C’è disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente
di Piemme
Quindi Berlusconi si dimetterà. C’è già chi dice che è un trucco. Non penso. Stracciare l’impegno solenne assunto al cospetto del Presidente della Repubblica sarebbe un gesto senza precedenti, e comunque un autogol. E di tutto hanno bisogno i berluscones, in questo delicatissimo passaggio, che commettere un errore a tal punto pacchiano.
Approvata la Legge di stabilità (Finanziaria) con allegato il famigerato maxi-emendamento che recepisce (ma solo in parte) il dettato degli euro-oligarchi, Berlusconi non allungherà il brodo perché vuole andare di corsa alle elezioni anticipate, per la precisione a gennaio, ovvero con la legge elettorale in vigore.
L’alternativa per Berlusconi non è oramai tra cadere o restare in sella, ma come se cadere in piedi o sfracellarsi al suolo. Votare subito con il sistema elettorale vigente gli consentirà di cadere in piedi, di tenere assieme le sue truppe, e quindi meglio tutelare in futuro i proprio interessi e quelli del blocco sociale che da vent’anni lo tiene in piedi. Si dimentica che questa legge elettorale non solo consente ai capibastone di scegliersi peones e servili portaborse da fare entrare in parlamento. Si dimentica di dire che il porcellum è un meccanismo elettorale maggioritario, che il blocco berlusconiano-leghista si cucì addosso e che non favorisce, come si vide nel 2008, il centro-sinistra.
Berlusconi sa che i suoi consensi sono precipitati, e che quasi sicuramente perderà le elezioni. Ma ciò non significa necessariamente che le vincerà il centro-sinistra imperniato sul Pd. Vero è che Bersani ha preso il posto di Veltroni, che la leggenda della “vocazione maggioritaria è stata messa da parte. Ma la scommessa di Bersani è ardua, per non dire aleatoria. Mazzei ha scritto su questo blog Mazzei che la direzione del PD pur di vincere, è pronta a fare un’ammucchiata desistente non solo con Vendola e Di Pietro, ma pure con Diliberto e Ferrero, per poi sbarazzarsi degli alleati di sinistra per fare un governo col Terzo polo di Casini e Fini.
Perché aleatoria? Perché il quadro economico e sociale, rispetto al 2008, è radicalmente mutato, perché c’è una crisi devastante, che impone a chiunque governi misure di austerità e di sacrifici senza precedenti. Il Pd di Bersani è pronto a giurare sul rispetto dei diktat della Bce e del Fmi, ad inginocchiarsi ai piedi dell’Unione europea (per l’esattezza di Germania e Francia). Ciò che non possono essere invece disposti a fare i suoi alleati di sinistra, indispensabili per vincere le elezioni. L’esperienza dell’Ulivo non è ripetibile, essa sarebbe fatta a pezzi dai “mercati” prima ancora di nascere.
Per cui, in caso di elezioni a gennaio, con una campagna elettorale che tutto il capitalismo finanziario mondiale osserverà con estrema attenzione, sarà dura per il Pd prendere due piccioni con una fava: accreditarsi come sentinella sistemica e garante degli interessi della grande finanza predatoria e, al contempo, metter su l’agognata ammucchiata con la sua sinistra. Mi si risponderà che soggetti come Vendola, Diliberto e Ferrero sono disposti a tutto pur di rientrare in Parlamento. Vero, anzi verissimo. Ma questa volta, con la crisi sistemica e il rischio di bancarotta del paese il Pd dovrà dimostrare ai “mercati”, già in campagna elettorale, di essere davvero affidabile, presentare un severissimo programma di governo: terapia shock per il rientro dal debito pubblico, misure decise di deregolamentazione a favore del capitale, difesa ad ogni costo dell’euro. Per la cosiddetta “sinistra radicale”, allearsi in queste condizioni non sarebbe solo questione di braghe, ma di vero e proprio suicidio. A poco servirà la retorica antiberlusconiana per giustificare un tale obbrobrio di alleanza.
Un fattore questo, l’eterogeneità delle opposizioni, su cui i berluscones punteranno. Non sarà sufficiente tuttavia per cadere in piedi, per restare protagonisti della scena. Essi dovranno “inventarsi” qualche numero, arte circense nella quale Berlusconi è maestro. Potrebbero, ad esempio, come sostenuto dal Pasquinelli, sollevare il tema scottante del sovranismo? Giungere ad usare la bomba H dell’uscita dall’euro? Se così facessero, una campagna elettorale che si annuncia già al calor bianco, diventerebbe una guerra campale. Una simile mossa sarebbe un azzardo pazzesco, priverebbe Berlusconi dell’ultima credibilità agli occhi dell’Unione e dei poteri imperiali, ma gli darebbe un vantaggio formidabile: avrebbe stabilito il terreno dello scontro.
Non è un segreto per nessuno che Berlusconi si è dimostrato un avversario invincibile sul terreno del populismo. E’ il campo che preferisce e che il Pd vorrebbe scongiurare. E’ il campo su cui potrebbe riassicurarsi il sostegno della Lega Nord. Si spiegano dunque i timori di Bersani, i tentativi si sventare le elezioni a breve e formare un governo di emergenza capeggiato da Monti. Vedremo se, con la regia di Napolitano quest’operazione andrà in porto. Questa ha la simpatia dei “mercati”, la cui forza di dissuasione può far cadere i governi, ma che non è sufficiente per formarli, tantomeno per tenerli in piedi. L’Italia è infatti ancora il paese che descriveva il Macchiavelli, frantumato dalle fazioni, dai corporativismi e dai campanilismi, privo di un Principe unificatore.
Comunque si cambi l’ordine dei fattori, il risultato è il medesimo. Le forze sistemiche non avranno la svolta politica definitiva che tanto auspicano, tra cui la cacciata di una classe politica che disprezzano. Che nasca un governo d’emergenza (d’unità nazionale dal Pd alla Lega passando per il grosso del Pdl è praticamente impossibile) o che si vada alle elezioni a gennaio, il marasma politico continuerà retroagendo sulla crisi del debito, la recessione si acuirà con tutto ciò che ne consegue, accentuando il rischio di nuovi collassi finanziari, come pure di virulenti conflitti sociali.
C’è disordine sotto il cielo, la situazione è finalmente eccellente. Solo un aspro conflitto sociale potrà partorire un’alternativa.
1 commento:
E guerra sia. Io sono pronto.
Posta un commento