uscita dall’Euro, spiega Bagnai, è non solo possibile, ma sarà comunque inevitabile perché è un progetto insostenibile, e la crisi corrente lo sta dimostrando.
La moneta unica tra aree con diversa produttività è possibile solo a patto di condizioni politiche inesistenti nell’Europa di oggi. D’altro lato la svalutazione reale della nostra economia, è conseguenza diretta dell’impossibilità di riaggiustare in modo automatico, graduale e indolore, lasciando agire il mercato del cambio, le piccole differenze di competitività con la Germania, e che invece si sono accumulate nel corso degli anni.
Questo dato di fatto non muterebbe se la BCE “stampasse moneta” per venire incontro ai problemi di finanziamento del debito pubblico degli stati dell’Eurozona, e neppure se lo facesse senza porvi sopra le condizioni vessatorie previste dal Fiscal Compact. All’interno dell’Euro la prospettiva è quella della deindustrializzazione delle economie più deboli e delle acquisizioni straniere dei nostri asset … fino a quando non saremo dichiarati semplicemente un “onere” e non ci avranno dato il benservito.
Il problema quindi è solo se l’uscita dall’Euro sarà decisa e governata ordinatamente il prima possibile, o se avverrà caoticamente con il paese in ginocchio dopo un disastro tipo greco e dopo il compiuto saccheggio della nostra ricchezza collettiva ad opera della finanza internazionale e del complesso bancario-industriale tedesco.
Soprattutto ci viene spiegata la “razionalità politica” di certe scelte apparentemente tecniche: cambi fissi o rigidi? chi ci guadagna e chi ci perde, tra paesi e all’interno dei singoli paesi? Il mercato delle valute, legato principalmente all’andamento del commercio estero, è l’unico mercato che i neoliberisti vorrebbero regolamentare con cambi rigidi agganciati a monete forti (vedi Argentina …) invece che lasciar corso anche qui alla legge della domanda e dell’offerta. Perché? Perché così si consentono politiche predatorie da parte degli investitori a danno dei debitori, e dei paesi con maggiore produttività a danno degli altri.
Testi sulle politiche economiche all’interno di un singolo paese già ce ne sono (per esempio “Economia politica” di Massimo Pivetti, dove le implicazioni sociali delle politiche keynesiane e neoliberiste sono ben esplicitate partendo dai fondamentali dell’economia), e così pure sulla finanza internazionale, soprattutto dopo la crisi del 2008, ma le politiche dei cambi e i mercati delle valute finora li avevo visti confinati nella letteratura per specialisti, come meri “problemi tecnici”.
L’effetto complessivo del libro è liberatorio, nel senso che offre strumenti per capire la realtà e incoraggiarci a pensare che il futuro può tornare a dipendere da noi, che non ci sono potenze misteriose ai cui capricci ci dobbiamo piegare, e da placare offrendo sacrifici sempre più pesanti attraverso rituali governati da tecnici-sacerdoti, in realtà sempre più chiaramente apprendisti stregoni al servizio di oligarchie nostrane e straniere».
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* Fonte: socialista senza partito
4 commenti:
diffondiamo! che l'effetto liberatorio non rimanga meramente intellettuale, informiamo il popolo, USCIAMO DALL'EURO ORA, prima di finire stesi, come in Grecia. scarichiamoli noi prima che lo facciano loro, dopo averci svuotato e aver distrutto diritti che i nostri padri hanno conquistato per noi. recuperarli poi sarebbe arduo, come dice il tradidore Monti, dopo la lunga onda della crisi rimangono sedimenti - antidemocratici - irreversibili. Chiara
Già Chiara! Ma qui la gente che è daccordo deve alzare le chiapppe!! Sul web sembriamo tantissimi,all'atto pratico in pochi. L'MPL ha fatto una proposta, quella di un fronte ampio delle forze sovraniste, rivoluzionarie e democratiche, com'è che niente si smuove? Per di più anche gli intellettuali e egli economisti anti-euro politicamente parlando se ne stanno alla finestra. Ho paura che quando alzeremo la testa sarà troppo tardi.
direi anche di non acquistarlo su amazon ( essendo società estera mi peggiora il conto finanziario della BDP ).
Meglio IBS che è italiana !!
Esatto. Gli intellettuali e gli economisti poi sono dei pisciasotto quaquaraquà da quattro soldi. Parlo con loro sui blog e rispondono dando lezioncine e restando sempre là a casetta loro. BABBEI, si va nelle fabbriche, nelle associazioni e si sveglia la gente; voi parlate e noi ci diamo da fare per cercare i contatti e contribuiamo in denaro. Che senzapalle!
Non c'è un riferimento politico al quale aggregarsi, non c'è un partito, non c'è un movimento che non sia un gruppetto di due gatti e mezzo isolati...vi sveglierete quando sarà tardi.
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