Segnali elettorali e disunione europea
Domani sera avremo i risultati della amministrative, vedremo come si saranno orientati gli elettori, le forze politiche che saranno punite e quelle che saranno premiate. Ma il dato forse più importante riguarda i "non-elettori", è il calo del 6% della percentuale dei votanti. Alle ore 22 di ieri sera aveva infatti votato il 49% contro il 54,8% delle elezioni precedenti. Un dato a cui si dovranno aggiungere le schede bianche e nulle.
Domani sera avremo i risultati della amministrative, vedremo come si saranno orientati gli elettori, le forze politiche che saranno punite e quelle che saranno premiate. Ma il dato forse più importante riguarda i "non-elettori", è il calo del 6% della percentuale dei votanti. Alle ore 22 di ieri sera aveva infatti votato il 49% contro il 54,8% delle elezioni precedenti. Un dato a cui si dovranno aggiungere le schede bianche e nulle.
Crescono la disaffezione degli italiani verso lo strumento elettorale e la sfiducia verso gli organismi istituzionali rappresentativi; ciò malgrado l'offerta politica, dall'estrema destra all'estrema sinistra, passando per i partiti pro-Monti e una selva di liste civiche, sia quanto mai numerosa.
L'astensione non ha un segno univoco, non è solo protesta, in molti casi è semplice rassegnazione. Ma deve far riflettere che la fuga dallo spettacolo elettorale è oramai un esodo di massa. Di qui il paradosso per cui mentre aumentano coloro che si azzuffano per presentare liste eleggere i loro candidati, diminuisce la platea dei votanti.
Che giudizio dare di questo esodo moltitudinario? Di certo non canteremo la litania della cosiddetta "antipolitica". Nell'esodo la rassegnazione "qualunquista" sarà forse l'elemento prevalente, tuttavia questo esodo è un fenomeno positivo perché esso, anzitutto, rappresenta una delegittimazione del vasto fronte dei partirti della classe dominante.
Non siamo infatti negli Usa, dove è fisiologico che voti la metà dei cittadini. Qui siamo in Italia, un paese in cui per decenni la soglia dei votanti superava ampiamente l'80%, ciò che consentiva ai partiti di regime di giustificare le loro nefandezze con la nota litania che essi erano legittimati dal "voto popolare". Che cada questo alibi è un fatto certamente positivo, perché indica che vacilla la presa dei partiti tradizionali sui cittadini.
Se poi le urne italiane ci consegnassero anche una sconfitta del "fronte ABC", dei partiti che sostengono Monti, allora davvero si dovrebbe brindare, poiché questa eventuale sconfitta, aggiunta alla crescita dell'astensione, indicherebbe che sottotraccia è in atto uno spostamento massiccio, che questo regime politico va verso il proprio collasso.
Che giudizio dare dei risultati delle elezioni negli altri paesi europei? Non possiamo che rallegrarci della sconfitta di Sarkozy in Francia, dei "socialisti" del Pasok e di Nuova Democrazia in Grecia. E' la sconfitta lampante delle forze di governo che hanno fatto della difesa dell'euro, della dittatura eurocratica e delle politiche antipopolari la loro bandiera. Non a caso i predoni della finanza siano inquieti, anzi impauriti: così il calo delle borse questa mattina.
Il dato delle elezioni in Germania, nella regione rurale dello Schleswig-Holstein, va invece in un'altra direzione. Vero che scendono i liberali, alleati della Merkel, tuttavia il suo partito, la Cdu, tiene le posizioni, a conferma che buona parte dei tedeschi sostiene la politica tedesco-centrica della cancelliera. Tiene infatti anche la socialdemocrazia, mentre la Linke (che certo non è anti-euro ma almeno propone gli eurobond e critica la linea della Merkel) esce dal parlamento regionale essendo crollata dal 8,5% al 2,5%. la protesta prende in Germania canali tutti teutonici: i Verdi balzano ad uno storico 14% e i Piraten schizzano all'8% (superando per la terza volta lo sbarramento del 5%).
In Serbia lo schieramento filo-Unione europea, che pensava di vincere le presidenziali al primo turno, è invece costretto ad andare al ballottaggio.
Il quadro politico complessivo che emerge dalle urne europee è che l'Unione è sempre più disunita, anzi, spaccata in due. A tre anni dall'inizio della grande crisi economica, il quadro politico segue quello economico. Aumenta la distanza tra la Germania e i paesi che con l'avvento dell'euro si sono impoveriti, che sono dilaniati dalla recessione e dallo sfascio sociale. Gli stati nazionali, dati tropo presto per defunti, risorgono. E' in questo contesto che ci spieghiamo l'avanzata di forze a vario titolo neo-fasciste, l'affermazione del neo-lepenismo in Francia e l'ingresso nel Parlamento greco dei cosidddetti "neonazisti" di Alba d'Oro.
Un'avanzata che non è affatto irresistibile. Tranne in Germania le sinistre "radicali" tengono le posizioni e, come in Grecia, avanzano anzi. Se solo esse avessero il coraggio di impugnare la battaglia per l'uscita dall'euro e dall'Unione, dando quindi spessore e respiro al loro rifiuto delle politiche antipopolari d'austerità, i neo-fascisti non avrebbero sfondato e i media di regime non starebbero questa mattina a terrorizzarci con coi loro spauracchi.
2 commenti:
avete messo il grafico delle elezioni precedenti!
c'è scritto: prima delle elezioni
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