Grecia ed euro: chi ha ragione tra Merkel e Roubini?
di Leonardo Mazzei
di Leonardo Mazzei
A quanto pare il Monti greco, al secolo Lucas Papademos, non gli basta più. La signora Merkel vuole controllare la finanza e la politica greca senza intermediari: non più dunque un greco-tedesco come l'attuale premier, ma un tedesco-tedesco da nominare direttamente a Berlino.
«Piano per commissariare Atene», è il titolo di prima pagina del Sole 24 Ore di oggi 29 gennaio. La richiesta tedesca cade nel bel mezzo della trattativa sulla ristrutturazione del debito tra il governo greco e i creditori privati (banche e fondi d'investimento). Ma - ecco il ricatto - la pretesa della cancelliera è strettamente legata alla concessione del nuovo prestito che la Grecia dovrebbe ottenere a breve, pena il default totale.
Un prestito che si dice dovrebbe salire dai 130 miliardi di euro inizialmente previsti, ai 145 che si reputano attualmente indispensabili.
La Grecia è di fatto un paese commissariato fin dal 2010, lo è ancor di più dopo l'arrivo al governo del banchiere Papademos, un uomo della Bce, di cui è stato vicepresidente dal 2002 al 2010. Un commissariamento che nei giorni scorsi ha prodotto una lettera di 12 pagine, firmata dalla troika (Fmi-Bce-Ue), che già oggi detta le scelte della politica greca.
Nella lettera le condizioni per ottenere il prestito: un nuovo taglio delle pensioni, drastica riduzione dei salari anche con l'eliminazione della tredicesima, taglio (anche con i licenziamenti) di 150mila dipendenti pubblici, abolizione dei contratti collettivi di lavoro, massima flessibilità della manodopera, privatizzazioni, aumento delle tasse sugli immobili, salvataggio delle banche a carico dei conti pubblici. Più che una lettera un ultimatum, che gli strozzini della troika esigono sia firmato per accettazione dai leaders dei tre partiti che sostengono Papademos: il Pasok, Nuova Democrazia e il partito d'estrema destra Laos.
Come se tutto ciò non bastasse, ecco la richiesta della Merkel: la politica economica della Grecia deve essere messa sotto il controllo di un commissario nominato dagli altri ministri finanziari europei. Un commissario che avrebbe la supervisione ed il diritto di veto su tutte le maggiori voci della spesa pubblica, nonché in materia fiscale. Un commissario che dovrebbe fungere, soprattutto, come longa manus dei creditori. Alla Grecia si chiede infatti di assegnare le entrate fiscali in via prioritaria al servizio del debito. In sostanza, ogni euro in entrata dovrà andare prioritariamente a pagare gli interessi sul debito, a danno di tutte le altre voci di spesa. In altre parole: il pagamento degli strozzini dovrà comunque venire prima di quello delle pensioni e degli stipendi pubblici.
Ma la signora Merkel non pensa solo alla Grecia. Secondo il piano tedesco, il commissariamento si applicherebbe in futuro «a tutti quei Paesi che si dimostrino incapaci di mettere in atto i programmi di bilancio annunciati e falliscano gli obiettivi concordati con l'Europa». (Il Sole 24 Ore, 29 gennaio 2012). A qualcuno fischiano le orecchie?
Si è già detto che la mossa tedesca cade in un momento delicatissimo. Nella trattativa suldefault concordato, le banche e i fondi d'investimento (rappresentati dall'IIF - Institute for International Finance) cercano di strappare tassi più alti (attorno al 5%) sui bond ventennali e trentennali che la Grecia dovrà emettere in sostituzione di quelli vecchi. Non solo - anche se le autorità europee si dicono certe che l'accordo sia ormai alle porte - sembra che gli hedge fund americani tirino la corda fino all'ultimo per ottenere un miglior trattamento o, in alternativa, il default dichiarato, che gli consentirebbe di riscuotere i Credit default swap (Cds) con i quali si sono assicurati di fronte al rischio insolvenza.
Insomma, l'accordo forse ci sarà, ma avrà un prezzo probabilmente superiore al previsto. Un motivo in più per dubitare del futuro «europeo» della Grecia. E ieri, al Forum di Davos, l'economista Nouriel Roubini ha detto che la Grecia uscirà dall'euro entro il 2012. Affermazione immediatamente contestata sul quotidiano Bild di oggi da Angela Merkel. Per la cancelliera tedesca «La Grecia resterà nell'area euro».
Chi avrà ragione tra Roubini e Merkel? Le nostre opinioni sono note, l'area euro è destinata a disgregarsi e con essa la stessa Unione Europea. Ma, previsioni a parte, quel che appare sempre più chiara è la natura autoritaria dell'UE. Oggi va di moda, anche tra i Monti boys, una certa polemica verso Berlino, fino a qualche settimana fa indicata come il regno della virtù e della rettitudine.
Ma se le cose vanno male nella UE è tutta colpa della Germania? O non sarà forse la natura stessa dell'Unione a condurre verso il tracollo? Una natura oligarchica, al servizio dei centri del potere finanziario, che ne ha disegnato la stessa struttura irrimediabilmente antidemocratica. Non c'è forse un filo rosso che lega i Trattati di Lisbona, ai superpoteri della Bce, al ricatto imposto alla Grecia?
Questo legame a noi pare evidente. L'Europa, l'Unione Europea realmente esistente, è questa. E non si può trasformare un rospo in una principessa. O meglio, si può, ma solo nelle fiabe. Quelle fiabe che ancora ammaliano tanti a «sinistra», ma che - man mano che la crisi avanza - incantano sempre meno il popolo lavoratore. Quello greco, come quello italiano.
«Piano per commissariare Atene», è il titolo di prima pagina del Sole 24 Ore di oggi 29 gennaio. La richiesta tedesca cade nel bel mezzo della trattativa sulla ristrutturazione del debito tra il governo greco e i creditori privati (banche e fondi d'investimento). Ma - ecco il ricatto - la pretesa della cancelliera è strettamente legata alla concessione del nuovo prestito che la Grecia dovrebbe ottenere a breve, pena il default totale.
Un prestito che si dice dovrebbe salire dai 130 miliardi di euro inizialmente previsti, ai 145 che si reputano attualmente indispensabili.
La Grecia è di fatto un paese commissariato fin dal 2010, lo è ancor di più dopo l'arrivo al governo del banchiere Papademos, un uomo della Bce, di cui è stato vicepresidente dal 2002 al 2010. Un commissariamento che nei giorni scorsi ha prodotto una lettera di 12 pagine, firmata dalla troika (Fmi-Bce-Ue), che già oggi detta le scelte della politica greca.
Nella lettera le condizioni per ottenere il prestito: un nuovo taglio delle pensioni, drastica riduzione dei salari anche con l'eliminazione della tredicesima, taglio (anche con i licenziamenti) di 150mila dipendenti pubblici, abolizione dei contratti collettivi di lavoro, massima flessibilità della manodopera, privatizzazioni, aumento delle tasse sugli immobili, salvataggio delle banche a carico dei conti pubblici. Più che una lettera un ultimatum, che gli strozzini della troika esigono sia firmato per accettazione dai leaders dei tre partiti che sostengono Papademos: il Pasok, Nuova Democrazia e il partito d'estrema destra Laos.
Come se tutto ciò non bastasse, ecco la richiesta della Merkel: la politica economica della Grecia deve essere messa sotto il controllo di un commissario nominato dagli altri ministri finanziari europei. Un commissario che avrebbe la supervisione ed il diritto di veto su tutte le maggiori voci della spesa pubblica, nonché in materia fiscale. Un commissario che dovrebbe fungere, soprattutto, come longa manus dei creditori. Alla Grecia si chiede infatti di assegnare le entrate fiscali in via prioritaria al servizio del debito. In sostanza, ogni euro in entrata dovrà andare prioritariamente a pagare gli interessi sul debito, a danno di tutte le altre voci di spesa. In altre parole: il pagamento degli strozzini dovrà comunque venire prima di quello delle pensioni e degli stipendi pubblici.
Ma la signora Merkel non pensa solo alla Grecia. Secondo il piano tedesco, il commissariamento si applicherebbe in futuro «a tutti quei Paesi che si dimostrino incapaci di mettere in atto i programmi di bilancio annunciati e falliscano gli obiettivi concordati con l'Europa». (Il Sole 24 Ore, 29 gennaio 2012). A qualcuno fischiano le orecchie?
Si è già detto che la mossa tedesca cade in un momento delicatissimo. Nella trattativa suldefault concordato, le banche e i fondi d'investimento (rappresentati dall'IIF - Institute for International Finance) cercano di strappare tassi più alti (attorno al 5%) sui bond ventennali e trentennali che la Grecia dovrà emettere in sostituzione di quelli vecchi. Non solo - anche se le autorità europee si dicono certe che l'accordo sia ormai alle porte - sembra che gli hedge fund americani tirino la corda fino all'ultimo per ottenere un miglior trattamento o, in alternativa, il default dichiarato, che gli consentirebbe di riscuotere i Credit default swap (Cds) con i quali si sono assicurati di fronte al rischio insolvenza.
Insomma, l'accordo forse ci sarà, ma avrà un prezzo probabilmente superiore al previsto. Un motivo in più per dubitare del futuro «europeo» della Grecia. E ieri, al Forum di Davos, l'economista Nouriel Roubini ha detto che la Grecia uscirà dall'euro entro il 2012. Affermazione immediatamente contestata sul quotidiano Bild di oggi da Angela Merkel. Per la cancelliera tedesca «La Grecia resterà nell'area euro».
Chi avrà ragione tra Roubini e Merkel? Le nostre opinioni sono note, l'area euro è destinata a disgregarsi e con essa la stessa Unione Europea. Ma, previsioni a parte, quel che appare sempre più chiara è la natura autoritaria dell'UE. Oggi va di moda, anche tra i Monti boys, una certa polemica verso Berlino, fino a qualche settimana fa indicata come il regno della virtù e della rettitudine.
Ma se le cose vanno male nella UE è tutta colpa della Germania? O non sarà forse la natura stessa dell'Unione a condurre verso il tracollo? Una natura oligarchica, al servizio dei centri del potere finanziario, che ne ha disegnato la stessa struttura irrimediabilmente antidemocratica. Non c'è forse un filo rosso che lega i Trattati di Lisbona, ai superpoteri della Bce, al ricatto imposto alla Grecia?
Questo legame a noi pare evidente. L'Europa, l'Unione Europea realmente esistente, è questa. E non si può trasformare un rospo in una principessa. O meglio, si può, ma solo nelle fiabe. Quelle fiabe che ancora ammaliano tanti a «sinistra», ma che - man mano che la crisi avanza - incantano sempre meno il popolo lavoratore. Quello greco, come quello italiano.
4 commenti:
Vorrei tantto sbagliarmi, ma mi sento di rischiare nel dire che la "lezione greca" sarà presto "importata" dal "prode" Monti. Continui sacrifici che però non basteranno mai. Del resto è dal 1992 che la situazione è questa.
beh l' andazzo é comunciato anche prima del '92.
Adesso però la situazione sta precipitando
Ricordate nel film "Il federale", con Tognazzi, quando l'inseguitore tedesco in moto uscì di strada seguendo le righe per terra verniciate a bella posta verso il fosso?
Effettivamente i tedeschi sono affetti da "eccessi di coerenza", come il fallimento di Weimar dimostra, in senso opposto al presente. Oltre alla dimensione economica, se c'è un popolo adatto ad interpretare la precipitazione di una moneta nata male (e dopo averne tratto enormi benefici a dispetto del ricatto subito all'atto della fondazione) con tutti i drammi connessi, pare proprio che siano i "crucchi".
A differenza però dell'epoca hitleriana il resto d'Europa è in condizioni di reagire positivamente, se solo non ci fosse sarkò (questione ancora di poco, basta pazientare).
I PIIGS sono potenzialmente in pool position per questa reazione salvifica, se solo capissero qual'è la politica vera, quella per l'appunto salvifica, con un bel ribaltone generalizzato dei caporali del deforme euro.
Io se fossi in voi remerei verso questa prospettiva: l'euro è morto, W l'Euro!
Alberto Conti
La UE è un'istituzione fascista (anzi,un quarto reich,visto chi la guida),e la sua atomica è l'euro.Uscirne apre molte incognite pericolose,inutile nasconderlo,ma rimanerci significa tortura e morte.Seguiamo il consiglio dato a suo tempo da Marino Badiale e Fabrizio Tringali:saltiamo dalla finestra,anche a costo di romperci una gamba.
Saluti a tutti
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