Illusioni e realtà della "manovra"
di Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
riceviamo e pubblichiamo
Il debito pubblico italiano non ha causato la crisi europea, era lì già prima. In un contesto di crescita europeo e di bassi tassi di interesse – che com’è noto sono stabiliti dalle banche centrali e non dai mercati – esso non avrebbe costituito un problema, tanto meno un problema urgente. C’è invece qualcosa di sbagliato, di profondamente sbagliato nella costituzione economica europea che ha creato un sviluppo fittizio nell’Europa periferica fondato su bolle immobiliari allegramente finanziate dalle banche dei paesi forti, fatto da puntello alle tendenze neo-mercantiliste tedesche, minato la competitività dell’Italia, determinando gravi squilibri commerciali infra-europei. Ciò nulla ha che vedere con una presunta indisciplina fiscale dei paesi periferici – tranne, forse, il caso greco di cui i tedeschi sapevano tutto. Gli economisti americani, keynesiani e monetaristi, ci avevano avvertito: l’Euro senza forti politiche di contrasto agli squilibri sarà come una camicia di forza indossata da economie fra loro troppo diverse. Ci hanno convinto che lo dicessero per paura che l’Euro scalzasse il dollaro. Fatto è che, ora, le misure adottate, devastanti per i redditi delle famiglie e lo stato sociale, getteranno il nostro paese in una gravissima recessione. Un inutile pareggio di bilancio sarà pure realizzato – a costo di altri sacrifici già previsti in automatico come l’innalzamento ulteriore dell’IVA – ma la caduta del Pil potrebbe addirittura peggiorare il rapporto debito/Pil. Ma allora, a cosa serve tutto questo?
Il prof. Monti ci ha raccontato che questo serve a rassicurare i tedeschi affinché la BCEultimatum secondo il WSJ, che prefigura l’Europa come un folle “austerity club”, come l’ha definito Munchau sulFinancial Times. Per non parlare dell’assenza di un ridisegno progressista dell’Europa che renda compatibile la moneta unica con la crescita, in particolare con un impegno dei paesi in surplus di rilanciare le loro economie. Come uno più uno fa due, se questo non accade la crisi europea semplicemente non ha soluzioni, e non ci si illuda per un po’ di abbassamento degli spread: è solo un beffardo prolungamento dell’agonia.
Abbiamo fatto male ad accettare l’argomento del “moral hazard” per cui dovremmo dimostrare con misure ferocemente restrittive ed accettando una perdita di sovranità fiscale che non ce ne approfitteremo dell’intervento della BCE. Mentre quest’ultimo, se vi sarà, non sarà tale né da prefigurare un cambio di status della BCE da banca straniera a vera banca sovrana, né da invertire il tracollo delle nostre economie, non c’è nulla che noi dovevamo dimostrare: il nostro debito pubblico non ha causato la crisi europea e la fatica di Sisifo di ridurlo peggiorerà la situazione.
Come hanno sostenuto oltre 300 economisti (documentoeconomisti.blogspot.com), un obiettivo di stabilizzazionedel rapporto debito/Pil Pil, per il quale avremmo dovuto impegnarci in Europa in un quadro di bassi tassi e rilancio della domanda a livello europeo, era sufficiente per uscire da quest’incubo. Quello che compete a noi italiani è sì di ristrutturare il bilancio pubblico, ma non per ridurre il debito, tantomeno in questo momento, ma per rendere più eque ed efficienti spesa pubblica e prelievo fiscale così da sostenere giustizia sociale e crescita. Precisamente l’opposto di quanto si sta facendo.
5 commenti:
Io non sono ammirato "dalla reazione dignitosa, quasi disciplinata, del popolo italiano", sono ammirato di come riesce a vendere la propria merce chi ha interesse a spacciare per "sicuramente" necessarie per il risanamento manovre solo sicuramente recessive, lo dite anche voi, come queste.
Sull' "interesse a spacciare" non mi riferisco a Monti. Monti è solo uno strumento. E non è un'accusa verso gli autori del post. Il termine "ammirati", come lo è per me, è, l'ho letto così e spero che sia così, chiaramente ironico.
Il fatto è che a furia di sentirci dire : "c'è il debito pubblico perché la maggioranza prima di questa ha governato male", "dobbiamo stringere la cinghia perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", "per essere competitivi bisogna fare le rinunce", "occorre fare le riforme strutturali", "dobbiamo farlo per i giovani" ...ecc... ecc..., ci siamo ormai abituati a aspettarci, periodicamente, la manovra che ci risanerà. E chi invia i messaggi riesce anche a farci sentire in colpa per aver goduto di troppi servizi e di troppo stato sociale, per aver goduto di un reddito troppo alto per quanto ci saremmo potuto permettere, per non aver fatto abbastanza rinunce.
Pur senza rimanere ammirati credo non ci sia da meravigliarsi di una accettazione dei "sacrifici", quasi fosse una purificazione, in quanto invocati da un'aspettativa impregnata nel tessuto sociale. Che poi, invece di agire sul contesto (non entro nel merito, voi ne sapete sicuramente più di me), con le manovre non si risolva nulla, anzi si aggravi la crisi, poco importa, tanto appena calerà la borsa e rialzerà lo spread ne verrà fatta una migliore perché sarà "necessaria" per la salvezza del popolo.
E a diffondere le parole d'ordine ed alimentare l'aspettativa purtroppo sono anche coloro che dovrebbero curare gli interessi dei rappresentati, cioè i partiti. Sul perché avviene si aprirebbe, se affrontata, una discussione troppa lunga.
Sta di fatto che nei partiti, da un certo peso in poi, non c'è spazio per posizioni diverse dall'ortodossia dominante, né forze politiche costituite o possibili costituende hanno la possibilità, in questo contesto, di raccogliere i consensi necessari per superare, poi, questa ortodossia.
Per chi crede che il continuo peggioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione porterà ad una rivolta generale contro il sistema, il problema si risolve da sé.
Per chi pensa che è deleterio continuare a pagare prezzi così alti senza una visione di sbocco e per chi pensa che il sistema è in grado di manipolare anche le reazioni di rivolta, si pone il problema di come ribaltare questa ortodossia all'interno della società civile.
E se i partiti, in questa fase storica, non possono essere lo strumento per il cambiamento, non rimane, per aprire la breccia, che lo strumento dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare. Una volta individuati gli oggetti da sottoporre al giudizio della gente, il lavoro sarebbe sicuramente lungo e pieno di difficoltà ma, con il contributo di tutti coloro che vedono nell'inadeguatezza delle ricette che oggi possono essere scelte l' impossibilità ad uscire dalla crisi, il risultato potrebbe anche essere raggiunto.
Pur nella mia scarsa competenza in materie economiche mi trovo del tutto d'accordo con chi ha detto : "Il problema non è il debito pubblico, il problema è l'euro". Aggiungerei che il problema, oltre all'euro, è il sistema che intorno ad esso gira.
Sembrava impossibile un risultato anche per gli ultimi referendum ... poi è andata a finire come è andata a finire ...
Personalmente credo che l'euro sia nato anche per rispondere all' obiettivo di una incontrastata supremazia econonomica da parte della Germania e delle economie ad essa collegate sul resto dell'Europa, quelli che oggi sono definiti i paesi periferici. E, se questo è, pensare di convincere i partners a tenere conto anche degli interessi degli altri paesi, cioè a "riformare" l'impalcatura intorno alla moneta unica, mi sembra pura utopia.
L’euro mi sembra uno strumento per affossare, alla fine, ogni possibilità di unione politica e culturale. Ma quest'ultima è un'opinione strettamente personale.
Chiedo scusa ma non ne posso più di leggere critiche sull'euro, sulle manovre recessive, sul trattato di Maastrich, del trattato di Lisbona, della BCE che non fa da prestatore di ultima istanza agli stati, della mancanza di sovranità monetaria ...ecc...
… Non ne posso più senza cercare di fare qualcosa.
Con stima,
Roberto.
P.S. Il commento è in due parti perché altrimenti sarebbe stato superato il numero massimo di lettere consentito.
La risposta dignitosa e disciplinata del popolo italiano dimostra solo il livello di passività e ottundimento a cui il gregge di consumatori è arrivato dopo che il capitalismo terminale si è comprato tutte le organizzazioni che storicamente tutelavano i suoi interessi.
Trascinare nella rovina la dittatura europea dell'alta finanza dovrebbe essere sentito come un alto ed invidiabile onore: vale la pena di passare attraverso un quindicennio di guerre e dittature pur di realizzare questo scopo ambiziosissimo.
La competivita' e' ormai divebuto un criterio ideologico della economia liberale che agendo nel mettere tutti contro tutto provoca come il divide ed impera di antica memoria una situazione che risulta essere solo a favore del sistema delle banche e della finanza speculativa . Infatti l' EUROPA e' IN CRISI STRUTTURALE proprio perche la Commissione Europea incentiva la competitivita, anziche la collaborazione e la condivisione di conoscenze come e necessario per agire positivamente ad attuare la transizione volta a costruire la futura societa della conoscenza. Paolo www.edscuola.it/lre.html
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