Lo striscione che apriva il corteo di ieri a Roma |
di Danilo Fr.
riceviamo e pubblichiamo
Diciamocelo compagni, il numero dei partecipanti al corteo di ieri è stato inferiore alle aspettative. Non ho dati certi sulla riuscita del contestuale sciopero generale, e di sicuro le cifre che forniscono le aziende sono bel al di sotto delle verità. Tuttavia, anche qui, non raccontiamoci storie. Se escludiamo certi settori di pubblico impiego dove forte è la presenza dell'Usb, non si può certo parlare di successo. Si è visto al corteo che se non fosse stato per l'Usb, si sarebbe potuto parlare di fallimento.
Sarebbe cambiata la situazione se avessero aderito la CUB e i Cobas di Bernocchi? Non penso. Nè a spiegare la nostre difficoltà è sufficiente tirare in ballo la pur pesantissima cortina di silenzio fatta scendere dai media sul nostro sciopero generale.
Il dato di fondo è che mentre la crisi avanza come uno tritasassi la conflittualità operaia scende. Il dato di fondo è che mentre ci sarebbe bisogno di passare al contrattacco fare resistenza risulta difficilissimo. Eppure questa resistenza c'è e si esprime in tante forme ma esse non riescono a confluire in un fenomeno unitario.
E qui, certo, pesa la politica della triplice sindacale, per non parlare dell'impotenza della sinistra radicale e del ruolo nefasto di quella concertativa rispetto al governo Monti, Sel inclusa. Pesa la decisione della Fiom di non dialogare col sindacalismo di base. Il fatto è che il proletariato non è mai stato, se si guarda a ciò che si dovrebbe fare, debole come adesso. Il cammino per la ripresa è lungo, lungo e tortuoso.
Siamo dunque nella merda? No, questo non lo penso. Penso piuttosto che siamo dentro la quiete che precede la tempesta. Tanti sono i segnali che la pace sociale sta finendo. Ma questi segnali forti di conflitto non giungono dal lavoro dipendente, ma da settori di lavoro autonomo. Mi riferisco ai Forconi, agli autotrasportatori, ai pescatori, ai pastori sardi.
C'è da chiedersi: come mai questi pezzi di popolo lavoratore si muovono per primi? Come mai sono più radicali? Come mai essi e non gli operai, dimostrano questa capacità di autonomia dalla casta politica e sindacale? Le risposte mi porterebbero lontano. Quello che mi preme dire è che siccome siamo ad un tornante storico, e siccome l'avversario è potente e determinato, noi dobbiamo unire tutti questi filoni di conflitto. Divisi faremo la fine dei Polli di Renzo.
In questo senso occorre un grande fronte, un fronte popolare e operaio che non sarà la somma di sigle politiche o sindacali, ma l'alleanza dei movimenti sociali in lotta. SOno questi i primi anelli della catena del fronte che dovremmo costruire. Mi auguro che i dirigenti del sindacalismo di base lo capiscano in fretta e tentino in ogni modo di agganciare tutti quei settori di popolo lavoratore che sono falcidiati dalla crisi, dalle politiche del governo italiano, della Bce dell'Unione europea. Per questo penso che l'Appello da voi lanciato a Novembre, proprio mentre Monti si insediava, aveva visto nel giusto.
So bene quali critiche avete rivolto al sindacalismo in genere e a quello di base in particolare. Ma se guardiamo allo sciopero di ieri mi pare che quelli de il manifesto abbiano colto nel segno: esso è stato anzitutto uno sciopero politico contro Monti. In questo senso va dato dunque atto al sindacalismo di base e all'Usb anzitutto di avare avuto coraggio. E siccome non c'è dubbio che non si può pensare di limitarsi al rivendicazionismo sindacale, che ci vuole una visione politica generale per un'uscita anticapitalista dalla crisi, è importantissimo che al corteo di ieri questa consapevolezza emergesse da ogni lato, che fosse senso comune.
Quello di ieri è stato infatti anche un corteo e uno sciopero contro l'Unione europea, per il rifiuto del debito, per cacciare Monti e i partiti che lo appoggiano. Un grazie quindi al sindacalismo di base, è doveroso, e all'Usb anzitutto, che nel suo comunicato ha scritto senza peli sulla lingua che "non si deve pagare il debito e si deve chiedere con forza l’uscita dall’Unione Europea".
7 commenti:
Danilo Fr scrive: "Mi riferisco ai Forconi, agli autotrasportatori, ai pescatori, ai pastori sardi. C'è da chiedersi: come mai questi pezzi di popolo lavoratore si muovono per primi? Come mai sono più radicali? Come mai essi e non gli operai, dimostrano questa capacità di autonomia dalla casta politica e sindacale? Le risposte mi porterebbero lontano"
Bella domanda, alla quale DEVE essere trovata una risposta. Anche se la risposta può portare lontano... molto lontano dagli schemi.
Siamo messi male, su questo non c'è dubbio. Si scontano le troppe divisione in quel che rimane dell'opposizione a Monti. La sinistra, tutta (sindacati compresi), è schierata con il governo. Che fare? Vediamo come va il MPL e poi diremo.
Siamo messi male?
Intendo tutti quanti noi che di questo sistema ne abbiamo fin sui capelli? Noi che vorremmo un mondo di eguali (non fotocopie beninteso!)? Noi, diciamocelo, a vari titolo rivoluzionari?
Ma certo che siamo messi male, anzi malissimo. Idee molto spesso confuse, divisi, disorganizzati.
Ci vorrebbe un cahier de doleances per dirle tutte.
Il fatto, tuttavia, è che i dominanti, sono messi male anche loro, anzi malissimo.
Il loro sistema economico (il loro vero e decisivo punto di forza) è grippato, i conflitti sociali, da latenti, si manifestano. Sullo sfondo anche quelli che sembravano defunti, tra gli stati capitalistici.
La civiltà è entrata in un periodo di transizione. Siamo ad un passaggio di civiltà.
Non abbiamo ancora un blocco sociale di alternativa, ve bene. Ma questa transizione non durerà qualche anno, occuperà un periodo lungo di tempo.
Ecco, c'è tempo davanti a noi.
Forse non eviteremo la catastrofe, forse perderemo le prossime battaglie.
Parlando per metafore: non immaginatevi l'insurrezione, o una guerra lampo che tutto decide.
Immaginatevi una "guerra popolare di lunga durata".
Moreno Pasquinelli
Ben detto, compagno Pasquinelli!!....guerra popolare di lunga durata!!...
DIVISIONE PROLETARIA.
sarà una lunga marcia, forse sono un sognatore, anzi lo sono davvero, ma non sarebbe male l'idea di pensare come organizzare i nostri soviet nel territorio ed in ogni luogo di lavoro; organizzare il soccorso legale rivoluzionario in difesa dei compagni che inevitabilmente saranno colpiti dalla repressione di stato; la vicenda della no tav costituisce un segnale che la reazione non vuole che il popolo si ribelli ai diktat del capitale.
Qualche domanda inizia a porsi? Era ora!!
la crisi spazza tutta la rendita: non è perchè lo dice la USB o tutti i sindacatini di base messi in sieme che gli operai scendono in lotta.
Si paga 25 anni e più di un sindacalismo di base che scimmiotta la triplice, a Roma si vedono i generali, decidono la data i colonnelli di periferia fanno qualche assemblea di "movimento" dicono, ma le truppe restano in fabbrica.
Si pagano 25 anni e più di lotta per la rappresentanza senza rappresentati un processo simile ai mille partitini extraparlamentari.
Se, sapendo che qualsiasi ragionamento che inizia con il "se" non esiste nella realtà, si fosse speso il tempo anzicchè per la rappresentanza ma andando a cercare gli operai al mattino, al cambio turno, nei quartieri operai li si fosse ascoltati, conoscerebbero le difficoltà, si sarebbero arrovellati il cervello nel capire perchè gli operai con il cappio al collo del mutuo e del figlio a scuola hanno seguito e seguono ancora il consolatorio "meglio puittosto che niente" che la triplice fin quì ha garantito; si fosse impiegato il tempo nel seminare cultura di unità e questo gli operai lo sanno che senza rapporto forza ti dissangui in vertenze legali; cultura di rivolta contro il padrone prima, i padroni tutti poi.
Se avessero parlato direttamente ai lavoratori della loro condizione di lavoro e del rapporto con le altre classi e mezze classi anzicchè rimanere alla premessa di 30 anni fa "fuori e contro il sindacato di stato".
Illuminante il loro rapporto con il processo Marchionne: attendismo( vedere come finisce lo scontro) anzicchè fare propria la lotta degli operai FIAT che parla a noi tutti.
La scorciatoia, tale non era.
Come si giudica uno sciopero?
-quanti partecipano
-quanta produzione salta
-quanta energia in meno
-quanta merce non esce
Ricordano piuttosto gli scioperi politici del PCI(m-l)del 73/74 contro i vari governi: fuori solo qualche compagno che sempre più si isolava dalla maggioranza per soddisfare le voglie dei vertici del proprio partito.
In queste condizioni urge cambio di linea e di passo.
Riflessione, questa ultima, tristemente azzeccata
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