La bilancia dei pagamenti, questa sconosciuta
di Alberto Bagnai*
Un lettore attento mi segnala questo appello comparso su Le Monde, e sollecita un mio parere. Mi sembra giusto portarlo alla vostra attenzione.
A me il documento pare corretto nell'analisi (gli squilibri esterni come causa della crisi) e nella proposta. Del resto, sono esattamente le stesse analisi e la stessa proposta (gestire, anziché subire, l'uscita dall'euro) che ho fatto ad agosto. E quindi, nella misura in cui i tempi che viviamo ci consentono di essere d'accordo con noi stessi, non posso che trovare sensate le parole dei colleghi.
Con un unico appunto.
Quando parlano dei debiti esteri dicono "la France, dont les 30% sont dus pour l'essentiel à une accumulation de sorties de capitaux d'investissements directs à l'étranger". Detto così, sembra che il debito estero si identifichi con l'uscita di capitali. Ma questo è ovviamente sbagliato.
Pensateci: se chiedete a un vostro amico un euro per prendervi un caffè, succedono due cose: voi vi indebitate col vostro amico, e nelle vostre tasche entra un euro. Il vostro stato patrimoniale registra un debito, ma in termini di cassa avete una entrata, non una uscita, di capitali (il famoso euro). Ora, la bilancia dei pagamenti (Bdp) è redatta con un criterio di cassa: hanno segno positivo le operazioni che determinano un afflusso di valuta nel paese, negativo quelle che determinano un deflusso. Di conseguenza le importazioni di capitali, cioè gli afflussi di fondi nel paese, sono registrate col segno più nel conto finanziario della Bdp. Ma anche se hanno segno positivo, sono nuovi debiti, perché i capitali che entrano dovranno essere restituiti (salvo bancarotta). Di converso, le esportazioni di capitali sono registrate con segno meno, perché è valuta che "esce" dal paese per essere prestata a operatori non residenti. Tuttavia, anche se hanno un segno meno in termini di cassa, le esportazioni di capitale sono crediti.
Esempio: un tedesco acquista un Btp (è successo!). In Italia entrano soldi, esce un pezzo di carta, in Bdp abbiamo un segno più nel conto finanziario, ma il debito estero dell'Italia è aumentato (e quindi la posizione finanziaria netta sull'estero dell'Italia - crediti meno debiti - è peggiorata). Nella Bdp tedesca succede il contrario (Goofynomics): registra un segno meno nel conto finanziario, e un segno più nella posizione netta sull'estero.
Altro esempio: un francese acquista un pacchetto di controllo in una catena di supermercati italiani (è successo!). In Italia entrano soldi (che escono dalla Francia) e escono pezzi di carta (azioni). Quindi la Bdp italiana registra un segno più nel conto finanziario (voce investimenti diretti in entrata), ma un segno meno nella posizione netta. Il contrario in Francia.
Chiaro?
Ho come il sospetto che questo meccanismo ai colleghi sfugga. In effetti, gli investimenti diretti esteri in uscita (sorties de capitaux d'investissement directs à l'étranger) sono esportazioni di capitali (acquisti di azioni estere), quindi sono nuovi crediti, non nuovi debiti della Francia, e infatti, anche se hanno segno meno nel conto finanziario della BdP (perché è redatto col criterio di cassa che vi ho descritto: meno perché se presto soldi a qualcuno li tolgo dalle mie tasche), hanno poi segno più nello "stato patrimoniale" del paese, la posizione finanziaria netta sull'estero. Il debito è per i paesi dove i capitali arrivano, non per quello dal quale partono.
A contrario, gli investimenti diretti esteri in entrata sono un debito, anche se hanno segno più nel conto finanziario (di cassa) della Bdp. Per questo non è opportuno accogliere con animo tanto giulivo l'acquisto di aziende italiane da parte di imprenditori esteri: questi acquisti, che sono soldi che entrano, corrispondono a un aumento del debito dell'Italia verso l'estero, debito sul quale, come su tutti i debiti, si paga una remunerazione, che consiste non in interessi, ma in profitti espatriati verso i paesi di origine dei capitali. Quei profitti espatriati che sono alla causa del tracollo dell'Irlanda, e potrebbero essere un domani la causa di ulteriori tracolli italiani (laddove si materializzi la svendita).
So che sembra complicato, e forse lo è, a giudicare da quanti economisti "eterodossi" si sbagliano nel leggere la Bdp! (ce ne avrei di storie da raccontare...). Ma noi è meglio che ce lo ricordiamo. Si può essere originali nella proposta, anche essendo rigorosi nella lettura dei dati...
A me il documento pare corretto nell'analisi (gli squilibri esterni come causa della crisi) e nella proposta. Del resto, sono esattamente le stesse analisi e la stessa proposta (gestire, anziché subire, l'uscita dall'euro) che ho fatto ad agosto. E quindi, nella misura in cui i tempi che viviamo ci consentono di essere d'accordo con noi stessi, non posso che trovare sensate le parole dei colleghi.
Con un unico appunto.
Quando parlano dei debiti esteri dicono "la France, dont les 30% sont dus pour l'essentiel à une accumulation de sorties de capitaux d'investissements directs à l'étranger". Detto così, sembra che il debito estero si identifichi con l'uscita di capitali. Ma questo è ovviamente sbagliato.
Pensateci: se chiedete a un vostro amico un euro per prendervi un caffè, succedono due cose: voi vi indebitate col vostro amico, e nelle vostre tasche entra un euro. Il vostro stato patrimoniale registra un debito, ma in termini di cassa avete una entrata, non una uscita, di capitali (il famoso euro). Ora, la bilancia dei pagamenti (Bdp) è redatta con un criterio di cassa: hanno segno positivo le operazioni che determinano un afflusso di valuta nel paese, negativo quelle che determinano un deflusso. Di conseguenza le importazioni di capitali, cioè gli afflussi di fondi nel paese, sono registrate col segno più nel conto finanziario della Bdp. Ma anche se hanno segno positivo, sono nuovi debiti, perché i capitali che entrano dovranno essere restituiti (salvo bancarotta). Di converso, le esportazioni di capitali sono registrate con segno meno, perché è valuta che "esce" dal paese per essere prestata a operatori non residenti. Tuttavia, anche se hanno un segno meno in termini di cassa, le esportazioni di capitale sono crediti.
Esempio: un tedesco acquista un Btp (è successo!). In Italia entrano soldi, esce un pezzo di carta, in Bdp abbiamo un segno più nel conto finanziario, ma il debito estero dell'Italia è aumentato (e quindi la posizione finanziaria netta sull'estero dell'Italia - crediti meno debiti - è peggiorata). Nella Bdp tedesca succede il contrario (Goofynomics): registra un segno meno nel conto finanziario, e un segno più nella posizione netta sull'estero.
Altro esempio: un francese acquista un pacchetto di controllo in una catena di supermercati italiani (è successo!). In Italia entrano soldi (che escono dalla Francia) e escono pezzi di carta (azioni). Quindi la Bdp italiana registra un segno più nel conto finanziario (voce investimenti diretti in entrata), ma un segno meno nella posizione netta. Il contrario in Francia.
Chiaro?
Ho come il sospetto che questo meccanismo ai colleghi sfugga. In effetti, gli investimenti diretti esteri in uscita (sorties de capitaux d'investissement directs à l'étranger) sono esportazioni di capitali (acquisti di azioni estere), quindi sono nuovi crediti, non nuovi debiti della Francia, e infatti, anche se hanno segno meno nel conto finanziario della BdP (perché è redatto col criterio di cassa che vi ho descritto: meno perché se presto soldi a qualcuno li tolgo dalle mie tasche), hanno poi segno più nello "stato patrimoniale" del paese, la posizione finanziaria netta sull'estero. Il debito è per i paesi dove i capitali arrivano, non per quello dal quale partono.
A contrario, gli investimenti diretti esteri in entrata sono un debito, anche se hanno segno più nel conto finanziario (di cassa) della Bdp. Per questo non è opportuno accogliere con animo tanto giulivo l'acquisto di aziende italiane da parte di imprenditori esteri: questi acquisti, che sono soldi che entrano, corrispondono a un aumento del debito dell'Italia verso l'estero, debito sul quale, come su tutti i debiti, si paga una remunerazione, che consiste non in interessi, ma in profitti espatriati verso i paesi di origine dei capitali. Quei profitti espatriati che sono alla causa del tracollo dell'Irlanda, e potrebbero essere un domani la causa di ulteriori tracolli italiani (laddove si materializzi la svendita).
So che sembra complicato, e forse lo è, a giudicare da quanti economisti "eterodossi" si sbagliano nel leggere la Bdp! (ce ne avrei di storie da raccontare...). Ma noi è meglio che ce lo ricordiamo. Si può essere originali nella proposta, anche essendo rigorosi nella lettura dei dati...
* Fonte Alberto Bagnai
2 commenti:
Quindi se un immigrato nigeriano trasferisce i suoi risparmi in Nigeria per comprarsi là una casa, la bdp italiana acqusirebbe un credito rispetto alla Nigeria?
Ma per favore....
Naturalmente no: le rimesse degli emigrati sono trasferimenti unilaterali correnti, e contribuiscono con segno meno al saldo delle partite correnti. Diciamo che in questo caso l'Italia ha importato fattore lavoro, anziché fattore capitale. I fattori di produzione vanno remunerati, e se sono esteri le remunerazioni vanno all'estero (preciso: questa definizione tecnicamente non è correttissima, ma serve a far capire: i dettagli sono sul manuale della bilancia dei pagamenti).
Il paragone fra una multinazionale americana e un immigrato nigeriano a me sinceramente non sarebbe mai venuto in mente, ma il manuale della bilancia dei pagamenti prevede entrambi i casi.
Amici come prima.
AB
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