«Tagliate le teste ai vostri nemici, non per avere nemici senza teste, solo per scoprire quanto esse siano vuote»
di Anna Lami
Le considerazioni che seguono derivano da un bilancio della mia personale esperienza nella variegata area dell’estrema destra italiana, dove ho iniziato a militare da giovanissima fino a diventare, all’età di 20 anni, dirigente di Forza Nuova.
Diedi le mie dimissioni da tale organizzazione dopo un percorso che mi aveva condotto da una parte a comprendere il grave errore politico compiuto in adolescenza e la sostanziale estraneità delle posizioni rivoluzionarie a tali ambienti, dall'altro lato l'impossibilità di agire all'interno di tale struttura per cambiarne programmi ed obiettivi.
Questo breve scritto si rivolge innanzitutto ai molti giovanissimi che si avvicinano al neofascismo mossi da sincere aspirazioni di ribellione, nell'ottica di offrire loro qualche strumento di riflessione e magari ripensamento. Mi auguro, inoltre, che queste riflessioni possano offrire quale spunto utile per approfondire la conoscenza dell’area neofascista tra chi è attivamente impegnato a contrastare la diffusione delle organizzazioni di estrema destra nel tessuto sociale.
Diventa quindi importante smascherare le tematiche pseudo rivoluzionarie agitate strumentalmente da questi ambienti, perché è proprio su di esse che fanno leva per intercettare settori di ribellismo giovanile e cercare di inserirsi nel malcontento sociale.
Sull’anticapitalismo
Il neofascismo del dopoguerra non ha apportato dal canto suo nessuna innovazione sostanziale nell’ambito della lettura dei rapporti economici, limitandosi al massimo a denunciare l’eccessiva acquiescenza delle politiche del ventennio nei confronti della grande borghesia industriale, agraria e latifondista rivelatasi poi “traditrice” di Mussolini e della patria. Basti pensare che negli ultimi 60 anni la pubblicistica neofascista non ha prodotto alcuna analisi rigorosa e documentata sugli effetti reali delle politiche economiche del regime e sulle condizioni dei salariati nel sistema corporativo mussoliniano.
Rispetto alla realtà odierna l’area neofascista ignora, in gran parte, la struttura e le dinamiche del capitalismo e ne offre una definizione confusa. Spesso “capitalismo” è utilizzato come sinonimo di “mondialismo”. Secondo il pensiero prevalente nell’ambiente, infatti, il capitalismo si concretizzerebbe nel dominio mondiale di una cricca di usurai dell’alta finanza sui popoli del mondo. Si tratta di una visione con forti venature complottiste in cui ci si limita alla denuncia della speculazione finanziaria e del ruolo delle banche senza assolutamente chiamare in causa i rapporti di produzione. Non a caso, in quest' area politica trovano moltissimo spazio le teorie signoraggiste che riconducono tutte le problematiche socio-economiche, compresa la crisi capitalista attuale, ad un problema di emissione monetaria da parte di banche centrali in mano privata (controllate, per taluni, dal complotto tra ebrei, massoni e finanzieri apolidi).
Sull’antimperialismo
I neofascisti tutti si definiscono antimperialisti e si dichiarano a favore dell’autodeterminazione dei popoli. Eppure, cosa c’è di più contraddittorio tra il richiamarsi più o meno apertamente alle esperienze totalitarie ed autoritarie del ‘900 e l’autodeterminazione dei popoli? Sia la politica nazionalsocialista che quella fascista erano palesemente imperialiste, incentrate su una visione dei rapporti internazionali che verteva sull’idea di una continua lotta per la supremazia tra le nazioni, dal sapore darwiniano. Per giustificare l’espansionismo ed il colonialismo fascista si pretende di contrapporre una visione “imperialista” statunitense ad una “imperiale” fondata sulla “volontà di potenza” e sulla presunta superiorità della civiltà “romana e cristiana”. Quest’ultima avrebbe svolto una funzione educatrice nei confronti dei popoli di colore incapaci di evolvere socialmente e politicamente senza la provvidenziale guida europea. Tant’è che in più occasioni Forza Nuova ha difeso il colonialismo italiano in Africa, e non ha fatto mistero di auspicarne una riedizione aggiornata.
Vera rimostranza alla base dell’antimperialismo neofascista è infatti il ridimensionamento del ruolo italiano ed europeo nello scacchiere geopolitico mondiale a seguito della sconfitta bellica: si rimprovera infatti alla nostra classe dirigente il perenne atteggiamento di “servilismo” nei confronti degli Usa. L’antimperialismo neofascista non è che una reazione alla sconfitta storica subita dalle potenze dell’Asse nella seconda guerra mondiale ed alla perdita di centralità degli stati europei. E’ rivolto prevalentemente nei confronti degli Stati Uniti d’America (pertanto più che antimperialismo sarebbe maggiormente corretto definirlo antiamericanismo) in quanto incarnerebbero il nemico che più di tutti ha contribuito alla sconfitta dell’Europa nazi-fascista, la “vera” Europa. Dopo il crollo del muro di Berlino, e la perdita della funzione di argine antisovietico, gli Usa sono diventati per l’estrema destra il simbolo di tutti i mali contemporanei: il paese multirazziale per eccellenza, politicamente guidato da lobbies di massoni ed ebrei che, occupando posizioni chiave dell’amministrazione americana, ne dirigono la politica.
Come accennato all’inizio di questo scritto la maggioranza dei gruppi neofascisti rifiuta la collocazione a “destra” dello scacchiere politico. Eppure, tutti i pensatori a cui si rifanno (da Nietzsche ad Evola, dalla Konservative Revolution ad Adriano Romualdi), sono ispirati, sia pur in forme differenti, al principio di fondo dell’inegualitarismo gerarchico. Non a caso sono tutti feroci critici della rivoluzione francese. Prima della rivoluzione francese, infatti, la rappresentazione della realtà politica secondo metafore spaziali non usava la dimensione laterale orizzontale destra-sinistra, ma quella verticale alto-basso. Al vertice stava il re, poi il clero, l’aristocrazia guerriera, ed infine il popolo. E’ la sinistra che durante la rivoluzione francese ha fatto ruotare l’asse della raffigurazione originaria della dimensione politica da verticale a orizzontale, laddove all’orizzontalità si associava un programma ideologico contro il privilegio e la gerarchia. La destra, che ha subìto questo cambio di paradigma simbolico, non si riconosce in questa rappresentazione e preferisce continuare a ricorrere alla concezione verticale, onde il rifiuto di molti settori della destra più radicale di riconoscersi nella dicotomia destra-sinistra.
Eppure proprio la chiave interpretativa simbolica di sinistra-orizzontalità-eguaglianza contro destra-verticalità-gerarchia, consente di inquadrare bene un’altra discriminante teorica fondamentale che separa irriducibilmente le forze d’estrema destra da quelle autenticamente rivoluzionarie.
Certamente sia la concezione egualitaria che quella gerarchica possono tradursi in svariati programmi ideologici concreti. L’eguaglianza da realizzare può essere quella davanti alla legge, quella politica, quella economica. Così come la gerarchia può essere fondata sul censo, sulla razza, sulla forza. Ad ogni modo eguaglianza significa riconoscimento di uno o più aspetti essenziali relativamente ai quali gli individui, indipendentemente da tutte le altre diversità, hanno pari dignità e diritto ad eguale trattamento, mentre gerarchia significa l’individuazione di una specifica superiorità di alcuni che, al di là di possibili aspetti comuni con gli altri individui, richiede un trattamento differenziato.
Ebbene, nella concezione ideologica della destra radicale le differenze tra gli esseri umani (di etnia, di sesso, di capacità) comportano il conferimento di uno status complessivo al gruppo di individui portatori della differenza, status che definisce poi il posto appropriato nella gerarchia sociale. Dunque l’inegualitarismo non assume solo una funzione descrittiva, ma prescrittiva, nel senso che le differenze nel genere umano non sono solo empiricamente evidenti (bianchi-neri, uomo-donna), ma prescrivono un ordine strutturato dal superiore all’inferiore. Le ideologie che stanno a fondamento della destra neofascista (tradizionalismo, superomismo reazionario, razzismo, comunitarismo organicista) sono, quindi, radicalmente estranee, dal punto di vista della visione antropologica, ad ogni forma di egualitarismo. Ed ecco, dunque, l’esaltazione della razza, della stirpe, dei vincoli di “sangue e suolo”, di tutto le possibili forme di unità sociale rette da vincoli di solidarietà naturali e non da interessi materiali. Quindi il rifiuto della dimensione economica come fattore determinante nella struttura sociale e della democrazia che livellerebbe ingiustamente gli esseri umani privilegiando la quantità rispetto alla qualità. Non a caso i movimenti fascisti si sono sempre opposti alle classi dirigenti liberali, perché non sono “vere” élite, autentiche aristocrazie (del sangue o dello spirito), provviste del potere carismatico del comando, perché la loro essenza è solo economica, “mercantile”, quindi priva di valore intrinseco.
Braccio armato della reazione
I fascisti si proclamano come terza via rispetto alle ipotesi comuniste e “liberal-capitaliste”. “Né fronte rosso, né reazione!” è uno dei loro slogan preferiti. In realtà della reazione sono sempre stati il braccio armato.
In tutta Europa i movimenti fascisti nascono come reazione della piccola borghesia al “pericolo rosso”. Nel 1919 la fondazione dei “Fasci italiani di combattimento” con un programma intriso di forti venature progressiste e richiami socialisteggianti, ebbe scarsissima eco. Fu solo dopo la svolta reazionaria del 1920 con l’abbandono di tutte le posizioni politicamente invise alla borghesia conservatrice (la pregiudiziale antimonarchica, il voto per le donne, le posizioni anticlericali, le rivendicazioni sociali più avanzate) e le prime azioni squadristiche contro le organizzazioni proletarie che i fascisti iniziarono ad essere finanziati da agrari ed industriali preoccupati dalla agitazioni operaie del “biennio rosso”, ed ingrossarono le loro fila fino a contare migliaia di militanti (mentre tanti militanti della prima ora abbandonavano il movimento ormai compromesso con i settori più retrivi delle classi dominanti).
di Anna Lami
Le considerazioni che seguono derivano da un bilancio della mia personale esperienza nella variegata area dell’estrema destra italiana, dove ho iniziato a militare da giovanissima fino a diventare, all’età di 20 anni, dirigente di Forza Nuova.
Diedi le mie dimissioni da tale organizzazione dopo un percorso che mi aveva condotto da una parte a comprendere il grave errore politico compiuto in adolescenza e la sostanziale estraneità delle posizioni rivoluzionarie a tali ambienti, dall'altro lato l'impossibilità di agire all'interno di tale struttura per cambiarne programmi ed obiettivi.
Questo breve scritto si rivolge innanzitutto ai molti giovanissimi che si avvicinano al neofascismo mossi da sincere aspirazioni di ribellione, nell'ottica di offrire loro qualche strumento di riflessione e magari ripensamento. Mi auguro, inoltre, che queste riflessioni possano offrire quale spunto utile per approfondire la conoscenza dell’area neofascista tra chi è attivamente impegnato a contrastare la diffusione delle organizzazioni di estrema destra nel tessuto sociale.
Gianfranco Fini e Giorgio Almirante |
Le realtà italiane che si rifanno direttamente ad ideali fascisti sono molteplici; ancor più numerosi sono i gruppi politici che pur non rivendicando apertamente l’eredità del ventennio, vi si riferiscono nelle pratiche e nelle battaglie politiche. Solo per citare quelle più rilevanti sia per numero di militanti che per diffusione sul territorio nazionale, troviamo Forza Nuova, Casa Pound e La Destra.
Ripercorrerne l’excursus storico-politico sarebbe superfluo, abbondando a proposito le conoscenze. Maggiormente interessante è sottolineare che tutti i gruppi neofascisti, oltre alle tematiche più caratterizzanti come il rifiuto della società multirazziale e dell’immigrazione, nella propaganda si richiamano ad ideali di giustizia sociale, anticapitalismo, antimperialismo e spesso rifiutano la collocazione a destra dello scacchiere politico definendosi “oltre la destra e la sinistra”, “trasversali”, oppure “estremo centro alto” (come si autoprofessa CP). Alcuni settori minoritari arrivano addirittura a qualificarsi come nazionalbolscevichi o nazimaoisti, senza uscire però dall’impianto teorico, pratico e simbolico del neofascismo di cui sono parte integrante.
Ripercorrerne l’excursus storico-politico sarebbe superfluo, abbondando a proposito le conoscenze. Maggiormente interessante è sottolineare che tutti i gruppi neofascisti, oltre alle tematiche più caratterizzanti come il rifiuto della società multirazziale e dell’immigrazione, nella propaganda si richiamano ad ideali di giustizia sociale, anticapitalismo, antimperialismo e spesso rifiutano la collocazione a destra dello scacchiere politico definendosi “oltre la destra e la sinistra”, “trasversali”, oppure “estremo centro alto” (come si autoprofessa CP). Alcuni settori minoritari arrivano addirittura a qualificarsi come nazionalbolscevichi o nazimaoisti, senza uscire però dall’impianto teorico, pratico e simbolico del neofascismo di cui sono parte integrante.
Silvio Berlusconi e Francesco Storace |
Diventa quindi importante smascherare le tematiche pseudo rivoluzionarie agitate strumentalmente da questi ambienti, perché è proprio su di esse che fanno leva per intercettare settori di ribellismo giovanile e cercare di inserirsi nel malcontento sociale.
Sull’anticapitalismo
Il fondamentale motivo di incompatibilità tra una corretta concezione anticapitalista e quella di derivazione neofascista risiede nell’analisi dei rapporti economici. La dottrina economica fascista, infatti, non mira in alcun modo a sovvertire i rapporti di classe esistenti nel contesto capitalista, quanto piuttosto a ricomporre i contrasti e le tensioni sociali che da questi rapporti derivano, in un presunto superamento idilliaco del conflitto capitale-lavoro “nel supremo interesse della nazione” (corporativismo). La lotta di classe (dal basso) è considerata sovversiva perché implica la divisione in seno alla nazione ed al popolo.
Un manifesto di FN Perugia sulla vicenda dell'omicidio di Meredit Kercher |
Il neofascismo del dopoguerra non ha apportato dal canto suo nessuna innovazione sostanziale nell’ambito della lettura dei rapporti economici, limitandosi al massimo a denunciare l’eccessiva acquiescenza delle politiche del ventennio nei confronti della grande borghesia industriale, agraria e latifondista rivelatasi poi “traditrice” di Mussolini e della patria. Basti pensare che negli ultimi 60 anni la pubblicistica neofascista non ha prodotto alcuna analisi rigorosa e documentata sugli effetti reali delle politiche economiche del regime e sulle condizioni dei salariati nel sistema corporativo mussoliniano.
Rispetto alla realtà odierna l’area neofascista ignora, in gran parte, la struttura e le dinamiche del capitalismo e ne offre una definizione confusa. Spesso “capitalismo” è utilizzato come sinonimo di “mondialismo”. Secondo il pensiero prevalente nell’ambiente, infatti, il capitalismo si concretizzerebbe nel dominio mondiale di una cricca di usurai dell’alta finanza sui popoli del mondo. Si tratta di una visione con forti venature complottiste in cui ci si limita alla denuncia della speculazione finanziaria e del ruolo delle banche senza assolutamente chiamare in causa i rapporti di produzione. Non a caso, in quest' area politica trovano moltissimo spazio le teorie signoraggiste che riconducono tutte le problematiche socio-economiche, compresa la crisi capitalista attuale, ad un problema di emissione monetaria da parte di banche centrali in mano privata (controllate, per taluni, dal complotto tra ebrei, massoni e finanzieri apolidi).
Alessandra Mussolini prima di dedicarsi alla política |
Il presunto anticapitalismo neofascista non ha alcun fondamento scientifico e non è altro che un aggiornamento (approssimativo) delle tematiche contro le plutocrazie giudaico-massoniche di mussoliniana memoria.
Sull’antimperialismo
I neofascisti tutti si definiscono antimperialisti e si dichiarano a favore dell’autodeterminazione dei popoli. Eppure, cosa c’è di più contraddittorio tra il richiamarsi più o meno apertamente alle esperienze totalitarie ed autoritarie del ‘900 e l’autodeterminazione dei popoli? Sia la politica nazionalsocialista che quella fascista erano palesemente imperialiste, incentrate su una visione dei rapporti internazionali che verteva sull’idea di una continua lotta per la supremazia tra le nazioni, dal sapore darwiniano. Per giustificare l’espansionismo ed il colonialismo fascista si pretende di contrapporre una visione “imperialista” statunitense ad una “imperiale” fondata sulla “volontà di potenza” e sulla presunta superiorità della civiltà “romana e cristiana”. Quest’ultima avrebbe svolto una funzione educatrice nei confronti dei popoli di colore incapaci di evolvere socialmente e politicamente senza la provvidenziale guida europea. Tant’è che in più occasioni Forza Nuova ha difeso il colonialismo italiano in Africa, e non ha fatto mistero di auspicarne una riedizione aggiornata.
Vera rimostranza alla base dell’antimperialismo neofascista è infatti il ridimensionamento del ruolo italiano ed europeo nello scacchiere geopolitico mondiale a seguito della sconfitta bellica: si rimprovera infatti alla nostra classe dirigente il perenne atteggiamento di “servilismo” nei confronti degli Usa. L’antimperialismo neofascista non è che una reazione alla sconfitta storica subita dalle potenze dell’Asse nella seconda guerra mondiale ed alla perdita di centralità degli stati europei. E’ rivolto prevalentemente nei confronti degli Stati Uniti d’America (pertanto più che antimperialismo sarebbe maggiormente corretto definirlo antiamericanismo) in quanto incarnerebbero il nemico che più di tutti ha contribuito alla sconfitta dell’Europa nazi-fascista, la “vera” Europa. Dopo il crollo del muro di Berlino, e la perdita della funzione di argine antisovietico, gli Usa sono diventati per l’estrema destra il simbolo di tutti i mali contemporanei: il paese multirazziale per eccellenza, politicamente guidato da lobbies di massoni ed ebrei che, occupando posizioni chiave dell’amministrazione americana, ne dirigono la politica.
Di conseguenza il neofascista condanna le guerre in Iraq, Afghanistan e Libia soprattutto perché funzionali agli interessi economici e geopolitici degli Usa e/o di altre potenze occidentali mentre l’Italia in tali conflitti rivestirebbe un ruolo subordinato non ricavandone che poche briciole. Inoltre il filo-militarismo tipico degli estremisti di destra li porta comunque a solidarizzare e rendere onore ogniqualvolta un soldato italiano perde la vita o viene ferito in una missione all’estero. Emblematica in tal senso la campagna di Casa Pound e della Destra di Storace a sostegno dei due marò italiani che hanno sparato ed ucciso un pescatore indiano lo scorso anno. Anziché chiedersi come mai i soldati italiani stessero difendendo gli interessi di una compagnia economica privata, anziché interrogarsi sull'opportunità di punire chi ha ucciso immotivatamente un pescatore inoffensivo, hanno invocato la libertà per i marò giudicando inaccettabile non l’assassinio di un uomo inerme ma il fatto che il governo italiano non si sarebbe fatto rispettare dall’India, imponendo l’estradizione dei militari.
Insomma sono “antimperialisti” solo con gli imperialismi stranieri. Ad esempio, lo scorso anno Casa Pound ha dato perfetta prova di cosa intenda per antimperialismo. Come sappiamo, la Francia ha ricoperto un ruolo di primo piano nella guerra alla Libia: ebbene la reazione di Casa Pound è stata quella di protestare mandando gommoni al Trocadero a Parigi perché “vi siete presi Galbani, Gucci, Bulgari, Bnl, Parmalat, Alitalia” ed ora “l’Eni perderà il monopolio del petrolio libico in favore di Total”. In questo caso il problema non è l’imperialismo economico in sé, quanto se siano o meno “italiani” o meno i gruppi capitalistici che lo praticano. Quindi lo pseudo-antimperialismo neofascista è semplicemente figlio di aspirazioni nazionaliste frustrate.
Destra-Sinistra ovvero gerarchia-eguaglianza
Insomma sono “antimperialisti” solo con gli imperialismi stranieri. Ad esempio, lo scorso anno Casa Pound ha dato perfetta prova di cosa intenda per antimperialismo. Come sappiamo, la Francia ha ricoperto un ruolo di primo piano nella guerra alla Libia: ebbene la reazione di Casa Pound è stata quella di protestare mandando gommoni al Trocadero a Parigi perché “vi siete presi Galbani, Gucci, Bulgari, Bnl, Parmalat, Alitalia” ed ora “l’Eni perderà il monopolio del petrolio libico in favore di Total”. In questo caso il problema non è l’imperialismo economico in sé, quanto se siano o meno “italiani” o meno i gruppi capitalistici che lo praticano. Quindi lo pseudo-antimperialismo neofascista è semplicemente figlio di aspirazioni nazionaliste frustrate.
Destra-Sinistra ovvero gerarchia-eguaglianza
Uno spot di Forza Nuova |
Come accennato all’inizio di questo scritto la maggioranza dei gruppi neofascisti rifiuta la collocazione a “destra” dello scacchiere politico. Eppure, tutti i pensatori a cui si rifanno (da Nietzsche ad Evola, dalla Konservative Revolution ad Adriano Romualdi), sono ispirati, sia pur in forme differenti, al principio di fondo dell’inegualitarismo gerarchico. Non a caso sono tutti feroci critici della rivoluzione francese. Prima della rivoluzione francese, infatti, la rappresentazione della realtà politica secondo metafore spaziali non usava la dimensione laterale orizzontale destra-sinistra, ma quella verticale alto-basso. Al vertice stava il re, poi il clero, l’aristocrazia guerriera, ed infine il popolo. E’ la sinistra che durante la rivoluzione francese ha fatto ruotare l’asse della raffigurazione originaria della dimensione politica da verticale a orizzontale, laddove all’orizzontalità si associava un programma ideologico contro il privilegio e la gerarchia. La destra, che ha subìto questo cambio di paradigma simbolico, non si riconosce in questa rappresentazione e preferisce continuare a ricorrere alla concezione verticale, onde il rifiuto di molti settori della destra più radicale di riconoscersi nella dicotomia destra-sinistra.
Eppure proprio la chiave interpretativa simbolica di sinistra-orizzontalità-eguaglianza contro destra-verticalità-gerarchia, consente di inquadrare bene un’altra discriminante teorica fondamentale che separa irriducibilmente le forze d’estrema destra da quelle autenticamente rivoluzionarie.
Certamente sia la concezione egualitaria che quella gerarchica possono tradursi in svariati programmi ideologici concreti. L’eguaglianza da realizzare può essere quella davanti alla legge, quella politica, quella economica. Così come la gerarchia può essere fondata sul censo, sulla razza, sulla forza. Ad ogni modo eguaglianza significa riconoscimento di uno o più aspetti essenziali relativamente ai quali gli individui, indipendentemente da tutte le altre diversità, hanno pari dignità e diritto ad eguale trattamento, mentre gerarchia significa l’individuazione di una specifica superiorità di alcuni che, al di là di possibili aspetti comuni con gli altri individui, richiede un trattamento differenziato.
Nella sede romana di Casa Pound |
Ebbene, nella concezione ideologica della destra radicale le differenze tra gli esseri umani (di etnia, di sesso, di capacità) comportano il conferimento di uno status complessivo al gruppo di individui portatori della differenza, status che definisce poi il posto appropriato nella gerarchia sociale. Dunque l’inegualitarismo non assume solo una funzione descrittiva, ma prescrittiva, nel senso che le differenze nel genere umano non sono solo empiricamente evidenti (bianchi-neri, uomo-donna), ma prescrivono un ordine strutturato dal superiore all’inferiore. Le ideologie che stanno a fondamento della destra neofascista (tradizionalismo, superomismo reazionario, razzismo, comunitarismo organicista) sono, quindi, radicalmente estranee, dal punto di vista della visione antropologica, ad ogni forma di egualitarismo. Ed ecco, dunque, l’esaltazione della razza, della stirpe, dei vincoli di “sangue e suolo”, di tutto le possibili forme di unità sociale rette da vincoli di solidarietà naturali e non da interessi materiali. Quindi il rifiuto della dimensione economica come fattore determinante nella struttura sociale e della democrazia che livellerebbe ingiustamente gli esseri umani privilegiando la quantità rispetto alla qualità. Non a caso i movimenti fascisti si sono sempre opposti alle classi dirigenti liberali, perché non sono “vere” élite, autentiche aristocrazie (del sangue o dello spirito), provviste del potere carismatico del comando, perché la loro essenza è solo economica, “mercantile”, quindi priva di valore intrinseco.
Braccio armato della reazione
I fascisti si proclamano come terza via rispetto alle ipotesi comuniste e “liberal-capitaliste”. “Né fronte rosso, né reazione!” è uno dei loro slogan preferiti. In realtà della reazione sono sempre stati il braccio armato.
In tutta Europa i movimenti fascisti nascono come reazione della piccola borghesia al “pericolo rosso”. Nel 1919 la fondazione dei “Fasci italiani di combattimento” con un programma intriso di forti venature progressiste e richiami socialisteggianti, ebbe scarsissima eco. Fu solo dopo la svolta reazionaria del 1920 con l’abbandono di tutte le posizioni politicamente invise alla borghesia conservatrice (la pregiudiziale antimonarchica, il voto per le donne, le posizioni anticlericali, le rivendicazioni sociali più avanzate) e le prime azioni squadristiche contro le organizzazioni proletarie che i fascisti iniziarono ad essere finanziati da agrari ed industriali preoccupati dalla agitazioni operaie del “biennio rosso”, ed ingrossarono le loro fila fino a contare migliaia di militanti (mentre tanti militanti della prima ora abbandonavano il movimento ormai compromesso con i settori più retrivi delle classi dominanti).
Dopo la seconda guerra mondiale, gli eredi del ventennio si schierarono attivamente nel campo occidentale per contrastare l’”avanzata della barbarie sovietica”. Non a caso il MSI votò sempre a favore della Nato dal 1949 (anno di adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica) al 1991 (anno della partecipazione italiana alla prima guerra di aggressione all’Iraq di Saddam Hussein).
Quanto ai settori extraparlamentari, a parole più rivoluzionari della casa madre missina, in politica internazionale si distinsero per l’esaltazione del colonialismo francese in Indocina ed Algeria (l’Oas divenne un vero e proprio mito per i neofascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale), per il sostegno a tutti i regimi dittatoriali da Franco a Pinochet passando per i colonnelli greci, fino all’arruolamento di vari militanti (tra cui noti esponenti dei Nar come Alessandro Alibrandi) nella Falange "Kataeb" in Libano a fianco dell’esercito israeliano.
In Italia è nota, e in taluni casi persino apertamente rivendicata, la partecipazione di questi ambienti ai fatti più oscuri della strategia della tensione dalle stragi ai tentativi di colpi di stato. In tale contesto è utile smascherare le fantasiose ricostruzioni storiche che vedrebbero i gruppi neofascisti in prima fila nella contestazione giovanile del 1968: basti pensare che se è vero che alcuni militanti di Avanguardia Nazionale e del Fuan-Caravella parteciparono agli scontri di Valle Giulia del 1 marzo 1968, quelle stesse persone nel 1970 erano attivamente impegnate nell’organizzare il fallito golpe Borghese: questo la dice lunga sulle reali motivazioni che avevano nella partecipazione (comunque assolutamente marginale) alla rivolta sessantottina. Quanto al principale ideologo “nero” di quel periodo, Franco Giorgio Freda, tutt’ora punto di riferimento teorico imprescindibile con le sue Edizioni di Ar, se da un lato, nel 1969, scriveva un testo come “la Disintegrazione del Sistema” in cui auspicava l’alleanza con le formazioni rivoluzionarie di sinistra e dichiarava il proprio apprezzamento per il presidente Mao, dall’altro collaborava con il SID ricoprendo indubbiamente un ruolo di primo piano nella strage di Piazza Fontana il 12 dicembre dello stesso anno.
Quanto ai settori extraparlamentari, a parole più rivoluzionari della casa madre missina, in politica internazionale si distinsero per l’esaltazione del colonialismo francese in Indocina ed Algeria (l’Oas divenne un vero e proprio mito per i neofascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale), per il sostegno a tutti i regimi dittatoriali da Franco a Pinochet passando per i colonnelli greci, fino all’arruolamento di vari militanti (tra cui noti esponenti dei Nar come Alessandro Alibrandi) nella Falange "Kataeb" in Libano a fianco dell’esercito israeliano.
In Italia è nota, e in taluni casi persino apertamente rivendicata, la partecipazione di questi ambienti ai fatti più oscuri della strategia della tensione dalle stragi ai tentativi di colpi di stato. In tale contesto è utile smascherare le fantasiose ricostruzioni storiche che vedrebbero i gruppi neofascisti in prima fila nella contestazione giovanile del 1968: basti pensare che se è vero che alcuni militanti di Avanguardia Nazionale e del Fuan-Caravella parteciparono agli scontri di Valle Giulia del 1 marzo 1968, quelle stesse persone nel 1970 erano attivamente impegnate nell’organizzare il fallito golpe Borghese: questo la dice lunga sulle reali motivazioni che avevano nella partecipazione (comunque assolutamente marginale) alla rivolta sessantottina. Quanto al principale ideologo “nero” di quel periodo, Franco Giorgio Freda, tutt’ora punto di riferimento teorico imprescindibile con le sue Edizioni di Ar, se da un lato, nel 1969, scriveva un testo come “la Disintegrazione del Sistema” in cui auspicava l’alleanza con le formazioni rivoluzionarie di sinistra e dichiarava il proprio apprezzamento per il presidente Mao, dall’altro collaborava con il SID ricoprendo indubbiamente un ruolo di primo piano nella strage di Piazza Fontana il 12 dicembre dello stesso anno.
Immigrazione e razzismo
Con il crollo dei socialismi reali, l’avvento della globalizzazione e il fenomeno delle migrazioni di massa i movimenti neofascisti rispolverano le vecchie teorie razziste e si propongono come baluardo a difesa “dell’identità nazionale” minacciata dall’”invasione” migratoria. Per i neofascisti, infatti, l’identità nazionale non appartiene alla sfera culturale, soggetta ai mutamenti della storia, ma è considerata come un dato originario, eterno ed immutabile, radicato nell’eredità di sangue e nella dimensione razziale, in una prospettiva completamente a-storica. In quest’ottica ovviamente qualunque mutamento della composizione etnica dei popoli è considerato degenerativo. Come se tutti i popoli attualmente esistenti non fossero il prodotto di una catena infinita di “contaminazioni” etniche e culturali sedimentatesi nei secoli. Questa concezione razzista ha come ovvia conseguenza l’avversione per l’immigrato visto come, più o meno inconsapevole, veicolo di “imbastardimento” razziale. Dunque, nei fatti, i neofascisti scaricano tutto il peso della problematica migratoria sulle principali vittime del fenomeno: gli immigrati stessi. Senza assolutamente concentrarsi sulle cause economiche che costringono milioni di esseri umani ad abbandonare i loro paesi d’origine. Certo, qualche volta, nella pubblicistica dell’estrema destra si ammette che gli immigrati sono sfruttati, eppure anziché solidarizzare con loro quando si ribellano allo sfruttamento (come i braccianti africani di Rosarno nel gennaio 2010), si invoca l’ ulteriore repressione nei loro confronti totalmente funzionale alle classi dominanti. Non a caso in Grecia, nel pieno di una crisi che ha completamente devastato il tessuto sociale di quel paese, i neonazisti di Alba Dorata (più volte presenti in Italia negli anni scorsi ad iniziative di Forza Nuova) sono attivamente impegnati in continue brutali aggressioni ai migranti più diseredati.
I rapporti con la destra istituzionale
Infine, se i militanti più ingenui davvero credono di essere alternativi rispetto alle destre borghesi, i loro dirigenti nella destra “sistemica” hanno abitualmente visto una sponda. Non è praticamente mai successo che un’organizzazione neofascista rifiutasse l’alleanza politica o il sostegno (più o meno palese) della destra istituzionale: le esperienze della giunta comunale di Alemanno a Roma e della presidenza Storace alla regione Lazio sono quanto mai significative al proposito. Dalle assunzioni di vari “camerati” nei settori della pubblica amministrazione o nelle municipalizzate ai cospicui finanziamenti e patrocini alle iniziative “culturali” dei circoli neofascisti.
Per ciò che concerne le competizioni elettorali, dalle amministrative passando per le regionali e le politiche, appena ne hanno avuto l’occasione i dirigenti di La Destra, Forza Nuova, Casa Pound hanno cercato un posticino al sole inserendo loro uomini nelle liste di questo o quel partito “moderato” o, dove possibile, entrando direttamente nella coalizione di centrodestra con la propria organizzazione. Il “correre da soli” non è stato quasi mai una scelta volontaria ma un ripiegamento obbligato, quando, per ragioni di opportunità
Con il crollo dei socialismi reali, l’avvento della globalizzazione e il fenomeno delle migrazioni di massa i movimenti neofascisti rispolverano le vecchie teorie razziste e si propongono come baluardo a difesa “dell’identità nazionale” minacciata dall’”invasione” migratoria. Per i neofascisti, infatti, l’identità nazionale non appartiene alla sfera culturale, soggetta ai mutamenti della storia, ma è considerata come un dato originario, eterno ed immutabile, radicato nell’eredità di sangue e nella dimensione razziale, in una prospettiva completamente a-storica. In quest’ottica ovviamente qualunque mutamento della composizione etnica dei popoli è considerato degenerativo. Come se tutti i popoli attualmente esistenti non fossero il prodotto di una catena infinita di “contaminazioni” etniche e culturali sedimentatesi nei secoli. Questa concezione razzista ha come ovvia conseguenza l’avversione per l’immigrato visto come, più o meno inconsapevole, veicolo di “imbastardimento” razziale. Dunque, nei fatti, i neofascisti scaricano tutto il peso della problematica migratoria sulle principali vittime del fenomeno: gli immigrati stessi. Senza assolutamente concentrarsi sulle cause economiche che costringono milioni di esseri umani ad abbandonare i loro paesi d’origine. Certo, qualche volta, nella pubblicistica dell’estrema destra si ammette che gli immigrati sono sfruttati, eppure anziché solidarizzare con loro quando si ribellano allo sfruttamento (come i braccianti africani di Rosarno nel gennaio 2010), si invoca l’ ulteriore repressione nei loro confronti totalmente funzionale alle classi dominanti. Non a caso in Grecia, nel pieno di una crisi che ha completamente devastato il tessuto sociale di quel paese, i neonazisti di Alba Dorata (più volte presenti in Italia negli anni scorsi ad iniziative di Forza Nuova) sono attivamente impegnati in continue brutali aggressioni ai migranti più diseredati.
I rapporti con la destra istituzionale
Infine, se i militanti più ingenui davvero credono di essere alternativi rispetto alle destre borghesi, i loro dirigenti nella destra “sistemica” hanno abitualmente visto una sponda. Non è praticamente mai successo che un’organizzazione neofascista rifiutasse l’alleanza politica o il sostegno (più o meno palese) della destra istituzionale: le esperienze della giunta comunale di Alemanno a Roma e della presidenza Storace alla regione Lazio sono quanto mai significative al proposito. Dalle assunzioni di vari “camerati” nei settori della pubblica amministrazione o nelle municipalizzate ai cospicui finanziamenti e patrocini alle iniziative “culturali” dei circoli neofascisti.
Per ciò che concerne le competizioni elettorali, dalle amministrative passando per le regionali e le politiche, appena ne hanno avuto l’occasione i dirigenti di La Destra, Forza Nuova, Casa Pound hanno cercato un posticino al sole inserendo loro uomini nelle liste di questo o quel partito “moderato” o, dove possibile, entrando direttamente nella coalizione di centrodestra con la propria organizzazione. Il “correre da soli” non è stato quasi mai una scelta volontaria ma un ripiegamento obbligato, quando, per ragioni di opportunità
elettorale, i settori della destra “sistemica” non hanno voluto allearsi pubblicamente con gli “impresentabili” neofascisti. Anche la recente scelta di Casa Pound di presentare liste autonome alle prossime elezioni, dopo che per anni ha candidato suoi esponenti in An e poi nel Pdl, va letta nell’ottica di un deterioramento dei rapporti tra CP e Polverini e Alemanno dopo che questi, in seguito alle azioni squadristiche più eclatanti (aggressione all’esponente del PD Marchionne, assassinio di tre senegalesi a Firenze da parte di Gianluca Casseri, raid ai Magazzini Popolari a Casalbertone, ecc.), avevano dovuto prenderne le distanze. Insomma pare evidente che le organizzazioni neofasciste siano “alternative al sistema” e “dure e pure” solo quando non possono fare altrimenti.
48 commenti:
Un'analisi puntuale, impeccabile, spietata; che polverizza le illusioni di tanti giovani attivisti fascisti di essere dei rivoluzionari. Avrei sottolineato molto di più un aspetto, quello sulle origini atlantiche e targate CIA del MSI di Giorgio Almirante, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra. Oggi certi gruppi fascisti si scoprono "antiamericanisti" ma essi sono figli di un neofascismo anticomunista viscerale per cui numerosi dirigenti non erano solo sul libro paga dei servizi segreti italiani, ma anche arruolati in servizio permanente effettivo come forze ausiliarie della NATO (vedi Gladio). Si scoprono antiamericanisti solo perché la guerra fredda si è conclusa con il crollo dell'URSS. Se risorgesse un movimento rivoluzionario non c'è dubbio che questi rottami diventerebbero il braccio armato paralegale del capitalismo putrescente.
C'è un errore in una foto. Quello accanto ad Almirante è Gianfranco Fini, no Massimo Fini.
Ottimo articolo. Chiederei alla Lami una cosa: cosa pensa della cosiddetta "sinistra fascista"?
Mi sembra un po' un calderone dove, fra qualche riflessione giusta, si buttano dentro un bel po' di considerazioni semplicistiche e banali... I casi sono due: o sei una sprovveduta in buona fede (militando in FN per un po' di anni certi cliché avresti dovuto considerarli smentiti) o sei sostanzialmente in cattiva fede, che riporta delle mezze verità consapevolmente.
Interessante, più che altro, il fatto una giovane ex-militante fascista sia approdata alla sinistra anticapitalista e antimperialista...speriamo non resti un caso isolato.
Il problema dei fascismi è che loro vedono la lotta di classe come di una lotta tra razze. A loro non importa se un capitalsita è uno sfruttatore o un criminale, basta che sia della loro stessa nazionalità ed è tutto tollerato. Non per niente il progetto nazi-fascista del Nuovo Ordine si basava sulla lotta tra i cosiddetti Stati Proletari contro gli Stati Imperialisti (Inghilterra-USA)
Vi rivolgo una domanda, intendo a voi MPL/sollevazione: non vi imbarazza il fatto che la sovranità monetaria, che voi rivendicate, è anche una bandiera dei neofascisti? Non vi vene il dubbio che il concetto stesso di nazione si di destra?
E a te non ti imbarazza il fatto che la moneta unica sia una bandiera delle élites finanziarie europee? Non ti viene il dubbio che il concetto stesso di "Impero" sia imperialista?
La Rivoluzione Francese , i Nazionalismi ottocenteschi , il Socialismo, l'Interventismo, Il Fascismo, il Comunismo, la stessa Sinistra Internazionalista, (qualcuno ci mette dentro anche il Nazismo della sua prima fase), per un certo periodo della loro esistenza sono stati dei "bravi Golem" e hanno espletato conzelo, ed anche con furore i compiti assegnati, finché, come il Golem praghense; ad un certo punto , iludendosi di essere autonomi e autoreferenziantisi, hanno tralignato e alla fine sono stati puntualmente fatti morire uno alla volta, spesso aizzati l'uno contro l'altro. Nelle atroci e sanguinosissime contese si sono avuti morti a milioni, sono crollati imperi, si sono verificati disastri economici inauditi, il Mondo é stato rimescolato e sconvolto ed é cambiato inimmaginabilmente. Ma le schegge di quei Golem disgregati e ormai barcollanti e i fin di vita come mostri decapitati , continuano la ridda perversa di odiarsi e di accapigliarsi fra loro. I Golem sono costituzionalmente degli stolti: solo deli animali parlanti.
Qualcuna di quelle schegge sa a che pro? Credono di saperlo: a scapito dell'esistenza dell'"avversario" di rito, del "nemico storico" e tradizonale, affermano convinti. Vivono tutte nell'anacronismo più mortifero. Così é stata annientata la fratellanza fra i popoli con lo scopo di farne degli schiavi redimibili solo con la loro morte in catene.
Chi non capisce questa faccenda non ha capito gran che della storia degli ultimi duecento anni. Purtroppo. Tanto é vero che sono ancora lì ad odiarsi e a bastonarsi. Sono come ; la biblica moglie di Loth, sono come delle statue di sale che gurdano continaumente all'indietro. Sono dei fossili viventi.
Testo 16,22 emendato dagli erroi di battuta: (Sorry)
La Rivoluzione Francese , i Nazionalismi ottocenteschi , il Socialismo, l'Interventismo, Il Fascismo, il Comunismo, la stessa Sinistra Internazionalista, (qualcuno ci mette dentro anche il Nazismo della sua prima fase), per un certo periodo della loro esistenza sono stati dei "bravi Golem" e hanno espletato con zelo, ed anche con furore, i compiti assegnati, finché, come il Golem praghense, ad un certo punto , illudendosi di essere autonomi e autoreferenziantisi, hanno tralignato e alla fine sono stati puntualmente fatti morire uno alla volta, spesso aizzati l'uno contro l'altro. Nelle atroci e sanguinosissime contese si sono avuti morti a milioni, sono crollati imperi, si sono verificati disastri economici inauditi, il Mondo é stato rimescolato e sconvolto ed é cambiato inimmaginabilmente. Ma le schegge di quei Golem disgregati e ormai barcollanti e i fin di vita come mostri decapitati , continuano la ridda perversa di odiarsi e di accapigliarsi fra loro. I Golem sono costituzionalmente degli stolti: sono degli animali parlanti.
Qualcuna di quelle schegge sa a che pro? Credono di saperlo: a scapito dell'esistenza dell'"avversario" di rito, del "nemico storico" e tradizonale, affermano convinti. Vivono tutte nell'anacronismo più mortifero. Così é stata annientata la fratellanza fra i popoli con lo scopo di farne degli schiavi redimibili solo con la propria morte in catene.
Chi non capisce questa faccenda non ha capito gran che della storia degli ultimi duecento anni. Purtroppo. Tanto é vero che sono ancora lì ad odiarsi e a bastonarsi. Sono come la biblica moglie di Loth, sono come delle statue di sale che guardano continaumente all'indietro. Sono dei fossili viventi.
Anch'io, quando ero giovane e bello, ho "espletato con zelo" la mia mission di "impollinatore". Ahimè... sono invecchiato...
All'anonimo dell ore 13,57.
A me non pare ch il documento sia un "calderone", né che contenga luoghi comuni. E' una disamina politica che non lascia adito a dubbi sul fatto che i valori etici di fondo dei neofascisti fanno a pugni con le loro presunte declamazioni antisismiche. Erano sono e saranno con tutti e due i piedi nel merdaio capitalista.
Poi esiste certo un certo mondo della metafisica filosofica fascista che meriterebbe un'analisi specifica (vedi l'ottava foto sulla sede di casa Pound), ma il documento della Lami a me basta e avanza per definirmi anti-fascista, in quanto, appunto anticapitalista, che non è appunto da confondere con l'antiborghesismo estetizzante, magico e sterile di certi fascisti che forse odiano sì la borghesia, ma non il capitale in quanto sistema sociale.
Bisognerebbe smetterla di impicciarsi con le parole....nazione,impero, sovranismo.A nessuno è venuto in mente, in una situazione di crisi del capitalismo come quella attuale, di costruire legami internazionali con i disperati che stanno come noi. Greci, spagnoli, portoghesi, nordafricani, italiani, tutti contro il capitalismo ma ognuno per sé, ognuno con la su Syriza, se ce l'ha, sennò qualche forcone.Dall'altra parte, le famose élites finanziarie, eccome se si accordano e se ne fregano della lingua che parlano. Dove si va in questo modo?
Tanto di cappello alla Lami. Quest'articolo, dimostra che anche i più reazionari possono ravvedersi, e cambiare strada.
Che in sostanza, è una questione ideologica, se il fascismo, il reazionarismo, ecc, trionfano. Bisogna abbattere le condizioni che, creano la necessità di avere una ideologia di riferimento, al proprio essere, ed al proprio agire politico.
Quando saremo nel comunismo, non avremo più ideologie, non avremo più...fascismi di sorta.
http://www.sinistrainrete.info/europa/2422-domenico-moro-spread-la-vera-emergenza-e-la-disoccupazione.html
Franco
Sarebbe una gran perdita di tempo (almeno da parte mia) sezionare frase per frase l'articolo per confutarlo, mi limiterò a criticarlo per sommi capi. Innanzi tutto non vi è neanche una fonte (ovvio, non si tratta di una tesi di laurea né di una pubblicazione scientifica) e certe dichiarazioni andrebbero giocoforza motivate meglio. A parte certi temi che, a mio avviso, la Lami affronta senza un vero substrato empirico (Razzismo ed immigrazione, Braccio armato col sistema), riportando luoghi comuni che si possono benissimo leggere su "L'Espresso" (e che non coincidono con la realtà, e la Lami dovrebbe saperlo abbastanza, essendo stata dirigente di FN - il che la dice lunga sul livello del partito stesso); l'articolo, nonostante le premesse che giustamente fanno notare l'estrema frammentarietà dell'area, tratta la stessa come se fosse un monolite, buttando nel calderone di volta in volta un certo movimento (addirittura riesuma il ventennio!) per suffragar la tesi del momento: mi sembra un operazione che, seppur valida dal punto retorico, manca totalmente di obbiettività. Sarebbe come fare una critica ad un movimento di estrema sinistra criticando tutta l'estrema sinistra.
Che poi ci siano anche spunti interessanti (uno su tutte, l'analisi economica) non lo metto in dubbio, ma la tendenza diffusa mi pare sia riportare mezze verità, interrompere una riflessione, far di tutto un mucchio dal quale attingere indistintamente. Il tutto, non in un'analisi obbiettiva, per sostenere una tesi zoppicante. Il che mi porta, ripeto, a pensare che la Lami o sia un'idealista ingenua con una visione distorta della realtà o sia una politicante in malafede, un po' come i giornalisti di Repubblica. Idioti ed ipocriti, specie se combinati, sono estremamente pericolosi. A te, anonimo delle 19:04, consiglio invece di star molto attento alla battitura: l'errore ci può stare (non sono un grammarnazi) ma mettere in bocca ai "neofascisti" "dichiarazioni antisismiche" è ridicolo!
Avviso ai naviganti: abbiamo alla calcagna un fascista che sta inoltrando post privi di contenuto politico ma intrisi di insulti all'autrice dell'articolo.
Fa specie che la Lami, che ha goduto di una posizione di privilegio all'interno di Forza Nuova,con quanto ha scritto qui sopra,di fatto ha pisciato fuori dal vaso.Un agglomerato di luoghi comuni,di aria fritta, di merce avariata, con un solo giudizio finale accertato:costei manca di una solido retroterra culturale-ideologico.Il nazifascismo, in un epoca di crisi globale, fu la risposta che i popoli europei, non le oligarchie finanziarie al potere, si dettero per uscirne. Il nazifascismo, non governava i popoli, con lo stato di polizia, con lo stato di assedio, il coprifuoco, i militari di carriera al governo, ma con le mobilitazioni di massa, coinvolgendo i giovani con miti e impegno sociale, creando sindacati,strutture popolari, che sottrassero il monopolio dei marxisti sulle masse stesse. Il nazifascismo conquistò l'adesione delle masse popolari, comprese quelle costituite dalle classe operaie europee, creando dei veri stati sociali all'avanguardia, che garantivano la sicurezza sociale del popolo.La classe operaia tedesca, viveva meglio nella Germania nazionalsocialista rispetto a quella dell'URSS per non parlare di quella degli USA.Chiedo a tutti voi, semplicemente a proposito del capitalismo, con chi si alleò il capitalismo angloamericano per liquidare il nazifascismo? Con i comunisti, con l'URSS! Questa è la miglior risposta che si può dare alle assurde accuse, storicamente liquidate da autorevoli studiosi (De Felice, Nolte)di essere stati strumenti delle classi ricche.Il nazifascismo era in realtà alternativo e nemico del capitalismo apolide e massonico, per questo fu liquidato grazie anche agli ebrei,al Vaticano, ai preti,agli stati maggiori degli eserciti, all'alta borghesia imprenditoriale, ai Savoia,ai massoni e ultimo ma non per importanza ai comunisti!
Cari compagni che sbagliano vi aspettiamo a braccia aperte dopo un onesto bicchiere di olio di ricino...so che in cuor vostro sapete che solo il nazifascismo costiuisce la Speranza.
Ma i buttafuori son tutti nazifascisti?
articolo di una noia mortale.brava anna hai avuto i tuoi 5 minuti di popolarita'.saluti dalla tua vecchia Padova.se prima stavi in una setta del cazzo ora mi sembri incatenata ad una conventicola di sciroccati.prego per te.col cuore
Non rispondono mai poi. Tu li proponi una discussione e si chiudono a guscio, tipico dell'intellighenzia ottusa studiata da Orwell
Per l'anonimo delle 18:11
Ma sei stato mai sui banchi di scuola a studiare nazismo e fascismo? Sorvolo sulle origini del fascismo, gli arditi interventisti, ecc, non interessano adesso i vagiti del neonato, ma le azioni dell'adulto. Quel coinvolgimento delle masse di cui tu parli, fu diretto, disciplinato ed imposto rigidamente dall'alto; in ossequio non solo del capitalismo, ma pure del re e della Chiesa cattolica (che rivoluzione ragazzi!!??). Coinvolgere le masse? ma quella era una forma di militarizzazione autoritaria delle masse!! Strategia che andava di pari passo con la brutale repressione del dissenso, non solo degli oppositori politici dichiarati, ma di chiunque e a qualsiasi livello, servendosi di intimidazioni e violenze che spesso intervenivano prima e con maggiore efficacia della successiva persecuzione poliziesca e giudiziaria. I fascisti e Mussolini costruirono un regime, con tutti i mezzi, azione eversiva della piccola borghesia (coi soldi degli agrari, degli industriali e forse dei servizi segreti francesi) e trasformazione istituzionale dall'alto, secondo un'ideologia totalitaria ispirata al nazionalismo, al militarismo, alla gerarchia, ad un farneticante cesarismo.
Lascia perdere che il nazifascismo sarebbe stato nemico dell'imperialismo anglosassone. Germania e Italia erano nemici di Inglesi e americani, così come, nella prima guerra stavano su fronti opposti della guerra imperialista per spartirsi il bottino dei mercati mondiali. Alla fine Hitler col suo vassallo italiano attaccarono l'Urss socialista sperando di avere una pace separata con i vituperati americani e inglesi. E dovresti leggere Mein Kampf, dove Hitler scolpisce nella pietra il suo disegno strategico e di spazio vitale tedesco, che stava ad est, nella Russia sovietica. Leggi Mein Kampf e i suoi elogi del colonialismo razzista inglese e americano.
Caro anonimo delle 18,11:ci sono tanti bei libri scritti da storici scientificamente affermati che dimostrano che gli operai tedeschi, sotto il nazismo,percepivano salari molto bassi, tant'è che molte industrie USA (CocaCola, IBM, General Motors) non indugiarono a utilizzare la manodopera tedesca impiantando loro fabbriche in Germania, almeno fino al 1941.Che poi gli USA siano entrati in guerra proprio contro Hitler, non è tanto strano; il capitalismo tedesco, con l'aiuto di Hitler, si stava "pappando" tutto il mercato europeo: poteva Wall Street stare a guardare? Non facciamo poi paragoni a sproposito: l'URSS degli anni trenta non può assolutamente essere paragonata alla Germania dello stesso periodo, basta studiarsi la storia pregressa dei due Stati.E andiamo.......
Complimenti ad Anna Lami per l'articolo.
Giancarlo V.
PENSO che chi da un partito di "estrema destra" va alla "sinistra estrema" non abbia mai avuto le idee chiare e dimostra un infantilismo incredibile..Non e' credibile che una ex dirigente di fn rinfacci a fn determinate posizioni ..ma prima cosa ci stava a fare in fn ?...? ?...da fascista ad antifascista convinta..da una "setta fascista" ad una "setta comunista " che bisogno c'e' di stare in queste sette politiche ? ma ragionare con la propria testa ?
Questo post qui sopra di chi è? di un piddino? di un democristiano?
E che per Ragionare con la propria testa" occorre essere di centro?
Molto spesso la verità ce l'hanno solo le sette caro mio?
Ti calza il titolo sul taglio delle teste!
Molto interessante, l'articolo della Lami, ma ancor più la sequela di commenti. Dico subito che il fascismo è la più brutta bestia del mondo, ma è anche vero, come disse Bordiga, che la seconda bestia è appunto l'antifascismo, ovvero lo è se l'antifascismo perde per strada la sua natura anticapitalista e rivoluzionaria. In nome dell'antifascismo da operetta è stata edificata l'Italia del dopoguerra, salvo aver riciclato il 90% del vecchio personale fascista annidato negli apparati dello Stato.
Interessanti, dicevo, certi commenti, che si capisce sono di vecchi colleghi forzanovisti della Lami. Questi qui se la cavano dicendo che la Lami ha messo in fila una serie di luoghi comuni. Nulla di più facile, cari signori, che dimostrarlo. Ma non ci riuscite. Non avete portato alcun argomento uno contro le tesi della Lami, e invece sprofondate in patetici personalismi.
Benvenuta tra i rivoluzionari compagna Anna.
poveretta!!!!!! ora capisco il motivo del fallimento di FN.......mancanza di preparazione politica dei militanti e in questo caso ancora peggio dei dirigenti!!!
Ridicole le argomentazioni su anticapitalismo e corporativismo. Consiglio alla signorina la lettura dei testi di Ugo Spirito ed Ernesto Massi, solo per fare due nomi. Prima di criticare forse sarebbe stato meglio studiare, ma che ci si può aspettare da una "collaboratrice" del greco!
l'articolo in sè se postula qualche critica condivisibile è carico d'odio ed intriso di supponenza. l'autrice che conosco bene diceva cose non troppo dissimili diversi anni fa, e già allora avvertivo sulla pericolosità delle sue tesi nel movimento. Non per niente Caratossidis e la sezione di Padova, un tempo orgoglio per molti hanno subito l'influenza negativa di questa persona peggiorando sia umanamente che politicamente. E' quindi un bene che se ne sia andata e state tranquilli che i Fascisti quelli veri ridono di tutti i voli pindarici "di "ex camerati" se tali sono mai stati.
All'anonimo delle 13:16. Chiediti come mai Spirito divenne un ammiratore del comunismo cinese...
Un buon articolo, invito la Lami ad approfondire in tutti i campi che esprime nell'articolo.
Che la Lami non abbia affondato la sua critica-autocritica sul piano squisitamente filosofico poco toglie alla validità tutta politica, dei suoi argomenti. Forse ella stessa, data che è passata per un'accozzaglia come Fn, non è si sente abbastanza ferrata su questo piano. E non me ne stupisco poiché appunto, Fn, come del resto in tutte le organizzazioini neofasciste lo studio filosofico, lo scavo teorico, sono roba rarissima. Per lo più raggruppano giovani che non hanno un vero spessore culturale. La cultura di riferimento dei fascisti è un guazzabuglio tra romanticismo ribellistico ma reazionario, mitologia pagana, mistica evoliana. Servendosi di questi miti d'accatto pochi dirigenti astuti fanno la politica e la fanno nella linea mussoliniana: spregiudicatezza tattica, demagogia populista, fino a volte al più scellerato avventurismo eroico. Questi dirigenti sono un condensato di cinismo opportunista e son pronti a vendersi al primo offerente. Anche perché sono tutti affetti da megalomania narcisista.
UN APOSTATA
i nazifascisti sono degli omosessuali inconsci, mancati.
con toni sadomaso.
anto'.
Anche se non condivido alcune posizioni del Campo Antimperialista e del MPL, reputo comunque positiva questa opera di affrancamento di elementi ex- neofascisti. Favorire il passaggio di singoli e gruppi dall'area reazionaria-fascista a quella rivoluzionaria dovrebbe essere un dovere per tutte le organizzazioni comuniste. Ovviamente accompagnando questa opera alla continua vigilanza sul territorio e al rafforzamento della pratica dell'antifascismo militante per contrastare attivamente il proliferare delle forze fasciste.
Ma il 'Greco' non era finito vicino alle posizioni degli Autonomi Nazionalisti e di Resistenza Nazionale? Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa la Lami a riguardo, dato che quello mi sembra l'unico gruppo-gruppetto che non si dichiara 'fascista' o simili nell'area nazionalista italiana.
"La gigantesca avanzata del nazional socialismo è un'espressione di due fattori: una profonda crisi sociale, che ha gettato le masse piccolo-borghesi sul piatto della bilancia dei rapporti di forza, e l'assenza di un partito rivoluzionario che le masse avrebbero potuto riconoscere come loro guida. Se il partito comunista è il partito della speranza rivoluzionaria il fascismo, come movimento di massa, è il partito della disperazione controrivoluzionaria".
Leon Trotsky
Veramente non solo il filosofo Ugo Spirito diventò un comunista, ma la gran parte degli allievi di Giovanni Gentile. Così come è vero che molti ex-fascisti, dopo la guerra, si arruolarono tra le file del partito comunista italiano.
Ugo Spirito così come qualche gentiliano e alcuni ex fascisti di sinistra si schierarono per un breve periodo con il PCI, non perchè comunisti ma per coerenza al proprio ideale anticapitalista. Ben presto si resero conto dell'errore.......sicuramente, voi fini intellettuali avrete letto i testi del prof. Perfetti, uno studioso difficilmente inquadrabile come picchiatore squadrista. PS : sulla mancata riflessione durante gli anni 60 di cui sparla la ragazzina folgorata dalla conversione, la invito ad analizzare la storia e le produzioni dell'Istituto di Studi Corporativi, gruppo di lavoro del MSI a cui prese parte il filosofo innamorato del comunismo cinese. BEATA IGNORANZA!!!!!!
articolo ben fatto, se fosse stato fatto non da un'ex dirigente ma da uno sprovveduto. Argomentazioni risibili e superficiali. Ma la Lami non può ignorarlo. Probabilmente la dottoressa aveva intuito che dalla sua posizione (alta classe sociale di appartenenza, visto che ci tiene tanto a leggere tutto con tale schema) ed avendo tutte le carte estetiche in regola non le conveniva fare la fascista.
I commenti sono in gran parte di fascisti che a parte insulti personali all'autrice non apportano nulla. La redazione del blog non sarebbe meglio chiudesse i commenti per evitare che questa pagina si trasformi in un letamaio?
è sempre meraviglioso etichettare i maglioncini di d&g e metterli in ordine cromatico. avanti!
che poi vedere fascisti ovunque ora è come aver la paranoia di trovare il maglioncino tarocco in una boutique! procediamo al regresso! tra qualche anno si parlerà di regan o rimarremo sempre con la bandierina piantata su hitler come rai storia?
L’autrice dimostra di avere delle basi di dottrina politica e di aver letto Revelli. Il suo testo contiene alcune affermazioni condivisibili, altre falsate in senso polemico, e qualche castroneria. Butto giù un paio di idee, non per capovolgere l’ordine del discorso e trasvalutare l’estrema destra in chissà quale ricettacolo di coerenza e dottrina, ma per controbilanciare l’approccio stucchevolmente polemico dell’autrice.
Sull’anticapitalismo. E’ vero che la destra inclina al complottismo e ha sempre sottovalutato ad arte il peso dei rapporti di proprietà, forzando tutto sotto l’ombrello dell’interesse nazionale e dell’union sacrée. Meno vero che manchi qualsiasi riflessione seria sui rapporti economico-sociali. Da Spengler a Sombart il pensiero pre-nazista ha abbozzato una dottrina dello sviluppo sociale ed economico fondata sulla contrapposizione, non fra capitale e lavoro, ma fra capitalismo industriale e finanziario, il primo radicato nelle forze primigenie della razza e della Kultur, quindi territorialmente delimitato, il secondo sradicato, giudaizzato e innatamente cosmopolita, quindi essenzialmente parassitario. Tale distinzione trova negli sviluppi storici degli ultimi 30 anni un formidabile terreno di riprova. Vero è che non sempre questi teorici si rifacevano a criteri di scienza esatta; altrettanto vero che lo stesso marxismo è una miscela di scentismo positiveggiante (la teoria delle condizioni oggettive) ed affabulazione teologico-hegeliana (tutto l’apparato dialettico). Le dottrine che trovano un seguito di massa sono sempre mezze religioni, e comune a tutte è l’idea che comprendere il mondo abbia senso solo se per questa via ci si propone anche di cambiarlo.
Ne deriva l'approccio selettivo che ambo le estreme adottano nell’interpretare la realtà odierna: la destra vagheggia improbabili ricomposizioni fra un capitalismo risanato e l’idea nazionale, la sinistra passa sistematicamente sotto silenzio il versante inferiore della globalizzazione, quello attinente alla mobilità della manodopera (finalizzata ad ingrossare l’esercito industriale di riserva) per solidarietà verso le orde migratorie. Il pensiero politico è una fiaba narrata da un’idiota (Macbeth, V, 5) in cui tutti han torto secondo ragione, ma hanno ragione secondo il torto altrui.
Sull’antiimperialismo. Qui concordo colla bella analisi dell’autrice, soprattutto quando scrive che "l’antimperialismo neofascista non è che una reazione alla sconfitta storica subita dalle potenze dell’Asse nella seconda guerra mondiale ed alla perdita di centralità degli stati europei", unito – aggiungo – a un desiderio delle ali giovanili di cavalcare i temi impugnati dai loro coetanei di sinistra. Certo, all’antiimperialismo di sinistra manca una cosuccia per poter rivendicare una piena e incontrastata superiorità: una chiara spiegazione di come pensa di evitare il riemergere di rapporti conflittuali fra gli aggregati umani (col prevalere ‘imperiale’ del più forte), dopo che ogni portatore del sol dell’avvenire ha finito per rituffarcisi a capo fitto. Salvo appunto decantare le virtù irenistiche dei popoli che non hanno mai oppresso nessuno pel fatto di essersi sempre trovati sulla difensiva.
Sì, adesso blocchiamo i commenti, poiché questo spazio di post è stato preso d'assalto da alcuni neofascisti che tendono principalmente a denigrare l'autrice dell'articolo. Non vogliamo essere megafono di rivalse prepolitiche ma nemmeno diventare uno spazio per nemici politici. Sulla questione del fascismo ritorneremo, anche sul piano squisitamente filosofico, in particolare sull'opera e sul pensiero di Ugo Spirito.
Destra-sinistra ovvero gerarchia-eguaglianza. Anche qui concordo, aggiungendo solo che dal finire dell’Ottocento in poi l’esaltazione dell’ancient regime ha ceduto generalmente il passo ad una concezione organicistica del collettivo sociale, che tende a collettivizzare il principio gerarchico ed antiegualitario.
Braccio armato della reazione. Approccio non errato ma semplicistico nella sua verve polemica. Anzitutto eleva acriticamente la posizione assunta nel conflitto tra movimento socialista e capitale a metro universale di valutazione su cosa sia progresso e cosa reazione. Se poi è incontestabile che gli afflati socialisteggianti del nazifascismo sono sempre durati poco e finiti male, c’è da chiedersi se l’evoluzione del capitalismo in senso mondialista non esalti la carica sovversiva di sistemi di idee d’impronta antiuniversalistica. E infatti, mentre l’impulso cosmopolitico del sistema è stato la foglia di fico che ha aiutato la sinistra parlamentare ad integrarvisi a quattro palmenti, scambiando i diritti reali (quelli sociali ed economici) per quelli da ridere (i diritti civili), le uniche forme di pensiero attivamente perseguitate son quelle di stampo antiumanista e antiuniversalista (legge Mancino).
A ciò aggiungerei l’imperativo – per chi voglia calcare l’arena politica – a considerare i mutati rapporti di forza, che vedono il movimento socialista ridotto a un fanalino di coda dinanzi allo straripare del liberismo. Dinanzi a questo stato di cose la sinergia tra le forze che si oppongono al Moloch globalizzatore, anche sulla falsariga d’intenti parzialmente divergenti, non può essere esclusa a priori.
Immigrazione e razzismo. Qui l’intento polemico prende il sopravvento su quello analitico. L’identità (nazionale, razziale ecc.) viene valorizzata nel modo semplicistico ricostruito dall’autrice solo nei volantini di qualche circolo di borgata; più che rifiutare i contatti fra le culture, la destra paventa il loro annichilimento sull’altare del pensiero unico liberista (da cui tutta la tematica differenzialista portata avanti dalla Nouvelle droite). Poi rifiutare a priori le contaminazioni razziali/culturali è tanto logico quanto invocare le contaminazioni “sedimentatesi nei secoli” dimenticando che spesso ebbero luogo nella forma della conquista e dello sterminio. Ancora l’autrice dimentica che, proprio a uno sguardo scientifico e avalutativo, l’ideologia della razza o dello stato-nazione e quella dell’umanità si equivalgono, e quindi le razionalizzazioni escogitate per legittimare l’una o l’altra si distingueranno al massimo in rapporto al loro grado di sofisticazione concettuale.
Non le “classi dominanti” favoleggiate dall’autrice (che hanno indotto premeditatamente il fenomeno migratorio allo scopo di aumentare l’offerta di manodopera e comprimere selvaggiamente i salari – col collaterale dell’esplosione della criminalità e del formarsi di quartieri degradati), ma i lavoratori europei e la povera gente hanno un evidente e tangibile interesse a ricacciare l’ondata migratoria. Il motivo dell’enorme popolarità di Alba dorata in Grecia sta nel fatto che neppure l’ottusità del gregge e lo strapotere dei media di regime sono sufficienti a nascondere questa chiara realtà agli occhi di una popolazione ridotta alla fame, e quindi costretta a guardare la realtà delle cose.
I rapporti con la destra istituzionale. L’autrice dice il vero. Ma è quel che oggi fanno anche i movimenti di sinistra, guardate la trista fine della lista ‘Cambiare si può’.
Lorenzo
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