domenica 1 aprile 2012

LICENZIAMO MONTI E NAPOLITANO!

Milano 31 marzo: la testa del corteo
Un successo che la dice lunga

La manifestazione di ieri in Piazza Affari


La prima manifestazione nazionale contro il governo Monti ha avuto successo. Alcune decine di migliaia di persone hanno sfilato per le vie del centro di Milano scandendo slogan contro il governo, l'Unione europea ed il presidente della repubblica.


Il comitato "No debito", promotore della manifestazione, ha dimostrato di saper raccogliere la voglia di opposizione che sta crescendo nel Paese. Certo, non si è trattato di una manifestazione "facile", ma proprio per questo la soddisfazione è più che legittima.

Da segnalare la presenza del sindacalismo di base (in particolare la USB), quella dei NO TAV e di molte altre situazioni di lotta. Alla fine Piazza Affari è stata realmente occupata per un paio d'ore, dove si sono susseguiti numerosi interventi. 



Nell'attraversamento della città molti dei partecipanti sottolineavano come, più di altre volte, si respirasse un clima favorevole tra le persone che incrociavano il corteo. La sensazione è stata quella di una forte sintonia con gli umori di tanta parte della popolazione, ancora passiva ma non più succube del pensiero unico dominante.

In Piazza Affari ha aperto gli interventi Giorgio Cremaschi, che ha attaccato il governo Monti, segnalando come il suo programma sia "europeo", dato che è lo stesso dei governi greco, tedesco, francese e spagnolo. Cremaschi ha concluso con la richiesta dello sciopero generale. Subito dopo è stata la volta di Perino, in rappresentanza dei NO TAV che ha definito quello attuale come «il peggior governo della storia repubblicana, perché è un governo golpista».

Successivamente si sono alternati gli interventi delle organizzazioni sindacali presenti, quelli delle realtà di lotta e quelli delle organizzazioni politiche. Tra i rappresentanti di queste ultime sono intervenuti Paolo Ferrero, Marco Ferrando, Franco Turigliatto, Sergio Cararo e Giulietto Chiesa. Leonardo Mazzei, a nome del Movimento Popolare di Liberazione, si è soffermato su due punti: la necessità di uscire dall'euro e dall'Unione Europea, la richiesta di dimissioni di Napolitano. 

Uno degli striscioni...


Due punti largamente condivisi dalla piazza. Ed è da segnalare come gli odierni resoconti della stampa, benché come sempre striminziti e faziosi, non abbiano però potuto nascondere né la riuscita della manifestazione, né il senso comune diffuso e sintetizzabile nella parola d'ordine «Licenziamo Monti e Napolitano», gli uomini delle oligarchie finanziarie che hanno consegnato il futuro del Paese agli strozzini di Francoforte, stravolgendo la democrazia parlamentare ed instaurando un regime bonapartista e presidenzialista.

Dalla manifestazione di Milano il "Comitato No debito" esce più forte, ma anche con più responsabilità. Prima tra tutte quella di preparare i prossimi passi per la costruzione di un fronte ampio che sappia comporre, unire ed indirizzare le lotte. Non è questo il momento della mera testimonianza, è piuttosto quello dell'azione per il rovesciamento dello stato di cose presente.





Lo striscione del MPL
Il volantino distribuito a Milano dal Movimento Popolare di Liberazione 


Fuori dal debito! Fuori dall’euro!
LICENZIAMO MONTI E NAPOLITANO
Con l’attacco all’articolo 18 il governo delle banche vuole colpire il simbolo dei diritti dei lavoratori. L’obiettivo è quello di estendere la precarietà, di renderla permanente con il ricatto del licenziamento, di portare al limite la disciplina di fabbrica secondo il “modello Marchionne”.
Questo attacco proviene direttamente dai vertici europei, ed in particolare dai diktat tedeschi e della Bce, ai quali il Quisling Monti deve rispondere. La distruzione del sistema pensionistico, i tagli salariali, la continua erosione di ogni diritto sociale, le liberalizzazioni, sono le altre facce di una politica che ora culmina nella legge sulla libertà di licenziamento. Il tutto motivato con l’emergenza debito e con l’illusione della “ripresa”, che il dogma liberista ritiene possibile solo con l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori.

Questa politica antipopolare dell’esecutivo discende dalla linea europea, ora incardinata nel nuovo trattato sul “Fiscal Compact”, una Maastricht al cubo che, se non rispedita al mittente, inchioderà l’Italia ad una recessione lunghissima e a vent’anni di lacrime e sangue.

Tutto ciò viene reso possibile dalla svolta antidemocratica ed autoritaria in atto, che mira a scardinare la democrazia parlamentare per passare ad un sistema oligarchico, in un  quadro di sudditanza ai centri del potere europeo e d’oltreoceano. L’Italia non è solo commissariata, è ormai ridotta ad uno status di protettorato, il cui garante (sia verso l’Europa, che verso Washington) è Napolitano. Il presidente della repubblica è stato l’uomo della guerra alla Libia, il regista del golpe bianco che ha portato Monti al governo, ed ora lo sponsor più accanito della legge sulla libertà di licenziamento. E’ ora di mettere all’ordine del giorno la richiesta delle sue dimissioni.

Non si esce da questa situazione con degli aggiustamenti. L’attacco è globale e la risposta deve essere globale. Occorre in primo luogo la riconquista della sovranità nazionale, uscendo dall’euro e dall’Unione europea, come pure dalla Nato. Occorre cancellare il debitonazionalizzare le banche e i settori strategici dell’economia. Solo con un governo popolare d’emergenza, incentrato su questi obiettivi, sarà possibile difendere il lavoro, i salari, i diritti del popolo lavoratore.

Per arrivare a questa svolta c’è solo una strada, quella di una sollevazione popolare capace di fare piazza pulita dell’attuale classe dirigente, quella politica ma non solo. A chi ci dice che si tratta di un obiettivo utopistico, rispondiamo che la vera utopia è quella riformista, menopeggista, delle alleanze interne all’attuale sistema politico. Solo un’autentica sollevazione popolare potrà porre le condizioni per affrontare alla radice una situazione che sta devastando la vita di milioni di persone con il dominio completo dei vampiri della finanza.

Larghe masse hanno ormai capito che non c’è da attendersi nulla di buono né dalle attuali istituzioni, né dalle attuali forze politiche. Settori di massa non trascurabili hanno iniziato a mettersi in moto: Val di Susa, Forconi siciliani, Pastori sardi, risposta operaia sull’art. 18. Queste lotte e questi movimenti vanno uniti, come parte essenziale del fronte ampio che dobbiamo costruire per arrivare alla sollevazione ed al rovesciamento degli attuali rapporti di forza.

Per rispondere a tutte queste esigenze stiamo costruendo il Movimento Popolare di Liberazione. Proporre un programma, unire le forze, sviluppare la lotta per costruire una vera alternativa di governo e di potere: questi sono i nostri scopi, ed è su questa base che chiediamo l’adesione ed il contributo di tutti quelli che li condividono.

Movimento Popolare di Liberazione – Milano - 31 marzo 2012

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Licenziamo? Noi? Bisognerebbe scrivere "licenziate" non licenziamolo. Non non abbiamo nessun potere, siamo una quasi democrazia rappresentativa. Non facciamo finta di essere ciò che non siamo.

SOLLEVAZIONE ha detto...

Non abbiamo nessun potere? non è vero. Il popolo lavoratore è debole anche perché non ha fiducia nei suoi mezzi. Il suo stato di minorità dipende dal fatto che la sua coscienza è contaminata dal nemico, dal fatto che le idee del nemico gli sono entrate dentro.

Anonimo ha detto...

Scrivete: "due punti: la necessità di uscire dall'euro e dall'Unione Europea, la richiesta di dimissioni di Napolitano. Due punti largamente condivisi dalla piazza."

Ecco invece le impressioni Giulietto Chiesa:

"La gran parte della gente, in Italia, ha paura della eventualità di un crollo repentino, non governato, dell’euro. Una forza politica che voglia costruire il consenso attorno all’idea di un drastico cambiamento di linea di governo deve fondarsi, prima di tutto, su un largo consenso popolare. Una secca proposta di uscita unilaterale dall’euro, di un ritorno autarchico, non avrebbe oggi alcuna possibilità di costruire un tale consenso. Altre sono le questioni che si pone il popolo, quello italiano come quello greco e quello spagnolo, o portoghese: difesa dell’occupazione, difesa del welfare state, moralizzazione della vita pubblica, ritorno alla solidarietà e all’equità sociale. Lo dimostrano sia lo sciopero generale in Spagna, sia la grande, inedita manifestazione di Milano, alla quale abbiamo partecipato e contribuito ieri, occupando Piazza Affari. Pochi, quasi nessuno, nei grandi movimenti che stanno sorgendo in varie parti d’Europa, chiedono l’uscita dall’euro.

Insomma, chi è tra voi e Giulietto che ha sognato?
In simpatia

Marco B.

SOLLEVAZIONE ha detto...

Beh! Tutto il discorso di Chiesa è una palese «excusatio non petita, accusatio manifesta». Se nessuno la vuole, una cosa, perché evocarla, soffermarcisi con tanto accanimento?

Lupo di Toscana ha detto...

Complimenti per la riuscitissima manifestazione. Avrei partecipato volentieri ma mi è stato abbastanza chiarito dalle risposte in un post precedente che la condivisione di gran parte dei contenuti non è ancora sufficiente per superare lo scoglio delle etichette. Peccato, ma non si può mai dire...

Anonimo ha detto...

Scusate ma voi non eravate quelli che annunciavate a Firenze il probabile insuccesso della manifestazione?
Ok non è andata così. Ma almeno una riga nella vostra cronaca per dire "ci siamo sbagliati, ma le nostre impressioni critiche restano, ecc" magari attribuendo il successo non al comitato che rimane pieno di contraddizioni, ma al fatto che era la prima anti-manti, ecc...
Invece no, l'autocritica non è ancora una lezione che avete imparato a fare

Anonimo ha detto...

Perché OCCUPYAMO PIAZZA AFFARI

•La questione è semplice: con la deflazione recessiva abbiamo necessariamente e solo recessione con ridistribuzione sempre più regressiva del PIL calante.
•Se calcoliamo l'inflazione "percepita" e non quella ISTAT, possiamo dire che retribuzioni e pensioni si sono più che dimezzate nel giro degli ultimi 15 anni, mentre chi alla fine degli anni ‘70 faceva il precario della scuola e viveva da solo in affitto aveva un tenore di vita che si potrebbe oggi permettere solo con 3.000-3.500 euro, mentre invece ne prende solo 1.300 circa.
•La recessione "percepita" è altresì forte per lavoratori, pensionati, artigiani, professionisti, commercianti e piccole e medie imprese, mentre è quasi nulla per i ceti possidenti, a causa della ridistribuzione regressiva della ricchezza che ha allargato la “fetta” che va i ricchi mentre se ne accorciava la lunghezza perchè la recessione riduceva il diametro della "torta" comune. E il restante 90-95% si è così ritrovata una "fetta" non solo più corta, ma anche più stretta!
Di conseguenza, cercare lavoro sotto padrone oggi è come chiedere un salvagente mentre affonda il Titanic, mentre Monti e il Pensiero Unico sanno solo proporre ricette deflattivo-recessive, ovvero sanno solo proporre di spegnere l'incendio con la benzina e, di fronte al divampare delle fiamme, concludere di non avere ... usato abbastanza benzina!
•Tutto, pur di non pagare nulla di tasca propria e nonostante gli unici sacrifici che non sono recessivi sono quelli imposti sui ceti possidenti.
•Conseguentemente, proseguendo di questo passo verso il precipizio che "percepiamo" solo noi, tra 15 anni un precario della scuola guadagnerà l'equivalente di 650 euro, 375 tra 30 anni, e così via.
•Nel frattempo la disoccupazione sarà maggiore del 50% e nel degrado generale non manderemo più i figli a scuola, non ci cureremo, saremo denutriti e sdentati, la criminalità sarà altissima come l’analfabetismo e lo scenario generale sarà così mostruoso da fare considerare accettabili quelli che ci hanno già mostrato parecchi film di fantascienza e che oggi ci allarmano soltanto.
•Se infatti aspettiamo che i mostri che dirigono questo processo si sentano soddisfatti del degrado e della mappa della distribuzione sociale che hanno determinato, stiamo freschi! Non c'è limite alla loro avidità. Del resto, come fa a capire la differenza tra guadagnare 3.000 euro anzichè 1.000 euro al mese uno che ogni mese ne guadagna 500.000 e che se solo si ritrovasse con 10.000 euro al mese si sentirebbe perduto? La stessa che facciamo noi a capire davvero la differenza tra vivere nel centro-Africa con 50 euro al mese anziché 100.
•Tocca a noi dunque. Nessuno ci salverà se non cerchiamo di salvarci da soli.
•E dobbiamo avvertire sia i giovani che gli anziani, come i quarantenni, i poppanti, gli scapoli, gli ammogliati, le vedove e chi più ne ha più ne metta.
•E dobbiamo farlo ora. Ora o mai più, perché saremo sempre più stanchi e sfiduciati, come lo furono gli indiani quando gli inglesi a fine ‘700 distrussero il loro fiorente artigianato per dirottare il cotone indiano nello Yorkshire, e tra il 1800 e il 1850 videro il proprio PIL, che allora era il più alto del mondo e il meglio distribuito del mondo, diventare il più basso del mondo e il peggio distribuito del mondo!
•Ecco perchè serve un programma chiaro e scientificamente fondato. Un pacchetto di riforme sulle quali schierarsi a favore o contro e con ciò stesso dimostrare chiaramente da che parte si sta.

Anonimo ha detto...

IN SINTESI:

 C’è ormai una vasta condivisione del fallimento teorico-pratico delle teorie liberiste e delle conseguenti ricette di rigore adottate fino ad oggi, che nella sostanza si sono rivelate solo recessive e ingiuste socialmente.
 Ne discendono alcune importanti prese di coscienza della opinione pubblica che tuttavia tardano a strutturarsi in conseguenti proposte partitiche a causa della ferma opposizione esercitata dalla parte ancora maggioritaria della scienza, nonché dai media, purtroppo proprietà diretta degli ambienti creditizio-finanziari o comunque indirettamente nelle loro mani, e dei partiti di governo, profondamente inseriti nel sistema delle corruttele diretto e foraggiato da questi stessi ambienti.
 Eppure i tempi sono maturi perché vengano create nuove rappresentanze politiche intorno al seguente programma di riforme:

1. divieto della speculazione di borsa;
2. ripudio della deregulation valutaria, e, quindi, introduzione ai confini della UE di quegli stessi controlli valutari anti-speculazione e anti-delocalizzazioni che vigevano più o meno in tutti i paesi preunitari fino agli anni '80;
3. introduzione anche di idonei dazi compensativi da welfare ed ecologia sulle importazioni dai trust delocalizzati in aree dove producono sottocosto nel massimo dispregio della natura e dell'uomo, da destinare a interventi sociali in quelle aree, e stipula di accordi bi-multilaterali miranti al pareggio tendenziale dei rispettivi export-import, sia interni alla UE che nei rapporti con il suo esterno.
4. separazione delle banche commerciali dalle banche d'affari;
5. congelamento del debito pubblico detenuto in grosse tranches e suo default “pilotato”, con rispetto integrale delle tranches minori;
6. creazione di un polo di banche commerciali pubbliche che rompano a calmiere il cartello bancario e presso cui collocare elettronicamente i nostri nuovi bot, più ricostituzione di un forte comparto di partecipazioni statali, sufficiente a rompere, almeno, anche i cartelli assicurativo, energetico, delle comunicazioni, dei trasporti su rotaia e su gomma, e agro-alimentare;
7. scelta democratica del tipo di domanda interna pubblica e privata, da compatibilizzare con i limiti posti dalla natura e dalla giustizia sociale, e riforma tributaria fortemente progressiva;
8. abolizione del precariato, riduzione dell'orario di lavoro, reintegrazione progressiva del differenziale di inflazione non rilevato dall'ISTAT e potenziamento del welfare;
9. calmiere all'ingrosso e anti-trust per controllare l'inflazione “da oligopolio”, più indicizzazione integrale di retribuzioni, pensioni e piccoli risparmi per sterilizzare gli effetti recessivi e regressivi dell'inflazione;
10. riforma del trattato di Maastricht che consenta il prestito diretto dalla BCE ai vari Tesoro e la svalutazione progressiva del cambio in misura pari all'eventuale differenziale di inflazione che residuasse comunque nonostante il calmiere all'ingrosso e l'anti-trust, per rendere "vera" la quotazione della moneta nazionale e, nel contempo, rendere insensibile l'import-export rispetto alle differenti inflazioni presenti nelle varie aree valutarie in ragione delle diverse politiche espansive o di rigore ivi varate.
In alternativa, secessione valutaria dei PIGS o dei singoli paesi preunitari che condividono questo nuovo modello economico.
Alberto Conti

SOLLEVAZIONE ha detto...

Autocritica

Ci riferiamo al post di "anonimo" della 04:29 am.
Prima cosa.
Fa una bella differenza avere detto in sede di una nostra riunione MPL che temevamo un insuccesso e l'averlo detto pubblicamente su questo sito. Pubblicamente abbiamo lavorato anche noi al successo della mani, senza se e senza ma. Tra noi eravamo pessimisti. [Non confondere i due livelli: per cui: pubblicamente non eravamo tenuti a fare alcuna autocritica].
Che poi non solo noi eravamo pessimisti eh!
E comunque mai abbiamo usato questo nostro sito per portare in piazza tanti dissensi interni insorti nel comitato nazionale non debito. A dimostrazione del modo in cui agiamo.
La manifestazione è venuta crescendo proprio all'ultimo, mentre montava l'attacco all'Art.18: per cui il 31 ha raccolto, parzialmente la rabbia generale verso Monti e il suo governo.
Siamo in un quadro sociale in cui tutto si muove velocemente, e ciò che oggi appare scontato, domani può non esserlo, La cosa vale, ovviamente, anche al contrario.
Per cui: adesso il Comitato nazionale No Debito deve decidere cosa fare da grande, come farsi leva per un fronte ben più ampio.

Anonimo ha detto...

Venerdì 2 marzo, su questo blog, avete pubblicato questa lettera aperta:

http://sollevazione.blogspot.it/2012/03/dove-andiamo.html

Sia chiaro: io la condivido al 100%!!!!
Il punto è, visto che poi non è andata così male come temevate/temevamo/temevo scrivere due righe sarebbe stato più corretto.
Secondo me non è andata male perché alla fine l'attacco al lavoro del governo e la sua crescente impopolarità generale ha dato il fiato alla prima manifestazione anti-monti

giorgio ha detto...

condivido gli scopi, ma dubito che ci sia qualcuno che sappia veramente cosa succederebbe uscendo dall'euro, e tantomeno che voglia politicamente affrontare un simile salto nel buio. Forse, semplicemente, non ci sono ancora abbastanza persone che non hanno più niente da perdere. Ma il tempo corre in fretta... Non siete d'accordo?

Anonimo ha detto...

Giulietto-pensiero (in risposta a P.Bartolini):

..... Per quanto concerne l'idea dell'uscita dell'Italia dall'Europa, la considerammo reazionaria. Io ribadisco che considero questa idea reazionaria, poichè ritengo che l'Italia sia parte integrante dell'Europa; ritengo che la cultura italiana abbia avuto e dato, da questa interazione, il meglio di sé, sotto ogni profilo; ritengo che, infine, solo all'interno dell'Europa l'Italia possa portare il suo contributo alla pace mondiale. Un'Europa di nazioni separate e divise tra di loro, nell'attuale, tumultuoso contesto mondiale, perderebbe ogni possibilità di influire sugli esiti delle gigantesche collisioni che si annunciano inevitabili. Un movimento, come quello che Alternativa intende contribuire a costruire, non può guardare solo all'orticello nazionale, e deve, al contrario, guardare al mondo, consapevoli, come siamo o dovremmo essere, che le nostre sorti, anche quelle nazionali, anche quelle individuali, sono legate indissolubilmente all'insieme delle contraddizioni planetarie.

Per quanto concerne l'uscita dall'euro, io credo che valgano, precisamente, tutte le domande che tu proponi alla nostra e altrui attenzione. Tutte questioni che hanno una stessa, comune risposta: il problema è esclusivamente politico, cioè dipende dai rapporti di forza politici che attualmente registriamo.
L'idea stessa che una qualunque soluzione "tecnica", monetaria, o di altro genere, possa risolvere la questione dei rapporti di forza reali, nel paese, in Europa, o nel mondo, è di una sconcertante ingenuità e la sua sola apparizione - come tu rilevi, qualcosa di simile a una moda, a una illusione, a una scorciatoia salvifica - dimostra quanto grande sia il dominio ideologico che le classi dominanti sono in grado di esercitare anche all'interno delle forze che sinceramente si propongono il cambiamento. L'idea, in sostanza, che la "sovranità monetaria" ci renderebbe, d'un tratto, sovrani e liberi, senza nemmeno proporsi di capire che una qualsiasi sovranità, in un contesto del genere, non sarà più possibile in assoluto. Senza nemmeno ricordare che noi non fummo affatto sovrani nemmeno quando lo eravamo ancora monetariamente, per la semplice ragione che la sovranità monetaria è sempre stata solo una parte della sovranità reale, e, spesso, una piccola parte.

Le tue domande, che sono anche le mie, conducono tutte, appunto, all'individuazione dei rapporti di forza. Senza la quale non c'è generale capace di vincere una battaglia. Chi sarebbe in queste condizioni, in cui milioni e milioni non sanno nulla di ciò che accade, a gestire l'eventuale ritorno alla lira? E come potrebbe avvenire un ritorno alla lira, quando tutti sappiamo ormai che avverrebbe in condizioni di recessione che si annunciano epocalmente "greche"? ......

Alberto Conti

Lorenzo ha detto...

Ciao Lupo, prova a frequentare www.appelloalpopolo.it, che si pone come raccoglitore di tutti i sovranisti fuori da una logica marcatamente socialista (per quanto marcata più che altro a parole).

Lorenzo ha detto...

Il popolo lavoratore è debole perché è tanto corrotto e infrollito quanto i suoi padroni. Come loro, l’unica cosa per cui è disposto a lottare è mettersi soldi in tasca.

L’amico Conti, e dietro di lui Chiesa, continuano ad enumerare proposte condivisibili, senza degnarsi di rispondere all’obiezione di fondo: quella attinente alla loro realizzabilità, cioè alla riformabilità del capitalismo terminale. Siccome rifiutano di muoversi in un orizzonte rivoluzionario (cioè: belligeno) procedono coi loro progetti riformisti senza mai chiedersi se il sistema sia capace di/interessato a lasciarsi riformare.

Dietro alla loro posizione riposa verosimilmente l’idea che sia meglio lasciar vivere o addirittura sostenere il turbocapitalismo piuttosto che rischiare un decennio di guerre. Questa gente arriva al punto di non voler ammazzare nessuno, e la pace sta loro a cuore più della giustizia sociale e della vendetta. E’ una questione di valori.

Intanto la UE e Monti incassano il sostegno di questi comunisti dal cuore d’oro e dalle mani di fata, e vanno avanti colla loro macelleria sociale.

Un’ultima parola, Alberto, sugli ultimi tuoi due capoversi: nessuno pensa di “risolvere” la decadenza di una civiltà pluricontinentale e trent’anni di sfacelo liberista con una misura tecnica come l’uscita dall’euro. L’uscita dall’euro serve a concentrare i pensieri delle masse attorno ad una misura dissolutiva per il sistema di equilibri attorno a cui si fonda la dittatura europea. Serve a combattere.

E’ verissimo che il gregge ha paura dei contraccolpi inerenti ad un’uscita dall’euro, ma se invece non ne ha avuta affatto dell’introduzione di questa carta straccia (con immediato raddoppio dei prezzi reali!) ciò è dovuto al quotidiano condizionamento dei media di regime. Né la cosa cambierà in futuro: ciò che la gente “pensa” (pensa?! Questa poi) è in buona approssimazione ciò che gli fanno pensare i suoi padroni, e siccome non abbiamo modo di accedere alle stanze dei bottoni, si tratta di sperare che la situazione degeneri al punto in cui la miseria e la disperazione parleranno a voce più alta dei talk-shows e delle veline.

A quel punto, capisci bene che il tuo riformismo varrà poco più della carta su cui è scritto. Qualora invece la situazione economica si stabilizzi (ma non credo che accadrà), qualsiasi proposito di cambiamento, sia il tuo che il mio, è destinato a rimanere flatus voci.

Anonimo ha detto...

Caro Lorenzo,
quanto sopra da me esposto è il volantino da noi distribuito alla manifestazione del 31 marzo, stilato dall'amico Nando Ioppolo (circolodegliscipioni). Lui sì è comunista, io no, nel senso che vedo il marxismo come un'ottima chiave di lettura per la sua epoca, superata dai fatti. Preferisco un approccio fenomenologico, aperto al divenire, per quanto riguarda la comprensione del nostro mondo presente. Sul da farsi mi spiace di essere visto come un "riformista", perchè la radicalità delle mie proposte meriterebbe quantomeno l'aggettivo alternativo "rivoluzionario".

Ma c'è un punto in particolare su cui mi preme risponderti, ed è quello del prezzo di vite umane.

Io non farei male ad una mosca, è vero, ma quello che mi preoccupa non è la ghigliottina in piazza, ma un olocausto nucleare che ponga fine alla civiltà umana sul pianeta Terra. Non è catastrofismo o fantascenza, ma l'inevitabile conseguenza della rotta su cui siamo intrappolati. Figurati allora dove me lo metto il "riformismo" buonista e perditempo, di fronte a questo rischio che reputo centrale nel futuro dei nostri figli.

In particolare m'interessa l'aspetto culturale della moneta come strumento dell'economia e della politica, che ha aspetti tecnici troppo importanti per essere trascurati, perchè non c'è "visione superiore" che possa fare a meno della monetodinamica, espressione da me coniata per esprimere le leggi basiche, ormai arcinote, dell'economia di scala.

Albertio Conti

Lorenzo ha detto...

In questo caso ti consiglio il film "Threads" di Mick Jackson e Barry Hines. Io lo riguardo spesso dopo aver sentito le dichiarazioni di qualche politico di regime e la visione mi restituisce la tranquillità di spirito.

Vedrai che mentre andranno a caccia di topi e di radici ai nostri figli passerà la voglia di pensare al telefonino e alla maglietta firmata. Dispiace solo per la natura e il mondo animale, ma senza di noi si riprenderanno.

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