Perché proprio in quel punto?
di Massimo Panella*
Quanti eravamo ieri? Tantissimi e bellissimi. Una opposizione sociale resistente che non ha appartenenze, non riconosce rappresentanze e vuole prendere la parola e decidere. Ma non è riuscita a farlo, non è riuscita ad esprimere la sua radicalità, la sua rabbia.
Vi racconto quello che ho visto e sentito, con ancora in gola e sulle labbra il residuo sapore acre dei lacrimogeni. Il corteo era popolatissimo di gente, donne, studenti, operai, precari: in Piazza S.Giovanni c’è arrivato soltanto un terzo di tutto il corteo, sparpagliato alle spalle e frazionato in più punti man mano che si ripetevano gli incendi di auto e cassonetti lungo il percorso e si diffondevano poi le notizie degli scontri all’imbocco di Piazza San Giovanni. Sembra che la Fiom, per esempio, alle brutte ha concordato con le forze dell’ordine una deviazione del suo spezzone e ha concluso con un proprio comizio all’altezza di Santa Maria Maggiore.
La Polizia è rimasta distante per tutto il percorso. All’imbocco della Piazza invece era presente con una decina di cellulari che da dietro sembravano respingere verso Piazza di Porta S.Giovanni i gruppi con i quali erano stati ingaggiati i tafferugli. Altri cellulari incombevano in cima a Via Carlo Felice con tantissimi manifestanti in basso impossibilitati ad entrare in Piazza San Giovanni da quel lato. I cellulari scorrazzavano pericolosamente ad alta velocità, facendo un semicerchio e tornando indietro, trascinando tutto quello che si trovavano davanti, rispondendo così al lancio di sampietrini e oggetti vari.
Non dovevano essere lì, così vicini, hanno deciso di intervenire proprio alla fine, impedendo l’afflusso in piazza e tenendola di fatto sotto scacco: avrebbero dovuto invece consentire il passaggio del corteo e l’ingresso in Piazza. Infatti non è stato poi più possibile posizionare i camion per gli interventi e per le decisioni da prendere sul resto della giornata.
Perché intervenire proprio in quel punto?
Perché non indietreggiare su Via Emanuele Filiberto, oramai vuota alle spalle e circoscrivere, isolando gli scontri dalla Piazza?
Io non posso testimoniare di quanto sia successo nel tratto iniziale di Via Manzoni e all’incrocio con Via Emanuele Filiberto: non posso dire dove fosse posizionata la polizia, a quale distanza e come è avvenuto l’intervento, forse è stato fatto un tentativo di isolamento, vano, con interposizione tra la testa del corteo, già sfilata verso San Giovanni, ed il pezzo spostatosi in Via Merulana. Non saprei dire poi come i tafferugli si siano spostati a ridosso di Piazza San Giovanni.
Lo spezzone Cobas si è trovato a questo punto troppo a ridosso degli incidenti (assalto alle vetrine di una banca) all’incrocio con Via Merulana ed aveva inoltre immediatamente alle spalle le auto in fiamme davanti alla caserma di Via Labicana: per evitare di trovarsi in mezzo ha imboccato a destra Via Merulana, passaggio non previsto tanto è vero che in cima c’era lo sbarramento della polizia, che dopo uno stallo di qualche minuto è stato tolto, consentendo l’ingresso in Piazza San Giovanni da dietro, dall’obelisco di Via Amba Aradan.
Intanto la polizia nella parte bassa della Piazza non riusciva né ad isolare i tafferugli nè a spingerli verso la Porta: sembrava tenerli a bagnomaria, lì in basso quasi a monito per la Piazza, fino a quando non si è aperta una breccia sull’ingresso a sinistra di San Giovanni e a questo punto si è capito che la Piazza non sarebbe stata tenuta fuori dagli interventi delle forze dell’ordine. Infatti hanno iniziato a lanciare lacrimogeni e ad usare gli idranti anche verso la Piazza fino a spingere verso l’alto e sul retro di San Giovanni, speronando i due tir che erano riusciti ad entrare e che stavano oramai tornando indietro proprio perché non erano riusciti a guadagnare completamente la Piazza. I cellulari di polizia e carabinieri scorrazzavano pericolosamente ad alta velocità sulla strada laterale della Piazza, continuando a lanciare lacrimogeni sia verso l’Obelisco che verso la parte alta di San Giovanni con il chiaro obiettivo di svuotarla. In cima alla piazza un cellulare dei carabinieri veniva dato alle fiamme. Gruppi di celerini intanto caricavano il resto delle persone che non indietreggiavano dalla strada.
Dal lato opposto, a destra della Basilica, era stato aperto un varco dall’Opera dei Pellegrini che consentiva di portarsi alle spalle di San Giovanni, consentendo uno sfogo su di un lato privo di uscite pubbliche, qualche giovane prete e un paio di custodi in divisa distribuivano acqua con una caraffa di vetro, a giovamento di occhi e gole.
Sul lato di fronte, all’ingresso di Via Carlo Felice, resisteva passivamente un gruppo di una cinquantina di persone, sedute per terra con la polizia intorno.
Ho sentito che i vari gruppi espulsi dalla Piazza si sono ritrovati comunque in zone limitrofe, alcuni alla Piramide, altri al Circo Massimo ad esprimere indignazione e protesta.
A quel punto però la Piazza era stata svuotata, niente poteva più essere deciso per il resto della serata e per la nottata.
Un nome rimaneva, dietro ad un cellulare in fiamme, non si sa se a chiudere dieci anni o ad aprirne altri cento, a ricordarci un inizio tradito e confuso, a dirci forse che siamo ancora lì. A prendere la parola.
Vi racconto quello che ho visto e sentito, con ancora in gola e sulle labbra il residuo sapore acre dei lacrimogeni. Il corteo era popolatissimo di gente, donne, studenti, operai, precari: in Piazza S.Giovanni c’è arrivato soltanto un terzo di tutto il corteo, sparpagliato alle spalle e frazionato in più punti man mano che si ripetevano gli incendi di auto e cassonetti lungo il percorso e si diffondevano poi le notizie degli scontri all’imbocco di Piazza San Giovanni. Sembra che la Fiom, per esempio, alle brutte ha concordato con le forze dell’ordine una deviazione del suo spezzone e ha concluso con un proprio comizio all’altezza di Santa Maria Maggiore.
La Polizia è rimasta distante per tutto il percorso. All’imbocco della Piazza invece era presente con una decina di cellulari che da dietro sembravano respingere verso Piazza di Porta S.Giovanni i gruppi con i quali erano stati ingaggiati i tafferugli. Altri cellulari incombevano in cima a Via Carlo Felice con tantissimi manifestanti in basso impossibilitati ad entrare in Piazza San Giovanni da quel lato. I cellulari scorrazzavano pericolosamente ad alta velocità, facendo un semicerchio e tornando indietro, trascinando tutto quello che si trovavano davanti, rispondendo così al lancio di sampietrini e oggetti vari.
Non dovevano essere lì, così vicini, hanno deciso di intervenire proprio alla fine, impedendo l’afflusso in piazza e tenendola di fatto sotto scacco: avrebbero dovuto invece consentire il passaggio del corteo e l’ingresso in Piazza. Infatti non è stato poi più possibile posizionare i camion per gli interventi e per le decisioni da prendere sul resto della giornata.
Perché intervenire proprio in quel punto?
Perché non indietreggiare su Via Emanuele Filiberto, oramai vuota alle spalle e circoscrivere, isolando gli scontri dalla Piazza?
Io non posso testimoniare di quanto sia successo nel tratto iniziale di Via Manzoni e all’incrocio con Via Emanuele Filiberto: non posso dire dove fosse posizionata la polizia, a quale distanza e come è avvenuto l’intervento, forse è stato fatto un tentativo di isolamento, vano, con interposizione tra la testa del corteo, già sfilata verso San Giovanni, ed il pezzo spostatosi in Via Merulana. Non saprei dire poi come i tafferugli si siano spostati a ridosso di Piazza San Giovanni.
Lo spezzone Cobas si è trovato a questo punto troppo a ridosso degli incidenti (assalto alle vetrine di una banca) all’incrocio con Via Merulana ed aveva inoltre immediatamente alle spalle le auto in fiamme davanti alla caserma di Via Labicana: per evitare di trovarsi in mezzo ha imboccato a destra Via Merulana, passaggio non previsto tanto è vero che in cima c’era lo sbarramento della polizia, che dopo uno stallo di qualche minuto è stato tolto, consentendo l’ingresso in Piazza San Giovanni da dietro, dall’obelisco di Via Amba Aradan.
Intanto la polizia nella parte bassa della Piazza non riusciva né ad isolare i tafferugli nè a spingerli verso la Porta: sembrava tenerli a bagnomaria, lì in basso quasi a monito per la Piazza, fino a quando non si è aperta una breccia sull’ingresso a sinistra di San Giovanni e a questo punto si è capito che la Piazza non sarebbe stata tenuta fuori dagli interventi delle forze dell’ordine. Infatti hanno iniziato a lanciare lacrimogeni e ad usare gli idranti anche verso la Piazza fino a spingere verso l’alto e sul retro di San Giovanni, speronando i due tir che erano riusciti ad entrare e che stavano oramai tornando indietro proprio perché non erano riusciti a guadagnare completamente la Piazza. I cellulari di polizia e carabinieri scorrazzavano pericolosamente ad alta velocità sulla strada laterale della Piazza, continuando a lanciare lacrimogeni sia verso l’Obelisco che verso la parte alta di San Giovanni con il chiaro obiettivo di svuotarla. In cima alla piazza un cellulare dei carabinieri veniva dato alle fiamme. Gruppi di celerini intanto caricavano il resto delle persone che non indietreggiavano dalla strada.
Dal lato opposto, a destra della Basilica, era stato aperto un varco dall’Opera dei Pellegrini che consentiva di portarsi alle spalle di San Giovanni, consentendo uno sfogo su di un lato privo di uscite pubbliche, qualche giovane prete e un paio di custodi in divisa distribuivano acqua con una caraffa di vetro, a giovamento di occhi e gole.
Sul lato di fronte, all’ingresso di Via Carlo Felice, resisteva passivamente un gruppo di una cinquantina di persone, sedute per terra con la polizia intorno.
Ho sentito che i vari gruppi espulsi dalla Piazza si sono ritrovati comunque in zone limitrofe, alcuni alla Piramide, altri al Circo Massimo ad esprimere indignazione e protesta.
A quel punto però la Piazza era stata svuotata, niente poteva più essere deciso per il resto della serata e per la nottata.
Un nome rimaneva, dietro ad un cellulare in fiamme, non si sa se a chiudere dieci anni o ad aprirne altri cento, a ricordarci un inizio tradito e confuso, a dirci forse che siamo ancora lì. A prendere la parola.
* Fonte: Valerio Briuschini.info
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