Simone Oggionni, primo a sinistra |
In difesa di Pisapia
riceviamo e pubblichiamo
Condividiamo buona parte della critica a Beppe Grillo, non l'attacco su tutta la linea al "grillismo" come movimento antipolitico a antidemocratico. Per non dire che il "problema" della sinistra, che l'autore si ostina a difendere, è di ben altra natura e ha ben altre cause che non le "difficoltà comunicative".
“Su internet quando uno dice una stronzata chiunque lo può sputtanare”: è una delle tante sentenze di Beppe Grillo. Perché il personaggio è così, un comico abituato a recitare a copione su di un palco, come quando nei suoi spettacoli ultramilionari – è storia di pochi anni fa – Antonio Ricci scriveva per lui, e la folla, quella stessa imbonita ogni sera da Striscia la notizia, dalle sue veline e dalla sua satira al servizio del potere, applaudiva beata, convinta di avere trovato uno che irrideva e combatteva il potere.
Ecco, Beppe Grillo in questi giorni di stronzate ne ha dette molte. L’ultima è un attacco gratuito e volgare al nostro sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, definito “Pisapippa”, uno che – secondo Grillo – rappresenterebbe il “Sistema”, niente più che una marionetta.
Ma se il problema fossero solo le stronzate dette, ce la caveremmo con un semplice, benché penoso, elenco. Dalle battute infelici sull’Aids (“ci sono seri sospetti che sia una bufala”) e sulla cura Di Bella contro il cancro, alle recenti crociate contro i calabresi (“abituati al voto di scambio”) e gli “zingari” (“un pericolo per i nostri anziani”), fino al saluto a Vendola “busone” in nulla dissimile dalle spacconate machiste di Berlusconi.
Il problema vero però è un altro, e riguarda il modello che Grillo rappresenta, il significato del consenso che raccoglie, i valori che veicola, il modo con cui si inserisce (e aggrava) la crisi della politica e dei soggetti organizzati.
La mia opinione è semplice: Grillo è un fenomeno del berlusconismo decadente, intriso della stessa cultura demagogica e populista. Un giullare che dalla grande ribalta mediatica degli spettacoli commerciali si è riciclato nel tentativo di dare una sponda e uno sfogo agli istinti bassi, volgari e viscerali di un Paese a questo già ampiamente abituato. Il razzismo e l’omofobia che traspaiono sono la prova che la sua crociata contro il “Sistema” è una variante del sistema stesso, un diversivo assolutamente compatibile con la sua essenza.
Un fenomeno del berlusconismo decadente. Non è un caso che la sua stella sia esplosa in concomitanza con la fase del Basso Impero: perché Grillo è la controfigura di Berlusconi. Anzi: è la controfigura di Berlusconi e Bossi, di quel contro-potere che si presenta come eversivo e per questo “popolare”, in sintonia con i desideri profondi.
Grillo è il guru che parla direttamente al popolo, scavalca le gerarchie, le burocrazie di partito, vive con fastidio ed esplicita antipatia il rapporto con la politica e con la democrazia. E, quel che è peggio, non contrappone alle storture della politica e alle malattie della democrazia la cura della partecipazione, del protagonismo del popolo e al suo interno di quei soggetti sociali che subiscono il Basso Impero. Al contrario, chiede al popolo di seguirlo, di identificarsi in lui e attraverso il suo corpo e la sua voce di sfogare la propria frustrazione. Un “vaffanculo” salverà il mondo. E cosa pensa della crisi economica? Dei lavoratori che non arrivano a fine mese e dei padroni che lucrano sulle nostre fatiche? Dei giovani senza lavoro e degli affitti che strozzano le famiglie? E della guerra alla Libia?
Ma un giudizio così severo da solo non può bastare. Come in ogni cosa bisogna chiedersi il perché, quale sia la sua base materiale, la sua verità interna.
E allora il tema è quello della crisi della politica e del rapporto tra i partiti e la società, tra i partiti e i giovani e del modo con cui i corpi collettivi organizzati comunicano con l’esterno.
Le ragioni sono remote, appunto: la scelta del capitalismo occidentale di ristrutturare se stesso con la grande rivoluzione passiva della seconda metà degli anni Settanta (le politiche neo-liberiste e la cultura individualistica che ha accompagnato questo processo), il crollo del socialismo reale e il suicidio dei partiti comunisti d’Occidente (il caso italiano è il più fragoroso).
Dentro questa crisi della rappresentanza (e precisamente dell’idea che i soggetti sociali deboli potessero organizzarsi in forma collettiva e all’interno di queste forme collettive costruire una propria visione del mondo, propri valori, scegliendo – orgogliosi della propria diversità e per questo tra loro solidali – le proprie battaglie e le proprie parole d’ordine) è riemerso il populismo.
È tornato a galla uno dei caratteri profondi del nostro Paese, quello che ha reso possibile il fascismo e il sostegno ventennale ad esso, le varie “maggioranze silenziose” e i fenomeni mafiosi e criminosi in vastissimi settori del Paese.
Ma il punto è che da questa crisi della politica – anche se Grillo non è la soluzione – bisogna comunque uscire. E bisogna farlo (ed è questa l’unica intuizione veramente feconda di Grillo) cambiando radicalmente le forme della comunicazione politica e del coinvolgimento.
Internet da questo punto di vista è uno strumento semplicemente imprescindibile. Mentre Grillo macina centinaia di migliaia di contatti ogni giorno sul proprio blog, e avvicina – tramite la Rete – migliaia di giovani, spesso alla prima esperienza politica, la sinistra arranca. E noi peggio degli altri. Fatichiamo ad avere un sito internet decente e demonizziamo i social network, i blog, gli strumenti di confronto e discussione. Rimaniamo schiavi delle nostre liturgie e nel frattempo, fuori dalle nostre stanze, la gente si mobilita, si organizza, scende in piazza. E nella nostra fragilità, nella nostra arretratezza, incontra altri soggetti (politicamente reazionari, come Grillo appunto) che mostrano – altro tema centrale – una radicalità e un antagonismo che noi al massimo enunciamo.
Quindi: denunciamo Grillo e il grillismo per quello che è, combattiamolo. Ma conquistiamo la sua gente, quelle decine di migliaia di persone (tantissimi giovani) che lo hanno votato e che evidentemente chiedono alla politica radicalità, rinnovamento, discontinuità, innovazione. Tutti valori e pratiche che sono nostri, che devono essere nostri. Non perdiamo il treno.
* Fonte: redlab. Simone Oggionni è il portavoce nazionale dei Giovani Comunisti
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