La risposta giusta alla domanda sbagliata
di Alberto Bagnai*
Bagnai ad un certo punto afferma «...deflazionando l’economia [rigore fiscale, Ndr], si recupererà un po’ di competitività, rilanciando anche le esportazioni e migliorando per questa via lo squilibrio fondamentale». Ciò dIpende.
Non solo una politica deflattiva, di austerità, corrisponde anche ad un drenaggio interno di risorse dal lavoro al capitale. In punto di teoria la tesi del Bagnai è vera ove lo squilibrio delle partite correnti riguardi merci e beni di consumo. Se sono i capitali ad essere importati, la cosa ha i suoi vantaggi: si crea più surplus interno e si dispone risorse per finanziare investimenti.
«Ogni tanto, per movimentare la vita dei miei studenti, mi diverto a cambiare un po’ i compiti scritti. Capita così che qualche malcapitato, alla domanda su cosa accade se la spesa pubblica aumenta, risponda descrivendo gli effetti di una diminuzione della spesa. Magari lo fa perché è l’unica risposta che si è appiccicato in testa, o perché è riuscita a farsela passare dal compagno (al quale però è stato chiesto cosa succede se la spesa diminuisce...). Chiamo questa cosa “dare la risposta giusta alla domanda sbagliata”. Ed è esattamente quello che Monti e Draghi stanno per fare.
Da Krugman in giù tutti chiedono a Draghi di stampare più moneta, ma facendolo Draghi darebbe la risposta giusta alla domanda sbagliata. Tante analisi confermano che il problema dell’Europa è l’accumulazione di debito privato estero dovuta al persistere didifferenziali di inflazione a vantaggio della Germania. Una politica monetaria espansiva centralizzata della BCE può solo aumentare l’inflazione media europea, senza effetti prevedibili sui differenziali regionali di inflazione. Del resto, a voi risulta che la Banca d’Italia, anche prima del divorzio, sia riuscita stampando moneta a risolvere il problema del dualismo economico italiano? A me risulta invece che dopo 150 anni di unione monetaria, fiscale, politica, religiosa e televisiva i prezzi fra i capoluoghi italiani non stanno ancora convergendo (lo dimostra uno studio di Busetti, Fabiani e Harvey per la Banca d'Italia), e questo è al tempo stesso causa e sintomo di quello squilibrio territoriale che porta il Sud ad avere importazioni nette attorno al 17% del Pil (e il Nord a vociferare di secessione). Moneta unica non significa inflazione unica.
di Alberto Bagnai*
Bagnai ad un certo punto afferma «...deflazionando l’economia [rigore fiscale, Ndr], si recupererà un po’ di competitività, rilanciando anche le esportazioni e migliorando per questa via lo squilibrio fondamentale». Ciò dIpende.
Non solo una politica deflattiva, di austerità, corrisponde anche ad un drenaggio interno di risorse dal lavoro al capitale. In punto di teoria la tesi del Bagnai è vera ove lo squilibrio delle partite correnti riguardi merci e beni di consumo. Se sono i capitali ad essere importati, la cosa ha i suoi vantaggi: si crea più surplus interno e si dispone risorse per finanziare investimenti.
«Ogni tanto, per movimentare la vita dei miei studenti, mi diverto a cambiare un po’ i compiti scritti. Capita così che qualche malcapitato, alla domanda su cosa accade se la spesa pubblica aumenta, risponda descrivendo gli effetti di una diminuzione della spesa. Magari lo fa perché è l’unica risposta che si è appiccicato in testa, o perché è riuscita a farsela passare dal compagno (al quale però è stato chiesto cosa succede se la spesa diminuisce...). Chiamo questa cosa “dare la risposta giusta alla domanda sbagliata”. Ed è esattamente quello che Monti e Draghi stanno per fare.
La richiesta di stampare moneta è quindi una domanda sbagliata. Certo, questa misura contribuirà ad alleviare il problema a valle dello squilibrio, magari riducendo qualche spread per un po’, ma non inciderà minimamente sullo squilibrio stesso, e servirà solo a prolungare l’indecorosa agonia dell’euro.
Tutti chiedono a Monti di intervenire con rigore fiscale per risolvere il problema del debito pubblico, ma se lo farà Monti darà la risposta giusta alla domanda sbagliata. Se il problema è il debito privato, politiche fiscali restrittive non potranno che amplificarlo: le famiglie saranno in difficoltà con le rate dei mutui, ecc. Certo, la politica di rigore ridurrà anche le importazioni, e quindi allevierà il vero squilibrio, quello dei conti esteri. Inoltre, deflazionando l’economia, si recupererà un po’ di competitività, rilanciando anche le esportazioni e migliorando per questa via lo squilibrio fondamentale. Il problema però è che nel primo decennio del secolo è avvenuta la più riuscita privatizzazione italiana: quella del debito (Fig. 1). Dal 1998 al 2007, mentre il debito pubblico diminuiva di 11 punti di Pil, quello delle famiglie cresceva di 34 punti. Con un debito delle famiglie all’80% del reddito disponibile, l’esito più probabile di politiche di rigore è la bancarotta delle famiglie, nel tentativo (o col pretesto) di evitare quella dello Stato.
La richiesta di ridurre il debito pubblico è quindi una domanda sbagliata. Ma anche in questo caso, possiamo aspettarci che ad essa verrà solertemente e celermente data risposta, una risposta, beninteso, rigorosamente "tecnica". Così è, anche se non vi pare».
* Fonte: Goofynomics
1 commento:
IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA!
E’ Marchionne (e Ichino) che voleva cancellare l’articolo 18 e deregolamentare i contratti di lavoro ben prima della lettera della Bce, è la Confindustria italiana che ha imposto, a un sindacato imbelle e complice, di “concertare” salari fra i più bassi d’Europa, sono i padroni italiani, che NON vogliono sentire parlare di tasse sui loro cospicui patrimoni, a tagliare le pensioni per pagare i debiti contratti negli anni in cui hanno privatizzato i profitti e socializzato le perdite.
E’ la Chiesa cattolica (pesantemente rappresentata nel governo Monti) che non paga l’ici e succhia risorse preziose alla scuola e alla sanità pubblica. E’ il capitalismo italiano che “investe” miliardi in missioni di guerra finalizzate al saccheggio delle risorse di popoli che, dopo aver contribuito a affamare, annega nel mare nostrum egregiamente difeso dalle nostre costosissime motovedette.
Sviluppare la lotta di classe contro i nemici interni è l’unico modo per stanarli e inchiodarli alle loro responsabilità ed è anche l’unico modo per riconquistare quell’autonomia senza la quale ogni lotta è vana ed è impossibile un’uscita rivoluzionaria dalla crisi. Combattere contro i “nostri padroni” è il contributo doveroso che dobbiamo dare alla lotta internazionale contro il capitale.
Da comunisti non daremo nessuno spazio a chi vuole trascinare il movimento operaio sul carrozzone nazionalista, in compagnia di fascisti, leghisti e berlusconiani, e, sia pure nella debolezza che caratterizza la nostra influenza sui processi in corso, siamo coscienti che il conflitto sociale, che si intensificherà nei mesi e negli anni a venire, è il migliore antidoto contro le manovre tendenti a imporre un’impossibile coesistenza pacifica fra le classi e a mascherare gli interessi opposti e inconciliabili sotto la maschera (di ferro) dell’unità nazionale.
Mario Gangarossa
http://laclasseoperaia.blogspot.com/2011/11/il-nemico-marcia-alla-tua-testa.html
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