I Tre M...anettari |
di Leonardo Mazzei*
Non se ne può più. Se chi usa l'arma del «voto utile» mostra con chiarezza l'assenza di argomenti migliori, chi se ne lamenta, perché vittima designata, è ancora più stucchevole ed insopportabile. Sarebbe come se un generale che si approssima ad una battaglia che sa essere perdente, iniziasse a lamentarsi perché il nemico userà armi di cui lui non dispone.
Un buon generale non si lamenterebbe, ma cercherebbe di dotarsi anche lui di armi più potenti, di organizzare meglio le proprie forze, di individuare le debolezze dell'esercito avversario. Ma, soprattutto, studierebbe la tattica per rendere l'arma nemica meno efficace, ed il suo uso più difficile se non addirittura controproducente.
Già, un buon generale. Ma nell'armata Brancaleone del Pm Ingroia ci sono buoni generali? Ai posteri la poco ardua sentenza. Il pool dei tre magistrati (oltre a Ingroia, Di Pietro e De Magistris) sta mettendo in pista un'accozzaglia che se non sarà arcobalenica di nome, sarà ancora più variopinta di fatto: parenti di vittime della mafia (ma alcuni si defilano), pacifisti che stanno sempre con la «comunità internazionale», qualche personaggio pubblico, poliziotti, il medico di Welby, un ex grillino, il fotografo di Villa Certosa (che però ha rifiutato). In buona posizione, ma nascosti come avessero la peste, i segretari del quadripartito Idv, Prc, Pdci, Verdi.
In effetti trovare in questo marasma un buon generale sembra impresa votata alla sconfitta. E allora giù lacrime. Ci si arrabbia perché il Pd fa il solito giochetto, quando in effetti lo fa (alcuni sono gli stessi) fin dai tempi del Pci. Ci si inalbera perché lo fa (e lo farà sempre di più) l'imbroglione pugliese, che si sdegnava sul versante opposto solo cinque anni fa. Ci si infuria, ma soprattutto ci si lamenta.
Ma qual è la ragione di questo indecoroso psicodramma di quart'ordine, dove tutte le grandi questioni politiche e sociali vanno a farsi benedire, lasciando il posto a piccole scaramucce, ad inutili polemiche, all'aprirsi ed al richiudersi del famoso «spiraglio» di un politichese che tra le persone normali nessuno regge più?
La ragione è semplice, piagnucolosi ingroiani.
Usando un linguaggio borsistico, non si teme un'Opa se non si è disposti a vendere. Così, in politica, non si dovrebbe temere più di tanto un tentativo di appropriazione del proprio elettorato se non vi fosse una naturale tendenza a svendere. Certo, l'azionista possiede l'azione, mentre il partito (o la lista) non posseggono i propri potenziali elettori. Però possono educarli, avvisarli, indirizzarli. Tutte operazioni che per la verità richiederebbero una sola ed unica virtù: l'autonomia politica dal proponente l'Opa. Un proponente che peraltro vorrebbe condurre in porto l'operazione a costo zero. Un po' troppo, ma non se gli interlocutori sono questi sinistrati da Circo Barnum.
Insomma, se il trucchetto del «voto utile» funziona, è perché le vittime non sanno recidere il cordone ombelicale che li lega al carnefice. Se gli avversari - parole del Pm palermitano - sono solo Berlusconi e Monti, mentre Bersani andrebbe anche bene se solo si decidesse ad accettare i voti ingroiani nella prossima legislatura, come si fa poi a lamentarsi se Pd e Sel cercano di catturarne i consensi elettorali già prima? Si subiscono queste incursioni solo perché non si vuol cessare di essere contigui: è così difficile capirlo?
Io non penso che sia così difficile. Se non lo capiscono è solo perché non vogliono capirlo. Lasciamo perdere le tante frattaglie senza arte ne parte che sono confluite nell'Arca ingroiana. Lasciamo perdere il triumvirato da procura che ne ha preso momentaneamente il comando. Ma i dirigenti della ormai defunta FdS come possono non rendersene conto? Per costoro il fatto è che «più dell'onor poté il digiuno», inutile dunque farsi troppe domande.
Il Pd è il vero «partito sistemico» che è rimasto in piedi. E' stato quello fondamentale nel sorreggere dal primo all'ultimo istante il governo Monti. Ne ha appoggiato tutte le misure più antipopolari. Ha votato tutto, dai diktat europei alle virgole della Fornero, senza fare una piega. Si candida a proseguire sulla stessa linea, stringendo un'asse di ferro col Quislingdella Bocconi. Cos'altro dovrebbe fare per passare nella categoria dei nemici di Ingroia e soci?
Ovviamente, questa domanda non avrà mai da costoro una vera risposta. Ma almeno su un particolare qualcuno dovrebbe riflettere. Il fatto è che l'impostazione data da Ingroia non è solo lamentosa e stucchevole, è anche debole e perdente. Oggi i neo-arcobalenici si cullano su alcuni sondaggi che gli attribuiscono qualche zerovirgola sopra il fatidico 4%. Mi permetto di ricordargli che cinque anni fa quegli stessi sondaggi assegnavano all'Arcobaleno il 6/7%, e tutti sappiamo come è andata a finire.
Restando subalterni al centrosinistra il destino è infatti segnato. Una subalternità politica, culturale e perfino psicologica. Una subalternità anche elettorale, tant'è che ci si appresta a tornare a tutti gli effetti sotto le ali del Pd almeno alle regionali lombarde.
Non credo che l'amore renda necessariamente ciechi, ma di certo la subalternità rende quasi sempre stupidi. Al punto che, dopo aver perso l'onore, qualcuno potrebbe trovarsi nella spiacevole condizione di proseguire il digiuno.
Chi fa previsioni può sempre sbagliarsi. In ogni caso, per quel che vale, questa è la mia. Vedremo tra quaranta giorni chi si sarà sbagliato.
Non se ne può più. Se chi usa l'arma del «voto utile» mostra con chiarezza l'assenza di argomenti migliori, chi se ne lamenta, perché vittima designata, è ancora più stucchevole ed insopportabile. Sarebbe come se un generale che si approssima ad una battaglia che sa essere perdente, iniziasse a lamentarsi perché il nemico userà armi di cui lui non dispone.
Un buon generale non si lamenterebbe, ma cercherebbe di dotarsi anche lui di armi più potenti, di organizzare meglio le proprie forze, di individuare le debolezze dell'esercito avversario. Ma, soprattutto, studierebbe la tattica per rendere l'arma nemica meno efficace, ed il suo uso più difficile se non addirittura controproducente.
Già, un buon generale. Ma nell'armata Brancaleone del Pm Ingroia ci sono buoni generali? Ai posteri la poco ardua sentenza. Il pool dei tre magistrati (oltre a Ingroia, Di Pietro e De Magistris) sta mettendo in pista un'accozzaglia che se non sarà arcobalenica di nome, sarà ancora più variopinta di fatto: parenti di vittime della mafia (ma alcuni si defilano), pacifisti che stanno sempre con la «comunità internazionale», qualche personaggio pubblico, poliziotti, il medico di Welby, un ex grillino, il fotografo di Villa Certosa (che però ha rifiutato). In buona posizione, ma nascosti come avessero la peste, i segretari del quadripartito Idv, Prc, Pdci, Verdi.
In effetti trovare in questo marasma un buon generale sembra impresa votata alla sconfitta. E allora giù lacrime. Ci si arrabbia perché il Pd fa il solito giochetto, quando in effetti lo fa (alcuni sono gli stessi) fin dai tempi del Pci. Ci si inalbera perché lo fa (e lo farà sempre di più) l'imbroglione pugliese, che si sdegnava sul versante opposto solo cinque anni fa. Ci si infuria, ma soprattutto ci si lamenta.
Ma qual è la ragione di questo indecoroso psicodramma di quart'ordine, dove tutte le grandi questioni politiche e sociali vanno a farsi benedire, lasciando il posto a piccole scaramucce, ad inutili polemiche, all'aprirsi ed al richiudersi del famoso «spiraglio» di un politichese che tra le persone normali nessuno regge più?
La ragione è semplice, piagnucolosi ingroiani.
Usando un linguaggio borsistico, non si teme un'Opa se non si è disposti a vendere. Così, in politica, non si dovrebbe temere più di tanto un tentativo di appropriazione del proprio elettorato se non vi fosse una naturale tendenza a svendere. Certo, l'azionista possiede l'azione, mentre il partito (o la lista) non posseggono i propri potenziali elettori. Però possono educarli, avvisarli, indirizzarli. Tutte operazioni che per la verità richiederebbero una sola ed unica virtù: l'autonomia politica dal proponente l'Opa. Un proponente che peraltro vorrebbe condurre in porto l'operazione a costo zero. Un po' troppo, ma non se gli interlocutori sono questi sinistrati da Circo Barnum.
Insomma, se il trucchetto del «voto utile» funziona, è perché le vittime non sanno recidere il cordone ombelicale che li lega al carnefice. Se gli avversari - parole del Pm palermitano - sono solo Berlusconi e Monti, mentre Bersani andrebbe anche bene se solo si decidesse ad accettare i voti ingroiani nella prossima legislatura, come si fa poi a lamentarsi se Pd e Sel cercano di catturarne i consensi elettorali già prima? Si subiscono queste incursioni solo perché non si vuol cessare di essere contigui: è così difficile capirlo?
Io non penso che sia così difficile. Se non lo capiscono è solo perché non vogliono capirlo. Lasciamo perdere le tante frattaglie senza arte ne parte che sono confluite nell'Arca ingroiana. Lasciamo perdere il triumvirato da procura che ne ha preso momentaneamente il comando. Ma i dirigenti della ormai defunta FdS come possono non rendersene conto? Per costoro il fatto è che «più dell'onor poté il digiuno», inutile dunque farsi troppe domande.
Il Pd è il vero «partito sistemico» che è rimasto in piedi. E' stato quello fondamentale nel sorreggere dal primo all'ultimo istante il governo Monti. Ne ha appoggiato tutte le misure più antipopolari. Ha votato tutto, dai diktat europei alle virgole della Fornero, senza fare una piega. Si candida a proseguire sulla stessa linea, stringendo un'asse di ferro col Quislingdella Bocconi. Cos'altro dovrebbe fare per passare nella categoria dei nemici di Ingroia e soci?
Ovviamente, questa domanda non avrà mai da costoro una vera risposta. Ma almeno su un particolare qualcuno dovrebbe riflettere. Il fatto è che l'impostazione data da Ingroia non è solo lamentosa e stucchevole, è anche debole e perdente. Oggi i neo-arcobalenici si cullano su alcuni sondaggi che gli attribuiscono qualche zerovirgola sopra il fatidico 4%. Mi permetto di ricordargli che cinque anni fa quegli stessi sondaggi assegnavano all'Arcobaleno il 6/7%, e tutti sappiamo come è andata a finire.
Restando subalterni al centrosinistra il destino è infatti segnato. Una subalternità politica, culturale e perfino psicologica. Una subalternità anche elettorale, tant'è che ci si appresta a tornare a tutti gli effetti sotto le ali del Pd almeno alle regionali lombarde.
Non credo che l'amore renda necessariamente ciechi, ma di certo la subalternità rende quasi sempre stupidi. Al punto che, dopo aver perso l'onore, qualcuno potrebbe trovarsi nella spiacevole condizione di proseguire il digiuno.
Chi fa previsioni può sempre sbagliarsi. In ogni caso, per quel che vale, questa è la mia. Vedremo tra quaranta giorni chi si sarà sbagliato.
* Membro della Segreteria nazionale del Mpl
Nessun commento:
Posta un commento