[ 26 febbraio 2018 ]
Tre scenari, uno peggiore dell'altro.
Tre scenari, uno peggiore dell'altro.
Ma per fortuna tutti instabili...
La mia previsione per il 4 marzo resta quella di due settimane fa. Anzi, queste ultime battute della campagna elettorale mi fanno sembrare ancor più probabile una maggioranza assoluta - in seggi ovviamente, che in voti non se ne parla proprio - della coalizione di destra. Vittoria, che se non è ancora del tutto certa, è solo per le contraddizioni di quella coalizione e per la pittoresca condizione del suo leader zombie.
Se alla destra dovessero mancare i numeri, si passerebbe subito all'opzione numero due, quel governo Renzi-Berlusconi per il quale è stato concepito e poi partorito il Rosatellum nell'autunno scorso. E' l'opzione più cara a Berlino e Bruxelles, quella per cui spingono i potentati nazionali, e che lo stesso Buffone di Arcore preferirebbe alla faticosa coalizione con l'ambizioso Salvini.
Se anche questa coalizione non avesse i seggi necessari, ecco che spunterebbe l'opzione numero tre, un accordo M5S-Pd-LeU, un patto che potrebbe saldarsi solo con la rapida defenestrazione dell'attuale segretario piddino.
A mio parere non serve dunque strologare sulle formule magiche che piacciono tanto ai giornalisti, tipo quella del "governo del presidente", per non parlare dell'ipotesi lunare di una prorogatio sine die a pesce lesso Gentiloni. Le cose sono assai più semplici: o la destra ha i numeri, o ce l'ha l'arco parlamentare che (almeno ufficialmente) gli si contrappone. In mezzo c'è solo il famoso inciucio Pd-Forza Italia. Che poi non si capisce neppure perché chiamarlo inciucio, dato che è vero che i due contraenti fanno parte di due schieramenti formalmente contrapposti, ma la matrice euro-liberista è la stessa.
Sta di fatto che Berlusconi attacca M5S ma mai il Pd, ricambiato in questo da Renzi, che casomai (oltre ai Cinque Stelle) attacca Salvini. Pur se sempre sdegnosamente negato, l'inciucio tra queste due forze sistemiche già c'è, se ne sono resi conto anche i bambini. E le bambine. Tant'è che pure la Meloni piagnucola in un angolo contro i possibili e probabili tradimenti dello zio Berlusconi.
Ed a proposito di zii, il problema è che ci sono pure le zie. Quella che si è autonominata "zia d'Italia", cioè la peggiore di tutte, la più-europeista Emma Bonino, sembrerebbe la candidata premier di Berlusconi nel caso l'accordo con il Pd (e cespugli vari) avesse successo. La notizia è stata diffusa ad arte dagli stessi berlusconiani, per chiarire da un lato che i tempi di un Pd a Palazzo Chigi sono ormai finiti, e dall'altro che lui vuole ingraziarsi fino in fondo l'oligarchia eurista.
Manovre preliminari si registrano però anche sull'altro versante, quello dell'opzione numero tre. Certo, i dominanti vedono questa soluzione solo come l'ultima spiaggia, ma i Cinque Stelle sembrano crederci, attestandosi nel caso sul nome del primo ministro e chiamando "contratto sul programma" un accordo politico col Pd che ormai non è più un tabù. Sia chiaro, chi scrive ritiene quest'ultima un'esercitazione senza speranza, ma il tentativo pentastellato c'è e va segnalato.
Ovvio che sia l'opzione numero due che quella numero tre nascerebbero entrambe nel segno del "più Europa". Più problematico, da questo punto di vista, un governo della destra. Quest'ultimo avrebbe invece la sua caratteristica fondamentale nel turbo-liberismo (flat tax, privatizzazioni, eccetera) e nel securitarismo di matrice poliziesca.
Cosa hanno in comune queste tre ipotesi? Essenzialmente due cose: che una è peggiore dell'altra, che nessuna di queste potrebbe davvero consolidarsi come governo di legislatura. E questa è in fondo l'unica buona notizia che possiamo dare.
Dopo le elezioni la pressione europea, più precisamente quella dell'asse (a trazione tedesca) Parigi-Berlino, diverrà asfissiante. L'ultimo episodio che ce lo conferma è la recente nomina di Luis de Guindos - ministro di quel governo Rajoy così fedele alla Merkel - alla vicepresidenza della Bce. E' questo un tassello, probabilmente decisivo, della strategia che mira a portare al posto di Draghi, nell'autunno 2019, il falco Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank. Le conseguenze per l'Italia, insieme alle scelte che bollono in pentola sul ministro delle finanze europeo e sulla trasformazione del MES in una sorta di Fondo Monetario Europeo non saranno certo trascurabili.
Nessuna delle tre possibili coalizioni di governo è attrezzata a far fronte a questo passaggio. Tant'è che tutti - ma proprio tutti - hanno preferito una campagna elettorale basata su scandali e scandaletti, su promesse quasi più risibili di chi le propone, sull'esasperazione del tema migranti, su un antifascismo truccato assai. Tutto pur di non parlare della gabbia europea che opprime l'Italia, ed in primo luogo le classi popolari del nostro Paese.
Oggi, perfino la vignetta di Giannelli sul Corsera (vedi qui sotto) ridicolizza la
strumentalità di questa riscoperta di un antifascismo a misura dei dominanti. Una vera pagliacciata, probabilmente insufficiente però a risollevare i consensi del Pd.
Sull'Europa, invece, si è assistito ad una specie di revival degli apologetici canti di moda negli anni ottanta/novanta del secolo scorso. Quasi questi dieci anni di crisi non ci avessero insegnato nulla. Il Pd è tornato a sbandierare gli "Stati Uniti d'Europa", Berlusconi è andato a Bruxelles a baciare i piedi a chi di dovere, Di Maio ha parlato dell'Europa come della "nostra casa".
Non votare loro e i loro alleati è dunque il minimo che si possa fare. Ma per questo rimando alla posizione espressa da Programma 101.
La mia previsione per il 4 marzo resta quella di due settimane fa. Anzi, queste ultime battute della campagna elettorale mi fanno sembrare ancor più probabile una maggioranza assoluta - in seggi ovviamente, che in voti non se ne parla proprio - della coalizione di destra. Vittoria, che se non è ancora del tutto certa, è solo per le contraddizioni di quella coalizione e per la pittoresca condizione del suo leader zombie.
Se alla destra dovessero mancare i numeri, si passerebbe subito all'opzione numero due, quel governo Renzi-Berlusconi per il quale è stato concepito e poi partorito il Rosatellum nell'autunno scorso. E' l'opzione più cara a Berlino e Bruxelles, quella per cui spingono i potentati nazionali, e che lo stesso Buffone di Arcore preferirebbe alla faticosa coalizione con l'ambizioso Salvini.
Se anche questa coalizione non avesse i seggi necessari, ecco che spunterebbe l'opzione numero tre, un accordo M5S-Pd-LeU, un patto che potrebbe saldarsi solo con la rapida defenestrazione dell'attuale segretario piddino.
A mio parere non serve dunque strologare sulle formule magiche che piacciono tanto ai giornalisti, tipo quella del "governo del presidente", per non parlare dell'ipotesi lunare di una prorogatio sine die a pesce lesso Gentiloni. Le cose sono assai più semplici: o la destra ha i numeri, o ce l'ha l'arco parlamentare che (almeno ufficialmente) gli si contrappone. In mezzo c'è solo il famoso inciucio Pd-Forza Italia. Che poi non si capisce neppure perché chiamarlo inciucio, dato che è vero che i due contraenti fanno parte di due schieramenti formalmente contrapposti, ma la matrice euro-liberista è la stessa.
Sta di fatto che Berlusconi attacca M5S ma mai il Pd, ricambiato in questo da Renzi, che casomai (oltre ai Cinque Stelle) attacca Salvini. Pur se sempre sdegnosamente negato, l'inciucio tra queste due forze sistemiche già c'è, se ne sono resi conto anche i bambini. E le bambine. Tant'è che pure la Meloni piagnucola in un angolo contro i possibili e probabili tradimenti dello zio Berlusconi.
Ed a proposito di zii, il problema è che ci sono pure le zie. Quella che si è autonominata "zia d'Italia", cioè la peggiore di tutte, la più-europeista Emma Bonino, sembrerebbe la candidata premier di Berlusconi nel caso l'accordo con il Pd (e cespugli vari) avesse successo. La notizia è stata diffusa ad arte dagli stessi berlusconiani, per chiarire da un lato che i tempi di un Pd a Palazzo Chigi sono ormai finiti, e dall'altro che lui vuole ingraziarsi fino in fondo l'oligarchia eurista.
Manovre preliminari si registrano però anche sull'altro versante, quello dell'opzione numero tre. Certo, i dominanti vedono questa soluzione solo come l'ultima spiaggia, ma i Cinque Stelle sembrano crederci, attestandosi nel caso sul nome del primo ministro e chiamando "contratto sul programma" un accordo politico col Pd che ormai non è più un tabù. Sia chiaro, chi scrive ritiene quest'ultima un'esercitazione senza speranza, ma il tentativo pentastellato c'è e va segnalato.
Ovvio che sia l'opzione numero due che quella numero tre nascerebbero entrambe nel segno del "più Europa". Più problematico, da questo punto di vista, un governo della destra. Quest'ultimo avrebbe invece la sua caratteristica fondamentale nel turbo-liberismo (flat tax, privatizzazioni, eccetera) e nel securitarismo di matrice poliziesca.
Cosa hanno in comune queste tre ipotesi? Essenzialmente due cose: che una è peggiore dell'altra, che nessuna di queste potrebbe davvero consolidarsi come governo di legislatura. E questa è in fondo l'unica buona notizia che possiamo dare.
Dopo le elezioni la pressione europea, più precisamente quella dell'asse (a trazione tedesca) Parigi-Berlino, diverrà asfissiante. L'ultimo episodio che ce lo conferma è la recente nomina di Luis de Guindos - ministro di quel governo Rajoy così fedele alla Merkel - alla vicepresidenza della Bce. E' questo un tassello, probabilmente decisivo, della strategia che mira a portare al posto di Draghi, nell'autunno 2019, il falco Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank. Le conseguenze per l'Italia, insieme alle scelte che bollono in pentola sul ministro delle finanze europeo e sulla trasformazione del MES in una sorta di Fondo Monetario Europeo non saranno certo trascurabili.
Nessuna delle tre possibili coalizioni di governo è attrezzata a far fronte a questo passaggio. Tant'è che tutti - ma proprio tutti - hanno preferito una campagna elettorale basata su scandali e scandaletti, su promesse quasi più risibili di chi le propone, sull'esasperazione del tema migranti, su un antifascismo truccato assai. Tutto pur di non parlare della gabbia europea che opprime l'Italia, ed in primo luogo le classi popolari del nostro Paese.
Oggi, perfino la vignetta di Giannelli sul Corsera (vedi qui sotto) ridicolizza la
strumentalità di questa riscoperta di un antifascismo a misura dei dominanti. Una vera pagliacciata, probabilmente insufficiente però a risollevare i consensi del Pd.
Sull'Europa, invece, si è assistito ad una specie di revival degli apologetici canti di moda negli anni ottanta/novanta del secolo scorso. Quasi questi dieci anni di crisi non ci avessero insegnato nulla. Il Pd è tornato a sbandierare gli "Stati Uniti d'Europa", Berlusconi è andato a Bruxelles a baciare i piedi a chi di dovere, Di Maio ha parlato dell'Europa come della "nostra casa".
Non votare loro e i loro alleati è dunque il minimo che si possa fare. Ma per questo rimando alla posizione espressa da Programma 101.
5 commenti:
Chi pensa che sia possibile una alleanza Pd-M5S-LeU secondo me ha capito poco o nulla del M5S. E' semplicemente impossibile (per fortuna). Quanto alla posizione del Movimento sull'Europa, dico parimenti che chi pensa che il Movimento, vertici e base, approvi l'euro, semplicemente non lo conosce. Il problema è di realismo politico. Per cambiare le cose devi andare al governo e se parli di exit non ci andrai mai. La gente ha il sacro terrore di una simile prospettiva, lo dicono tutte le ricerche e basta andare al bar per rendersene conto. La posizione di P101 è teoria staccata dalla realtà e dai rapporti di forza e che sia così non lo dimostra solo la scelta del M5S di tenere il tema in secondo piano ma lo dimostrano anche Salvini e la Le Pen, che di exit non parlano più. Traditrice ed eurista anche la Le Pen? Non scherziamo, il problema è semplice: siccome tutto il sistema finanziario, intellettuale e soprattutto mediatico e pro-euro, non puoi pensare di contrastarlo dall'opposizione e senza detenere manco un canale televisivo. Prima vai al governo e cerchi di avere il controllo almeno della Rai e poi eventualmente apri dei contenziosi con Bruxelles e un grande dibattito pubblico. E' suicida (il M5S ci ha provato i primi anni ed è stato respinto con perdite; i sovranisti ci provano da 5 anni e contano meno di prima) intavolare un dibattito quando i canali in cui si svolge sono controllati e manipolati dagli avversari. Ma quando ci arriverete?
Quindi,Valdo,se M5S dovesse andare al governo da solo,(ipotesi impossibile ma la postulo per fare un esempio) avvierebbe le manovre per l'exit? Direbbe "in campagna elettorale abbiamo abbozzato per convenienza politica,ma siamo sempre stati sovranisti"?È chiaro che non voglio fare processi alle intenzioni,e anche che i programmi elettorali valgono sì e no la carta su cui sono scritti,ma se possono essere usati come indicazione sull'indirizzo della politica ,devo stare ai fatti;e i fatti dicono che nel programma M5S,mentre non c'è scritto nulla sull'euro,c'è scritto invece chiaro e tondo che il rapporto debito/pil va ridotto del 40 % in dieci anni.sarebbe quindi un 4% al'anno.cioè consolidamento fiscale,cioè più tasse e meno spesa pubblica,cioè macelleria sociale che neanche il PD e forse,addirittura,la Bonino.questo è e a questo sto
Nessuna considerazione sul posizionamento di Salvini in un eventuale governo di cdx? E le contraddizioni palmari tra una Lega palesemente euroscettica e FI totalmente appiattita su un europeismo d'antan? Mi sembra che 'impasto politico del Cds non sia rappresentato esclusivamente dal turbocapitalismo! Strabismo selettivo molto significativo Leonardo! La lingua "non" batte dove il dente duole
@Valdo, se non si parla di uscita dall'euro o se ne parla in termini velenosi è anche perchè chi avrebbe avuto la forza per porre la questione all'ordine del giorno nel dibattito pubblico, ovvero una forza politica di massa come appunto è il M5S, semplicemente non l'ha fatto o ad un certo punto ha smesso. Certo sarebbe stato duro e avrebbe avuto il suo scotto da pagare (come dimostrato dalle ultime europee), ma sarebbe stato quantomeno doveroso farlo, a maggior ragione se lo si credeva veramente. Così non è stato. Non sono informato del dibattito interno di M5S a riguardo, ma ad occhio e croce direi che, se confronto sul tema c'è stato, ha vinto, ahinoi!, la linea eurista.
-berlu sa di essere agli sgoccioli, vuole lasciare un ricordo da statista: governo pd+FI.......il movimento5sion servirà come riserva di parlamentari utili a votare fiducia alla mangioranza perchè non ci saranno numeri pd+fi.........out l'inutile fratelliditalia. out lorenzin. out FN/CPI/PAP....io mi auguro out +europa che penso sia pompata ad hoc.......purtroppo entreranno in pappamento LEU.......al termine dei 5anni ci sarà un accordo tra lega nazionale e nuovomovimento5stelle de-casaloggiato, che governeranno sulle macerie e usciranno da euro.
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