Magistrati, capitalisti, politicanti e coscienza operaia
di Sollevazione
Arrivò Pirro e finì la pacchia. I tarantini pagarono a caro prezzo l'aiuto che essi chiesero nel 281 a.C. al Re dell'Epiro, per tentare ci sventare la minaccia romana. Pirro offrì ai tarantini il suo soccorso, ma a condizioni talmente vessatorie che da allora essi usano l'espressione di cui sopra.
Pare la metafora della vicenda dell'arrivo dei Riva a Taranto. Lo Stato, dopo aver liquidato e spacchettato l'Italsider e dato vita all'Ilva, nel contesto della definitiva privatizzazione dell'industria nazionale dell'acciaio, offrì a Riva gli impianti di Taranto a prezzi stracciati. Tutti furono complici di questa privatizzazione: partiti di sinistra e sindacati, FIOM compresa.
I Riva non s'impossessarono dell'acciaieria di Taranto solo grazie ai i prezzi da saldo. Che le emissioni dell'impianto fossero altamente nocive, lo si sapeva da sempre. Decisero di fare il passo solo dopo essersi assicurati che non avrebbero corso il rischio di dovere mettere mano a costosi piani di bonifica. Le garanzie le diede anzitutto il governo, ovviamente. Ma questo non bastava. Occorreva ai Riva che tutte le diverse autorità locali (Comune, Provincia, regione e Arpa) nonché la triplice sindacale, chiudessero tutti e due gli occhi e non si mettessero di traverso. Era evidente che spingere gli impianti al massimo della loro capacità produttiva, come in effetti è avvenuto (smentendo così l'alibi principale della privatizzazione, che il ciclo italiano dell'acciaio fosse destinato ad un'irreversibile dismissione), avrebbe causato quello che a tutti gli effetti è il più grave disastro ambientale italiano.
Per quasi vent'anni, mentre i sindacati tutti assicuravano la pax aziendale affinché le maestranze e gli impianti fossero spremuti al massimo livello, le autorità di ogni ordine e grado hanno lasciato che questo disastro si compisse in tutta la sua devastante portata. Nel frattempo i tarantini crepavano, soprattutto quelli nei quartieri di Tamburi e Borgo.
Quando non è stato più possibile tacere la magistratura è stata obbligata svolgere il suo ruolo suppletivo. Su pressione della società civile ha finalmente, nel 2009, avviato l'inchiesta "Ambiente venduto". Da qui le due perizie, chimica ed epidemiologica. I risultati sono sconvolgenti.[1]
Che tutto questo sia stato possibile senza la compiacenza del governo regionale pugliese non solo a noi pare impossibile. Vendola fa il pesce in barile. In verità lui sapeva benissimo che l'Ilva era una fabbrica della morte. Come minimo ha taciuto. Come minimo.
NOTE
[1]
Nella prima perizia, sulle emissioni, si legge che nel 2010 Ilva ha emesso in aria le seguenti sostanze convogliate (tabella A-1 della perizia):
4.159.300 kg di polveri;
11.056.900 kg di diossido di azoto;
11.343.200 kg di anidride solforosa;
7.000 kg di acido cloridrico;
1.300 kg di benzene;
338,5 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
52,5 g di benzo(a)pirene;
14,9 g di policlorodibenzodiossine (abbreviato in diossine) e policlorodibenzofurani;
280 kg di cromo III (cromo trivalente);
Inoltre, da dichiarazione E-PRTR della stessa ILVA (tabella C-1 della perizia):
172.123.800 kg di monossido di carbonio;
8.606.106.000 kg di biossido di carbonio;
718.600 kg di composti organici volatili non metanici;
8.190.000 kg di ossidi di azoto;
7.645.000 kg di ossidi di zolfo;
157,1 kg di arsenico;
137,6 kg di cadmio;
564,1 kg di cromo;
1.758,2 kg di rame;
20,9 kg di mercurio;
424,8 kg di nichel;
9.023,3 kg di piombo;
23.736,4 kg di zinco;
15,6 g di diossine;
337,7 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
1.254,3 kg di benzene;
356.600 kg di cloro e composti organici;
20.063,2 kg di fluoro e composti organici;
1.361.000 kg di polveri.
di Sollevazione
Arrivò Pirro e finì la pacchia. I tarantini pagarono a caro prezzo l'aiuto che essi chiesero nel 281 a.C. al Re dell'Epiro, per tentare ci sventare la minaccia romana. Pirro offrì ai tarantini il suo soccorso, ma a condizioni talmente vessatorie che da allora essi usano l'espressione di cui sopra.
Pare la metafora della vicenda dell'arrivo dei Riva a Taranto. Lo Stato, dopo aver liquidato e spacchettato l'Italsider e dato vita all'Ilva, nel contesto della definitiva privatizzazione dell'industria nazionale dell'acciaio, offrì a Riva gli impianti di Taranto a prezzi stracciati. Tutti furono complici di questa privatizzazione: partiti di sinistra e sindacati, FIOM compresa.
I Riva non s'impossessarono dell'acciaieria di Taranto solo grazie ai i prezzi da saldo. Che le emissioni dell'impianto fossero altamente nocive, lo si sapeva da sempre. Decisero di fare il passo solo dopo essersi assicurati che non avrebbero corso il rischio di dovere mettere mano a costosi piani di bonifica. Le garanzie le diede anzitutto il governo, ovviamente. Ma questo non bastava. Occorreva ai Riva che tutte le diverse autorità locali (Comune, Provincia, regione e Arpa) nonché la triplice sindacale, chiudessero tutti e due gli occhi e non si mettessero di traverso. Era evidente che spingere gli impianti al massimo della loro capacità produttiva, come in effetti è avvenuto (smentendo così l'alibi principale della privatizzazione, che il ciclo italiano dell'acciaio fosse destinato ad un'irreversibile dismissione), avrebbe causato quello che a tutti gli effetti è il più grave disastro ambientale italiano.
Per quasi vent'anni, mentre i sindacati tutti assicuravano la pax aziendale affinché le maestranze e gli impianti fossero spremuti al massimo livello, le autorità di ogni ordine e grado hanno lasciato che questo disastro si compisse in tutta la sua devastante portata. Nel frattempo i tarantini crepavano, soprattutto quelli nei quartieri di Tamburi e Borgo.
Quando non è stato più possibile tacere la magistratura è stata obbligata svolgere il suo ruolo suppletivo. Su pressione della società civile ha finalmente, nel 2009, avviato l'inchiesta "Ambiente venduto". Da qui le due perizie, chimica ed epidemiologica. I risultati sono sconvolgenti.[1]
«La perizia epidemiologica dei periti nominati della Procura di Taranto ha quantificato, per tutte le cause di morte, nei sette anni considerati: un totale di 11 550 morti, con una media di 1650 morti all'anno, soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie; un totale di 26 999 ricoveri, con una media di 3 857 ricoveri all'anno, soprattutto per cause cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari.Di questi, considerando solo i quartieri Tamburi e Borgo, i più vicini alla zona industriale:un totale di 637 morti, in media 91 morti all'anno, è attribuibile ai superamenti dei limiti di PM10 di 20 microgrammi a metro cubo (valore consigliato OMS) (rispetto al limite di legge italiana/europea di 40 microgrammi a metro cubo Particolato il valore attribuibile è praticamente nullo);un totale di 4 536 ricoveri, una media di 648 ricoveri all'anno, solo per malattie cardiache e malattie respiratorie, sempre attribuibili ai suddetti superamenti».Ebbene, come ha reagito la proprietà? Ce lo indica l'ultima inchiesta conclusasi con i sette arresti del 26 novembre. Con reiterati tentativi di corruzione di tutti i pubblici ufficiali e dei politici allo scopo di ottenere perizie fasulle e quindi il rilascio delle autorizzazioni per perpetrare il disastro ambientale. E dei sindacalisti, aggiungiamo noi. Una rete corruttiva capillare, sfrontata formidabile, che non sarebbe stata possibile senza che molto in alto ci fosse stata, come minimo, compiacenza. Sì, stiamo parlando del Ministro dell'Ambiente dell'attuale governo Corrado Clini, che non a caso prima era uno dei capoccioni dello stesso Ministero.
Che tutto questo sia stato possibile senza la compiacenza del governo regionale pugliese non solo a noi pare impossibile. Vendola fa il pesce in barile. In verità lui sapeva benissimo che l'Ilva era una fabbrica della morte. Come minimo ha taciuto. Come minimo.
«Dalle intercettazioni emergono le pressioni fatte dall'Ilva sul governatore Nichi Vendola, affinché intervenisse sull'Arpa. Il Gip definisce nella sua ordinanza “elemento di rilievo” la promessa di Vendola "di occuparsi personalmente della questione Arpa». [2] Bingo!
Risparmiamo ai nostri lettori la filippica per cui questo è il capitalismo, un sistema che sguazza nell'illegalità, che si fa beffa delle leggi; di privatizzazioni presentate come salvifiche e che si rivelano come colossali rapine sociali; di Capitani di ventura alla Riva spacciati come filantropi e che agiscono invece come delinquenti di prima cartella. Bastano le parole della Gip Patrizia Todisco: «La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale non curanza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all'ambiente e alla salute delle persone». [3]
Il procuratore capo Franco Sebastiano rincara la dose: «Siamo intervenuti a fronte di reati di pericolo che interessano la vita e la salute di migliaia di persone. Un diritto, questo, che non può essere compresso da alcuna esigenza tecnica ed economica. Anche il diritto al lavoro, difronte al diritto alla vita e alla salute, deve fare un passo indietro». [4]
Parole sacrosante. Che squarciano non solo il putrido sistema di connivenza tra capitale, politica e sindacati. Parole che dovrebbero spingere tanti operai dell'Ilva —che in questi mesi, ubbidendo ai più retrivi interessi corporativi, sono andati dietro ai sindacati gialli, protestando contro la magistratura— a farsi un'esame di coscienza. Gramsci ci insegnava che o la classe operaia è "classe dirigente nazionale", o accetta di prendersi sulle sue spalle interessi universali, oppure è solo massa di manovra di questa o quella frazione del capitale.
Marx avrebbe detto: "La classe operaia o è rivoluzionaria o non è nulla", senza coscienza dei propri interessi non è che forza-lavoro, parte variabile del capitale, aggiungiamo noi.
Non tutto è forse perduto tuttavia. Il cinico ricatto dei Riva di chiudere l'azienda in base alla decisione legittima della Procura di sequestrare i prodotti lavorati negli ultimi mesi, può forse suscitare un sussulto autonomo"di classe", ricomporre il fronte. L'Ilva va anzitutto occupata e poi tolta ai Riva, nazionalizzata e bonificata sotto il controllo dei lavoratori. E se questo viola i liberisti trattati europei, che questi vadano alla malora!
NOTE
[1]
Nella prima perizia, sulle emissioni, si legge che nel 2010 Ilva ha emesso in aria le seguenti sostanze convogliate (tabella A-1 della perizia):
4.159.300 kg di polveri;
11.056.900 kg di diossido di azoto;
11.343.200 kg di anidride solforosa;
7.000 kg di acido cloridrico;
1.300 kg di benzene;
338,5 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
52,5 g di benzo(a)pirene;
14,9 g di policlorodibenzodiossine (abbreviato in diossine) e policlorodibenzofurani;
280 kg di cromo III (cromo trivalente);
Inoltre, da dichiarazione E-PRTR della stessa ILVA (tabella C-1 della perizia):
172.123.800 kg di monossido di carbonio;
8.606.106.000 kg di biossido di carbonio;
718.600 kg di composti organici volatili non metanici;
8.190.000 kg di ossidi di azoto;
7.645.000 kg di ossidi di zolfo;
157,1 kg di arsenico;
137,6 kg di cadmio;
564,1 kg di cromo;
1.758,2 kg di rame;
20,9 kg di mercurio;
424,8 kg di nichel;
9.023,3 kg di piombo;
23.736,4 kg di zinco;
15,6 g di diossine;
337,7 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
1.254,3 kg di benzene;
356.600 kg di cloro e composti organici;
20.063,2 kg di fluoro e composti organici;
1.361.000 kg di polveri.
[2] Domenico Palmiotti, Il Sole 24 Ore del 27 novembre
[3] Ibidem
[4] Ibidem
3 commenti:
"L'Ilva va anzitutto occupata e poi tolta ai Riva, nazionalizzata e bonificata sotto il controllo dei lavoratori. E se questo viola i liberisti trattati europei, che questi vadano alla malora!"
Conclusione ammirevole: questo si chiama dire qualcosa di "sinistra", anzi di "dignitosamente umano"! Altro che le verbose giravoltole di chi gioca alla democrazia con le primarie!
'E indispensabile che in questa vicenda intervenga l'MPL,divulgando e rendendo nota questa posizione ed organizzando una dimostrazione in loco con le forze disponibili.Se non si rimarcano qui le differenze con la Sinistra e i sindacati collusi,non vedo dove.
Queste sono parole di verità.
Nessuno e' immune da colpe,tantomeno la classe operaia incorporata nel processo di distruzione della vita ordito dal capitale.
Agli innocenti viene imposta col sacrificio della vita l'espiazione per un male compiuto da altri.
Vale la pena leggersi anche le parole di Illich.
"La desacralizzazione della natura ha così comportato la violazione della sua integrità mediante la violazione dei limiti che dovevano essere rispettati perché la vita della natura potesse rigenerarsi e rinnovarsi. Da un punto di vista filosofico, una relazione etica si stabilisce tra una cultura che riconosce questi limiti inviolabili e cerca di contenere l’azione umana e la percezione della Madre Natura organismo vivente rigenerantesi, mentre si situa all’estremo opposto la relazione tra una cultura industriale ed una «risorsa naturale», dove i limiti vengono visti come vincoli che vanno rimossi, in cui “ogni aspetto etico relativo alla natura viene distrutto e la relazione si riduce a una questione puramente commerciale.
Parallela all’opera di distruzione della sacralità della natura, si verifica un processo di distruzione della natura come bene comune, ossia un bene a cui tutti hanno accesso e verso cui tutti condividono le stesse responsabilità. La distruzione degli «usi civici» (o comunanze) rappresenta un passaggio essenziale per la creazione di risorse naturali come offerta di materie prime per l’industria".
Maurizio Fratta
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